Farmer Marche
Dopo l'altra economia, il commercio equo e solidale e i gruppi di acquisto, una nuova iniziativa: i farmer's market, mercati degli imprenditori agricoli locali. Con vendita diretta di prodotti tipici e a prezzi ridotti.
Se la crisi si allarga, il mercato si restringe. Le distanze tra produttore e consumatore diminuiscono. Si possono mangiare fragole importate dall'altra parte del mondo, ma si inizia a preferire la frutta prodotta localmente e di stagione. Si può comprare carne europea, ma si preferisce contattare l'allevatore del paesino vicino. E cresce lo spazio per l'altra economia, quella del commercio equo e solidale, del consumo critico, della filiera corta, dei gas (gruppi di acquisto solidale) ecc. In tempo di crisi economica, si allarga il circuito di quanti decidono di tor«nare ad avere un rapporto diretto con il produttore agricolo: sia per un risparmio economico, sia per ragioni e valutazioni politiche, sia per una maggiore consapevolezza e sicurezza della qualità del mangiare.
Nelle Marche, la Coldiretti istituirà, entro dicembre, 20 Farmer's Market o meglio Agrimercati, cioè i mercati degli imprenditori agricoli. Sono uno dei progetti dell'iniziativa "Fondazione Campagna Amica" della organizzazione che comprende anche la vendita diretta in azienda di prodotti tipici, nonché la riqualificazione degli agriturismi, offrendo servizi sempre più innovativi per gli ospiti/clienti e l'implementazione delle attuali fattorie didattiche.
Vendita diretta e riduzione del 30% del prezzo del prodotto sono alcune delle caratteristiche di un agrimercato. Infatti, per essere inserito nell'albo nazionale dei mercati di Campagna Amica, e ricevere la relativa targa di identificazione, il mercato deve rispettare i diversi requisiti che Coldiretti ha fissato in uno Statuto, uguale per tutta Italia, e sottoscriverlo. Tra questi punti ci sono il vincolo che a vendere siano i soci di Coldiretti e che i prezzi siano inferiori del 30% a quelli pubblicati sul sito "smsconsumatori.it", cioè il sito istituito dal Ministero per le politiche agricole che tiene monitorati i prezzi dei prodotti agro-alimentari.
La possibilità, per gli imprenditori agricoli, di vendere in maniera diretta ha avuto il via dal decreto legislativo 228/2001 che ha riqualificato sia il settore agricolo che le attività che l'imprenditore può svolgere all'interno della sua impresa. «Le successive finanziare - dice David Donninelli, Coordinatore Regionale di Fondazione Campagna Amica Marche - hanno completato il quadro sotto il profilo fiscale e normativo. Ad oggi, vendita diretta e agrimercati rappresentano il contatto diretto tra impresa e cliente, tra qualità e prezzo e soprattutto trasparenza nell'origine dei prodotti». Le aziende, da parte loro, devono rispettare diverse norme come la redazione del manuale Haccp per controllare la salubrità degli alimenti, dichiarare al comune che si inizia l'attività (Dia), rispettare le norme igienico-sanitarie, essere sottoposte ai controlli periodici Asl e ottenere le relative autorizzazioni. «Nel nord Italia - continua Donninelli - ci sono molte realtà di Agrimercati funzionanti che stanno ottenendo un grande successo, ma la rete si sta potenziando in tutta la penisola e quindi anche nelle Marche». In un mercato di agricoltori si trovano esclusivamente prodotti delle aziende agricole, «siano essi prodotti biologici che non, coltivati comunque in maniera etica e quindi rispettosi dell'ambiente».
L'impalcatura che regge un sistema simile è la trasformazione dell'idea di mercato: da "mercato per il consumo" a "mercato a dimensione d'uomo". «Da mercato dell'alimentare a mercato del cibo - sottolinea Donninelli - un cibo che, posto sulle tavole, porta con sé il lavoro vero degli imprenditori, la salubrità di un prodotto italiano e la consapevolezza della salvaguardia di un territorio invidiato da tutto il mondo». Si rifiuta, perciò, lo sfruttamento indiscriminato del terreno, si incentiva una produzione di qualità, che non sia legata alle grandi quantità e si coltiva un consumo consapevole dei prodotti. Inoltre un mercato di agricoltori «garantisce il prodotto fresco e spesso lavora su prenotazione: come per la carne». Questi mercati, eliminando gli anelli della filiera della distribuzione, collaborano anche con i gas e spesso sono nel cuore delle città: per esempio il Mercato di Campagna Amica di Pesaro si trova all'esterno del mercato ortofrutticolo e ha rivitalizzato una zona non molto frequentata, tanto che, dice Donninelli, «ci sono progetti di restauro e recupero della struttura del mercato». A differenza del mercato pesarese, che per ora e all'aperto sotto tendoni gialli, quello di Jesi sarà al chiuso, in una struttura che lo ospiterà. Aprirà a settembre.
Il mercato di Fermo è, invece, da perfezionare. È nato vari anni fa, da un bando regionale che la Coldiretti vinse e che garantiva dei contributi ai centri di vendita diretta. Qui però si vende a prezzi normali e dall'anno scorso è diventato un consorzio. Non appena si adeguerà ai requisiti stabiliti dallo statuto, anche il mercato di Fermo entrerà a fare parte degli agrimercati di Campagna Amica. Questi mercati, che eliminano la filiera tradizionale della distribuzione, collaborano anche con i gas.
I gas hanno una storia più recente. Nascono circa 8 anni fa da gruppi di persone che già avevano avviato un percorso politico e affrontato il discorso del consumo: le parole di Padre Alex Zanotelli «quando compro, voto» sono state prese alla lettera. I gas, perciò, rappresentano un'evoluzione del dibattito e il consumo diventa un atto con cui si può cambiare la realtà. «L'esperienza nasceva - dice Michele Altomeni, consigliere regionale di Rifondazione e Presidente regionale di Mondo Solidale dal 2000 al 2004 - anche dal mondo ambientalista che poneva problemi importanti come il non sfruttamento dei territori, la sostenibilità, il rifiuto di sperimentazione, la tutela dei lavoratori. All'inizio molte di queste persone avevano avuto esperienza dentro il Commercio equo e solidale». Addirittura fu Mondo Solidale a fare una prima esperienza di gas. Si trattava del «paniere solidale». Venivano, cioè, selezionati alcuni prodotti che non erano compresi nel listino del Commercio equo e le botteghe li facevano ordinare. Si trattava di prodotti etici.
Il Commercio Equo e Solidale marchigiano ha 20 anni. All'inizio le botteghe erano 4 in tutto: a Fano, Ancona, Fermo e Macerata. Dal loro incontro e dalla loro unione è nata la cooperativa a livello regionale, tanto che oggi si contano 15 botteghe. «E' stato decisivo - continua Altomeni - per una piccola regione come le Marche. Da sole le botteghe non sarebbero sopravvissute». Oggi il Commercio equo è una realtà solida con dei dipendenti e un magazzino di proprietà. Il suo ruolo politico e culturale è cresciuto tanto che sono nate esperienze collaterali come il "turismo responsabile".
Negli ultimi anni Mondo solidale ha contribuito alla nascita della Rees (Rete di economia equa e solidale) ricalcando le esperienze che si sono avute nel nord Italia. Si tratta di una associazione il cui obiettivo è quello di fare rete, cioè di collegare «tanti soggetti diversi (singoli, gruppi, associazioni, imprese ed enti che ne condividono scopi e principi), al fine di realizzare il comune progetto di una nuova e migliore economia e società».
Fondata l'8 ottobre 2006, il progetto della Rees è, in realtà, partito circa 6 anni fa. Nel 2004 prese forza l'idea che serviva un censimento di tutti i soggetti marchigiani che operavano nell'economia solidale. Furono coinvolti, nella ricerca, anche l'assessorato alle politiche sociali della Regione Marche, il Centro servizi di volontariato e l'Università di Urbino. Nel luglio 2004 nacque il Tavolo regionale dell'economia solidale che iniziò a lavorare per creare le basi per un distretto dell'economia solidale (Des). Nelle Pagine Arcobaleno vennero censiti circa 100 soggetti che operavano nell'economia solidale e nel libro «Comportamenti Solidali» si descrissero quelle azioni quotidiane da adottare per cambiare stile di vita. Nel 2006 il Tavolo finì di lavorare e la Rees divenne un'associazione Rees che contava circa 100 soci tra soggetti individuali, cooperative, aziende biologiche, commercio equo e altri.
«Individuare un modello alternativo a quello esistente», è questo secondo Davide Guidi, presidente della Res nelle Marche, l'obiettivo da seguire oggi. Ecco perché l'associazione promuove le cosiddette buone prassi, cioè i tre tipi di lavoro che mette sul campo: le fiere della sostenibilità, i corsi di formazione per i dipendenti regionali per individuare le politiche alternative, la scuola delle alternative.
«All'inizio l'obiettivo era fare rete - continua Guidi - poi ci si è resi conto che non è così scontato. I soggetti sono diversi tra loro, alcuni sono molto concentrati sulle loro attività». Dopo le tante pratiche di questi anni, l'associazione ora si sta concentrando sull'elaborazione culturale di un modello alternativo da seguire. In questa ricerca la Rees ha messo in moto anche le università marchigiane che sono chiamate ad approfondire l'argomento e a studiare un modello diverso e realizzabile che tenga conto della cooperazione, del rispetto ambientale e di una sana economia del territorio. E la ricerca sta partendo proprio dal percorso dei gas, un'esperienza che funziona, ma che pone «una domanda necessaria - dice Guidi - e cioè fino a quando un modello come quello può autosostenersi senza essere risucchiato dalla cultura dominante?». I gas, infatti, si basano su partecipazione, relazione diretta con i produttori, consumo consapevole e, come conseguenza, si registrano anche prezzi più bassi. Ma «la spinta iniziale non è quella economica - riflette Altomeni - mentre alcune persone si avvicinano ai gas principalmente per il risparmio».
Il modello della Rees è quello associativo con assemblee di soci e consiglio regionale (una volta al mese) aperto a tutti, anche ai non iscritti. E' un modello regionale, ma nelle Marche, oggi, si sta puntando alla costruzione dei distretti, cioè realtà più piccole, provinciali o sotto provinciali, in cui si possa approfondire meglio la relazione con il territorio. Una ricchezza di esperienze territoriali che, poi, dovrà essere aperta ad altri percorsi così da creare una collaborazione tra distretti e reti.
Nel documento programmatico triennale, l'associazione ha individuato 4 aree strategiche in cui muoversi: un'area dell'identità, che cura i rapporti e le relazioni con tutti i soci; un'area del nuovo immaginario, per «permeare la società marchigiana con la cultura dell'economia solidale»; un'area dell'economia, per rafforzare la sostenibilità «favorendo l'attivazione di sinergie e interazioni tra soggetti economici solidali»; un'area dei territori, che «rafforzi le relazioni con le istituzioni», con corsi di formazione per i funzionari e altri a cui partecipano i dirigenti dei servizi della Regione.
«Quando ci si attiva con la Regione - dice Guidi - c'è buona fede. Il passaggio alle attività politiche, però, non è scontato perché le istituzioni sono dentro questo contesto economico, sociale e politico. Rispondono con difficoltà, non solo per ideologie politiche, ma anche per lentezza. Noi, quindi, dobbiamo ragionare nel medio-lungo periodo. L'unico rischio è che ci si stanchi prima ».
Come dice anche Alessandro Panaroni, uno dei fondatori della Rees di Pesaro, si tratta di «un percorso senza modelli e quindi difficile, ma nelle Marche c'è una grande produzione biologica e un buon radicamento del Commercio equo». Nonostante il territorio favorevole alla produzione biologica, però, «non ci sono forti motivazioni: i produttori che vengono contattati sono entusiasti, ma poi fanno fatica ad essere coinvolti». Il problema è che molte di queste aziende sono a gestione familiare, poco abituate a lavorare in rete e poco organizzate a conciliare il lavoro agricolo-aziendale con un impegno politico in associazione.
Ma il lavoro non si ferma. La Rees di Pesaro ha organizzato la prima edizione della festa provinciale e parteciperà alla fiera Eco&Equo di Ancona, una vetrina importante per comunicare e farsi conoscere. Inoltre ha presentato dei progetti per sviluppare la cultura dell'agricoltura biologica e per aprire un centro dell'economia solidale (o casa dell'altra economia) che possa fungere sia da circolo di consumo che da emporio con incontri e dibattiti.
Di economia solidale e dell'importanza della rete si è parlato anche a Grottammare all'interno della festa dell'associazione Piceno al Massimo che ha sostenuto la candidatura di Massimo Rossi alle provinciali dello scorso giugno. Dagli agricoltori che lavorano per arrivare ad una vita senza petrolio ai pescatori che stanno creando un'alternativa con l'idea di unire la pesca al turismo: tutti hanno sottolineato l'importanza di nuove relazioni tra i vari soggetti economici perché «una nuova economia scardini l'idea liberista attuale e crei diversi rapporti». La pagine arcobaleno, sorta di pagine gialle dell'economia solidale in cui rientrano tutti quelli che autocertificano di riconoscersi in determinati principi; l'infopoint, una sorta di centro in cui avere tutte le informazioni su questioni tecniche, ad esempio come installare un pannello solare; le scuole agrarie e le fattorie didattiche sono solo alcuni esempi di come potere fare circolare informazioni e saperi dell'agricoltura come della pesca e, magari, farli incontrare con quelli accademici dell'Università.
Tutto questo per trovare soluzioni diverse e realizzabili perché, come dice Rossi, «non basta non essere complici del sistema, bisogna farsi carico del cambiamento».