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    Uniamoci per spezzare la violenza

    Testimonianza e proposte di un ferito a Roma il 15 ottobre 2011 alla world revolution (versione completa)
    18 ottobre 2011 - Marco Zacchetti

    Sabato scorso sono andato a Roma con una chiara visione: la condivisione tra tutti gli uomini e le donne di azioni che spezzino i meccanismi violenti, la continuazione di un percorso vitale che ha radici nei recenti avvenimenti nord africani, spagnoli e americani ma anche in esempi come Gandhi, Thomas Sankara, Marthin Luther King e in antiche scritture.

    Mentre ero in corteo ho saputo che gli scontri con la polizia impedivano l'accesso del corteo a Piazza di Porta San Giovanni, luogo di arrivo dove avremmo voluto sperimentare la gioia e la bellezza di ritrovarci.

    Ho deciso di recarmi subito nel luogo degli scontri perché penso sia necessario affrontare le criticità, consapevole dei rischi ma senza paura. Una volta in piazza ho trovato circa 40 persone che a viso coperto lanciavano pietre verso le camionette della polizia che ripetutamente entravano nella piazza con tanto di lacrimogeni e idranti. Nel centro della Piazza (sul prato e sulla scalinata) c'erano circa 300 persone che non volevano arrendersi a lasciare il posto alla violenza.

    Ho cercato con altri di difendere la piazza tirando su le transenne che venivano continuamente abbattute dalle camionette e allontanando i lacrimogeni. Ho urlato più volte alla polizia “andatevene! la piazza è nostra! siamo autorizzati a restare qui! Quand'è che state con noi? Siete uomini anche voi!”

    Verso le 18 si è creato un gruppo di circa 40 persone che, seduto nel centro della piazza, ripeteva “No alla violenza”. Mi sono unito al gruppo, che presto ha deciso di spostarsi più vicino agli scontri e quindi di intervenire per fermare i lanciatori di pietre. Ho percepito che la situazione era pericolosa ma ho voluto dare fiducia al gruppo, che nel frattempo si era però drasticamente ridotto. Mentre stavamo fermando i lanciatori di pietre la polizia ha caricato. La carica si è rivolta principalmente verso i “lanciatori” ma una parte si è diretta verso di noi. Due ragazzi davanti a me sono stati raggiunti dalle manganellate, nonostante fossero a mani alzate e viso scoperto. A mani alzate ho urlato “NO” e sono stato colpito, prima alla spalla destra, poi sul labbro superiore.

     

    Ora le mie foto insanguinato e trattenuto da un poliziotto girano sui media: mi sono divincolato dalla polizia perché in quel momento non mi dava fiducia ma arrivato ad Urbino ho tranquillamente verbalizzato quanto successo al Commissariato.

    Ora ho tre ferite ricucite su un labbro gonfio e un dente storto e dolorante.

    Ora ho pensato a come avrei potuto altrimenti agire: avrei potuto parlare con la polizia per dire che stavamo raggruppando persone per fermare i violenti e che un loro intervento non era opportuno. Avrei potuto far girare nel resto del corteo la voce che in Piazza San Giovanni si stavano raggruppando persone con l'intenzione di fermare gli scontri e di garantire l'accesso a tutti.

    Ora vorrei dare un pugno ma anche abbracciare il poliziotto che mi ha colpito, penso farebbe bene ad entrambi; la violenza può essere come uno specchio che riflette e amplifica la tua immagine: il poliziotto esattamente come me poco prima urlava rabbioso “Andate via!”e in più sventolava un manganello.

     

     

    Non voglio sporgere denuncia, voglio che quanto mi è successo serva a migliorare le cose e quindi voglio fare due proposte:

    • A tutti: quando assistiamo ad un atto violento cerchiamo a gran voce collaborazione con una frase facilmente identificabile, propongo “UNIAMOCI PER SPEZZARE LA VIOLENZA”. Il nostro intervento deve essere a mani nude e soprattutto a cuore aperto. A parte qualche possibile infiltrato che vuole creare disordine stiamo intervenendo per fermare persone piene di rabbia: la rabbia va ascoltata, compresa, valorizzata come energia di cambiamento, aiutata ad esprimersi senza creare danno.

    • Alle Forze dell'ordine: cerchiamo di dialogare per garantire la sicurezza, facciamo un accordo per cui durante un intervento “UNIAMOCI PER SPEZZARE LA VIOLENZA” vi astenete dall'intervenire. Sarebbe gradita la collaborazione di vostro personale non in uniforme e addestrata ad interventi non violenti.

     

    Noi siamo il 100%. Stiamo lottando contro meccanismi violenti, non contro persone. Le persone che riproducono i meccanismi violenti vanno anche “aiutate contro” per permettergli di esprimere nuovamente la vita.

    Significa anche aggredire l'altro (andare verso) psicologicamente e fisicamente, esprimere la nostra stessa rabbia perché vediamo l'altro fermarsi nel suo percorso e spesso perché vediamo nell'altro i nostri stessi limiti.

    Significa anche accogliere la diversità e la storia di cui ognuno è portatore e avere pazienza nell'accettare che il cambiamento spesso è molto lento.

    Significa anche avere fede nella vita, nella metastoria, mantenere forte il desiderio di migliorarsi e sapere che il cambiamento se vogliamo è anche veloce!

     

    Quest'alba serve a far luce non solo su me,

    Marco Damiano Zacchetti

    Urbino, 17 ottobre 2011


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