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    Un nuova etica nelle relazioni economiche

    Ci sono periodi, nel procedere della storia, in cui le crisi cicliche non sono più sufficienti a riequilibrare il sistema che le genera: è allora che le certezze vengono meno, i paradigmi consolidati sembrano non più attuali, la paura del futuro rischia di prevalere. In questi periodi, che possono durare anche a lungo, con più facilità eventi che in condizioni di equilibrio il sistema riesce ad riassorbire, sono in grado di innescare il passaggio ad un nuovo modello culturale, sociale ed economico.
    21 ottobre 2008 - Davide Guidi (Presidente Rete economia etica e solidale delle Marche )

    Ci sono periodi, nel procedere della storia, in cui le crisi cicliche non sono più sufficienti a riequilibrare il sistema che le genera: è allora che le certezze vengono meno, i paradigmi consolidati sembrano non più attuali, la paura del futuro rischia di prevalere. In questi periodi, che possono durare anche a lungo, con più facilità eventi che in condizioni di equilibrio il sistema riesce ad riassorbire, sono in grado di innescare il passaggio ad un nuovo modello culturale, sociale ed economico.

    Ora, così ci pare, stiamo attraversando questo passaggio fra due sistemi. La crisi economica che si sta concretizzando nei paesi privilegiati del nord del mondo, neoliberisti e capitalisti, non ha colto di sorpresa quanti da anni, ai margini delle teorie economiche prevalenti, denunciano la non sostenibilità dell'attuale modello.

    Che è basato su alcune evidenti incongruenze: a partire dalla ferma convinzione che sia possibile inseguire una crescita infinita in un mondo le cui risorse sono finite. O anche che solo l'incremento del PIL garantisca benessere, quando invece esso si limita semplicemente a registrare gli scambi monetario che avvengono in uno stato, senza tener conto dei fattori che realmente contribuiscono alla qualità della vita ma non producono circolazione di moneta (come il volontariato, l'amore, l'amicizia, il dono, lo scambio mutualistico, i rapporti di prossimità).

    Ed ancora, come non voler cogliere che i così sostenuti processi di delocalizzazione degli impianti produttivi finalizzati ad utilizzare la manodopera a basso costo dei paesi impoveriti del sud del mondo, non abbiano comportato anche la progressiva crisi del lavoro nel mondo occidentale ed il conseguente impoverimento dei lavoratori e quindi dei cittadini? A cui si è tentato di rispondere con la strategia del credito al consumo, ovvero spingendo ad acquistare con soldi inesistenti, salvo poi assistere alla scoppio di tale contraddizione di cui i mutui subprime sono la manifestazione per ora più evidente. Ma anche diffondendo l'invenzione della creazione di denaro dal denaro, grazie alla nascita di decine di strumenti finanziari alcuni dei quali basati su meccanismi tanto complessi da risultare perfino incomprensibili, nella loro portata, agli stessi operatori economici, alla classe politica ed ai cittadini. E comunque assai lontani dall'economia reale.

    Il tutto, sostenuto da ciniche strategie volte a garantire condizioni di privilegio ad una parte minoritaria degli abitanti del pianeta - il 20% della popolazione occidentale, che consuma l'80% delle risorse globali - grazie allo sfruttamento ambientale, economico ed umano dei paesi del sud del mondo, da anni impoveriti da politiche di rapina delle materia prime di cui sono ricchissimi, di devastazione ambientale, di utilizzo come forza lavoro di uomini e donne privati dei più elementari diritti.

    In questo tempo di passaggio, un'evidenza pare emergere: lo scenario globale non sarà più come prima. Con quale credibilità, infatti, i teorizzatori del liberismo senza regole potranno ancora sostenere le loro dottrine, quando in tempi di crisi si trasformano in abili promotori della socializzazione delle perdite e convinti assertori dell'intervento pubblico dei governi finalizzato a salvare il salvabile? E così, nei paesi del capitalismo avanzato, la prima risposta alla crisi in atto è stato il salvataggio pubblico delle banche ed in certi casi perfino una loro acquisizione di fatto da parte dello stato. A garanzia dei cittadini, si è detto. D'altra parte, sarà probabilmente più difficile anche per gli stessi decisori politici proporre con sfrontatezza le politiche alla base di questa crisi globale, ovvero privatizzazione dei servizi pubblici, liberismo tout court, competizione globale.

    Le Reti di economia solidale, attive grazie a tanti soggetti economici, associativi e pubblici sia nei paesi del nord che del sud del mondo, nascono per porre al centro di una rinnovata azione politica processi di etica economica, che comportano anche la ricostruzione di un tessuto civico, culturale e sociale basato sul bene comune e sull'interazione costruttiva fra individui e soggetti plurimi.

    Alla base del loro agire l'attenzione ad ogni uomo e donna in quanto prima di tutto persone (anche nei processi economici), all'ambiente, alle relazioni, alla cooperazione; la valorizzazione delle economie locali e dei soggetti che vi operano con consapevolezza e coerenza, senza prescindere dall'interazione con un progetto di mondializzazione più ampio che sia esso stesso occasione di cooperazione; il sostegno prioritario a soggetti economici ed imprese impegnati nella creazione di posti di lavoro in grado realmente di contribuire a rafforzare la sostenibilità ambientale ed i processi di inclusione sociale come responsabilità di impresa; il consolidamento di un'azione finanziaria che sia trasparente, semplice, immune da speculazione, estremamente chiara nell'evidenziare i principi in base al quale erogare crediti; la costituzione di Distretti di economia solidale, in cui nascano alleanze, patti e politiche economiche concordate fra produttori, consumatori e finanziatori, nello spirito delle filiere corte, della conoscenza diretta e della reciproca fiducia fra tutti gli attori coinvolti in un processo economico.

    E che tutto ciò sia possibile, lo dimostrano le svariate esperienze di economia solidale attive da tempo: come Banca Etica - per limitarci ad alcune realtà del settore finanziario - con al centro del proprio operare una scala di valori che rispetta la sostenibilità economica piuttosto che la creazione di valore per gli azionisti, l'ascolto del territorio e delle persone che produce servizi bancari adeguati alle reali esigenze dei cittadini, la possibilità per i risparmiatore di determinare con trasparenza l'utilizzo del denaro depositato. O ancora la Banca JAK, con sede a Stoccolma, che propone un sistema di raccolta del risparmio e concessione dei prestiti non basato sugli interessi bensì sull'adesione dei propri soci che si prestano denaro tra loro, bypassando il sistema bancario tradizionale.

    Questo, in sintesi, il contributo iniziale che le Reti di economia solidale possono portare per avviare e rafforzare i processi di elaborazione del rinnovato sistema che si profila all'orizzonte. Naturalmente non da sole, ma in collaborazione con le istituzioni ed i soggetti economici, sociali e culturali interessati non a subire e rincorrere processi ormai obsoleti, ma ad immaginarne di nuovi, costruirli, governarli.

     

     


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