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    18 settembre 2006 - Michele Altomeni

    Il pensiero unico


    Ignacio Ramonet, su "Le Monde Diplomatique" del gennaio 1995, pubblicò un articolo che diventò una sorta di manifesto capace di rendere l'idea del dramma culturale della nostra società, schiacciata e annichilita dall'arroganza del "pensiero unico".




    Che cos'è il pensiero unico? E' la trasposizione in termini ideologici, che si pretendono universali, degli interessi di un insieme di forze economiche, e specificamente di quelle del capitale internazionale; ed è stato, per così dire, formulato e definito fin dal 1944 in occasione degli accordi di Bretton Woods.
    Le sue principali fonti sono le grandi istituzioni economiche e monetarie la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, la Commissione europea, le banche centrali ecc., che attraverso i loro finanziamenti arruolano al servizio delle loro idee, sull'intero pianeta, numerosi centri di ricerca, università e fondazioni, chiamate ad affinare e a diffondere la buona parola.
    Questo discorso anonimo viene ripreso e riprodotto dai principali organi di informazione economica e in particolare dalle bibbie degli investitori e degli agenti di borsa The Wall Street Journal, Financial Times, The Economist, Far Eastern Economic Review, les Echos, l'Agenzia Reuters ecc., in buona parte di proprietà dei grandi gruppi industriali e finanziari.
    E infine, un po' dovunque, docenti di economia, giornalisti, saggisti, uomini politici si richiamano ai principali comandamenti di queste nuove tavole della legge, e attraverso i grandi mezzi di comunicazione di massa li ripetono a sazietà, ben sapendo che nelle nostre società mediatizzate la ripetizione equivale alla dimostrazione.
    Il fondamento del pensiero unico è il concetto del primato dell'economia sulla politica, tanto più forte in quanto un marxista distratto non lo contesterebbe. (...)
    All'economia si riserva il posto di comando in nome di un realismo e di un pragmatismo di cui Alain Minc ha dato la seguente formulazione: "Il capitalismo non può crollare, è lo stato naturale della società. La democrazia non è lo stato naturale della società. Il mercato lo è". Un'economia ovviamente sbarazzata dall'ostacolo del sociale, considerato come una sorta di patetica ganga la cui pesantezza sarebbe causa di regresso e di crisi.
    Gli altri concetti chiave del pensiero unico sono ben noti.
    Il mercato, idolo la cui mano invisibile corregge le asperità e le disfunzioni del capitalismo, e in particolare i mercati finanziari i cui segnali orientano e determinano il movimento generale dell'economia; la concorrenza e la competitività che stimolano e dinamizzano le imprese, conducendole a una permanente e benefica modernizzazione; il libero scambio illimitato, fattore di sviluppo ininterrotto del commercio e quindi delle società la mondializzazione sia della produzione manifatturiera che dei flussi finanziari; la divisione internazionale del lavoro che modera le rivendicazioni sindacali e abbassa il costo del lavoro; la moneta forte, fattore di stabilità la deregulation, la privatizzazione, la liberalizzazione, ecc.
    Sempre meno Stato, un arbitrato costante in favore dei redditi da capitale e a scapito di quelli da lavoro. E l'indifferenza nei riguardi dei costi ecologici.
    La ripetizione incessante di questo catechismo attraverso tutti i media e da parte di quasi tutti gli uomini politici di destra e di sinistra gli conferisce una tale forza di intimidazione da soffocare qualsiasi tentativo di riflessione libera, e rende assai difficile la resistenza contro questo nuovo oscurantismo.
    Si è quasi portati a pensare che i 17,4 milioni di disoccupati europei, il disastro urbano, la precarizzazione generale, la corruzione, la tensione nelle periferie delle città, il saccheggio ecologico, il ritorno dei razzismi, degli integralismi e degli estremismi religiosi, la marea degli esclusi non siano altro che miraggi, colpevoli allucinazioni in grave discordanza con questo migliore dei mondi, edificato dal pensiero unico per le nostre coscienze anestetizzate.



    Ancora oggi il "pensiero unico" continua ad imperversare, ma durante il decennio trascorso dalla pubblicazione dell'articolo sono successe cose importanti che ne hanno rivelato le crepe e, giorno per giorno, ne erodono la scorza granitica. I cittadini solidali hanno cominciato a costruire dal basso un pensiero alternativo e a partire da esso hanno dato vita a comportamenti, stili di vita, organizzazioni e scelte controcorrente, dimostrando, con i fatti, che è possibile un mondo diverso da quello disegnato dal pensiero unico. Le diverse idee alternative hanno cominciato ad incontrarsi e intrecciarsi dando vita ad un sistema articolato che rappresenta l'ossatura di una nuova società. C'è ancora tanta strada e non è scontato che il sogno diventi realtà, ma la sfida va raccolta e giocata fino in fondo, a meno che non ci si voglia rassegnare alla catastrofe.
    Il pensiero unico descritto da Ramonet è il frutto di una concezione che pone l'economia liberista al centro dell'esistenza umana, che trasforma il denaro in divinità e il consumo in rito sacro. Il pensiero alternativo deve partire da questo elemento per decostruire e ricostruire, per dar vita ad un modello sociale diverso, dove l'economia sia una delle dimensioni del vivere civile, in equilibrio con le altre.
    In questi anni sono nati e rinati diversi esperimenti di altraeconomia che nel loro insieme prefigurano un diverso modo di vivere e di organizzare la società. Queste esperienze concrete sono la chiave per scalfire il pensiero unico che continua a dirci che un mondo diverso non è possibile, condizionando quotidianamente le nostre scelte, quelle scelte che, se compiute in maniere consapevole, possono trasformare profondamente la realtà. Come canta Francesco De Gregori "La storia siamo noi".



    L'altraeconomia sta mettendo in discussione molte delle certezze su cui si basa il pensiero economico contemporaneo, rispetto alla produzione, allo scambio, al risparmio. In alcuni casi si tratta di esperienze già mature e consolidate, in altri di idee ed esperimenti che segnano una strada. Alcune le abbiamo già incontrate nelle pagine precedenti (commercio equo, bioedilizia, agricoltura biologica, software libero, turismo responsabile...), altre le passiamo in rassegna in questo capitolo, e tante altre ancora sono disseminate per il mondo in attesa di essere raccontate, replicate e messe in rete.

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