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    L'Umanità al bivio

    Dopo la conclusione del G8 in Abruzzo e il viaggio di Obama in Africa, desideriamo contribuire alla riflessione con questo approfondimento di Leonardo Boff .
    4 agosto 2009 - Leonardo Boff

    Dopo la conclusione del G8 in Abruzzo e il viaggio di Obama in Africa, desideriamo contribuire alla riflessione con questo approfondimento di Leonardo Boff .


    All'inizio dell'anno, i venti paesi più ricchi del mondo (G 20), si sono riuniti a Londra per trovare una via d'uscita alla crisi economico-finanziar

    ia mondiale. La decisione fondamentale è stata la
    seguente: continuare lo stesso cammino percorso prima della crisi, ma con controlli e regolamenti, a partire da una maggiore presenza dello Stato nell'economia. I controlli dovrebbero durare il tempo necessario al superamento della crisi, allo scopo di evitare un collasso globale, e i regolamenti per restaurare la crescita e la prosperitá con la stessa logica in vigore prima.

    Questa opzione implica la continuazione dello sfruttamento delle risorse naturali che devastano l'ecosistema esistente, fanno aumentare il riscaldamento globale e il gap sociale fra ricchi e poveri.
    Se questo funzionerá, tra poco tempo affronteremo una crisi dello stesso tipo, perché le cause non sono state eliminate. Per di più il fatto che i rimanenti 172 paesi (in tutto sono 192) non sono stati nè consultati, nè ascoltati. Si è pensato di aiutarli, ma con le briciole. Effettivamente, tutta l'Africa, il continente più vulnerabile, sarebbe aiutata con fondi inferiori a quelli che il governo USA ha impiegato per il salvatagio della GM.

    L'impatto perverso della crisi sui paesi a basso reddito, sembra spaventoso. Si calcola che, per tutto il tempo che durerà la crisi, piú di cento milioni di persone ogni anno passano nella fascia di
    estrema povertà e, ogni mese, un milione di posti di lavoro vanno perduti.

    Questo fatto ha portato il presidente dell´ONU, Miguel d'Escoto Brokmann, forte di un alto senso umanitario ed etico, a convocare una riunione ad alto livello, che comprendesse tutti i rappresentanti dei 192 paesi, perché insieme discutessero tra loro la crisi e cercassero soluzioni conclusive. Questo è avvenuto nei giorni 24-26 di giugno c.a., nell´ambito dell'ONU. Tutti hanno parlato. Era sbalorditivo udire il clamore che veniva dalle viscere dell'umanità: i ricchi che lamentavano trilioni di perdite dei loro affari e i poveri a denunciare l'aumento della miseria dei loro popoli.

    Molte voci risonavano chiare: non bastano controlli e regolamenti che finiscono per beneficiare coloro che hanno provocato la crisi. Si fa urgente un nuovo paradigma che ridefinisca la relazione con la natura, con le sue risorse limitate, il proposito di crescita e il tipo di civiltà planetaria che vogliamo. È importante elaborare una "Dichiarazione del Bene Comune dell'Umanità e della Terra", che orienti eticamente e spiritualmente il senso della vita in questo piccolo pianeta.

    Dopo un previo ed intenso lavoro di una commissione d'esperti, presieduta dal Nobel in economia Joseph Stiglitz e con le collaborazioni venute da quattro tavole rotonde e dall'Assemblea Generale si sono trovati d'accordo su un documento dettagliato che si è guadagnato il consenso dei rappresentanti dei 192 popoli. Il pericolo collettivo ha facilitato una convergenza collettiva, cosa rara nella storia del´ONU.
    Il documento prevede misure inedite specialmente per salvare i più vulnerabili, sotto il coordinamento di varie istituzioni internazionali, tra loro articolate.

    Ma la cosa più importante è la
    presentazione di un programa di riforme sistemiche che prevedono un sistema mondiale di riserve con diritto speciale di giro, di forme di gestione del FMI e della Banca Mondiale, regolamenti internazionali dei mercati finanziari e del commercio di derivati
    e principalmente
    della creazione di un Consiglio per il Coordinamento Economico Mondiale equivalente al Consiglio di Sicurezza.

    In questa forma si presume di garantire uno sviluppo stabile e sostenibile.
    Il fatto è che questo vertice mondiale è generatore di speranza, poiché l'umanità comincia a guardare se stessa come un tutto con un destino comune. Ma tutte le soluzioni si orientano ancora all'insegna dello sviluppo, il fattore principale generatore della crisi del sistema-Terra. Questo deve essere cambiato a favore di "un generale modo di vivere sostenibile", in caso contrario, assisteremo alla radicale discriminazione tra gli umani: da una parte coloro che sfruttano lo sviluppo, dall'altra coloro che ne sono vittime. Non siamo ancora arrivati al nuovo paradigma di convivenza Terra-Umanità, creatore di una nuova speranza.
    Il prossimo futuro - diceva il presidente dell'assemblea - passerà attraverso l'utopia necessaria che dobbiamo costruire per rimanere uniti nella stessa Casa Comune.

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