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    Beni comuni

    18 settembre 2006 - Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti Solidali

    La cooperazione

    La cooperazione nasce dal tentativo del movimento operaio di organizzare, attraverso la mutualità, risposte concrete ad alcuni bisogni fondamentali. La prima esperienza si fa risalire al 1844, ad opera dei Probi Pionieri di Rochdale, in Inghilterra. Già questi primi cooperatori cercarono di conciliare la soddisfazione dei bisogni materiali dei soci con alti valori sociali, tant'è che una quota degli utili venne destinata all'educazione permettendo di creare scuole, biblioteche, corsi universitari, centri tecnologici e collegi cooperativi.
    Unirsi in cooperative divenne per i lavoratori un modo per realizzare concretamente imprese che rispondessero agli ideali per cui lottavano, attuando modalità di gestione che i capitalisti si rifiutavano di accettare. Nacquero così cooperative di lavoro, in cui i lavoratori si autorganizzavano per produrre beni e servizi, dimostrando che si può fare a meno dei padroni, e cooperative di consumo per distribuire i prodotti tra i soci sfuggendo alla catena commerciale che gonfiava i prezzi.
    Nei suoi oltre 160 anni di storia, la cooperazione ha cercato di soddisfare bisogni sociali ed economici a cui né il mercato né lo Stato sarebbero stati capace di rispondere, cercando di far prevalere la solidarietà rispetto alla competizione. Purtroppo, con il passare del tempo e la crescente egemonia del pensiero liberista, buona parte delle cooperative si è lasciata travolgere perdendo di vista i valori originali, trasformandosi in imprese molto simili ad altri modelli societari, dove la democrazia interna, la mutualità e l'impegno comunitario sono diventati aspetti più formali che concreti.
    Tuttavia, in questo quadro, hanno continuato a nascere ed operare esperienze di grande valore etico, veri e propri modelli di altreconomia, capaci di tenere insieme sostenibilità economica e un'alta valenza sociale.
    Se l'economia liberista riduce lavoratori e consumatori a soggetti passivi e subalterni, la cooperazione, recuperando i propri valori originali, può essere lo strumento per democratizzare il sistema, rendendo protagonisti i soci lavoratori e consumatori.
    Da parte sua, il cittadino solidale, può diventare soggetto attivo del movimento cooperativo, entrando a far parte di imprese di questo tipo, ma può svolgere un ruolo anche come consumatore, privilegiando beni e servizi forniti da cooperative veramente democratiche.

    Cooperative sociali

    La legge 381/91 ha istituito le cooperative sociali, suddivise in due categorie. Quelle di "tipo A" erogano servizi sociali, ad esempio gestendo attività educative o di assistenza; quelle di "tipo B" possono svolgere attività di varia natura, compresa la produzione di beni, con l'obbligo di impiegare tra i propri lavoratori una quota di almeno il 30% di soggetti svantaggiati, come disabili, ex tossicodipendenti, ex detenuti e così via.
    La stessa legge riconosce alcune agevolazioni a questo tipo di cooperative, il che ha attirato, come al solito, alcuni furbi del tutto indifferente ai reali valori che dovrebbero ispirare la costituzione di questo tipo di imprese.
    Siccome le norme sul collocamento obbligatorio (quelle che dovrebbero imporre alle imprese di assumere una certa quantità di soggetti svantaggiati) fanno acqua da tutte le parti e nessuno ne controlla l'applicazione, le cooperative sociali di tipo B svolgono attualmente un opera meritevole, creando occupazione per persone che non riuscirebbero a collocarsi altrove e che in questo contesto non solo riescono a percepire un reddito, ma anche a riacquistare piena dignità e a reinserirsi nel contesto sociale.

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