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    L'Italia: nuovo paradiso fiscale

    Intorno alla manovra legislativa denominata “scudo fiscale”, emendamento presente all’interno del decreto anti-crisi, si intersecano sensibilità diverse e argomentazioni fra loro apparentemente lontane ma che trovano un filo conduttore comune che le sovrappone.
    15 ottobre 2009 - Federico Levy
    Fonte: Fuoritempo - Volontari dell'informazione

    Un filo legato al giudizio di fondo su questa controversa misura economica: l’ingiustizia sociale regolarizzata che rappresenta e la necessità contingente nei confronti di questa misura, necessità giustificata dal vecchio detto “il fine giustifica i mezzi”.

    Meglio scegliere ciò che è giusto o ciò che è conveniente? Con lo scudo fiscale si è alla totale presa di coscienza dell’illegalità strisciante fra le istituzioni politiche, o si tratta soltanto di una misura una tantum per fronteggiare la crisi, che avrà inoltre il pregio di combattere la concorrenza sleale dei paradisi fiscali? Della serie governo responsabile o governo ladro?
    Per rispondere ai tanti e inestricabili quesiti scatenati da questo decreto legge andiamo per gradi, entrando per esempio (perché no?) nel merito del provvedimento stesso, una sana abitudine che in molti in questo paese hanno dimenticato.

     

    In sintesi si tratta di un provvedimento che, attraverso un incentivo al rientro di capitali italiani depositati in maniera più o meno lecita/illecita all’estero, si propone di drenare in maniera più o meno massiccia le casse dello Stato, il tutto per fronteggiare la crisi economica.
    Attenzione, questa non è un’invenzione tutta italiana, infatti è stata varata anche da importanti paesi come Inghilterra e Stati Uniti: il concetto è lo stesso in tutto il mondo, anche se poi ogni Paese lo “personalizza” come meglio crede. C’è ad esempio quel paese che fa leva soprattutto sull’agevolazione finanziaria (bassa tassa sul rientro del capitale) oppure quello che punta su una specie di indulto valido ai reati commessi da chi ha evaso, facendo però pagare tutto quello che in termini monetari gli evasori devono allo Stato da loro tradito. In sintesi scegli: o paghi poco e rischi di andare in galera, o paghi l’intera cifra che devi allora Stato e al fresco stavolta non ci vai (come sottolineato da Mario Draghi parlando delle sanatorie inglesi e americane). Per un Paese dove la lotta all’evasione è riconosciuta fondamentale così come il fronteggiare la crisi economica, uno scudo di questo tipo rappresenta un buon compromesso tra ciò che è giusto e ciò che è necessario. A dettare le regole del gioco è ancora un Paese con una propria fiscalità, una propria politica, una propria dignità da mantenere di fronte alle altre nazioni e i propri cittadini onesti che le tasse, seppur onerose, le pagano eccome!

    La situazione tuttavia diviene tragicomica analizzando lo scudo fiscale italiano.
    In primo luogo l’aliquota prevista per il rientro dei capitali è al 5%, un’inezia paragonata a quelle degli altri paesi che oscillano tra il 20-40%. In più è un aliquota in valore assoluto, come ribadito dall’Agenzia delle Entrate, intendendo che la sua entità è sempre la stessa a prescindere dalla quantità di tempo che quei capitali erano ignoti al fisco. Per esempio sia un milione di euro il capitale di un evasore: per ripulire il suo capitale è sufficiente che egli sborsi allo Stato appena 50.000 euro, contro i 400.000 di legali tasse statali, e tanto maggiore è il risparmio quanto maggiore è il tempo intercorso senza aver pagato le imposte previste. Della serie si premia chi ha fatto il furbetto per più tempo.
    Un altro aspetto di non poco conto tocca l’aspetto etico della vicenda. Questo emendamento, rivisto più volte e modificato in peggio, comporta l’esclusione della punibilità penale per tantissimi reati finanziari come: per i reati tributari come dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture o di altri documenti; dichiarazione fraudolente mediante altri artifici; dichiarazione infedele; omessa dichiarazione; occultamento o distruzione di documenti contabili; per i reati penali in materia societaria: false comunicazioni sociali; false comunicazioni sociali in danno delle società, dei soci e dei creditori; per reati penali come falsità materiale commessa da privato; falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico; falsità in registri e notificazioni; falsità in scrittura privata; uso di atto falso; soppressione, distruzione e occultamento di atti veri; falsità riguardante documenti informatici; false copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti. Un indulto in piena regola, neanche immaginabile negli altri Paesi.
    Se poi ad un elenco di questo tipo aggiungiamo che, a differenza di tutti gli altri Paesi “condonanti”, per l’Italia è previsto l’anonimato del contribuente (arrivano dei soldi, non si sa perché, non si sa da chi,…) appare un quadro che dovrebbe lasciar stupiti anche chi non mette in dubbio la bontà spirituale col quale è stata concepita la sanatoria.
    Fra i promotori del decreto legge le argomentazioni a suo favore mi appaiono alquanto aleatorie: “tutti i maggiori paesi usufruiscono dello scudo”; eccetto la Germania e comunque non con queste caratteristiche e si tratta di una manovra unica e straordinaria (nell’Italia tremontiana siamo già al numero tre contando quelli del 2001 e 2002). “la sanatoria è valida per un periodo breve, solo dal 15 settembre al 15 dicembre e dovrebbe portare in Italia una cifra come 300 miliardi di euro”; essendo tali capitali ignoti al fisco, altrettanto ignota dovrebbe essere la quantità di capitali che rientrerebbero nel Belpaese, stime più prudenti parlano di 50-100 miliardi, e di questi solo il 5% saranno proprietà dello Stato (comunque poco e comunque insufficiente). Sulla brevità della sanatoria essa contribuisce ancora di più a farla apparire una manovra escogitata per chi ha denaro talmente torbido da non lasciarsi sfuggire l’occasione fossero anche 24 ore (un po’ come i saldi di fine stagione), con l’aggravante di essere troppo breve per accumulare abbastanza denaro anti-crisi ma sufficiente per chi ha urgenza di mettersi al riparo dal Fisco.

    Che sia una manovra torbida ci viene indicato anche dai comportamenti assunti dai parlamentari nel corso dell’iter della legge. Il Pd ha posto in aula la pregiudiziale di incostituzionalità, accolta da un parlamento martoriato da numerosissime assenze fra i banchi della maggioranza (evidentemente non solo l’opposizione vede male questo DL). Pregiudiziale che avrebbe goduto del voto favorevole della maggioranza dei presenti se lo stesso desolante spettacolo non si fosse osservato fra i banchi dell’opposizione (ahimè prevalentemente dal PD).
    Ah dimenticavo, il governo ha deciso di porre la fiducia anche stavolta, strumento evoluto da “eccezione che conferma la regola” a “eccezione che stravolge la regola”, grazie al quale il decreto è stato approvato con appena 20 voti favorevoli in Senato, un’importante occasione per l’opposizione di cui sembra non accorgersene, anch’ella in preda ad una imbarazzante crisi di assenteismo1.
    Da qualunque punto di vista la si consideri, è una sanatoria che eticamente ed economicamente fa acqua da tutte le parti. A me sembra più che altro un regalo agli evasori da parte di un noto evasore (Berlusconi), e non sarebbe la prima volta. Ma prescindendo dal mio giudizio, questa amnistia generalizzata e praticamente totalizzante appare una “resa senza condizioni” da parte dello Stato. Un Paese che chiede solo il 5%, come fosse un’elemosina, a quei personaggi che non pagando le tasse hanno contribuito all’aumentare un debito pubblico che sta gravando sulle spalle di chi le tasse le paga davvero e a causa loro ne paga di più, è un paese che lancia un triste messaggio: l’Italia ha perso la dignità. L’Italia sta premiando chi l’ha gabbata per anni, chi l’ha messa in ginocchio di fronte ad una crisi più grande di lei. Infatti, ammesso che ci sia buona fede, chiedere il 5% è una esortazione supplichevole, tipica di chi non ha il becco di un quattrino per affrontare questa crisi.
    Perdita di credibilità di fronte ai cittadini e le altre nazioni nella più assoluta ignoranza di quanto poi, alla fine dei giochi, ci è convenuto giocare.

    Tornando così alla domanda iniziale “meglio ciò che è giusto o conveniente?” ci troviamo una misura sicuramente ingiusta e probabilmente sconveniente (almeno per il Paese).
    E la lotta ai paradisi fiscali? Si, quelli d’ora in poi saranno un po’ meno appetibili, ma per una ragione molto semplice: di paradiso fiscale, e giudiziario, ne è nato uno nuovo: l’Italia.

    1Tra gli assenti, l'Idv Aurelio Misiti, i Pd Ileana Argentin, Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra, Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Sergio D'Antoni (che fa sapere di essere ricoverato in ospedale), Antonio Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi, Antonio La Forgia, Linda Lanzillotta, Marianna Madia, Margherita Mastromauro, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli, Massimo Pompili, Fabio Porta, Giacomo Portas. Nell'Udc gli assenti erano Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri. [Fonte: La Repubblica]

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