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    Beni comuni

    Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti Solidali

    Incontrare

    Rallentare è indispensabile per incontrare gli altri. Abbiamo già detto più volte che le relazioni sono un elemento indispensabile per il nostro benessere e abbiamo parlato di come siano logorate dallo stile di vita moderno e da alcune deviazioni culturali.
    Per ritrovare la capacità di incontrare gli altri e godere pienamente delle relazioni è necessario uscire dall’individualismo che ci imprigiona ed isola e recuperare la consapevolezza che siamo parte di una comunità e che il nostro benessere individuale può compiersi solo nell’ambito di un più generale benessere comunitario.

    Il dono

    Nella cultura occidentale del secondo Novecento il dono ha assunto una connotazione quasi negativa, associata all’idea di assistenzialismo. Serge Latouche rileva come il dono sia “presentato, generalmente, come un retaggio pre-moderno, una cosa arcaica”, soprattutto perché contrasta con l’idea del libero scambio e con la completa mercificazione dell’esistenza umana.
    Il dono sopravvive nella nostra società quasi del tutto corrotto dai valori mercantili del consumismo che hanno schiacciato l’idea di dono sul bene che viene donato piuttosto che sulla relazione tra i soggetti implicati nel dono. In realtà è proprio questa relazione il valore qualificante, il legame che si crea tra le persone. Questo legame viene spesso ricondotto dagli studiosi a categorie utilitariste, fino ad affermare che in realtà il dono non esiste in quanto nasconde sempre l’aspettativa di riconoscenza e restituzione. Si tratta di un pregiudizio fortemente condizionato dalla nostra matrice culturale che tende a sottovalutare o ignorare le manifestazioni genuine del dono che, seppure offuscate e sminuite dall’onnipresenza dell’economia, continuano a manifestarsi anche nella nostra società.
    Recuperare il senso originale del dono, in questa particolare fase storica dominata dallo spirito capitalista, assume un valore sovversivo e può diventare la risposta a molti mali della società.
    Il volontariato e le nuove forme della a militanza sono, a loro modo, forme di dono, vie attraverso cui l’essere umano si concede agli altri. L’economia solidale è, a sua volta, un tentativo di ripensare la società su principi opposti a quelli liberisti e individualisti del massimo profitto e dell’accumulo, un modo di recuperare relazioni umane e valori comunitari rispetto alla mercificazione.
    Jean- Jacques Rousseau scriveva: “quando faccio un dono, è un piacere che regalo a me stesso”. Accade sempre più spesso che fare un dono sia tutt’altro che un piacere, condizionati come siamo a percepirlo come un dovere sociale. In occasione delle feste comandate del consumismo ci affolliamo nei luoghi deputati alla disperata e ansiosa ricerca del regalo giusto. Trovarlo procura più un senso di liberazione che la gioia al pensiero del piacere che porterà al destinatario. Sfuggire di tanto in tanto a questa logica del dono forzato è un primo passo verso il recupero del senso del dono e del piacere di cui parlava Rousseau.
    Il dono è anche un messaggio. Fare regali costosi non è un bel modo per qualificare i propri sentimenti, perché questi nulla hanno a che vedere con il denaro. Allo stesso modo è povero il messaggio di oggetti che nulla hanno a che fare con il legame che unisce noi ed il destinatario del dono, per quanto belli e costosi possano essere. Ognuno di noi è già sommerso di oggetti inutili, eppure continuiamo a regalarne. Diverso è il messaggio di un dono che noi stessi abbiamo realizzato o al quale siamo capaci di dare un senso particolare con le nostre mani e i nostri pensieri, che si tratti di un oggetto o di un barattolo di marmellata. Allo stesso modo è pieno di senso il messaggio portato da un dono che allarga le relazioni al di là di chi dona e chi riceve, per questo sempre più persone scelgono doni nel circuito del commercio equo e solidale, oppure realizzati da cooperativa sociali che danno lavoro a persone svantaggiate, oppure adozioni a distanza, riviste e libri.
    I fiori sono un bel regalo di sicuro effetto, eppure sarebbe meglio non comprarli: dietro la loro coltivazione si nascondono devastazioni ambientali e sempre più spesso lo sfruttamento dei lavoratori del sud del mondo. Chi ha un giardino può fare una bella confezione con i fiori autoprodotti e piuttosto che fiori recisi destinati ad appassire in pochi giorni meglio regalare una pianta.
    Da evitare i gioielli. L’oro viene spesso estratto a costi ambientali ed umani molto elevati, mentre i diamanti sono la vera causa di alcune delle più cruenti guerre del continente africano.
    La vera fiera delle inutilità sono le bomboniere, oggetti a volte orrendi, quasi sempre inutili, di cui ognuno ha una fastidiosa collezione in soffitta. Anche in questo caso si può tentare di restituire valore ad un oggetto che ha lo scopo di ricordare un lieto evento, scegliendo beni realmente utili e significativi. Alcune organizzazioni propongono di regalare pergamene che spiegano come i soldi risparmiati dall’acquisto di oggetti inutili siano stati destinati ad un progetto di solidarietà. Oppure, anche in questo caso, si può optare per l’autoproduzione, il commercio equo e la cooperazione sociale.
    Sempre più coppie scelgono di rendere memorabile il loro matrimonio trasformandolo in una grande occasione di solidarietà. Al di là delle bomboniere si possono fare scelte importanti anche per la lista di nozze (molte botteghe del mondo propongono liste di nozze eque e solidali), per il pranzo e anche per la luna di miele.

    Rispettare gli animali

    Chi ama davvero gli animali non può accettare di vederli in gabbia o legati ad una catena troppo corta. Gli animali, come gli esseri umani, nascono per vivere liberi, esplorare il loro mondo, seguire i propri istinti. La compagnia di un animale può essere piacevole, ma la sua prigionia non deve essere il prezzo di questo piacere. Troppo spesso gli animali domestici sono trattati alla stregua di giocattoli, acquistati per togliersi uno sfizio o per accontentare un bambino, e come tutti i giocattoli nella civiltà consumista, dopo pochi giorni perdono di interesse. Solo che un animale non si può riporre nel cesto dei giochi.
    Pensare che ormai quagli animali sono in cattività non è una giustificazione: acquistare animali in gabbia equivale ad alimentare il mercato perché altri animali saranno allevati e rinchiusi in una spirale senza fine.
    Non è semplice prendersi cura degli animali e molti muoiono prematuramente, come i pesciolini e le tartarughe che sopravvivono solitamente poche settimane. Altre volte ci si stanca o non si sa dove lasciarli per le vacanze, e si opta per l’abbandono, fenomeno drammatico che non di rado causa anche incidenti mortali lungo le strade, oppure va ad alimentare i canili che sono un costo consistente per la collettività.
    La sterilizzazione può essere un prima intervento per limitare il randagismo. In certe situazioni più famiglie possono adottare un “cane di quartiere” prendendosene cura lasciandolo libero di vagabondare.
    Contro i maltrattamenti degli animali esiste una specifica legge, ma rischia di essere del tutto inefficace perché nessuno denuncia i casi di cui viene a conoscenza.
    Amare gli animali significa anche opporsi al loro sfruttamento, a partire dal boicottaggio di manifestazioni crudeli come le corride, oppure di altre forme di schiavitù come circhi, zoo e acquari.

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