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    Beni comuni

    Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti solidali

    Abitare e indossare

    Nella nostra cultura la casa riveste una grande importanza. Al suo interno passiamo gran parte della nostra giornata e ad essa dedichiamo molte energie (per comprarla o pagare l'affitto, mantenerla e renderla confortevole). Attorno alla casa gira circa un decimo dell'economia mondiale, il 40% dei materiali e un terzo dell'energia utilizzati sul pianeta. La casa, quindi, può avere un pesante impatto ambientale e sociale, ma proprio perché ci passiamo tanto tempo, incide anche sulla salute e sulla qualità della vita dei suoi abitanti. Il cittadino solidale sa che si può coniugare il proprio benessere con quello collettivo.

    Il potere di abitare e il diritto alla casa

    Alcuni anni fa la nostra società è stata attraversata da un interessante dibattito culturale sul potere di abitare e sull’autocostruzione delle case. Purtroppo, come spesso accade, il tutto si è risolto nella semplice proclamazione di un diritto: il diritto alla casa, che come il diritto alla salute, alla felicità e altri, è destinato a restare sulla carta. E’ un processo che si ripete: si sottrae un potere (quello di autocostruire) e si offre in cambio un diritto, delegando alle istituzioni il soddisfacimento, ma siccome le istituzioni non sono in grado di soddisfarlo, il cittadino si ritrova senza potere e con un diritto nominale che non lo ripara dal freddo e dalla pioggia.
    Negli anni Ottanta il dibattito sul potere di abitare ha prodotto interessanti esperienze in cui architetti illuminati, e a volta anche enti pubblici, si sono messi al servizio di comunità di persone intenzionate ad autocostruirsi l’abitazione. Con processi partecipativi sono nati quartieri creati dal basso, a partire dai bisogni della gente e dal confronto, anziché dal calcolo economico delle imprese o dalla pianificazione dall’alto di uffici pubblici. Tutto questo sembra ormai perso nell’oblio e il mercato si è affermato come unico canale per trovare un tetto, a prezzi sempre più alti e senza una reale rispondenza ai bisogni umani.
    Il potere di abitare, il diritto all’autocostruzione, la pianificazione realmente partecipativa dovrebbero invece tornare al centro del dibattito sulla casa. Ciò significa porre un problema di democrazia. Se le norme non fanno altro che dare potere all’alleanza tra speculatori immobiliari e tecnici, si ha l’esatto opposto della democrazia. Sarebbe invece democratico basare l’edilizia su tecnologie appropriate, cioè semplici, che chiunque, anche con poca preparazione, possa utilizzare; sarebbe democratico responsabilizzare i cittadini rispetto alla casa che dovranno abitare e lasciarli liberi di scegliere se costruirsela da soli, risparmiando anche considerevolmente; sarebbe democratico che gli architetti diventassero consiglieri che progettano assieme alle persone anziché progettare per loro.

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