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    Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti Solidali

    Imparare

    Negli anni Sessanta, guidati da don Lorenzo Milani, i ragazzi di Barbina scrivevano Lettera ad una professoressa denunciando come la scuola dell’obbligo fosse una delle istituzioni che perpetravano e riproducevano l’ineguaglianza e l’ingiustizia sociale. Negli anni Settanta, intellettuali come Ivan Illich e Pier Paolo Pasolini, ne proponevano l’abolizione (01) ritenendo che la scuola fosse, non solo incapace di assolvere il delicato compito di educare i cittadini, ma anche responsabile di pesanti conseguenze sociali e culturali, tra cui quella di promuovere valori come il consumismo, l’autoritarismo e la sottomissione, traviando la vera natura umana.
    Sono passati alcuni decenni e molte di quelle critiche sono ancora valide e altre ancora ne andrebbero aggiunte. L’idea del mercato, del consumo e della competitività rappresentano la vera spina dorsale di un insegnamento orientato a fornire schemi mentali conformisti di fedele derivazione cartesiana e porzioni nozionistiche sconnesse dalla realtà. E’ solo la buona volontà di alcuni rari insegnanti ancora disposti a combattere contro i mulini a vento a creare isole di “educazione”, per lo più scontrandosi con regole, presidi, circolari e riforme.
    Gran parte degli insegnanti, degli studenti e dei genitori si rendono conto dell’inadeguatezza della scuola al suo compito, ma nessuno oggi ha il coraggio di metterla realmente in discussione e di riaprire un onesto dibattito sulla descolarizzazione, prematuramente affogato nei luoghi comuni e nel conformismo.
    In questa sede ci limitiamo a qualche piccola idea per una scuola un po’ più solidale, interventi che ne possono migliorare le caratteristiche, ma che lasciano quasi immutato il problema di fondo.

    Programmi didattici civici

    A partire dalla sensibilità di alcuni insegnanti e dall’impegno di numerose organizzazioni, la scuola è diventata più permeabile a contenuti di alto valore civico attraverso appositi percorsi didattici, intrapresi dai docenti o proposti da associazioni ed enti pubblici. Negli ultimi decenni sono maturate importati esperienze di educazione ambientale, alla mondialità, all’interculturalità, alla pace, alla solidarietà.
    Librerie e biblioteche sono ricche di manuali e strumenti didattici su queste tematiche, tante associazioni organizzano corsi di aggiornamento e mettono a disposizione formatori per realizzare progetti. Purtroppo queste attività vengono tenute raramente nella dovuta considerazione: a volte svolgono il compito di tappabuco, oppure sono promosse per seguire una sorta di “moda educativa”. I docenti sinceramente sensibili si trovano per lo più impastoiati nella burocrazia e nell’ostilità di alcuni colleghi che considerano questi progetti inutili perdite di tempo sottratte alla “vera” attività didattica.
    L’intervento di esperiti esterni o progetti specifici possono essere utili, ma rischiano di avere un valore limitato se non vengono integrati nella programmazione e assunti con coerenza su base interdisciplinare
    In una società che si avvia rapidamente a diventare multietnica assume sempre più importanza la tematica dell’accoglienza rispetto a studenti stranieri, in alcuni casi appena arrivati e alle prese con una lingua ed una cultura aliene. Insegnanti e studenti possono trovarsi di fronte a situazioni particolarmente complesse per le quali è opportuna un minimo di preparazione.

    Conoscere il mondo

    Nel giro di poche generazioni la percezione della realtà è radicalmente mutata. I bambini oggi nascono in un contesto artificiale fatto di macchine che svolgono una mediazione rispetto ai sensi. La realtà è sempre più virtuale e il contatto con la natura, e anche con gli esseri umani, passa attraverso strumenti tecnologici.
    Questa situazione, di cui si tende in maniera superficiale ad esaltare la capacità di stimolare le facoltà umane, in realtà produce conseguenze drammatiche e un violento spaesamento. L’essere umano ha vissuto per tutta la sua storia nel proprio ambiente, immerso nei cicli naturali, in simbiosi con la realtà esterna. Oggi questo rapporto si sfilaccia e tende a perdersi, e con ogni probabilità dipendono da questo processo molti dei mali psicologici e sociali della nostra epoca.
    La scuola, prima di farsi trascinare nel vortice dell’innovazione tecnologica in una corsa senza speranza, dovrebbe farsi carico del rapporto con la realtà concreta, quella da cui dipende l’esistenza dell’essere umano, che può fare a meno di computer e videoproiettori, ma non di aria, acqua, terra e fuoco.
    In questo senso esistono molte esperienze interessanti. Alcune scuole impegnano gli alunni nella coltivazione di orti biologici nel cortile, utilizzando questa esperienza come pretesto per lezioni di scienze, ecologia, storia, geografia.
    Altra possibilità sono le visite alle fattorie didattiche (www.fattoriedidattiche.net). Si tratta di vere e proprie fattorie presso le quali è possibile organizzare gite didattiche che mettano i ragazzi in contatto con un mondo, quello della campagna agricola, che ormai non conoscono più. Queste fattorie svolgono un importante ruolo di collegamento e comunicazione diretta fra l'agricoltore e il cittadino, a cominciare dalle giovani generazioni, per far conoscere la vita degli animali, l'origine dei prodotti che consumiamo, stimolare lo spirito critico e la curiosità. Per i visitatori è l’occasione per scoprire l'importanza sociale ed economica di un mestiere spesso sottovalutato. I ragazzi vengono coinvolti attivamente attraverso laboratori ed esperienze pratiche.

    Educare alla manualità

    La scuola moderna è innanzitutto un edificio, mura che isolano gli alunni dalla realtà esterna. Ogni aspetto che riguarda il mondo reale viene tradotto in concetti (oggi in bit) per essere trasmesso per via orale. Bambini e ragazzi sono percepiti come teste da riempire, cervelli da farcire, dimenticando che l’essere umano è fatto anche di altri elementi, compreso un corpo che lo accompagnerà per tutta la vita. Così gli studenti escono da scuola praticamente menomati, pieni di informazioni, ma senza alcuna capacità. La nostra scuola si basa sul disprezzo del lavoro manuale, sulla contrapposizione tra cultura astratta e cultura materiale, la prima posta su un piedistallo e la seconda relegata ai margini.
    Se il ruolo della scuola è formare l’essere umano nella sua interezza, e renderlo libero e padrone di sé, è necessario che si dedichi anche al saper fare, educando alla manualità all’interno di laboratori ed officine in cui si apprenda a coordinare la testa con le mani per svolgere lavoretti di uso quotidiano.

    La scuola ecologica

    Se compito della scuole è educare, occorre iniziare dall’esempio, facendo degli stessi edifici scolastici un laboratorio di sperimentazione di comportamenti solidali. Molte delle indicazioni presentate in questo libro possono essere applicate senza problemi alle scuole, con la possibilità di produrre un importante effetto moltiplicatore.
    Si può partire dal materiale didattico. Esistono ad esempio intere linee di cancelleria ecologica, che vanno dai quaderni in carta riciclata agli evidenziatori in legno (anziché quelli tossici ed inquinati di plastica), da colori e matite in legno certificato (02) alla colla realizzata con prodotti naturali. La gamma è ricchissima.
    La carta merita qualche parola in più. Lo spreco di questo materiale continua ad essere enorme. In primo luogo occorre imparare (ed insegnare) a riusare le parti bianche (ad esempio il retro di fogli stampati solo da un lato). Per risme, quaderni, album va preferita la carta riciclata, ed infine va differenziata per avviarla al riciclaggio.
    Una riflessione andrebbe fatta sulle fotocopie di cui la scuola moderna abusa. Alcune scuole hanno dato vita ad una vera e propria campagna per ridurne l’utilizzo e per tornare a strumenti e metodi didattici più creativi, con tanto di concorso (http://www.scuolacreativa.it). In fondo è molto più educativo abituare gli studenti (e gli insegnanti) a passarsi libri e documenti piuttosto che riprodurli. Come minimo va presa l’abitudine di fotocopiare su entrambi i lati del foglio.
    Ogni scuola, in accordo con le aziende dei servizi pubblici, dovrebbe organizzarsi per la raccolta differenziata dei diversi materiali, preoccupandosi di offrire a studenti ed insegnanti un’adeguata informazione.
    Altro aspetto su cui intervenire sono i consumi energetici. Il riscaldamento va programmato in base alle reali esigenze e non in base a considerazioni teoriche che in autunni miti e soleggiati costringono a lasciare le finestre spalancate e, come scelta sia sostenibile che educativa, una scuola potrebbe decidere di abbassare di un grado la temperatura.

    Merende automatiche

    Da qualche anno si sono affermati nelle scuole i distributori di bevande e merendine che propinano cibo spazzatura ad alto spreco di risorse e produzione di rifiuti (lattine in alluminio, bottigliette di acqua in plastica, prodotti incellophanati…). Quasi sempre si tratta di prodotti di multinazionali che si sono distinte per comportamenti ambientali o sociali scorretti. La cosa migliore sarebbe evitarli e prendere l’abitudine di portare da casa l’occorrente per uno spuntino, in accordo con quanto scritto nel capitolo “mangiare”. Ma si può anche prendere esempio da alcuni combattivi gruppi di studenti che in diverse scuole italiane sono riuscite a convincere presidi e consigli d’istituto a far inserire nei distributori prodotti del commercio equo o rispondenti ad altri criteri solidali. Chi ci prova si sente subito rispondere che non è possibile, insistendo si ottengono i risultati.

    Educazione permanente

    L’età dell’apprendimento non finisce con l’uscita dal mondo della scuola. Si impara ogni giorno qualcosa, dall’incontro con le persone, soprattutto da quelle che più ci sembrano diverse da noi; si impara dall’esperienza, ogni volta che ci si mette in gioco e si prova a fare qualcosa per cui ci sentiamo incapaci. Durante tutta la vita si può continuare a studiare, ritagliando spicchi di tempo tra altre attività. In più la nostra società offre anche innumerevoli opportunità di “educazione permanente” che si possono sfruttare. Un tipico esempio sono le “libere università” o i corsi in genere su innumerevoli temi, organizzati da enti pubblici o associazioni. Altrimenti ci si può organizzare in gruppi di studio e autoformazione con altre persone che condividono i nostri interessi. Così come non si finisce mai di imparare ognuno ha qualcosa da insegnare e può mettersi a disposizione, come si dirà più avanti, all’interno di reti di scambio reciproco di saperi.

    Note:


    1. Ivan Illich Descolarizzare la società – Ed. Mondadori 1972. Pier Paolo Pasolini Aboliamo la TV e la scuola dell’obbligo – Corriere della Sera 18/10/1975 (torna su)


    2. Il marchio FSC (Forest Stewardship Council) certifica una corretta gestione delle foreste, sul piano sia ambientale che sociale (torna su)

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