barralunga

REES Marche

RSS logo

Calendario

    Beni comuni

    Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti Solidali

    La mobilità alternativa

    Dopo questa panoramica sui problemi collegati ai trasporti proviamo a presentare le alternative che il consumatore solidale ha a disposizione. In alcuni casi si tratta di banalità, ma a volte tendiamo a scordarci anche di queste e a lasciarci guidare nelle nostre scelte dalle mode o da comportamenti indotti da una società che ha perso il suo equilibrio e la capacità di misurare le proprie azioni.

    L’arte di camminare

    Partiamo dall'arte di camminare. La natura ha dotato ogni essere vivente della capacità di muoversi attraverso diverse tecniche a seconda del contesto. L'essere umano ha avuto in dote un sistema basato su due gambe, non su quattro o otto come altri animali, non sulle ali come gli uccelli. L'essere umano ha poi imparato a farsi trasportare da animali più forti e veloci, direttamente in groppa o sfruttando ruote e slitte. Ha anche imparato a muovesi sull'acqua affinando l'arte della navigazione. Tuttavia le gambe restarono lo strumento principale per i suoi spostamenti fino all'avvento del motore. Con la diffusione dei mezzi di trasporto a motore, l'utilizzo delle gambe è caduto in disuso e oggi chi si sposta camminando è guardato con un po' di diffidenza. La manipolazione dello spazio e del tempo ha profondamente cambiato le nostre abitudini. Questa manipolazione è il risultato di una spirale in cui siamo caduti e da cui faremo fatica ad uscire: i mezzi di trasporto hanno ampliato e allontanato i luoghi in cui compiamo gran parte delle nostre azioni, ad esempio aumentando la distanza tra il luogo di residenza e il luogo di lavoro, di studio o dove facciamo gli acquisti. Di conseguenza si sono trasformate anche lo nostre città che progressivamente hanno separato e allontanato tra loro le diverse funzioni. Questo ci ha reso sempre più dipendenti dai mezzi di trasporto perché fare acquisti o andare a lavorare a piedi è diventato per i più impossibile. Ora la diffusione di mezzi di trasporto privati, come abbiamo visto, sta intasando ancora di più le città e il problema viene affrontato con un ulteriore allontanamento dei luoghi, aumentando ancora di più la dipendenza dai motori. Facciamo un esempio per tutti. Fino a poco tempo fa si usciva di casa e si andava a piedi al negozio di generi alimentari, perché se ne trovava quasi uno per ogni via o ad un paio di isolati da casa. Poi sono arrivati i supermercati, negozi più grandi all'interno dei centri commerciali di quartiere e i negozzietti sono spariti. I più vicini al supermercato potevano andarci ancora a piedi, altri usavano la bici e molti hanno iniziato a prendere l'auto. Ora si sono diffusi gli ipermercati, uno o due per ogni città, fuori dai centri abitati, in periferia, dove si può arrivare solo con l'automobile e anche i supermercati di quartiere cominciano a vacillare perché non reggono la concorrenza dei prezzi e noi ci facciamo ipnotizzare dagli sconti senza mai fare un calcolo del costo della benzina e del tempo che perdiamo.
    A rendere ancora più complessa e subdola la spirale che ci ha risucchiati, oltre alla dimensione dello spazio, c'è quella del tempo. Le trasformazioni della nostra società hanno sempre più divorato il nostro tempo. Come abbiamo detto, una bella fetta di questo tempo se ne va proprio dentro gli ingorghi e le file del traffico. Un'altra fetta se ne va in lavoro, magari straordinario, necessario ad acquistare beni di cui potremmo fare a meno, oppure che ci servono proprio per recuperare il tempo che abbiamo perso per comprarli, con un bilancio che chiude sempre a nostro sfavore! Questa penuria di tempo, che è poi la piaga principale della nostra società (lo stress è solo un sintomo) ci spinge ancora più a fondo nella spirale. Andare a piedi, siamo convinti, ci fa perdere tempo, meglio usare l'auto. Potremmo andare avanti ancora a descrivere la complessità di questa spirale del tempo e dello spazio, ma il consumatore solidale che legge questo libro è abbastanza intelligente da farlo da solo.
    Un altro elemento che quasi mai prediamo in considerazione è che tutto questo meccanismo ci priva di una consistente fetta di relazioni sociali e ci rende sempre più soli. Quando si andava a piedi al lavoro o a fare la spesa, si incontravano persone, si scambiavano quattro chiacchiere e si chiedevano informazioni su parenti e conoscenti. Si socializzava e un po' alla volta si entrava in rapporto con tutto il vicinato. Queste relazioni rappresentano una grande ricchezza, forse la ricchezza che l'essere umano dovrebbe custodire e curare con più attenzione. Non solo è qualcosa di piacevole, ma è anche qualcosa di utile perché consente di poter sempre contare su qualcuno in varie occasioni, per chiedere in prestito un po' di sale, per affidare le piante o il gatto quando si va in vacanza, per ricevere un po' di aiuto o conforto quando si sta a letto con la febbre o una gamba ingessata, o per dividere una bottiglia di vino quando ci si sente soli. La perdita di questa ricchezza, che era fatta di relazioni informali, ha spostato questi bisogni elementari sul mercato. Il sale, quando finisce, lo andiamo a comprare, magari all'ipermercato aperto anche di domenica, il gatto lo affidiamo alla pensione per gli animali, se stiamo male chiamiamo l'infermiera a domicilio o la badante. Per la solitudine possiamo fare ben poco, sul mercato si può comprare anche un po' di compagnia, ma non è la stessa cosa. Però, tutto sommato, ci stiamo abituando a conviverci!
    Camminare, oltre ad essere un sistema ecologico e socializzante per spostarsi, fa anche bene alla salute. Molte delle malattie che affliggono i paesi ricchi sono legate alla sedentarietà. Bisogna riconoscere che la vita del pedone in mezzo al traffico non è affatto semplice. Le strade sono costruite pensando solo alle automobili, con pochi marciapiedi e attraversamenti. A ciò si aggiunge la poca attenzione degli automobilisti che spesso ignorano le strisce pedonali, guidano pericolosamente e parcheggiano in spazi riservati ai pedoni. Secondo l'ISTAT nel 1997 sono stati investiti 15.096 pedoni, il 67% da auto, il 23% da motorini, il resto da altri mezzi.
    Lo stesso pedone ha un ruolo importante nell'educazione dell'automobilista. Deve imparare a farsi rispettare a ad esigere i propri diritti e non sentirsi, come accade in molti casi, quasi un intruso a casa di altri. Deve farsi rispettare anche dalle pubbliche amministrazioni, chiedendo percorsi pedonali sicuri e piacevoli. A questo scopo l'ente pubblico può adottare diverse soluzioni come dispositivi di rallentamento del traffico, semafori a comando, arredo urbano, panchine, alberi e aiuole. Lungo questi percorsi si possono organizzare, in orari particolari, sistemi di sorveglianza che coinvolgano commercianti, anziani, vigili o personale ad hoc, per garantire agli scolari della scuola dell’obbligo il diritto di andare a scuola da soli.

    L’amica bicicletta

    Dopo le gambe, la bicicletta è il mezzo più ecologico per muoversi e rispetto alle gambe ha una maggiore efficienza. In una società sostenibile e intelligente la bicicletta dovrebbe essere alla base del sistema dei trasporti. Nella nostra società è relegata a funzioni marginali.
    La bicicletta non inquina, non fa rumore, non consuma energia, costa poco, non minaccia i pedoni e gli altri ciclisti, occupa poco spazio e fa bene alla salute di chi la usa. Spesso si giustifica lo scarso uso della bici con il freddo e le salite, eppure in Olanda e Danimarca, con climi molto più rigidi del nostro, gli spostamenti sulle due ruote sono rispettivamente il 29 e il 18% del totale. Percentuali simili si hanno in Svizzera, che oltre ad essere più fredda dell'Italia, è anche molto più montuosa. Sembra che il problema in realtà sia soprattutto culturale. Dalle nostre parti chi va in bicicletta è guardato quasi con compassione, in questi paesi invece ha piena dignità, tanto che spesso si possono vedere in bicicletta anche regnanti e ministri. La cosa curiosa è che il nostro paese è il secondo produttore di biciclette in Europa. Ma dato che nel mercato interno se ne vendono poche siamo anche i principali esportatori.
    Molti pensano che un ciclista subisca maggiormente l'inquinamento atmosferico in città. In realtà si tratta di un preconcetto da sfatare. Innanzitutto per un ciclista è molto più facile sceglie scorciatoie e deviare per strade secondarie meno trafficate ed inquinate. In più circola ai bordi della strada, dove la concentrazione di gas è minore. Se poi si vogliono proprio percorrere le strade più inquinate ci si può dotare di una mascherina. L'automobilista, che sembrerebbe protetto dall'abitacolo, non lo è affatto. A trarci in inganno è il nostro sistema olfattivo che sente di più gli odori quando cambiano rapidamente rispetto a quelli che cambiano lentamente; il ciclista sente subito l’odore del gas, l'automobilista, pur essendoci maggiormente esposto, lo sente meno, anche se i gas continuano a circolare nell'abitacolo anche quando l'auto esce dal traffico più intenso.
    Al contrario, la bicicletta ha un impatto molto positivo sulla salute: irrobustisce le ossa e riduce i rischi di malattie cardiovascolari (15 minuti al giorno di bicicletta possono dimezzarli) e ipertensive. Pedalare sveglia più di un caffè e dà vigore.
    Il 40% degli spostamenti urbani sono inferiori ai 4 km, una distanza che in bicicletta si copre in poco tempo. Tanto più se si considera che nel traffico urbano la bici è sensibilmente più veloce dell'auto, permette di evitare le vie intasate, di raggiungere qualunque punto e parcheggiare senza problemi. Si calcola che in città la velocità media di un'auto sia di 7 km orari, mentre quella della bici è di 10.
    Per quanto riguarda la sostenibilità si consideri che la costruzione di una bicicletta richiede un centesimo delle materie prime necessarie per un'auto e la vita è doppia. Per una bicicletta servono circa 12 kg di ferro, 200-500g di alluminio, 650 g di gomma e polimeri. Se si considera che la bicicletta non consuma in misura apprezzabile suolo stradale, carburante, servizi e ricambi durante l’uso, si può dedurre che il suo consumo di risorse è compreso tra un centesimo e un millesimo di quello dell’autoveicolo.1
    Come il pedone anche il ciclista corre qualche rischio perché non viene rispettato a sufficienza da automobilisti e amministratori pubblici. Una rivendicazione per la sicurezza che i ciclisti stanno portando avanti da diversi anni e che ha dato qualche risultato è quella per le piste ciclabili. In Olanda ci sono 12.000 km di piste ciclabili, e nella sola Berlino ce ne sono 700. Nelle nostre città, fatta salva qualche rara eccezione, le cifre sono risibili.
    Una pista ciclabile, per assolvere degnamente alla sua funzione, deve avere alcune caratteristiche precise. Innanzitutto deve essere separate dalla strada a scorrimento, ossia deve riservare corsie o sedi proprie per le biciclette, separate con cordoli o paletti. La pavimentazione deve essere in buono stato e con tombini perfettamente a livello. Là dove è necessario l'incrocio dell'arteria principale vanno realizzate strutture apposite, come attraversamenti rialzati e riduttori di velocità. Ma anche il ciclista ha un ruolo per garantire la propria sicurezza e dovrebbe rispettare alcune regole fondamentali come segnalare le svolte, rendersi visibili di sera e fare attenzione quando supera a destra.
    Nel corso degli ultimi anni, rispetto alle biciclette, comincia a diffondersi una tendenza più positiva. I ciclisti cominciano a farsi valere e ottengono qualche risultato. Questo anche grazie ad un importante lavoro culturale, portato avanti da singoli o da associazioni meritevoli come la Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB) che ha riunito numerosi gruppi di ciclomotori che hanno iniziato a nascere nei primi anni Ottanta. Oggi questa sensibilità crescente ha portato alla diffusione di fenomeni come il cicloturismo, agevolato anche dalla possibilità di abbinare l'uso della bici con altri mezzi di trasporto come il treno.
    Di recente numerose organizzazioni che si battono per la pace e la solidarietà hanno adottato la bicicletta come simbolo di scelta quotidiana alternativa al sistema che contestano. Ad esempio, durante la guerra in Iraq, sono state organizzate diverse manifestazioni in bicicletta proprio per contestare un atto di aggressione militare finalizzato in gran parte al controllo di pozzi petroliferi necessari a garantire un sistema di trasporti basato sull'auto privata e un sistema produttivo illogico e dissipatore. Ma il fenomeno forse più interessante degli ultimi anni è Critical Mass.
    Box: Critical Mass
    Critical Mass (Massa Critica) è un movimento nato a San Francisco nel 1992 come processo di riappropriazione delle strade da parte di chi, come pedoni, ciclisti, carrozzelle, passeggini, ne è stato estromesso dall’automobile.
    I partecipanti al movimento, muniti di bicicletta, si danno apppuntamneti occasionali e si ritrovano in strada formando un massa critica di biciclette che rallenta il traffico delle automobili

    http://www.inventati.org/criticalmass

    Trasporto pubblico

    L'applicazione del motore ai trasporti collettivi ha aperto grandi potenzialità in gran parte positive. L'inversione di tendenza e la controproduttività sono iniziate quando ci si è illusi di poter rendere il sistema individuale e di massa. Non più treni, tram e corriere, ma automobili che per lo più viaggiano con un solo passeggero. Come descritto all'inizio del capitolo questa illusione si sta rilevando in tutta la sua assurdità, mentre grandi potenzialità positive si sarebbero potute aver da un sistema di trasporti pubblici veramente efficiente, sviluppato al di fuori dell'ombra soffocante dell'auto privata.
    Invece, non solo la politica è stata incapace di prevedere le conseguenze di quello che stava succedendo, non solo non ha fatto nulla per governare la diffusione del trasporto privato, ma addirittura lo ha promosso, da un lato costruendo a spese della collettività le infrastrutture e dall'altra squalificando e limitando i trasporti collettivi. Quote enormi di risorse pubbliche negli ultimi decenni sono state spese per realizzare strade e autostrade che hanno assorbito il 56% degli investimenti contro appena il 24% per le ferrovie. Dal 1970 ad oggi l’estensione della rete autostradale è cresciuta del 70% mentre quella ferroviaria è rimasta sostanzialmente invariata. Così, come era facile prevedere, con il diffondersi del trasporto individuale e privato è diminuito quello collettivo e pubblico. Tra il 1985 e il 1995 il trasporto locale pubblico ha perso il 20% dei viaggiatori mentre il trasporto ferroviario, tra il 1970 e il 1998, ha visto passare la quota di utilizzo dal 21 all’8% per le merci e dal 10 al 6% per i passeggeri.
    Nel 1997, sulle nostre strade, circolavano 38.929.000 veicoli, di cui ben 30.986.000 erano autovetture, 7.859.000 motocicli e ciclomotori e solamente 83.600 autobus. Altrettanto abnorme risulta il divario tra trasporto collettivo e trasporto privato se si mettono a confronto le percorrenze annue: su 862,8 miliardi di km percorsi dai passeggeri nel 1997 in Italia, ben 618,5 miliardi erano su autovetture (71%), 89,1 su autobus (10%) e solo 57,6 su rotaia (7%).
    Anche in questo caso ha giocato un ruolo importante l'aspetto culturale: in pochi anni si è inculcata nella società l'idea che il trasporto pubblico fosse un servizio assistenziale per chi non può permettersi un'auto, per anziani e altre persone svantaggiate. Eppure sarebbero tanti i motivi per preferire il mezzo pubblico ogni volta che fosse possibile.
    Tanto per cominciare si eviterebbe lo strass che oggi è il principale compagno di viaggio di chi si sposta in auto e deve guidare in mezzo al traffico facendo fronte ai rischi e agli ingorghi. Di certo non si corre il rischio di rimediare multe o di perdere punti sulla patente. Per contro si può stare comodamente rilassati sul sedile di un treno o di un autobus, scegliendo tra la lettura di un libro o del giornale, un sonnellino, un po' di introspezione, una piacevole conversazione con i compagni di viaggio, magari mentre si fa una maglia ai ferri.
    Il mezzo pubblico è vincente anche sul piano dei consumi (e quindi delle emissioni) e dell'occupazione dello spazio. Usando come unità di misura il gep (grammi equivalenti di petrolio) il consumo energetico di un’autovettura nel trasporto urbano è di 45-54, mentre è di 15 quello di un autobus, di 12-15 quello del treno e di 10 quello della metropolitana. Nel trasporto extraurbano il consumo è di 33-37 gep per l’autovettura, 15 gep per l’autobus, e 10-15 per la ferrovia.
    Rispetto al treno va detto che, in questi anni, ha scontato un forte pregiudizio utilizzato in totale malafede da alcuni politici. Ci siamo spesso sentiti dire che il treno è un mezzo troppo costoso e che le ferrovie sono inefficienti. Il fatto è che per le ferrovie si vanno a leggere i bilanci e si pretende che si sostengano da sole, ossia che i ricavi coprano le spese. Invece l'economia dell'auto, come abbiamo visto, continua a vivere su costi collettivi in gran parte tenuti nascosti e non contabilizzati.
    Oggi molti si rendono conto di quale problema sia realmente il traffico e di quanto illogico sia il sistema di trasporti. Tuttavia si è andati troppo avanti su questa strada e tornare indietro in poco tempo non è possibile. Tuttavia è necessario iniziare una inversione di tendenza che inneschi un circuito positivo. Il ruolo del cittadino solidale è fondamentale. Le sue scelte quotidiane, privilegiando i mezzi pubblici ogni volta che possono sostituire l'auto, assieme ad una azione di rivendicazione collettiva nei confronti degli amministratori, serviranno ad accrescere la domanda di un servizio efficiente e potranno incoraggiare investimenti in questo senso. Non va nemmeno sottovalutato l'impatto che può avere il “buon esempio” proprio sui pregiudizi culturali. Un utente soddisfatto che racconta come è migliorata la qualità della sua vita da quando va a lavorare in tram può incuriosire decine di altri utenti e stimolarli a provare. L'importanza del cittadino solidale è proprio quella di fare da apripista e innescare il circuito virtuoso oggi che il sistema ha ancora tante lacune e che non è particolarmente invitante. A partire dai costi del servizio, che a volte sono poco competitivi con il mezzo privato, o dalla scarsità di passaggi e di mete raggiungibili.
    In una prima fase può avere una grande importanza anche l'adozione di sistemi intermodali. Ad esempio prevedendo parcheggi scambiatori dove chi arriva in auto da località poco servite dai mezzi pubblici può lasciare il proprio mezzo e proseguire il viaggio con il tram per raggiungere luoghi dove parcheggiare è un'impresa. Il mezzo pubblico potrebbe guadagnare qualche punto in più se fosse meno soggetto delle auto agli ingorghi, ai semafori e così via. Diversi sono gli esperimenti interessati su corsie preferenziali, semafori che privilegiano gli autobus e così via. Rendere più rapido il percorso di un autobus significa poter aumentare le corse a costo zero.
    Naturalmente anche dai mezzi pubblici dobbiamo pretendere il minori impatto ambientale e sociale possibile. Diverse aziende che gestiscono i trasporti pubblici hanno già iniziato a sostituire i mezzi più vecchi con mezzi a metano o elettrici.

    Sistemi di trasporto flessibili

    Negli ultimi anni, con il crescere del disagio dovuto al traffico, sono stati sperimentati sistemi di trasporto innovativi che cercano di tenere assieme i vantaggi del trasporto pubblico con la flessibilità del trasporto privato.
    BOX: trasporto a chiamata
    Un’innovazione sperimentata in diversi contesti è il trasporto a chiamata. Si tratta di un servizio a metà strada tra autobus tradizionale e taxi, con tariffe molto più basse di quest’ultimo. Si tratta di veicoli (di solito pulmini o piccoli autobus) che si muovono senza orari e percorsi fissi, spesso gestiti tramite un programma informatico. Un centralino riceve le prenotazioni da parte di persone che vogliono spostarsi da un punto all’altro e le assegna secondo criteri di ottimizzazione predefiniti a un veicolo. Questo sistema garantisce un servizio quasi porta a porta che l’auto privata non è più in grado di offrire per la difficoltà di trovare parcheggio in prossimità dei punti di origine e di destinazione.

    Auto collettiva (Car sharing )

    Anche l'automobilista meno attento si rende conto che la sua auto ha dei costi fissi ingenti ed indipendenti dall'uso che se ne fa. Alcuni si sentono costretti ad acquistare la seconda auto che magari viene usata per 30 minuti al giorno, ma anche la prima auto, spesso, ha un uso molto limitato: andandoci a lavorare la si tiene fuori casa per 9-10 ore, ma in realtà viene usata per qualche decina di minuti per andare e tornare. Anche quando sta ferma l'auto ha dei costi, oltre alle rate ci sono il bollo, l'assicurazione, lo scadere della revisione e dei tagliandi e l'ingombro del garage che magari potremmo trasformare in una piacevole tavernetta.
    La media nazionale è che le auto restano parcheggiate per 22 ore al giorno, spesso ingombrando la strada, cioè spazio pubblico, impedendo usi alternativi o ostacolando la fluidità del traffico.
    L'idea del car sharing parte dalla constatazione di questi elementi. Si tratta di una forma di condivisione dell'auto che, tra l'altro, permette di disporre di un'auto diversa (pick-up, berlina, sportiva, familiare, city-car, fuoristrada ecc.) per ogni occasione (trasporto, viaggio, rimorchio, visite, commissioni, escursioni, cerimonie, ecc.) per il tempo in cui serve realmente, compresi fine settimana e ferie, magari prelevandola direttamente dopo avere raggiunto una meta in treno piuttosto che percorrendo centinaia di chilometri in autostrada.
    Il car sharing urbano, nella sua forma strutturata, prevede un’organizzazione di coordinamento e un numero sufficiente di automobili disponibili in diversi parcheggi in punti strategici della città, possibilmente in prossimità di fermate di mezzi pubblici, proprio perché il car sharing va inteso come integrativo dei trasposti collettivi e non sostitutivo, tant’è che diversi studi dimostrano che gli utenti del car sharing, dopo aver rinunciato all’auto di proprietà, riducono la percorrenza con il mezzo individuale (35-60%) e allo stesso tempo incrementano l’uso del mezzo pubblico (+15-40%) e dei modi ciclopedonali (+5-15%). L’utente può prenotare l’auto che preferisce per via telefonica o telematica. Di solito l’auto può essere riconsegnata in uno qualunque dei parcheggi dalla rete. Gli strumenti di bordo registrano il percorso fatto (tempo e percorrenza) e si paga di conseguenza. Tra i vantaggi del car-sharing c’è anche la minore occupazione di spazio: si calcola che un veicolo in car-sharing sostituisce 5-6 veicoli privati.
    Oggi in Europa esistono centinaia di organizzazioni che raggruppano oltre 90.000 utenti. Tra queste realtà è nata anche una rete (ECS - European car sharing) che conta 40 associati che in tutto gestiscono auto in car sharing per circa 56.000 utenti in oltre 550 città (www.carsharing.org).
    E’ possibile organizzare anche forme di car sharing più informali. Infatti le prime esperienze sono nate in centro nord Europa dallo sforzo di singoli e famiglie che si sono consorziati per una mobilità più sostenibile e anche economica. Nelle città in cui non sono presenti strutture organizzate i cittadini solidali possono comunque mettersi assieme e sperimentare forme di condivisione dei mezzi, ad esempio con l’auto in multiproprietà.

    Il car pooling

    Se il car sharing agisce sull’incongruenza delle auto private che restano gran parte del loro tempo immobili, il car pooling parte da un’altra assurdità, quella di auto che viaggiano trasportando uno o due passeggeri soltanto (1,2 la media nazionale). Con l’espressione car pooling si intendono le iniziative volte ad incentivare la condivisione del mezzo da parte di persone che fanno lo stesso tragitto. In questo modo diminuisce il numero delle autovetture in strada, migliora la circolazione e diminuiscono consumi e inquinamento.
    Per promuovere il car pooling sono nate organizzazioni a cui segnalare le disponibilità di posti su un determinato tragitto e che a loro volta li comunicano in vario modo agli altri associati. Per incentivare questo tipo di iniziative alcune amministrazioni hanno deciso di adottare appositi provvedimenti, ad esempio il divieto di ingresso nel centro storico alle autovetture con meno di tre persone a bordo, oppure l’accesso a corsie preferenziali o a spazi di sosta a tariffa agevolata, sconti sul trasporto pubblico.
    Anche in questo caso non è necessario aspettare la creazione di una organizzazione apposita per sperimentare il car pooling. E’ sufficiente scambiarsi informazioni sugli spostamenti abituali di amici e conoscenti per scoprire che molti percorsi sono comuni e potrebbero essere condivisi risparmiando anche parecchi soldi.

    Mobility manager

    Il mobility manager è un professionista che studia i flussi di traffico al fine si progettare soluzioni alternative di trasporto che riducano il ricorso all’auto privata negli spostamenti casa lavoro, ad esempio promovendo il car pooling o elaborando accordi con le aziende di trasporto pubblico. Interviene su aziende private o enti pubblici con molti dipendenti, su zone industriali e commerciali, ma anche su quartieri o su un determinato gruppo di persone.

    Sito realizzato con PhPeace 2.6.32

    PhPeace è software libero, e ognuno è libero di ridistribuirlo secondo le condizioni dellaLicenza GNU GPL

    A meno di avvisi di particolari (articoli con diritti riservati) il materiale presente in questo sito può essere copiato e ridistribuito, purchè vengano citate le fonti e gli autori. Non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale pubblicato.

    validateXHTMLcclvalidateCSS

    Segnala eventuali errori al WebMaster | RSS logo