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    Beni comuni

    Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti solidali

    Ecovillaggi e comuni

    La storia umana è attraversata da esperienze in cui gruppi più o meno numerosi di persone decidono di aggregarsi in una comunità per sperimentare e condividere uno stile di vita alternativo a quello dominante. Il fenomeno ha sempre coinvolto una parte minoritaria della società, ma è rimasto vivo e si è evoluto nei secoli privilegiando, di volta in volta, motivazioni religiose, spirituali, politiche ed esistenziali.
    In queste esperienze si può riscontrare il rifiuto di un contesto sociale che non si condivide, ma più del desiderio di fuga è fondante la volontà di dar vita ad idee ed ideali condivisi.
    La parola comunità deriva dal latino com-munere che significa “donare l’un l’altro”. In sociologia e filosofia si identifica come un’entità sovraindividuale in cui più esseri umani si mettono in relazione tra loro e creano legami.
    Il sociologo tedesco Ferdinand Tönnies fu un appassionato studioso della comunità intesa come gruppo di dimensioni ridotte, insediato stabilmente in un territorio circoscritto, contrapposta al concetto di società. Secondo Tönnies la comunità è più antica, identifica una convivenza durevole e genuina, un vero e proprio organismo vivente; mentre la società è un concetto recente che indica una convivenza passeggera e apparente, un aggregato meccanico. Tönnies identifica il tipo più semplice di comunità nella “comunità di sangue”, ossia la famiglia estesa, poi viene la dimensione del vicinato. Nella comunità la coesione nasce dal basso, da un sentire comune che genera le regole della convivenza, mentre nella società, l’assenza di legami richiede regole imposte dall’esterno. Sono questi stessi legami a far prevalere la dimensione collettiva e lo spirito di cooperazione, mentre nella società l’individuo atomizzato deve lottare e competere ogni giorno per affermarsi.
    Dopo le teorie e gli esperimenti dei socialisti utopici, le comuni “beat” e “hippie” degli anni Sessanta e Settanta, la nostra epoca, negli ultimi decenni, ha visto nascere comunità basate sulla ricerca di una migliore qualità della vita, di un rapporto con la natura più sostenibile, e sul rifiuto del materialismo e del consumismo.
    Una parte di queste nuove comunità si identifica nella definizione di ecovillaggi. Si tratta di insediamenti "a misura d'uomo, centrati su stili di vita sostenibili che cercano di coniugare qualità della vita e sostenibilità ambientale. Possono essere di nuova costruzione o sorgere in località già esistenti e adeguatamente restaurate.
    Di solito sono costituiti da gruppi umani abbastanza piccoli, il che garantisce anche la qualità dei rapporti e il riconoscimento delle esigenze di ciascuno. Chi vive nell'ecovillaggio partecipa alle scelte della comunità e può sentirsi sostenuto da un senso di solidarietà e di responsabilità reciproca. Molti ecovillaggi perseguono un alto grado di autosussistenza attraverso la produzione agricola.
    Gli ecovillaggi sono presenti in varie parti del mondo e numerose sono le esperienze italiane, in gran parte riunite nella Rete italiana villaggi ecologici (Rive), costituita nel 1996 con sede presso la comune di Bagnaia. A livello mondiale gli ecovillaggi sono riuniti nel Global ecovillage network

    Comunità reticolari

    Andare a vivere in una comune o un ecovillaggio non è facile ed immediato. Una scelta più semplice può essere la creazione di una comunità reticolare, ossia un gruppo di famiglie solidali che, in relazione tra loro, mettono in atto scelte comunitarie che possono andare dalla condivisione di beni allo scambio di servizi, dagli acuisti comuni al baratto. Per fare questo non è necessario vivere assieme, baste mettere in gioco le risorse che ognuno ha.

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