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    La scuola pubblica oggi in Italia

    Pubblichiamo due articoli sulla scuola di Benedetta Guerriero che denunciano la triste situazione in cui tergiversa la scuola oggi in Italia, alla luce dei tagli e della proposta sull' abbassamento del livello scolastico dai sedici ai quindici anni fatta in questi giorni dal Governo di centro-destra.
    2 febbraio 2010 - Redazione Rees Marche
    Fonte: peacereporter.net - 28 gennaio 2010

    Pubblichiamo due articoli sulla scuola di Benedetta Guerriero che denunciano la triste situazione in cui tergiversa la scuola oggi in Italia, alla luce dei tagli e della proposta sull' abbassamento del livello scolastico dai sedici ai quindici anni fatta in questi giorni dal Governo di centro-destra.

    Addio Scuola

    di Benedetta Guerriero

    da peacereporter.net

    La proposta di abbassare il limite scolastico è passata alla Camera, ma non piace a presidi e professori

    Ormai da parecchio tempo in Italia si è scelto di non investire più sulla scuola. Quasi fosse un ambito di scarsa importanza. Ed è su questa scia che si colloca la decisione della Camera di approvare la norma che consentirà di assolvere l'ultimo anno di obbligo scolastico, dai quindici anni in su, attraverso l'apprendistato. Basta scuola, tutti al lavoro, ammesso che questo ci sia. Continui tagli ai bilanci, fughe dei ricercatori all'estero, precarietà dei docenti e un progressivo livellamento verso il basso sono solo alcune delle conseguenze delle diverse "strategie" di governo riservate al sistema scolastico.

    Sempre più in difficoltà, la scuola italiana sembra ostile e incapace al rinnovamento. Ogni tentativo di riforma, giusto o sbagliato che sia, viene sistematicamente affossato. Spetta, dunque, alla volontà e all'impegno dei singoli presidi e docenti far funzionare gli istituti e arrangiarsi con le scarse risorse a disposizione. "Sono per l'innalzamento del livello scolastico e non per l'abbassamento". Ad affermarlo è Domenico Starnone, scrittore, sceneggiatore e giornalista italiano, che ha messo la propria esperienza di insegnante liceale al centro di molte opere. Celebri i film La scuola e Auguri professore a cui Starnone ha lavorato come sceneggiatore e che tracciano un affresco ironico e grottesco della situazione scolastica italiana. "A partire dagli anni Ottanta - prosegue Starnone - la scuola ha avuto grossi problemi. Le sperimentazioni e i tentativi di rinnovamento intrapresi agli inizi degli anni Sessanta e portati avanti fino alla fine degli anni Settanta sono stati presto dimenticati. Dopo quegli anni di fermento la scuola è stata abbandonata a se stessa. Dietro a questo abbandono c'è una responsabilità politica che pesa tanto sugli schieramenti di destra che su quelli di sinistra. Una riforma seria non è mai stata portata avanti, solo rattoppi".

    La situazione si è così andata aggravando, fino ad arrivare all'era Gelmini. "Quella della Gelmini - afferma Starnone - più che una riforma è un tentativo di restaurazione economica che mira al risparmio, non certo alla qualità. La reintroduzione dei voti, ad esempio, nasconde l'incapacità di effettuare un cambiamento ed è un tornare indietro, più che un guardare avanti". A fare le spese della deriva e dell'abbandono è soprattutto la scuola pubblica.

    Diminuiscono le risorse, ma aumentano i problemi e le sfide da affrontare. Non ultima l'integrazione degli studenti stranieri che richiede un notevole impegno da parte dei professori. "In Italia - conclude Starone - abbiamo sostanzialmente una scuola pubblica, quella privata conta poco. Per lo più quest'ultima è gestita dai religiosi e si traduce in un esamificio per ottenere la licenza di turno. Diversamente da quando accade in Europa o negli Stati Uniti. Qui la scuola pubblica è il luogo del degrado, dove vanno i poveri. Chi vuole un'istruzione serie deve pagare. Per fortuna da noi questa situazione non si è ancora verificata, ma ci stiamo avvicinando. Il degrado e l'abbandono della scuola pubblica a cui assistiamo sono funzionali alla nascita della scuola privata nel senso statunitense".

     

     

    Sempre più ignoranti

    di Benedetta Guerriero

    da peacereporter.net

    "Chi parte svantaggiato e non ha i mezzi, sarà sempre più in difficoltà"

    La proposta di abbassamento del livello scolastico dai sedici ai quindici anni non convince. Più che come riforma viene vissuta come un ulteriore tentativo di destrutturazione della scuola. Nonostante il problema dell'abbandono scolastico da parte degli alunni non sia trascurabile e vada affrontato con serietà, la proposta approvata dalla Camera, che riguarderà soprattutto gli istituti professionali, non piace a presidi e insegnanti.

    PeaceReporter ha intervistato Pietro Sciscio, vice preside e professore di ragioneria dell'istituto superiore Eugenio Montale di Cinisello Balsamo che propone due indirizzi: tecnico-commerciale e professionale.

    E' favorevole all'abbassamento del livello scolastico?

    Viviamo in una società dove la conoscenza è fondamentale. Chi si trova a dover affrontare il mondo del lavoro, deve acquisire delle competenze sempre maggiori. Non capisco proprio da dove nasca la volontà di ridurre il periodo di formazione. Come insegnante sono convinto che per avere un buon lavoro sia necessario studiare molto. Se non si conoscono le lingue o non si hanno le basi dell'italiano e della matematica si è persi. Non si va da nessuna parte.

    Parla di allungare il periodo formativo, eppure molti ragazzi abbandonano la scuola prima del termine. Come arginare questo problema?

    Per limitare l'abbandono scolastico, che è un problema molto serio, bisogna intervenire sull'offerta formativa e migliorarla, per consentire ai ragazzi di non perdersi. Penso che sia fondamentale intervenire nella scuola, perché se andiamo avanti su questa strada sarà sempre peggio, ma bisogna pensare a una didattica aggiornata e ad aumentare gli stimoli. Anche per i professori. Non è un mistero che rispetto ai colleghi europei, i docenti italiani guadagnino molto bene. Questa nuova proposta non è un tentativo di miglioramento, ma una critica indiretta al sistema scolastico. Come dire:"visto che la scuola non funziona e non prepara, mandiamoli a lavorare".

    Non esiste già, specie negli istituti professionali, la possibilità di integrare studio e lavoro?

    Certo. Io, infatti, non critico il lavoro, penso, tuttavia, che debba essere un periodo limitato della formazione per permettere ai ragazzi di entrare in contatto con le dinamiche della vita reale. Anche per quanti vogliono svolgere un lavoro manuale, come può essere il magazziniere, è necessario avere un bagaglio culturale. Agli alunni del professionale garantiamo tre settimane di stage all'anno, mentre a quelli del tecnico quattro. Il nuovo provvedimento cancella il momento formativo ed è grave, visto che partiamo da un livello molto più basso rispetto al passato. Arrivano dalle medie ragazzini sempre più ignoranti, privi dei fondamenti. Come possiamo buttarli sul mercato del lavoro in queste condizioni? Chi parte svantaggiato e non ha i mezzi e una famiglia alle spalle, sarà sempre più in difficoltà.

    Si va quindi verso una scuola per ricchi e una per i poveri?

    Se non si interviene, sì. Spero che a qualcuno venga in mente di ascoltare anche noi insegnanti ogni tanto, visto che coi ragazzi viviamo quotidianamente e conosciamo i loro bisogni. I professori e la didattica devono confrontarsi coi tempi e con la nascita di nuovi strumenti, quali internet, la televisione. I giovani non imparano più solo a scuola, hanno mille altri stimoli e questo deve essere preso in considerazione. Manzoni e Leopardi saranno sempre validi, ma dovranno essere insegnati con modalità diverse. Può non piacere, ma è l'unico sistema per non perdere i ragazzi.

     

     

     

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