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    Il principio di Individuazione

    Qualche volta soffriamo per cause organiche, altre volte per conflitti psichici o relazioni difficili, ma la sofferenza può nascere anche dall'ignoranza di ciò che siamo e dal non sapere ciò che vogliamo, l'ignoranza della nostra natura e del nostro compito esistenziale.
    6 febbraio 2010 - Viviana Vivarelli
    Fonte: Tratto da: Lezione 4 del secondo corso su Jung fatto a Bologna dalla professoressa Viviana Vivarelli

    Lezione 4 del secondo corso su Jung

    Pure al principio v'era una visione chiara / un alto e urgente proposito nella mia anima"

    (E.L. Master)

     

    "Occorre fondare la conoscenza/ sul brivido che la bellezza desta nel cuore"

    (Platone)

     

    "Non cerchiamo un punto di appoggio nella storia o fra gli uomini! Cerchiamolo in noi stessi!"

    (Pauwels e Bergier)

     

    "Nessuno di noi conosce il proprio splendore..."

    (Detto indiano)

     

    Qualche volta soffriamo per cause organiche, altre volte per conflitti psichici o relazioni difficili, ma la sofferenza può nascere anche dall'ignoranza di ciò che siamo e dal non sapere ciò che vogliamo, l'ignoranza della nostra natura e del nostro compito esistenziale.

    Jung dice che il processo del vivere è un PROCESSO DI INDIVIDUAZIONE. Ciò significa: che dobbiamo trovare il senso del nostro essere e realizzarlo. Questo ha un valore non solo individuale ma sociale, perché un uomo che realizza se stesso è anche un uomo utile al mondo.

    "Non sia un altro chi può essere se stesso", diceva Paralcelso.

    Mentre l'analisi freudiana chiude il soggetto nelle proprie pulsioni in relazione a un partner sessuale, Jung dice: "Non possiamo raggiungere l'individuazione senza il senso di connessione con gli altri, e d'altro canto è impossibile avere rapporti veri con gli altri senza aver raggiunto l'individuazione".

    La conoscenza di sé è il primo passo per realizzare la propria natura e allo stesso tempo per collaborare ad un mondo migliore. Jung insiste sul valore sociale della consapevolezza.

    Dire uomo significa dire umanità. Aiutare l'uomo a crescere bene significa compiere una sociale non diversa dalla buona politica.

    "Ciascun essere umano è una forma di vita, in se stessa unica e irripetibile. L'uomo nasce con la sua individualità. Ma c'è qualcosa che egli può fare al di là e al di sopra del materiale precostituito della sua natura: egli può diventare cosciente di ciò che è e può consciamente adoperarsi per connettere se stesso al mondo che lo circonda."

    Questo legame con la socialità, questo essere profondamente in sé per migliorare l'insieme collettivo è proprio di Jung ma non appartiene a Freud e dà alla vita un senso etico superiore.

    L'individuazione, secondo Jung, è un processo naturale, è ciò che spinge un seme a produrre una determinata pianta. E' l'attuazione di ciò che in ognuno è potenziale.

    Se non ci sono ostacoli che interferiscono sullo sviluppo, il seme si realizza diventando quella certa pianta. Così l'uomo deve diventare naturalmente un determinato uomo.

    In questo divenire, in questo passaggio aristotelico dalla potenza all'atto, la coscienza può essere di aiuto come di ostacolo, perché il processo di crescita implica che parte dell'inconscio venga integrato e la coscienza (attraverso le sue censure o le sue scelte non autonome) può impedirlo.

    Un uomo può essere potenzialmente un artista, ma, se la sua scelta o la sua famiglia o il suo ambiente o le sue condizioni di vita lo spingono a fare altre cose, gli rimarrà una energia non realizzata che può provocargli sofferenza o malattia.

    Non è detto che ognuno sia nato per essere un genio, ma è comunque nato per essere ciò che sta nel suo essere in nuce e dovrebbe avere il diritto di realizzarlo, al meglio di sé. Purtroppo questa cosa si realizza solo per una minima parte di umanità.

    Ognuno di noi è un progetto vivente. Non è detto che esso si realizzi, ma la gioia più grande è quando riconosciamo questo progetto, quando comprendiamo per quale motivo siamo nati e cerchiamo di realizzare il nostro compito vitale. In ciò si realizza anche l'armonia dell'universo.

    Ognuno ha il proprio modo per essere compiutamente se stesso; non ci sono modi realizzativi di massa, generalizzabili o acquistabili.

    Ciò che ci propone una cultura mercatistica, per esempio, averi, possesso e potere, può essere contro la nostra stessa natura reale.

    Nessuno può insegnare a un altro il suo preciso modo di essere se stesso né può forzarlo su strade che non sono le sue.

    Qualche volta le risposte sono immediate, c'è una specie di richiamo interiore che indica in modo inequivocabile la direzione da prendere, c'è quella che chiamiamo ‘vocazione', dal latino vocatio: richiamo, tendenza che un uomo ha a fare certe cose piuttosto che altre.

    Van Gogh aveva la vocazione di fare il pittore e doveva farlo anche se il mondo non capiva la sua pittura e non comprò mai i suoi quadri. Spesso negli artisti la vocazione è chiara. Ma nell'uomo comune non sempre lo è. La generalità delle persone non sa qual è lo scopo della sua vita, non ha consapevolezza di ciò che è, non capisce per cosa è venuta a nascere, vaga in una specie di inerzia o nebbia, e può morire senza realizzarsi mai.

    Solo qualche volta, fortunosamente, l'individuazione produce eventi anche senza la partecipazione della coscienza, ma milioni di uomini vivono e muoiono continuamente senza mai essersi ritrovati, senza mai essersi individuati.

    Oggi siamo immersi in un contesto mediatico che ci bombarda di condizionamenti, per cui dovremmo essere tutti felici acquisendo gli stessi prodotti economici, politici e culturali, Jung ci richiama fuori dalla massa conformata, alla nostra ‘singolarità', per cui ognuno di noi è unico e ha una propria via preziosa e insostituibile per realizzare se stesso e raggiungere la propria identità al di fuori di qualunque conformismo di massa.

    L'uomo non ha valore perché è superiore agli altri o possiede più degli altri, ma se riesce a realizzare ciò che potenzialmente è e per cui è venuto al mondo. Libertà è individuazione.

    Mentre per Freud la pulsione originaria è quella che si volge al piacere, in particolare sessuale (motivazione edonistica privata), per Jung la pulsione originaria è l'autorealizzazione intesa in senso sociale.

    L'uomo cerca la sua compiutezza totale all'interno di un mondo collettivo. Quanto più tu sei te stesso in senso positivo, tanto maggiore sarà il beneficio per la collettività.

    Individuarsi vuol dire conoscere tutte le nostre potenzialità positive e attuarle.

    Viviamo in una società che tenta di fare dell'uomo un essere omologato, perché è la società dell'arbitrio, del mercato e del profitto, che sono disvalori, principi artificiosi e anti-umani, mentre il mondo della natura non è mai omologato, la natura è varietà e singolarità e la stessa evoluzione poggia sulla varianza.

    Il sistema basato sul mercato è fondamentalmente innaturale, alle dipendenze di una struttura totalitaria di potere, che ci vuole tutti uguali, conformati, prevedibili e confusi nella massa. La natura è invece un sistema che ci vuole tutti diversi e per cui ogni essere umano è una singolarità originale e inesausta.

    L'individuazione è un processo naturale che si innesca alla nascita, così come un DNA organico, ma soli pochi la portano a compimento, sia per inerzia statica che per manipolazioni conformanti, o per difficoltà del vivere, o per un contesto che livella le differenze.

    Come da una ghianda si sviluppa una quercia, così l'uomo si evolve per diventare ciò che era implicito che diventasse, ma i più sono bloccati da condizioni esterne, distorsioni patologiche o fraintendimenti sul proprio essere.

    "Un numero assurdo di persone restano bloccate. - dice Jung - Potrebbero andare molto più oltre se qualcuno dicesse loro le cose giuste o se riuscissero a dedicare a se stessi il tempo necessario. Se nulla osta, l'uomo tende a diventare un essere completo, perché è quella la legge che ha dentro".

     

     

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