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    Michele Altomeni (Michele Altomeni)
    Fonte: Comportamenti Solidali

    La produzione e le fonti energetiche

    Oltre il 70% dell’elettricità in Italia è prodotto attraverso centrali termoelettriche; le turbine idroelettriche producono circa il 15%; le fonti rinnovabili circa 1,9%; il resto viene importato dall’estero.
    Uno dei principi della fisica è che l’energia non si può né creare né distruggere, ma solo trasformare. Le centrali termiche fanno esattamente questo: prelevano l’energia immagazzinata nel combustibile e la trasformano in elettricità, ma in questo processo una buona parte di energia si disperde nell’ambiente. Una centrale termoelettrica tradizionale disperde circa il 60% dell’energia.
    Gran parte dell’energia che consumiamo deriva da fonti energetiche non rinnovabili (petrolio, gas, carbone). Dall’utilizzo di queste fonti, che in alcuni casi sono già in via di esaurimento, deriva una grossa quota di inquinamento atmosferico.
    In Italia il petrolio ed i suoi derivati coprono il 49% del fabbisogno energetico, mentre la media europea è del 40%. Il gas naturale soddisfa il 30% della richiesta complessiva.
    I consumi di petrolio, negli ultimi 10 anni, sono cresciuti del 13,6%, mentre non sono aumentate di pari passo le disponibilità che ammontavano a circa 992,5 miliardi di barili nel 1991 ed erano cresciute ad appena 1.028,4 miliardi nel 2001, con una crescita di appena il 3,6%. Si stima che i giacimenti attualmente conosciuti si esauriranno tra il 2035 e il 2050.

    Scorie

    Il settore della produzione energetica in Italia è responsabile del 35% delle emissioni di CO2, per la maggior parte provenienti dalle centrali termoelettriche. Si stima l’emissione di 552g di CO2 per ogni Kwh prodotto, ma sono molte altre le sostanze inquinati emesse dagli impianti di produzione energetica da fonte fossile, a cui si aggiunge l’inquinamento legato a estrazione, trasporto, stoccaggio e raffinazione.
    Rispetto ai trasporti va considerato anche il rischio di incidenti che provocano sversamenti in mare e vere e proprie catastrofi ecologiche.

    Energia nucleare

    In Italia, grazie ad un referendum popolare, non è permessa la produzione di energia in impianti nucleari, ma sempre più spesso i tifosi di questa tecnologia propongono un ritorno indietro rispetto alla decisione presa dai cittadini.
    Nella centrale nucleare si ottiene energia attraverso la “rottura” di nuclei atomici di elementi come uranio o plutonio. Il problema principale di questo metodo è la gestione della radioattività che si genera nel reattore e che contamina sia le scorie che parti dell’impianto che vanno sostituite periodicamente. Scorie e componenti radioattive dismesse devono affrontare lunghi e pericolosi viaggi per raggiungere i pochi impianti di smaltimento esistenti.
    A questo si aggiunga il rischio degli incidenti dovuti ad errori umani o guasti tecnici che possono provocare catastrofi immani come già avvenuto più volte. La Catastrofe di Cernobyl, assieme alla morte ed al dolore, ha portato con se la consapevolezza dei rischi legati alla produzione di energia nucleare, proprio in una fase storica in cui questa veniva presentata come la soluzione ottimale ai problemi di scarsità energetica del pianeta terra. I profeti dell’energia nucleare fingevano di non vedere i rischi e cercavano di nasconderli anche agli occhi dei cittadini. Il disastro di Cernobyl ha spalancato improvvisamente gli occhi al mondo è ha spostato su un piano più reale e tragico il dibattito.
    Il 26 aprile 1986, momento dell’incidente, ben 160 reattori nucleari erano in costruzione in tutto il mondo, a dieci anni di distanza il numero è sceso a 34. Gli impianti in costruzione hanno una capacità totale di 27mila megawatt, meno dell’1% della capacità energetica complessiva attualmente sfruttata nel mondo. Nel frattempo sono stati chiusi 84 reattori, molti prima del termine previsto. In pratica la crescita del nucleare è bassissima, mentre il ritmo di crescita dello sfruttamento delle energie rinnovabili, pur essendo ancora minimo, è 20-50 volte tanto.
    Spesso si pensa che, al di là dei pericoli, il nucleare sia una fonte energetica economica. In realtà non è così, basti citare la crisi della società British Energy che in Inghilterra rilevò il comparto nucleare al momento della sua privatizzazione, crisi dovuta al fatto che i prezzi dell’energia prodotta con altre modalità erano più bassi. In più, nei costi del nucleare sono ampiamente sottostimate le esternalità.
    Le centrali nucleari sono continuamente afflitte da problemi tecnici che richiedono riparazioni: componenti che si guastano, crepe, necessità di revisioni. Questi problemi da una parte portano ad un innalzamento vertiginoso dei costi della produzione di energia nucleare e l’inoperosità delle centrali per lunghi periodi di tempo, dall’altro, cosa ben più grave, aumentano il rischio di incidenti analoghi a quello di Cernobyl.
    Anche se riuscissimo a costruire centrali sicure al 100% resterebbe intatto il problema dei rifiuti prodotti. Seppellire le scorie non fornisce sufficienti garanzie di isolamento e sono diversi i casi in cui i fusti sono stati corrosi dall’acqua o esplosi per reazioni chimiche.

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