barralunga

REES Marche

RSS logo

Calendario

    Beni comuni

    30 settembre 2006 - Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti Solidali

    Incontrare l’altro

    Gli altri sono le persone che restano al di fuori della nostra sfera di intimità: le persone che conosciamo appena, quelle che non conosciamo affatto, quelle che non incontreremo mai. Tra noi e l’altro c’è una specie di barriera invisibile. La conoscenza è il processo che abbatte questa barriera, che crea una relazione, momentanea o duratura, superficiale o profonda, positiva o conflittuale. La percezione dell’altro è un fatto strettamente culturale. Ci sono popoli o singole persone molto propensi alla socievolezza e alla conoscenza, altri più chiusi e diffidenti. Come ogni aspetto culturale è anche frutto della storia e dell’esperienza maturate.
    Uno dei problemi che sta vivendo la cultura occidentale è la frammentazione sociale. L’individuo è sempre più solo, la sfera dell’intimità e della conoscenza è sempre più ristretta e precaria. Questo rende l’essere umano insicuro e l’altro viene percepito come un pericolo anziché come qualcuno da incontrare e conoscere. L’isolamento dell’individuo e l’attaccamento ai beni materiali si alimentano a vicenda: la solitudine ci spinge a circondarci di oggetti per compensare la mancanza di affetti e la sovrabbondanza di oggetti tende ad isolarci dal prossimo, accresce la nostra paura di essere privati dei beni accumulati e ci spinge ad alzare barriere.
    La quota di reddito investita in sicurezza (allarmi, porte blindate, guardie private…) è in continua crescita, alimentata anche da un approccio dei mezzi di informazione che tendono ad enfatizzare episodi di piccola criminalità. Tutto questo non fa che aumentare la nostra diffidenza e la nostra paura, che sono tanto maggiori quanto l’aspetto dell’altro si discosta dalla nostra idea di “normalità”. Così, un direttore di banca in giacca e cravatta ci ispira fiducia, mentre un barbone o un immigrato vestito con abiti poveri ci terrorizza. Se poi andassimo a vedere l’ammontare economico delle truffe realizzate da alcuni direttori di banca scopriremmo che avremmo molto più da temere da loro.
    Lo straniero è il diverso per eccellenza e, al di là del vero e proprio razzismo, questa diversità è ancora alla base di tanta discriminazione.

    Migrazioni e discriminazioni

    Le migrazioni fanno parte della storia umana. Da sempre le persone e i popoli si spostano da luoghi in cui la sopravvivenza è difficile verso luoghi dove hanno maggiori speranze e l’aumento delle disuguaglianze planetarie non fa che accrescere il fenomeno. A seconda delle fasi storiche e delle specifiche circostanze, le migrazioni possono avere motivazioni economiche (fame, lavoro), politiche (fuga da guerre, regimi dittatoriali, violazione di diritti umani) o ambientali (fuga da catastrofi e devastazioni ecologiche).
    Secondi gli organismi internazionali, circa il 3% della popolazione mondiale vive al di fuori del paese in cui è nata e negli ultimi 10 anni il numero complessivo è cresciuto in media di sei milioni all’anno, passando dai 76 milioni degli anni ’60 ai 175 milioni di oggi.
    Fino a pochi anni fa l’Italia era un paese di emigrazione. Gli emigrati italiani all’estero e i loro discendenti sono più di cinque milioni, circa il 50% della popolazione dell’Argentina e del sud del Brasile è di origine italiana e quella italiana è la prima nazionalità europea presente all’interno degli altri paesi dell’UE (circa 200.000 individui). Oggi, con grande ritardo rispetto ad altri paesi europei, ci stiamo trasformando in paese di immigrazione. Il fenomeno comincia a diventare visibile all’inizio degli anni Sessanta, e nel 1973, per la prima volta, gli immigrati in Italia superano gli emigrati dall’Italia. Nel 1986 viene emanata la prima legge sull’immigrazione, a cui ne seguiranno diverse altre, sull’onda di un acceso dibattito politico, mentre nella società cominciano a manifestarsi fenomeni di razzismo.
    Si stima che la popolazione immigrata in Italia sia di circa 3.000.000, provenienti per il 47% dall’Europa, per il 24% dall’Africa, per il 17% dall’Asia e per il 12% dall’America. Una parte residuale proviene dall’Oceania o è apolide.
    In diverse aree del mondo le politiche sull’immigrazione negli ultimi anni sono state contraddistinte da progressive restrizioni. Non si è tenuto conto delle reali esigenze delle popolazioni impoverite e di popoli disperati, ma solo degli interessi dell’economia dei paesi ricchi. Si fanno entrare immigrati solo in relazione alle esigenze del mercato del lavoro, per coprire quei settori in cui la manodopera locale è carente. Così gli immigrati vengono impiegati nei settori più precari, degradanti, insalubri che gli occidentali tendono ad abbandonare. Una politica dell’immigrazione restrittiva, in un’epoca di grande povertà globale, favorisce l’immigrazione clandestina che, a sua volta, rappresenta un lucroso settore per la malavita organizzata. Si calcola che da 1/6 ad 1/3 dei clandestini si serva di queste organizzazioni generando un giro d’affari di 7 miliardi di dollari, secondo solo al narcotraffico tra i settori della criminalità. L’immigrato clandestino fa fatica a trovare un lavoro e quindi cade facilmente vittima della malavita che gli ha permesso di entrare nel paese, diventando manovalanza a basso costo per i “lavori sporchi”. Un recente rapporto della Commissione Europea ammette che “è illusorio pensare di governare il fenomeno migratorio mirando a politiche sempre più selettive”.
    La situazione è ulteriormente peggiorata con lo sviluppo della lotta al terrorismo che ha introdotto norme ancora più restrittive, spesso discriminatorie, nei confronti degli stranieri.
    Anche per i rifugiati, teoricamente tutelati da apposite norme e trattati, sono tempi difficili. L’ACNUR (Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati) rileva come la protezione di profughi e rifugiati sia sensibilmente diminuita negli ultimi anni. Lo stesso ACNUR stima almeno 7 milioni di rifugiati di “lungo termine” a cui si aggiungono 25 milioni di sfollati all’interno dei loro stessi paesi d’origine. Il numero dei richiedenti asilo nei paesi industrializzati è sceso nel 2004 al livello più basso negli ultimi 16 anni: 368.000 con un calo del 22% rispetto all’anno precedente. In Italia le domande sono state solo 8.000 nel 2004 con un calo del 45%.
    Appare sempre più chiaro che l’Europa non può fare a meno dell’immigrazione anche perché la popolazione è soggetta ad un progressivo invecchiamento. Si calcola che dal 2000 al 2020 la popolazione italiana diminuirà di 4 milioni di persone; la popolazione lavorativa diminuirà in Europa di 7,9 milioni. In questo quadro l’immigrazione non è una soluzione, ma è necessaria per rendere la trasformazione demografica meno traumatica.

    Turisti per caso

    Il turismo potrebbe essere una forma di incontro dell’altro, l’occasione per conoscere culture diverse, confrontarsi, scambiare esperienze. Spesso non è così. Il turismo è ormai un settore economico di grande rilevanza e segue alla lettera le logiche del massimo profitto, producendo gravi conseguenze sul piano sociale, culturale ed ambientale
    L’organizzazione mondiale del Turismo ha registrato nel 2002 oltre 700 milioni di viaggi internazionali. Si stimano 127 milioni di occupati nel mondo e un fatturato pari al 6% del PIL del pianeta. L'Italia è il quarto paese per arrivi internazionali (oltre 41 milioni di arrivi nel 2000), e il quinto per viaggiatori partenti (circa 20 milioni di italiani vanno all'estero ogni anno).
    L'85% dei viaggi è compiuto da meno del 20% della popolazione mondiale. Anche le mete sono principalmente nei paesi ricchi, ma i viaggi nel sud del mondo sono in continuo aumento e comunque rappresentano già oggi la maggior voce di entrata in molti paesi poveri. Naturalmente il settore è in mano a poche multinazionali che ne traggono tutti i profitti, mentre chi ne paga il prezzo sono gli abitanti delle zone invase dai turisti, spesso estromessi da ogni decisione in proposito.
    Tra gli impatti ambientali abbiamo l’inquinamento atmosferico dovuto agli spostamenti, la devastazione del territorio legata alla costruzione di infrastrutture turistiche in contrasto con le caratteristiche locali, una grande produzione di rifiuti e un enorme consumo idrico.
    Non di rado la creazione di grandi strutture turistiche richiede lo spostamento delle popolazioni locali dai luoghi in cui abitano. Ad esempio il proprietario di un albergo sul lago Malati ha avuto dal governo l’autorizzazione ad espellere una intera comunità di pescatori. Successivamente l’invasione dei turisti produce stravolgimenti anche sul piano culturale, mercificando le tradizioni e alterando profondamente gli usi ed i costumi tradizionali.
    Un discorso a parte merita il turismo sessuale diffuso soprattutto nel sud est asiatico ed in alcuni paesi dell’America Latina, coinvolgendo spesso minorenni. Si calcola che il fenomeno riguardi oltre 2 milioni di bambini. Il giro d’affari di questo mercato è stimato attorno ai 5 miliardi di dollari. In alcuni casi si tratta di bambini costretti a prostituirsi per fame, altre volte sono veri e propri schiavi.
    Come gran parte delle attività economiche che producono buoni margini di profitto nel sud del mondo anche il turismo è fortemente controllato da organizzazioni dei paesi ricchi e lascia alle popolazioni locali, oltre ai problemi, pochi spiccioli. Allo stesso tempo stravolge l’economia del territorio producendo dipendenza e aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.

    Amici animali

    Tra gli altri esseri con cui entriamo in relazione ci sono anche gli animali. Il problema della sofferenza degli esseri viventi non umani attraversa l’umanità dai tempi antichi, e da secoli ci si confronta su questa tematica .
    Dato che gli animali non votano, non possono esprimere a parole il loro punto di vista e non si organizzano per ribellarsi come nella fattoria di George Orwell, la questione rimane nell’ambito della filosofia e dell’etica, anche se sempre più spesso ci si rende conto che determinati comportamenti verso gli animali hanno ripercussione molto concrete sull’essere umano (basti pensare alla mucca pazza e alle altre sindromi da allevamento industriale).
    Nel 1978 l’Unesco ha proclamato la Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali. Quando si parla di diritti degli animali c‘è sempre qualcuno che si scandalizza tirando in ballo la sofferenza degli esseri umani come se le due sensibilità fossero alternative. Spesso queste persone non fanno assolutamente nulla per ridurre le sofferenze umane, mentre l’amore e l’impegno per gli esseri umani e per gli animali, salvo rare eccezioni, quasi sempre convivono all’interno di persone sensibili. Sta di fatto che i diritti degli animali, come quelli degli esseri umani, sono violati ogni giorno nel nome di interessi particolari o di semplice arroganza.
    Il settore della produzione alimentare produce sofferenze enormi. L’uccisione degli animali, per quanto brutale, è spesso una vera e propria liberazione rispetto ad una breve esistenza intrisa di atroci sofferenze. Gli animali da allevamento vivono in veri e propri lager, senza spazio per camminare e sedersi, senza vedere mai l’erba, alimentati con sostanze inadatte. A volte sono trasportati all’interno di camion e vagoni senza cibo e acqua, sotto il sole o al freddo.
    La caccia ormai ha ben poco a che fare con la necessità di procurarsi cibo, tant’è che anche le leggi la classificano come sport, per quanto assurda possa essere l’idea di uno sport basato sull’uccisione di esseri viventi. In Italia ci sono circa 800.000 cacciatori che uccidono intorno ai 150 milioni di animali, contribuendo sensibilmente al pericolo di estinzione che minaccia il 68% delle 543 specie di vertebrati presenti nel nostro paese.
    Ancora oggi milioni di animali sono vittime della vivisezione, ossia della sperimentazione di medicinali, cosmetici, detersivi e armi. La scienza tende a giustificare questa pratica affermando che è il necessario sacrifico del progresso. In primo luogo, anche ammettendo che tale considerazione possa essere giustificabile rispetto ai medicinali, di certo non lo è per il resto. Sta di fatto che in realtà è la stessa scienza ad ammettere che i risultati ottenuti dalla sperimentazioni sugli animali non valgono necessariamente per l’essere umano. Molto più efficaci ed utili sono le sperimentazioni in vitro, l’osservazione clinica e la sperimentazione clinica controllata
    Una crudeltà del tutto gratuita è rappresentata dal mercato delle pellicce. Oggigiorno abbiamo innumerevoli alternative per proteggerci dal freddo, e anche per ostentare il lusso, se siamo così insicuri da non poterne fare a meno. Eppure sono innumerevoli le vittime di questo mercato della morte. Una sola pelliccia può richiedere l’uccisione di decine e decine di animali. Ma la stessa pelliccia può provocare altra morte e sofferenza dato che due volte su tre restano impigliati nelle trappole dei cacciatori animali non utilizzabili. E se gli animali sono allevati, la loro sofferenza si prolunga per mesi, per concludersi con una morte inflitta con sistemi atroci (per non rovinare il pelo) come la corrente elettrica, il soffocamento o la rottura del cranio.
    Al di là delle pellicce, il settore dell’abbigliamento prevede numerose altre stragi per il mercato delle pelli, cuoio, ossa di tartaruga, mentre la seta si ottiene bollendo vivi i bachi. Poi c’è l’ampio campionario dei souvenir dell’orrore: avorio, tappeti di pelle, pinne, insetti e animali imbalsamati o vivi.
    A tutto questo si aggiungono i maltrattamenti, le sevizie, le incarcerazioni perpetrati da singoli individui spesso per pura crudeltà, magari per sfogare le proprie frustrazioni personali.

    Torna su'

    Sito realizzato con PhPeace 2.6.32

    PhPeace è software libero, e ognuno è libero di ridistribuirlo secondo le condizioni dellaLicenza GNU GPL

    A meno di avvisi di particolari (articoli con diritti riservati) il materiale presente in questo sito può essere copiato e ridistribuito, purchè vengano citate le fonti e gli autori. Non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale pubblicato.

    validateXHTMLcclvalidateCSS

    Segnala eventuali errori al WebMaster | RSS logo