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    30 settembre 2006 - Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti Solidali

    Comunicazione e disinformazione

    Sul potere dei mezzi di informazione si è parlato e scritto tanto, ma gran parte dei cittadini non ha ancora piena coscienza di quanto questi strumenti riescano a condizionare il modo di pensare e di agire di ognuno di noi. Da quando Gutemberg ha inventato la stampa ad oggi, la tecnologia ha fatto un balzo vertiginoso ed ha travolto anche il nostro modo di comunicare e di far circolare le informazioni. I mezzi di comunicazione ed informazione si sono moltiplicati così come la quantità di notizie, ma questo non ha ridotto i problemi rispetto alla democrazia nell’informazione. Anzi, per certi versi le cose sono peggiorate.
    L’informazione risponde a logiche politiche o economiche ed è fortemente influenzata dal mercato. Per questo non riesce a svolgere una funzione critica. A seconda delle necessità i mezzi di informazione svolgono un ruolo di propaganda, che si tatti della preparazione di una guerra, di una campagna elettorale o del lancio di un nuovo prodotto sul mercato, sempre tesi a venderci qualcosa: un oggetto, un’idea o uno stile di vita. Dato che l’informazione fa pienamente parte del meccanismo economico non può metterlo in discussione. In realtà lo legittima e lo promuove anche quando lo critica.
    Oggi non viviamo un problema di scarsità di informazioni. Il problema è esattamente opposto, ma la sostanza non cambia. Ad ogni istante siamo bombardati da una mole di informazione che non possiamo gestire. Questo fiume in piena produce un rumore di fondo costante che ci impedisce di udire i diversi suoni. Tra la notizia di un’alluvione che ha devastato un’intera regione dell’Asia, la scoperta di una nuova crema contro la cellulite, uno scandalo di palazzo e il servizio sulle vacanze dei vip, tutto si perde e viene triturato in una poltiglia indistinta.
    A livello internazione si ripropone anche in questo settore il problema dello squilibrio che assume la forma di una vera e propria colonizzazione culturale. Oggi ci sono nel mondo 4 multinazionali dell’opinione pubblica, due negli Stati Uniti (United Press, Associated Press) e due in Europa (Reuter GB, France Press), che immettono sul mercato 40.000.000 di parole (il 97% delle notizie circolanti nel mondo). Se da noi questo significa avere una informazione che promuove valori distorti, nei paesi poveri significa esportare un modello culturale che nulla ha a che vedere con la realtà locale, promovendo il sogno di un mondo occidentale immerso nella felicità e nel benessere più completo, così come mostrano gli spot pubblicitari e i telefilm.

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