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    Beni comuni

    3 ottobre 2006 - Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti Solidali

    Da rifiuti a risorse

    Nel capitolo “Terra” abbiamo dedicato diverse pagine al tema dei rifiuti, una delle principali emergenze ambientali del nostro tempo. Il cittadino solidale è molto attento a questo problema e sa che, in primo luogo, deve cercare di ridurne al minimo la produzione, e poi impegnarsi per un corretto smaltimento differenziato.

    Riduzione e riutilizzo

    Abbiamo detto che il problema dei rifiuti è strettamente legato al consumo delle risorse e alla qualità della vita. Per questo, più ancora che la raccolta differenziata e il riciclaggio, è importante cambiare il nostro rapporto con i beni, ridurre i consumi inutili e scegliere prodotti con minore impatto ambientale. Hanno minore impatto ambientale i beni realizzati con meno dispendio di energia e risorse, con una maggiore durata, con un minore contenuto di imballaggi inutili, smaltibili con minori complicazioni ambientali. Vanno evitati i beni che perdono la loro funzione in breve tempo o dopo un solo utilizzo, per privilegiare quelli riutilizzabili a lungo. Bisogna evitare che raccolta differenziata e riciclaggio diventino un alibi per mettere da parte ogni preoccupazione sul modello di produzione e di consumo nella nostra società.

    Vuoto a rendere

    Fino a pochi decenni fa i commercianti vendevano prodotti sfusi, e il cliente si recava in negozio portando i contenitori da casa. Oppure si applicava una cauzione sui contenitori a rendere. Queste buone pratiche sono state soppiantate dall’introduzione di contenitori ed imballaggi a perdere provocando l’esponenziale aumento della mole dei rifiuti domestici. La cauzione sui vuoti a rendere è rimasta in uso fino a poco tempo fa nel mercato delle bevande e sopravvive come eccezione grazie alla buona volontà di qualche commerciante, ma è stata spazzata via dalla diffusione delle famigerate bottiglie di plastica e dal vetro a perdere.
    In alcuni paesi che prendono seriamente il problema dei rifiuti il vuoto a rendere viene fortemente sostenuto, magari applicandolo a materiali diversi dal vetro (pesante e fragile), come il policarbonato, una specie di plastica resistente e riutilizzabile più volte. In questi paesi il sistema funziona anche perché le cauzioni per i vuoti sono molto elevate ed è evidente come più sia alta la cauzione più alto sia il ritorno dei vuoti. Il cittadino solidale preferisce sempre il vuoto a rendere per ridurre a monte i suoi rifiuti e lo spreco di risorse. Quando possibile si organizza, ad esempio con un Gruppo di Acquisto Solidale, per acquistare prodotti in grandi confezioni da dividere con altri.
    Alcuni negozi, anche nel nostro paese, stanno riscoprendo la buona pratica della vendita di prodotti sfusi, come i detersivi, ma sono ancora eccezioni che il cittadino solidale potrebbe incoraggiare mostrando il proprio interesse ai commercianti di fiducia e agli amministratori pubblici.

    Riciclati e riciclabili

    Non tutti i rifiuti possono essere facilmente riciclati. Ad esempio è complicato riciclare prodotti che accoppiano materiali diversi, come il tetrapak, che unisce carta e plastica, o le lattine in acciaio delle conserve. Per questo è opportuno scegliere prodotti realizzati in modo da poter essere facilmente riciclati o riusati.
    Allo stesso tempo non serve a nulla impegnarsi nella raccolta differenziata se poi non si acquistano i prodotti ottenuti dal riciclaggio. Quindi vanno preferiti, ogni volta che sia possibile, materiali e beni ottenuti da materie seconde. Quasi sempre questo consente di ridurre la quantità di rifiuti, lo spreco di materie prime ed il consumo di energia (e quindi l’inquinamento).
    L’esempio più classico è quello della carta. Il cittadino solidale preferisce sempre carta riciclata, per scrivere, disegnare, stampare, ma anche per il gabinetto e la cucina.

    La raccolta fa la differenziata

    Premessa indispensabile per il riciclaggio dei rifiuti è la loro raccolta differenziata per la quale è fondamentale l’attenzione del cittadino. Ma occorre anche che gli enti pubblici facciano delle scelte adeguate e funzionali, ad esempio la raccolta porta a porta che permette di raggiungere livelli di differenziazione quasi mai ottenibili con i semplici cassonetti stradali.
    Quando si cominciarono ad avviare le prime esperienze di raccolta differenziata molti si mostrarono scettici ritenendo che i cittadini non avrebbero collaborato, non volendo rinunciare alla comodità di buttare tutto in un’unica pattumiera. Il tempo dimostrò il contrario: i cittadini sono molto più attenti e sensibili di quanto politici e tecnici credano, purché si diano loro le giuste informazioni e si investa sulla loro educazione.
    Ogni cittadino dovrà informarsi presso l’amministrazione o l’azienda che gestisce i rifiuti sulle modalità corrette di conferimento.

    I materiali

    La raccolta del vetro è la prima ad essere stata sperimentata in Italia ed è la più diffusa. Il vetro rappresenta circa il 9% dei nostri rifiuti. Il riciclaggio del vetro è una tecnica antica e da sempre i vetrai integrano la materia prima con rottami anche perché riciclare vetro consente di risparmiare molta energia: normalmente la temperatura di fusione per ottenere vetro da materia prima vergine si aggira sui 1400°; la presenza di rottame consente di abbassare questa temperatura intorno agli 800°, con un notevole risparmio di combustibile. Le materie prime del vetro sono sabbia, soda e calcare. Riciclare vetro consente di risparmiare questi minerali e di ridurre i rifiuti da smaltire in discarica.
    Carta e cartone sono, assieme all’organico, la frazione più consistente tra i rifiuti urbani, il 32%. In gran parte si tratta di imballaggi. Usare carta da macero per produrre carta nuova permette di salvaguardare il già scarso patrimonio boschivo, di risparmiare una grande quantità di acqua (la produzione di carta ne inquina molta), e consente anche un sensibile risparmio energetico. La tabella mostra i vantaggi della produzione di carta riciclata rispetto alla carta prodotta da materia vergine.












    PER UN Kg DI CARTA SONO NECESSARI
    CARTA DI PRIMA QUALITA’CARTA RICICLATA AL 100%
    LegnoKg. 2,38non occorre
    AcquaLt 440Lt 1,8
    EnergiaKcal 10.000Kcal 1.500/2.000
    InquinantiMoltiAssenti

    I metalli (acciaio, alluminio ecc.) rappresentano il 4% dei rifiuti urbani. L’alluminio è un materiale molto prezioso e la sua produzione ha costi ambientali ed economici elevati. Per realizzare una lattina si inquinano 38 metri cubi di aria, 18 litri di acqua e 30 cm cubi di suolo, in più si producono 800 grammi di rifiuti, in parte tossici. Usare l’alluminio per realizzare contenitori “usa e getta” è una vera assurdità. Produrre alluminio riciclato richiede solo il 5% dell’energia necessaria per il prodotto vergine. Ciò dovrebbe indurci ad effettuare la raccolta differenziata dell’alluminio, ma non dovrebbe rappresentare un alibi per continuare ad usarlo quando non sarebbe necessario: le lattine usa e getta andrebbero sempre evitate, tanto che in alcuni paesi e città d’Europa ne è stata vietata la commercializzazione.
    La plastica, che rappresenta il 15% dei rifiuti urbani, è un materiale insostenibile dal punto di vista ambientale. Comodo per molti usi, ma troppo gravido di conseguenze per lasciare che la sua diffusione prosegua al ritmo degli ultimi anni, anche in questo caso con grossa responsabilità del settore degli imballaggi e dei prodotti monouso in genere. L’insostenibilità della plastica è dovuta al suo alto contenuto di energia: è un derivato del petrolio e per fabbricarne un Kg occorrono 1,6 Kg di “virgin nafta”. Anche come rifiuto la plastica è di difficile gestione: non è biodegradabile e in discarica, oltre ad occupare molto spazio, resta intatta per migliaia di anni e se incenerita può produrre sostanze dannose come furani e diossine. La raccolta differenziata, pur preferibile allo smaltimento in discarica o all’incenerimento, ha molte controindicazioni: il rapporto peso/volume della plastica fa sì che le campane si riempiano con estrema rapidità e principalmente di aria (97,5% di aria e 2,5% di plastica). A questo proposito è importante comprimere i contenitori prima di buttarli, ma non basta a risolvere il problema di una raccolta eccessivamente onerosa. Secondo un calcolo di Ambiente Italia, un mezzo di raccolta che potrebbe trasportare 5 tonnellate, carico di plastica arriva a trasportarne solo 0,5. Considerando che in condizioni normali occorrerebbero circa 6 litri di carburante ogni 100 Km per tonnellata, nel caso della plastica, per trasportare lo stesso peso, ne occorrono 30. Il riciclaggio presenta problemi a causa delle diverse caratteristiche delle differenti plastiche in commercio. Solo certi tipi di plastica possono essere facilmente riciclati, ma molti dei prodotti in plastica riciclata fanno fatica ad essere collocati sul mercato. Di fatto, molta della plastica raccolta in maniera differenziata finisce negli inceneritori, con un recupero energetico ridicolo rispetto al consumo per la produzione. In questi anni si è spesso dibattuto se sia meglio riciclare la plastica, buttarla in discarica o incenerirla. Il cittadino solidale sa che questo dibattito ha poca importanza: la plastica è un bene insostenibile di cui la nostra società sta abusando e quindi è necessario evitarlo ogni volta che sia possibile. In casi estremi la plastica può essere sostituita con materiali innovativi ottenuti da sostanze naturali. Ad esempio il “Mater Bi”, molto simile alla plastica, è un derivato dell’amido di mais, completamente biodegradabile, da cui si possono ricavare buste, stoviglie, penne e così via. In situazioni in cui non si possono utilizzare prodotti durevoli è sicuramente preferibile alla plastica derivata dal petrolio.
    Per i rifiuti ingombranti viene di solito previsto un servizio di ritiro a domicilio, a volte gratuito altre a pagamento. Purtroppo ancora troppo spesso capita di trovare, lungo un fiume o una strada di campagna, elettrodomestici, divani, mobili e letti abbandonati.

    Rifiuti pericolosi

    I rifiuti pericolosi rappresentano una piccola frazione, l’1%, ma con un grosso potenziale nocivo. Per questo è necessario trattarli in maniera adeguata.
    I farmaci vengono spesso venduti e acquistati con troppa superficialità. Scatole appena iniziate restano negli armadietti fino alla scadenza. A questo punto andrebbero riconsegnati in farmacia per uno smaltimento adeguato in impianti specifici. In realtà ancora troppo spesso finiscono nella spazzatura comune con gravi conseguenze ambientali.
    Le pile elettriche sono un vero e proprio flagello ambientale a causa della presenza di materiali altamente inquinanti come cadmio e mercurio. Un solo grammo di mercurio è in grado di inquinare 200 quintali di alimenti e mille litri di acqua e sono ancora troppe le pile smaltite in maniera scorretta. Se è importante utilizzare gli appositi raccoglitori per smaltire le pile esauste (spesso si trovano nelle isolo ecologiche o presso tabaccai e altri negozi), molto meglio sarebbe limitare al minimo l’uso di un prodotto che impiega risorse preziose, preferendo strumenti che si possono allacciare alla rete o che funzionino manualmente (come le lampade da campeggio che hanno dentro una dinamo azionabile a mano), evitando di acquistare giocattoli o altri prodotti che senza batterie perdono la loro funzionalità, scegliendo comunque, quando proprio non se ne possa fare a meno, pile ricaricabili, ognuna delle quali può sostituire e quindi sottrarre dai rifiuti centinaia di pile comuni.
    L’olio usato, smaltito scorrettamente, può avere conseguenze ambientali molto gravi. Disperderlo nel terreno provoca l’avvelenamento di piante e animali che potrebbero anche entrare nella nostra catena alimentare. 5 litri di olio usato (il quantitativo del cambio d’olio di un’auto), se finiscono in acqua, riescono a coprire 5000 metri quadrati con una sottile pellicola che impedisce l’ossigenazione trasformando lo specchio d’acqua in una tomba per tutti gli organismi sottostanti. Quegli stessi 5 litri di olio usato, se vengono bruciati, immettono nell’atmosfera sostanze altamente tossiche. Chi preferisce fare da solo il cambio dell’olio deve poi conferirlo presso raccoglitori autorizzati (meccanici, benzinai, centri di raccolta comunali…). L’olio usato può essere rigenerato senza troppe difficoltà e tornare in commercio: da un chilo e mezzo di olio usato si ottiene un Kg di base lubrificante di ottima qualità.
    Anche l’olio di cucina è dannoso per l’ambiente e va consegnato agli appositi centri di raccolta.
    Altri rifiuti urbani pericolosi il cui smaltimento va controllato attentamente e che devono essere conferiti separatamente ai centri di raccolta o ad altri enti predisposti sono le batterie delle auto, le lampade al neon, le siringhe usate, i contenitori ed i residui di prodotti infiammabili e tossici che sull’etichetta portano le lettere T o F.

    I rifiuti organici ritornano alla terra

    I rifiuti organici condividono con carta e cartone il primato tra i rifiuti urbani, di cui rappresentano il 32% (26% scarti alimentari e 6% potature e sfalci d’erba).
    Osservare la frazione organica dei nostri rifiuti ci da un’idea di quanto sia sprecona la nostra società. Si calcola che ogni anno finisca nella spazzatura mezzo milione di tonnellate tra pane e pasta (che rappresentano il 10% della produzione) ossia 9 Kg a testa. In più buttiamo mezzo milione di tonnellate di carne ancora commestibile (il 15% di quella che compriamo).
    Proprio la frazione organica dei nostri rifiuti è quella che crea maggiori problemi in discarica (percolato, cattivi odori, gas, ratti e parassiti). Se invece viene raccolta separatamente diventa una risorsa preziosa in quanto vi si può ricavare il compost, ossia un fertilizzante naturale da usare in agricoltura o nei giardini. Data la consistenza della frazione organica è ormai chiaro che non si possono ottenere buone percentuali di raccolta differenziata se non si interviene su di essa. Il compost si ottiene dalla fermentazione della materia organica (rifiuti di cucina, sfalci di giardino, foglie secche, stallatico, legnetti ecc.), mentre altri rifiuti non biodegradabili come plastica, vetro, metalli, olii contaminano il prodotto finale.
    La presenza di sostanza organica nel terreno accresce la fertilità e sarebbe di grande importanza in un paese come in nostro dove molti suoli sono a rischio di desertificazione.
    La soluzione ideale è il compostaggio domestico, ma occorre una piccola area verde. Ogni amministrazione dovrebbe promuoverlo attraverso un’adeguata campagna informativa (realizzata anche assieme ad associazioni ambientaliste che seguono i cittadini nei primi tempi), la concessione dell’apposito contenitore, in comodato o ad un prezzo politico, e una conseguente riduzione sulla tariffa dei rifiuti.
    Il composter è una campana di plastica con sopra un apertura per depositare la materia organica e sotto uno sportello da cui prelevare il compost maturo. Si può utilizzare anche una compostiera in legno o un semplice cilindro di rete metallica. Ancora meglio, per chi ha spazio, è il semplice cumulo di rifiuti organici.
    In tutti i casi è necessario che i rifiuti vengano in contatto con il terreno, meglio ancora se precedentemente mosso e inumidito, in una zona ombreggiata. Questo contatto serve a far defluire l’acqua piovana e a permettere ai microrganismi di passare nella materia depositata accelerandone la decomposizione.
    Per cominciare il processo va preparato un fondo con materiale legnoso che permetta la traspirazione, poi, i primi rifiuti organici depositati andrebbero mescolati con del compost vecchio o del terriccio. Ciò facilita l’avvio del processo e permette il drenaggio dell’acqua. Gli scarti vanno poi aggiunti regolarmente alternando sostanze più umide (scarti di cucina, erba) con altre più secche (paglia, legnetti, foglie secche e asciutte); questa alternanza crea il giusto rapporto tra carbonio e azoto. Gli scarti più grossi, come i rami di potatura, dovrebbero essere spezzettati per favorire il processo.
    Il cumulo deve essere rimescolato periodicamente, o comunque appena si sviluppano cattivi odori. Allo scopo si può usare un forcone, ma senza mai comprimere il materiale, il che impedirebbe la circolazione dell’aria, infatti è l’ossigeno che permette ai microrganismi di agire ed è l’areazione che impedisce la formazione di cattivi odori. Il cumulo non dovrebbe mai essere né troppo umido (l’umidità appesantisce e compatta impedendo il passaggio dell’aria), né troppo secco (il che rallenterebbe molto il processo).
    In inverno si può coprire il cumulo con una stuoia, con sacchi di juta o altro per impedire che il freddo rallenti troppo il processo e per proteggerlo da piogge eccessive, in estate bisogna invece inumidirlo più spesso per evitare un’eccessiva essiccazione.
    La durata del processo varia in base alle condizioni atmosferiche (più lunga col freddo, più breve col caldo), al materiale usato (materiale legnoso e grossolano richiede più tempo), dalla frequenza dei rivoltamenti. In ogni caso servono almeno 2 o 3 mesi. Prima dell’utilizzo si può setacciare il compost ed usare le parti più grosse come fondo per il nuovo cumulo.
    Oltre ad incoraggiare il compostaggio domestico i comuni dovrebbero organizzare la raccolta differenziata dei rifiuti organici per poi avviarli ad impianti di compostaggio collettivi dove smaltire anche le grandi quantità di sfalci delle aree verdi pubbliche e scarti raccolti presso grandi produttori di rifiuti organici (mense, ristoranti, alberghi, comunità, vivai...).
    Un impianto di compostaggio industriale può avere dei costi relativamente bassi che possono essere ammortizzati in breve tempo, soprattutto se si tiene conto anche del risparmio sui costi di smaltimento in altri tipi di impianti.
    In alcuni comuni si è lasciato l’iniziativa ai cittadini concedendo delle aree pubbliche a comitati che le utilizzano per realizzare piccoli impianti di quartiere gestiti a titolo volontario da anziani o altre persone disponibili.

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