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    Grande successo di pubblico e contenuti per Terra Futura

    Salvare il pianeta per vivere bene, trovando una nuova e più sostenibile connessione tra esseri umani, ambiente e risorse del pianeta. È questo l’imperativo emerso dall’evento conclusivo di Terra Futura
    1 giugno 2010 - Redazione REES Marche

    Durante i tre giorni dell'evento è stato anche evidenziato il rapporto tra agricoltura e cambiamenti climatici: l'agricoltura è, infatti, responsabile del 10-12% del totale delle emissioni di gas serra e della metà di quelle metano e di protossido d'azoto, gas quest'ultimo che ha un potenziale di riscaldamento globale pari a 310 volte la CO2. Ma allo stesso tempo, l'agricoltura è anche il sistema produttivo che potrebbe contribuire ad una notevole riduzione di emissioni e addirittura a sottrarre la CO2 atmosferica.

    Salvare il pianeta per vivere bene, trovando una nuova e più sostenibile connessione tra esseri umani, ambiente e risorse del pianeta. È questo l'imperativo emerso dall'evento conclusivo di Terra Futura, la mostra convegno delle buone pratiche di sostenibilità che si è chiusa il 30 maggio alla Fortezza da Basso di Firenze con 92.000 visitatori nei tre giorni. A dieci anni dalla nascita del Forum sociale mondiale, sorto a Seattle nel 2001, e nel clima di attesa verso il prossimo vertice sui cambiamenti climatici di Cancùn si è tracciato un bilancio sull'azione di questi anni e guardato insieme al futuro rispetto alla capacità reale di incidere per il cambiamento.

    "Il forum sociale mondiale rimane la più grande rete mai esistita di connessione tra gli attori della società civile" riferisce Raffaella Bolini, responsabile internazionale di Arci, secondo cui il Forum ha riportato importanti risultati anche in Italia dove, all'inizio "criticare un sistema che mercificava tutto e distruggeva persone, culture e biodiversità era difficile. Purtroppo però la storia ci ha dato ragione...".
    Secondo Moema Miranda, direttrice dell'Istituto brasiliano di analisi sociale ed economica e membro del Gruppo fondatori brasiliani del Fsm, "un grande successo è stata la creazione di un'agenda comune da parte di diversi soggetti di tutto il mondo. Da sempre ribadiamo che la storia è nelle nostre mani e che si può pensare a un altro futuro, da costruire attraverso una nuova, comune sensibilità". Come una Cassandra, il Forum per primo ha visto i rischi di un sistema non sostenibile, che danneggia l'ambiente e crea disuguaglianze. Ora che le previsioni sono state confermate, bisogna considerare il quadro attuale "come opportunità di ripensare gli stili di vita, ricordandoci di non superare i limiti del nostro pianeta. Ognuno di noi non appartiene a un singolo stato ma alla madre terra".
    Nonostante il ruolo di grillo parlante, anche il movimento sociale mondiale conta però dei fallimenti: lo fa presente Carlo Jaeger, economista del Postdam institute for climate impact resources, che sollecita un maggiore dibattito nel Forum. Ma i tempi sono stretti: "L'Europa è allo sfacelo per la crisi da una parte e l'incapacità di agire sul problema del clima dall'altra. Su questi fronti è urgente intervenire, promuovendo un dibattito aperto e onesto".

    E sull'importanza di continuare a fare rete insiste Euclides André Mance, ideatore di Solidarius, rete brasiliana di economia solidale: "È necessario sommare le lotte di tutti. Il Fsm può forzare un cambiamento nella società, ma per farlo deve continuare nella costruzione di una collaborazione mondiale; non possiamo credere che singoli movimenti cambino il mondo: serve una lotta comune". E il Forum fa parlare tante realtà con una sola voce a livello globale, ma non dimentica l'importanza di intervenire sul piano locale, promuovendo solidarietà e democrazia. Ne è esempio ciò che accade in Iraq, come raccontato da Ismael Dawood, cofondatore dell'ong irachena Al Messalla: "Nel mio paese il movimento è importante perché ribadisce che la guerra non è il futuro in nessuna parte del mondo: non lo è in Iraq, né in Afghanistan e neanche in Palestina, perché produce odio e ostacola la comunicazione tra culture".
    Per quanto riguarda la realtà boliviana, Gustavo Soto, direttore del Centro studi applicati ai diritti economici, sociali e culturali di Cochabamba, ricorda che "all'inizio il Forum è stato fondamentale, perché ha aiutato la società civile a prendere coscienza degli effetti drammatici della globalizzazione. Ma ora il movimento ha una nuova sfida: la costruzione collettiva di un modello di civiltà alternativa per tutti".

    Lavorare per salvaguardare il pianeta significa anche intervenire sul delicato e attuale tema dei cambiamenti climatici. Il vertice che si terrà a Cancùn tra sei mesi offrirà al Forum l'opportunità di premere ancora sui grandi della terra per chiedere politiche e azioni concrete. Ma sui possibili risultati del vertice le opinioni sono contrapposte. C'è chi, come Bollini, si augura che possa essere un momento in grado di cambiare la storia: "Potrebbe scattare un meccanismo simile a quello di Seattle, dove le realtà locali si incontrarono e si riconobbero parte della stessa battaglia". Ma per raggiungere questo obiettivo, come riferisce il coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente Maurizio Gubbiotti, "dovremo intervenire in maniera forte, perché possa essere un appuntamento non solo degli addetti ai lavori ma di tutte le realtà sociali, dei movimenti, dei sindacati". Decisamente più pessimista si dimostra Jaeger, secondo cui "bisogna essere realistici: è inutile farsi illusioni su soluzioni a breve scadenza. È a livello locale che ora si possono fare dei passi tecnologici, istituzionali, culturali. Per i risultati a livello globale bisognerà attendere ancora...".

    Evidenziato in questi tre giorni anche il rapporto tra agricoltura e cambiamenti climatici: l'agricoltura è, infatti, responsabile del 10-12% del totale delle emissioni di gas serra e della metà di quelle metano e di protossido d'azoto, gas quest'ultimo che ha un potenziale di riscaldamento globale pari a 310 volte la CO2. Ma allo stesso tempo, l'agricoltura è anche il sistema produttivo che potrebbe contribuire ad una notevole riduzione di emissioni e addirittura a sottrarre la CO2 atmosferica. A partire da queste premesse è stata lanciata a Terra Futura la proposta di un tavolo nazionale di lavoro "Agricoltura biologica e cambiamenti climatici" che metta insieme operatori economici, tecnici e strutture di ricerca, e che sensibilizzi le istituzioni italiane e l'opinione pubblica, favorendo lo sviluppo di attività agricole idonee a mitigare i cambiamenti climatici.

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