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    8 dicembre 2006 - Mauro Marconi
    Fonte: Bollettino Res Marche Anno 2 N°3 - 04 dicembre 2006

    Pianificazione e Gestione delle aree verdi

    La singolarità e i pregi estetici del paesaggio scaturiscono dall’incontro di due storie evolutive, quella urbanistica - determinata dall’azione modificatrice dell’uomo - e quella naturale, frutto dei cambiamenti di lungo periodo che interessano la geologia e la biologia del territorio.
    Purtroppo, spesso, l’impatto dell’urbanizzazione - in particolar modo negli ultimi decenni - è stato molto pesante, avendo modificato in misura rilevante l’aspetto originario dei luoghi. Gli orrendi capannoni che punteggiano il nostro territorio ne sono la più evidente testimonianza.
    La mia relazione avrà come oggetto la vegetazione, in particolare quella spontanea, in quanto elemento potenzialmente riequilibrante negli interventi di restauro ambientale, anche ai fini estetici, che intendiamo suggerire in questi nostri incontri.
    Detto in via preliminare che il nostro territorio è ormai quasi del tutto privo di vegetazione spontanea (eccezion fatta per gli argini dei fiumi e qualche fosso), bisogna ricordare che in tutta Europa ci si sta ponendo ormai da anni il problema di come conciliare agricoltura e ambiente, di come produrre alimenti di qualità e di come contenere le sovrapproduzioni. Ricordato anche che uno dei maggiori rischi che si stanno correndo in numerosi Paesi, Italia inclusa, è quello della progressiva perdita di fertilità dei suoli agrari, non è difficile capire quanto sia importante intervenire sulla vegetazione extraurbana, sostanzialmente per ricrearla e garantirne una conservazione nel tempo, a beneficio sia degli equilibri ambientali sia delle produzioni agricole. Sempre più spesso si fa riferimento nei documenti ufficiali delle varie amministrazioni al termine “rete ecologica”. Esso sta ad indicare un insieme interconnesso di specie vegetali, perlopiù spontanee, in grado di garantire, in un’area più o meno vasta, il mantenimento degli equilibri biologici tra i vari organismi e quindi della stessa biodiversità.

    Importanti elementi strutturali di una rete ecologica sono i seguenti:

    * Core areas - aree interne del frammento naturale (bosco, ecc.) dove è minima l’influenza dell’uomo e dove è presente un’alta biodiversità;
    * Buffer zones - sono le cosiddette zone cuscinetto, a margine del frammento naturale, importanti per proteggere le core areas;
    * Ecological corridors - corridoi ecologici, fasce continue di territorio che, differenti dalla matrice circostante, connettono funzionalmente due frammenti tra loro distanti;
    * Stepping stones - letteralmente “pietre da guado”: aree puntiformi che possono essere importanti per favorire la presenza di specie di passaggio. Può trattarsi di stagni o paludi, utili punti di appoggio durante una migrazione di avifauna.
    * Restoration areas - aree di restauro e ripristino ambientale, che una volta riqualificate possono accogliere molte specie interessanti.
    Di rete ecologica si parla ampiamente nel Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) della Provincia di Macerata, ma esistono, è bene ricordarlo, anche una carta della rete ecologica delle Marche e un ufficio competente in Regione.

    Carta della rete ecologica delle Marche

    Come è facile constatare, la fascia montana e alto collinare della nostra regione è quella più ricca di biodiversità, mentre la situazione è a dir poco sconfortante in quella basso collinare e costiera. Se si eccettuano alcuni ambienti particolari (es.: Monte Conero, Riserva dell’Abadia di Fiastra), tutto il territorio risulta coltivato e urbanizzato. La vegetazione spontanea è stata rimossa quasi completamente, in gran parte a seguito della meccanizzazione dell’agricoltura iniziata intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso. L’ecosistema agrario ha perduto gran parte della sua originaria complessità - intesa come varietà di piante, coltivate e spontanee - per divenire progressivamente un ambiente del tutto artificiale, in cui prevalgono le monocolture, che deve essere mantenuto produttivo ricorrendo ai concimi chimici e a dosi sempre più massicce di pesticidi.
    Resistono, ma in misura marginale, alcuni filari di alberi, qualche siepe lungo la strada, elementi sporadici che non garantiscono di certo quella connettività auspicata dal concetto di rete ecologica.
    Allo scopo di ricostituire parte dell’originaria biodiversità, è di importanza fondamentale far capire, in primo luogo agli imprenditori agricoli, che una copertura vegetale minima, non invasiva - e che quindi non ostacola il lavoro dei mezzi meccanici -, ma continua, in corrispondenza dei margini dei campi, delle strade interpoderali, dei fossi, ecc., è essenziale innanzitutto per il miglioramento della produttività dei suoli. L’erosione superficiale, con conseguente perdita di humus, dei terreni - lo sentiamo ripetere sempre più spesso - è una delle emergenze planetarie. Una buona schermatura vegetale costituita da siepi, macchie, alberature, ecc. è in grado di limitare in misura significativa l’asportazione del suolo superficiale causata dal vento e di contenere gli effetti del dissesto idrogeologico. E’ quasi superfluo aggiungere che i costi necessari alla ricostituzione delle barriere vegetali sono destinati ad essere ampiamente controbilanciati dai benefici ottenuti in termini di migliore produttività e di minori spese per riparare ai danni causati dal dissesto idrogeologico stesso. Occorrerà senza dubbio vincere la forte resistenza di molti agricoltori che, per lunga tradizione, non hanno mai visto di buon occhio gli interventi, seppur parziali, di riforestazione in campagna, ma si tenga conto che esistono oggi strumenti normativi a livello europeo che incentivano tali interventi. Ad esempio, il Regolamento CE n° 1257/99 prevede (art. 31) contributi economici per il rimboschimento delle superfici agricole che comprendono il rimborso delle spese sostenute per l’impianto, un premio annuale per ettaro rimboschito (per gli imprenditori si arriva a 725 euro/anno/ettaro), ed un ulteriore premio annuale per ettaro a compensazione del mancato reddito determinato dal rimboschimento per un periodo di venti anni. Il sostegno economico è vincolato alla compatibilità ambientale dell’intervento, e ciò riveste una grande importanza perché i rimboschimenti devono tenere conto delle caratteristiche vegetazionali dell’area e delle specie che si dovranno impiantare. Le specie autoctone che potrebbero essere utilizzate nel nostro territorio sono molte, in primo luogo le querce (es.: Roverella), gli aceri, i biancospini, ecc. e, più vicino ai corsi d’acqua, i pioppi, gli ontani, i salici.
    Una corretta gestione agro-forestale, giova ribadirlo, permette di attenuare, e di molto, gli effetti del dissesto idrogeologico. Allo stato attuale, in prossimità dei corsi d’acqua la situazione appare preoccupante. Da recenti indagini condotte, risulta che una parte del territorio in prossimità dei fiumi delle Marche, è a rischio, più o meno grave, di frane. Talvolta l’intervento umano non adeguatamente pianificato aumenta enormemente tale rischio.
    L’erosione di sponda, fenomeno del tutto naturale, ha spesso conseguenze drammatiche a causa della continua sottrazione di area golenale ai fiumi, sia da parte delle attività agricole sia da parte degli insediamenti industriali, dovuta all’esasperazione della mentalità produttivistica che “impone” di mettere a coltura quanto più terreno possibile.
    La ricostituzione di un rete ecologica minima passa attraverso la tutela e, ove possibile, l’incremento della vegetazione di sponda. Anche in questo caso, bisognerà trovare accordi con i proprietari dei terreni affinché gli interventi di restauro ambientale siano quanto più possibile condivisi. Dal punto di vista realizzativo, la riforestazione degli argini dei fiumi non pone eccessive difficoltà, essendo molte specie capaci di colonizzare spontaneamente e rapidamente tali luoghi (es.: salici).
    In sostanza, la realizzazione di una rete ecologica nel nostro territorio rappresenta una opportunità di gestione corretta dell’ambiente che può produrre molteplici benefici effetti, non ultimo, come si diceva all’inizio, quello di rendere esteticamente più gradevole il paesaggio, oggi ridotto ad un mosaico disordinato di case e di insediamenti produttivi.
    Ricordiamo, a titolo esemplificativo, il progetto di rete ecologica del territorio provinciale di Bologna, dal quale qualche esperto di pianificazione potrà trarre suggerimenti preziosi per la redazione, mutatis mutandis, di un analogo progetto per le nostre zone.
    Si tratterebbe, in buona sostanza, di individuare quei nuclei di vegetazione spontanea relitta (detti “nodi”), che nel nostro caso sono presenti quasi esclusivamente lungo i fiumi, e in qualche caso a ridosso del perimetro urbano, e di ricollegarli tramite fasce di vegetazione, non necessariamente ampie, da ricreare ai margini dei campi coltivati, dei fossi, delle strade, ecc., così da formare un reticolo continuo. Il progetto, che potrebbe scaturire da un accordo tra comuni limitrofi, avrebbe un significato notevole come progetto-pilota da estendere ad altre realtà territoriali. Lo scopo ultimo, previsto dalle linee guida del PTC di Macerata, è quello di realizzare connessioni ecologiche a livello provinciale.

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