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    Beni comuni

    8 dicembre 2006 - Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà
    Fonte: Bollettino Res Marche Anno 2 N°3 - 04 dicembre 2006

    Le lodi al Volontariato

    Le lodi al Volontariato , i bisogni delle persone, le risposte che le Istituzioni hanno il dovere di dare

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    Con questo contributo si intende mostrare le ricadute negative sui cittadini, derivanti dalla mancata emanazione di provvedimenti regionali. In primo piano c’è, da sempre, la non definizione delle regole che stanno alla base della erogazione dei servizi. In particolare ci riferiamo a interventi e servizi sociosanitari domiciliari, diurni e residenziali che riguardano migliaia di cittadini che sono in grave difficoltà e che necessitano in maniera continuativa di queste prestazioni. Per molti di loro sono interventi vitali.

    Tempo di risposte

    Pare opportuno ripeterlo perché i recenti ripetuti attestati di stima nei confronti del volontariato e del terzo settore da parte delle istituzioni regionali (presidente di giunta e assessori) servono a ben poco se non sono accompagnati da scelte di politica sociale che rispondono alle esigenze ed ai diritti delle persone in difficoltà. Il rischio è che ci si accontenti di questo e che si sostituisca l’attenzione ai bisogni delle persone, che devono essere accompagnati dalla realizzazione di interventi e servizi, con gli elogi, che non costano nulla, al mondo del volontariato. Allo stesso modo, in particolare, il volontariato che non è, generalmente gestore di servizi, dovrebbe chiedere non tanto attenzione nei suoi confronti (che rischia di essere confusa con la richiesta di qualche finanziamento) ma soprattutto la tutela e la garanzia dei diritti per le persone con le quali quotidianamente si relaziona. Occorre non smettere di interrogarsi e riflettere su questo punto perché altrimenti si rischia di fare il gioco proprio di chi in realtà non pone l’equità e la giustizia sociale come prioritari nella propria agenda.
    Allo stesso tempo è importante ricordare che l’attenzione sociale di un esecutivo non può ridursi alla valutazione dell’operato del solo assessore ai servizi sociali perché i bisogni sono trasversali ed in particolare investono sanità e lavoro. La sanità, ora salute, ha competenza ad intervenire (che significa anche responsabilità economica) in tutte le situazioni nelle quali la malattia produce non autosufficienza. La grande carenza e insufficienza dei servizi territoriali (domiciliari, diurni e residenziali) rivolti a soggetti non autosufficienti si radica, oltre che nella carenza culturale di molti operatori e della gran maggioranza degli amministratori, nei giochi di forza. Il diritto alla cura non può essere vincolato alla condizione e durata della malattia (acuta o cronica); nei fatti invece, l’incapacità di ridurre la spesa sanitaria ospedaliera (e in particolare quella rivolta all’acuzie) a favore di quella territoriale si trasforma nella negazione del diritto alla cura per migliaia di malati non autosufficienti.
    Il giusto coinvolgimento delle associazioni nella predisposizione di importanti provvedimenti, promesso dal presidente della giunta regionale, come il piano sanitario e quello sociale, dovrebbe accompagnarsi poi alla verifica congiunta delle realizzazioni degli stessi. I piani sono atti programmatori che hanno una scadenza temporale e che richiedono la verifica al termine. Una verifica che andrebbe fatta insieme anche ai soggetti che sono portatori degli interessi degli utenti e in particolare di coloro che non sono in grado di rappresentarsi da soli. Sarebbe così l’occasione per spiegare per quale motivo quello si era programmato non si è fatto. Basterebbe analizzare per quanto riguarda il settore sociosanitario le realizzazioni degli ultimi due Piani sanitari (1998-2000 e 2003-2006). La stragrande maggioranza degli interventi previsti non è stata realizzata. I cittadini hanno il diritto di conoscerne le ragioni così come l’amministrazione regionale ha il dovere di portarle.

    Le regole delle strutture e dei servizi

    Cosa succede quando un minore, un disabile, un anziano non autosufficiente, un malato di Alzheimer necessitano di un servizio residenziale? Quando c’è necessità di un centro diurno per un disabile intellettivo?
    La regione, pur previsto, non ha definito un piano di fabbisogno (quanti ne servono) di questi servizi; non è stato neanche definito il costo di degenza e la ripartizione, quando prevista, tra sanitario e sociale. Molte sono le strutture che mancano di questo tipo di Regolamentazione che in molti casi ne impediscono l’apertura oppure si determinano funzionamenti difformi tra territorio e territorio. Molti di questi servizi sono stati introdotti dalla legge regionale 20 del 2002, i quattro anni trascorsi sono un tempo più che adeguato per la definizione di questi aspetti.

    Per quanto riguarda i minori, sono previste quattro tipologie di comunità (familiare, educativa, di pronta accoglienza, per adolescenti) la competenza finanziaria è tutta dei Comuni e dunque non si pone un problema di contenzioso tra gli enti. C’è invece quello riguardante il costo retta giornaliero delle strutture e la definizione del fabbisogno. Nel primo caso può trattarsi che strutture identiche abbiano costi differenti e dunque che la destinazione possa essere scelta unicamente con questo criterio. Il secondo è la definizione del fabbisogno. Quante sono necessarie per bacini di popolazione? Di che tipologia?

    La situazione riguardante le strutture sociosanitarie per disabili, malati mentali, anziani non autosufficienti, e malati d’Alzheimer è ancora più complessa, perché oltre a mancare la definizione del fabbisogno (a parte lo specifico delle residenze protette per anziani non autosufficienti di cui abbiamo già parlato in un precedente numero di Volontariato marche) e del costo della degenza, non è stata definita la ripartizione dei costi tra sanità (Zone) e sociale (Comuni). Comuni e Zone danno in genere interpretazioni diverse alla normativa e in mancanza della Regolamentazione regionale attuativa di quella nazionale le strutture di nuova costituzione ritardano l’attivazione o quando lo fanno ciò avviene in un quadro di estrema confusione.

    Il quadro più imbarazzante è quello degli anziani non autosufficienti non curabili a domicilio e dei malati di Alzheimer. Riguardo a questi ultimi malati la normativa regionale prevede la realizzazione di Nuclei Alzheimer all’interno delle Residenze sanitarie assistenziali. Nuclei previsti dal 1998. Ad oggi non ne esiste un posto certificato dalla regione. Venti (20) invece sono i posti letto presenti in tutta la regione nei nuclei demenze delle case protette (ne vengono indicati 32, ma 12 non sono mai esistiti). Una regione di 1.500.000 abitanti, con oltre 320.000 ultrasessantacinquenni dispone di 20 posti residenziali in risposta al problema delle demenze. Un dato che oltre ad essere sconcertante è tragico. E dunque dove sono ospitati i malati di Alzheimer? In case di riposo per anziani autosufficienti che non potrebbero ospitarli, la retta è a completo carico degli utenti quando dovrebbe essere tutta o in parte a carico del servizio sanitario; l’assistenza erogata è di qualche decina di minuti al giorno; in queste condizioni, quasi sempre, oltre la retta le famiglie pagano assistenza privata o in alternativa c’è la contenzione e il ricorso massiccio agli psicofarmaci.

    Non cambia di molto la situazione residenziale per gli anziani non autosufficienti. Servono secondo i dati della regione circa 4.000 posti in strutture (Residenze sanitarie assistenziali e residenze protette) sociosanitarie con una assistenza giornaliera non inferiore ai 100 minuti giornalieri. Attualmente non sono più di 600-700 posti in tutta la regione che erogano questa assistenza (333 posti di RP e altri di RSA che, in alcuni rari casi, ospitano anche malti non dimissibili in maniera permanente).

    Alcune di queste risposte chiedono solo capacità programmatoria, altre impegni finanziari per interventi dei quali i cittadini hanno bisogno e diritto. Impegni presi, seppur parzialmente negli atti di programmazione, ma non realizzati. Sono queste le risposte attese dai cittadini marchigiani. C’è da augurarsi che il volontariato marchigiano, ascoltate le lodi, dica con chiarezza che esse a nulla valgono se non sono accompagnate da atti amministrativi capaci di dare risposte a quelle esigenze da troppo

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