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    Biologico: la certificazione funziona?

    La Conferenza Nazionale sulla Certificazione Bio organizzata da Aiab lancia l'idea di un nuovo patto fiduciario tra produttori e consumatori. Si fa strada l'idea di un nuovo modello di autocertificazione basata sulla fiducia. Ma non tutti sono d'accordo
    3 dicembre 2010 - Redazione Rees Marche
    Fonte: aamterranuova.it - 03 dicembre 2010
    La Conferenza Nazionale sulla Certificazione Bio organizzata da Aiab lancia l'idea di un nuovo patto fiduciario tra produttori e consumatori. Si fa strada l'idea di un nuovo modello di autocertificazione basata sulla fiducia. Ma non tutti sono d'accordo
    Il biologico deve essere certificato? I produttori devono pagare un ente esterno che li certifica? La discussione sul biologico in Italia si sta incanalando verso una contrapposizione tra chi è favorevole ad un nuovo patto tra consumatori e produttori, posizione vista con favore dalla maggior parte del mondo dei Gruppi d'Acquisto Solidale, e chi invece rivendica la certificazione di un ente terzo come l'unica strada percorribile capace di dare garanzie su scala nazionale e non solo.

    Sulla prima posizione si schiera Aiab, Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica, una delle realtà storiche più significative del settore in Italia. "Il biologico ha bisogno di un nuovo patto fiduciario tra mondo della produzione e consumatori. E questa nuova alleanza deve passare anche da una riforma del sistema di certificazione. Queste le conclusioni della II Conferenza Nazionale sulla Certificazione Bio, che si è svolta il 25 novembre, a Roma, presso la Sala conferenze Unicef. 
    "Il biologico è un modello che non ha simili nell'agroalimentare si legge nel comunicato dell'Aiab "negli ultimi anni ha rilevato un aumento medio annuo superiore al 10%, con punte del 20%. Un aumento assoluto di 3 milioni di ettari di superficie coltivata nel mondo (nel 2009) e di vendite per oltre 3 miliardi di euro. Un valore di mercato mondiale che si attesta sui 40 miliardi di euro e che coinvolge 1 milione e 400mila aziende in 154 Paesi.
     L'Italia contribuisce al quadro generale con circa 1 milione di ettari di superficie bio e mantiene il suo posizionamento tra i paesi leader del biologico in Europa. Alla base di questo successo, c'è la relazione fra produttore e consumatore basata su un rapporto fiduciario fortissimo. E la cerniera che garantisce il rapporto fiduciario è la certificazione. Il biologico è sempre certificato, se non lo è, sarà qualcos’altro, legittimo, ma non è bio. Nello stesso tempo, leggiamo nel comunicato Aiab, non sta scritto da nessuna parte che l'unico modo per certificare, per dare garanzia, sia il modello assunto dagli europei, prima con il regolamento 2092/91 e poi riaffermato nell'834/07, basato sulla certificazione di parte terza. 
    Oggi in Italia ci sono circa 40 mila aziende agricole ed allevamenti certificati, ma il numero di aziende che potrebbero praticare il metodo di produzione bio è enorme. Eppure secondo Aiab l'attuale modello di certificazione è diventato obiettivamente un ostacolo allo sviluppo del bio. "La soluzione non è eliminare la certificazione, ma cambiarla profondamente. Vogliamo che chi si riconosca nel modello del bio abbia il diritto legittimo di fregiarsi del nome di produttore biologico e così anche i suoi prodotti. Non è come si certifica che può distinguere un pomodoro biologico dall'altro, la discriminante è se si certifica o meno".
    È però critica la risposta di Controllo Biologico, ente certificatore conosciuto con la sigla CCPB. "I sistemi di garanzia partecipativa non appartengono alla certificazione" ha risposto l'Amministratore Delegato con un comunicato comparso sul sito "è un'autodichiarazione che può funzionare in un'economia molto locale di quasi sussistenza ove produttori e consumatori si conoscono reciprocamente perché abitano vicino e si "controllano" vicendevolmente come quando ognuno di noi sa cosa fa il vicino nel proprio appezzamento. Sono sistemi adottati nello sviluppo rurale dei Paesi ad economia in fase di  sviluppo; siamo sicuri che sono coerenti agli obiettivi di una agricoltura che ha la responsabilità di sostenere la sicurezza alimentare di un Paese come l'Italia e garantire la fruizione sociale di beni pubblici come il suolo, l'acqua, il paesaggio, la tutela idrogeologica e la qualità della vita nel suo complesso"
    Secondo il rappresentante di CCPB che la certificazione debba essere di "parte terza", ovvero affidata ad organismi di certificazione conformi alla Norma UNI CEI EN 45011, sta scritto nei successi di quasi vent'anni di biologico europeo.

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