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    Finanza, politica ed etica

    Se oggi ci chiediamo a che punto è il confronto tra etica e politica siamo fuorviati dalla cronaca martellante che sembra spostare il dibattito sul piano della moralità scandalistica e lascia stremate e sole le risorse sane e operative dell’economia, ridotta a convitato di pietra di un dibattito monotematico.
    28 febbraio 2011 - Ugo Biggieri
    Fonte: bancaetica.com - 25 febbraio 2011

    Se oggi ci chiediamo a che punto è il confronto tra etica e politica siamo fuorviati dalla cronaca martellante che sembra spostare il dibattito sul piano della moralità scandalistica e lascia stremate e sole le risorse sane e operative dell’economia, ridotta a convitato di pietra di un dibattito monotematico.
    Eppure non mancherebbero gli argomenti: il caso Fiat, le questioni sindacali, le prospettive del precariato lavorativo, la voglia nucleare, tutti temi che richiederebbero una seria riflessione sulle condizioni del paese, ancora ingabbiato da una crisi economica che porta con sé aggravanti sociali non ben stimate e affrontate.
    La percezione di staticità è però errata, la parte sana e produttiva della società produce welfare partecipato, innovazione, green economy.
    In questi giorni i dati della rete elettrica ci confermano che nel solo 2010 questa parte sana ci ha regalato energia fotovoltaica equivalente ad una grande centrale nucleare, ma con costi e tempi inferiori e molta più occupazione diffusa. Analoghi benefici più difficilmente quantificabili sono stati raggiunti dal risparmio energetico. L'imprenditoria sociale ha mantenuto e creato posti di lavoro.

    La politica è stata chiamata a riparare al danno prodotto da un’economia finanziarizzata di fronte alla quale è stata debole e accondiscendente. Le è mancata lungimiranza: i segnali della crisi ci sono stati in questi anni; la necessità di reintrodurre in economia correttivi di responsabilità sociale ed ambientale è stata affermata da molti; l'evidenza di aver varcato i limiti al consumo irresponsabile di risorse naturali è ormai di senso comune; l'assurdità della finanziarizzazione virtuale dell'economia è stata denunciata da (tardivi) premi Nobel.

    La politica ha lasciato, irresponsabilmente, il timone in mano alla finanza globale deregolamentata e non tassata. Il mito della crescita illimitata del PIL ha imposto la strada più breve e più redditizia (per pochi), quella di una piramide finanziaria fatta cartolarizzando persino i desideri di consumo dei cittadini.
    È così che i “derivati” hanno drenato risorse pari a 24 volte il PIL mondiale. Erano possibili altre strade? Certo e lo sono ancora. Innanzitutto occorre affermare che l'economia deve potersi muovere in autonomia, ma non in anarchia: ci vogliono regole che ci facciano passare dall'economia irresponsabile ad un economia responsabile ambientalmente e socialmente.
    Regole che consentano intanto e banalmente di avere sotto controllo i mercati non regolamentati, gli over the counter, i credit default swap. Un po' di trasparenza che è precondizione alla responsabilità.

     

    Nella storia della finanza etica nel mondo sono state sperimentate nuove regole. Noi di Banca Etica ci siamo dati regole di trasparenza, di scelta dei finanziamenti, di coerenza e in 12 anni abbiamo tessuto reti e intrecciato relazioni solidali, cooperative. Abbiamo conosciuto le enormi possibilità di cambiamento che germogliano dalla società civile, ancora vaste ed inesplorate. Possibilità che riscoprono anche le buone tradizioni di cooperativismo, innovazione legata alle piccole imprese e alla mutualità. Siamo un piccolo esempio - per dimensioni, ma dimostriamo che si può fare.

    In una visione di lungo periodo si pone oggi per la politica il problema etico di come evitare che chi ha prodotto la crisi sia anche il beneficiario degli aiuti pubblici. Ne discutono nei vertici internazionali da tre anni; anche il summit di Davos ha dovuto occuparsene. Se si salvano le istituzioni finanziarie è ragionevole discutere di chi le governa e della remunerazione dei manager; è giusto interrogarsi sulle società che le grandi imprese hanno nei paradisi fiscali; è opportuno prendere finalmente sul serio le forme di controllo/tassazione della finanza.
    Infine l’occasione eticamente rilevante della politica nei confronti dell’economia consiste nell’indirizzare gli aiuti verso investimenti che abbiano ricadute pubbliche e di lunga durata e che siano condizionati ad un cambiamento radicale del sistema: nuove politiche industriali per l'ecoefficienza, relazioni commerciali più eque a livello mondiale, modelli di consumo sostenibili, nuove forme di welfare partecipato.
    I cittadini sono molto più interessati al cambiamento di quello che la politica crede e lo dimostrano partecipando alle iniziative sugli stili di vita, sulla green economy, sulle nuove misure di benessere che superino il Pil. In questo senso l’etica in politica non sarebbe “un discorso da anime belle”, ma una questione centrale per affrontare la crisi ma richiede responsabilità e coerenza a tutti, politica, impresa, sindacati e cittadini, e soprattutto cambiamenti veri (e non solo proclamati) di idee, azioni e persone.

    Ugo Biggeri
    Presidente di Banca popolare Etica

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