barralunga

REES Marche

RSS logo

Calendario

    Beni comuni

    La fabbrica senza padroni FA.SIN.PAT.: una storia di riappropriazione.

    Nel 2001 la Repubblica Argentina viene dichiarata insolvente nei riguardi dei creditori internazionali. In questo contesto di crisi economica generalizzata e di forte disoccupazione nasce il fenomeno della riappropriazione delle fabbriche.
    13 maggio 2011 - Redazione Rees Marche

    Il 2001 segna per la Repubblica Argentina un momento grave e importante della sua storia, lo Stato infatti viene dichiarato insolvente nei riguardi dei creditori internazionali. La crisi economica che segue al default è profonda e colpisce duramente anche la classe media: tutti ci ricordiamo le immagini delle proteste davanti alle banche e alle sedi del potere politico a seguito del cosiddetto corralito, il provvedimento di blocco dei conti correnti dei risparmiatori argentini.

    Si tratta di una crisi economica che affonda le sue radici in profondità e precisamente nelle politiche di ristrutturazione economica messe in atto dal regime militare genocida tra le fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 e nella politica economica neoliberista attuata negli anni '90 dal presidente Carlos Menhem e dai suoi successori. Una politica fatta di privatizzazioni delle proprietà statali accompagnate da un processo di finanziarizzazione dell'economia e di deindustrializzazione accelerato e radicale, di decentramento del sistema di contrattazione verso accordi aziendali, di delegittimazione dei sindacati e di deregolamentazione delle relazioni di impiego.

    In questo contesto di crisi economica generalizzata e di forte disoccupazione nasce il fenomeno della riappropriazione delle fabbriche. Di fronte alla loro chiusura infatti, alcuni lavoratori e lavoratrici decidono di non aspettare passivamente l'arrivo di un nuovo proprietario o di rimettersi sul "mercato", ma prendono possesso della loro azienda e la rimettono in produzione.

    A distanza di diversi anni il fenomeno è cresciuto (circa 200 imprese recuperate e gestite dagli stessi lavoratori non solo nel settore industriale ma anche in quello dei servizi che coinvolgono più di 15.000 persone), ed è
    divenuto un importante punto di riferimento sia per chi guarda a nuovi modelli di gestione della produzione e di rapporto tra questa e il territorio sia per chi cerca risposte attive, concrete e collettive alla disoccupazione e alla precarietà lavorativa.

    Tra le varie imprese recuperate ed autogestite la fabbrica di ceramiche Fa. Sin.Pat. (acronimo di Fabrica Sin Patrones , Fabbrica, Senza Padroni), situata nella Patagonia argentina, è forse una delle più famose e una delle esperienze politicamente più significative, dato che si è ristrutturata cercando di dare un nuovo senso alla produzione e alla attività lavorativa.

    Per i lavoratori e le lavoratrici di questa azienda la capacità di produrre riveste sicuramente un'importanza centrale, tuttavia le modalità nelle quali essi la declinano sono radicalmente diverse rispetto al passato. I lavoratori e le lavoratrici di Fa. Si. Pat, ad oggi circa 400, stanno sperimentando una nuova organizzazione del lavoro che supera il modello gerarchico precedente:
    l'assemblea di tutti i lavoratori e le lavoratrici è l'organo decisionale sovrano,esiste una sostanziale omogeneità salariale, un'ampia rotazione delle mansioni che coinvolge anche gli impiegati, una rotazione degli incarichi sindacali e nella definizione dei ritmi di lavoro vengono messi al centro la tutela del benessere e della salute dei lavoratori.

    Tuttavia, quello che i lavoratori e le lavoratrici di Fa. Sin. Pat hanno fatto nascere e crescere in questi dieci anni non è solo un nuovo e più democratico modello di produzione di merci per il mercato. Essi hanno cercato e costruito un nuovo rapporto con il territorio e la sua società, mettendo al centro la solidarietà e il mutualismo e andando oltre alla visione dell'impresa come mera funzione della produzione. Fa. Sin Pat dona alla comunità piastrelle per la costruzione di strutture sanitarie e scolastiche pubbliche, organizza eventi
    culturali e politici per la cittadinanza e in cambio riceve sostegno e legittimazione. “Fa. Sin. Pat es del pueblo” sostengono gli operai e le operaie.

    Dentro a questa visione, la salvaguardia delle risorse naturali e dei diritti delle comunità originarie che abitano le terre dove queste imprese sono situate, non assume i connotati di una politica di marketing o di riposizionamento strategico verso una nicchia di mercato, ma è una pratica fondante che da senso e valore al produrre. Fa.Sin. Pat ha quindi accordi con gli indios Mapuche per l'utilizzo delle terre secondo criteri di sostenibilità ambientale, pagamento equo delle materie prime, rispetto della sovranità territoriale.

    Fa. Sin. Pat inoltre mette in connessione e fa collaborare il mondo della produzione materiale con quello della ricerca, del sapere scientifico e dell'educazione attraverso accordi con università ed istituti di ricerca pubblici
    che prevedono lo scambio gratuito di saperi ed esperienze. Infine Fa. Sin. Pat si pone come un soggetto politico autonomo che a partire dal basso attua e propone una politica di unità dei lavoratori e delle lavoratrici,
    di riforma in senso democratico e partecipativo del sindacato, di avanzamento dei diritti del lavoro ed estensione dei diritti sociali.

    Oggi, in un contesto come quello europeo segnato da una profonda crisi economica, ma anche e soprattutto ambientale e democratica, discutere dell'esperienza Fa.Sin. Pat, senza alcuna lettura epica e consci del diverso terreno sociale ed istituzionale in cui si è radicata, ci sembra un'opportunità importante per aprire uno spazio pubblico di riflessione su come agire al suo interno.

    Fa. Sin Pat ci parla della rottura della barriera artificiale tra lavoratori e cittadini, di un incontro virtuoso tra società, ambiente e mondo della produzione. Fa.Sin.Pat ci dice che il lavoro può non essere solo generatore di profitto, dominio e spreco di risorse, ma anche fonte di benessere collettivo e valorizzazione e ampliamento dei beni comuni. Ci stimola a ripensare che cosa produrre, come produrre e per chi produrre.
    Per ultimo, ma non meno importante, le donne e gli uomini di Fa. Sin Pat mettono in crisi l'idea dell'individuo (post)moderno impotente di fronte ai cambiamenti prodotti da una globalizzazione descritta come ingovernabile.

    Essi, pur tra molti sacrifici, paure e criticità, hanno scelto di mettersi in gioco in prima persona, rifiutando soluzioni individuali e organizzandosi con altri uomini e donne sono riusciti a prendere in mano le condizioni materiali della propria esistenza, a dar senso al loro lavoro e a costruire un pezzo di società basato sulla comunanza.

    Sito realizzato con PhPeace 2.6.32

    PhPeace è software libero, e ognuno è libero di ridistribuirlo secondo le condizioni dellaLicenza GNU GPL

    A meno di avvisi di particolari (articoli con diritti riservati) il materiale presente in questo sito può essere copiato e ridistribuito, purchè vengano citate le fonti e gli autori. Non si assume alcuna responsabilità per gli articoli e il materiale pubblicato.

    validateXHTMLcclvalidateCSS

    Segnala eventuali errori al WebMaster | RSS logo