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    5 marzo 2007 - Ethan Miller
    Fonte: Bollettino Rees Marche Anno 3 N° 1 - 04 marzo 2007

    Altre economie sono possibili!

    Organizzarsi per una economia di cooperazione e solidarietà

    Tratto da:
    Granello di Sabbia (n°165)
    Bollettino elettronico quindicinale di Attac Venerdì 26 Gennaio 2006

    Possono migliaia di progetti economici diversi, radicati nel territorio, spinti dal basso formare la base di una alternativa viabile al capitalismo? Potrebbe sembrare improbabile che una messe incoerente di iniziative quali cooperative di lavoratori, consumatori, inquilini, monete comunitarie, giardini urbani, organizzazione per il commercio equo, comunità associative e associazioni di mutua assistenza a livello di quartiere possano confrontarsi con la pervasiva e apparentemente onnipotente economia capitalista. Queste "isole di alternativa in una mare capitalistico" sono spesso piccole, povere di risorse e scarsamente interconnesse. Raramente sono in grado di connettersi reciprocamente, meno ancora di inserire il proprio lavoro all'interno della visione strutturale più ampia e coerente di una economia alternativa.
    Di fatto, nella ricerca di alternative al capitalismo, i progetti economici democratici esistenti sono spesso dipinti come pratiche nobili ma marginali, destinate ad essere schiacciate o cooptate dalle forze del mercato. Ma è inevitabile? Non è possibile che coraggiosi e impegnati attivisti economici di base in tutto il mondo, percorrendo strade che permettono allo stesso tempo di soddisfare i bisogni di base delle proprie comunità e coltivare la democrazia e la giustizia, stiano mettendo le basi di un'altra economia proprio in mezzo a noi?
    Un processo di networking orizzontale, in grado di unire diverse alternative democratiche e organizzazioni per il cambiamento sociale all'interno di reti di riconoscimento e sostegno reciproco, può generare un movimento sociale e una visione economica capaci di mettere in discussione l'ordine capitalista globale?
    A questi audaci suggerimenti, gli attivisti economici di tutto il mondo che si riuniscono cotto la bandiera dell'"economia solidaria" replicherebbero con un risuonante "sì!". Sono proprio queste innovative esperienze dal basso di produzione, scambio e consumo che stanno ponendo le basi di ciò che molte persone chiamano "nuove culture ed economie della solidarietà".

    Le origini dell'approccio dell'Economia solidale.

    L'idea e la pratica dell'"economia solidale" emersero in America latina alla metà degli anni 80 e sono fiorite nella seconda metà degli anni 90, per effetto della convergenza di almeno tre tendenze sociali. Primo, l'esclusione economica sperimentata da segmenti sempre più ampi della società, causata dalla crescita del debito e dai conseguenti programmi di aggiustamento strutturale imposti dal Fondo monetario internazionale, aveva forzato molte comunità a sviluppare e rafforzare soluzioni creative, autonome e radicate al problema del soddisfacimento dei bisogni elementari. Tra queste iniziative quali le cooperative di produttori e lavoratori, comunità associative e di vicinato, associazioni di risparmio e di credito, cucine collettive ed organizzazioni di mutua assistenza di disoccupati o contadini privi di terre.
    Secondo, l'insoddisfazione crescente nei riguardi della cultura dell'economia di mercato aveva indotto gruppi di persone economicamente privilegiate a cercare nuovi modi di produrre reddito vitale e fornireservizi. Da una contro-cultura in buona parte di "classe media" – simile a quella esistente negli Stati Uniti a partire dagli anni 60 – emersero progetti come le cooperative di consumatori, la cura infantile cooperativa e iniziative per la salute, cooperative di alloggi, comunità associative ed ecovillaggi.
    Esistevano spesso significative differenze di classe e di cultura tra questi due gruppi. Nondimeno le iniziative che generavano possedevano tutte un insieme comune di valori operativi: la cooperazione,l'autonomia dalle autorità centrali e l'autogestione partecipativa da parte dei membri.
    Una terza tendenza operò per legare i due focolari di solidarietà economica l'uno all'altro e al più ampi contesto socioeconomico: i movimenti emergenti a livello regionale e locale cominciavano a forgiare delle connessioni globali in opposizione alle forze della globalizzazione neoliberale e neocoloniale. Cercando un'alternativa democratica sia alla globalizzazione capitalista che al socialismo di stato, questi movimenti identificavano nei progetti economici basati nelle comunità degli elementi chiave di una organizzazione sociale alternativa.
    Nel Primo incontro latino della Cultura della solidarietà e della socioeconomia, tenutosi nel 1998 a Porto Alegre, i partecipanti di Brasile, Messico, Argentina, Perù, Nicaragua, Bolivia, Colombia e Spagna crearono la Rete latinoamericana dell'economia solidale. In una dichiarazione, la Rete dichiarò: "Abbiamo osservato che le nostre esperienze hanno molto in comune: una sete di giustizia, una logica di partecipazione, la creatività e dei processi di autogestione ed autonomia". Unendo queste esperienze condivise nel sostegno reciproco, proclamarono, sarebbe stato possibile lavorare ad una "socioeconomia di solidarietà come un modo di vita che si rivolge alla totalità dell'essere umano".
    Dal 1998 questo approccio dell'economia solidale si è sviluppato formando un movimento globale. Il primo Social Forum Mondiale nel 2001 segnò la creazione di una Rete globale per la Socioeconomia solidale, sostenuto in gran parte da un gruppo di lavoro internazionale dell'Alleanza per un mondo responsabile, plurale e unito. In occasione del Forum di Mumbai del 2004 aveva raggiunto il numero di 47 reti di economia solidale regionali e nazionali di tutto il mondo. All'ultimo Social Forum in Venezuela, i temi che riguardavano l'economia solidale rappresentavano circa un terzo dell'intero programma dell'evento.

    Una definizione di Economia solidale

    Qual è esattamente "l'approccio dell'economia solidale"? Per alcuni teorici del movimento, il punto di partenza è la ridefinizione dello spazio economico stesso. La storia neoclassica dominante dipinge l'economia come uno spazio singolare in cui gli attori di mercato (individui o imprese) cercano di massimizzare il loro guadagno in un contesto di risorse scarse. Questi danno vita alle loro storie di ricerca del profitto su un palcoscenico interamente determinato dalle dinamiche del mercato e dello stato. In controtendenza rispetto a questo approccio limitato, l'economia solidale propone una visione culturale e plurale dell'economia come spazio complesso di relazione sociale in cui individui, comunità e organizzazioni producono i mezzi di sussistenza in molti modi diversi e con diverse motivazioni e aspirazioni – non soltanto la massimizzazione del guadagno individuale. L'attività economica convalidata dagli economisti neoclassici rappresenta, in questa prospettiva, solo una piccolissima frazione degli sforzi umani per soddisfare i bisogni e i desideri.
    Cosa davvero ci sostiene quando le fabbriche chiudono, quando vi sono inondazioni o quando il salario non basta? Di fronte ai fallimenti del mercato e dello stato, spesso sopravviviamo grazie a relazioni auto-organizzate di assistenza, cooperazione e comunità. Nonostante i molti modi in cui la cultura capitalista genera e mobilita la spinta alla competizione e all'egoismo, le pratiche elementari di solidarietà umana restano il fondamento sul quale la società e le comunità sono costruite. Il predominio del capitalismo può, in effetti derivare in parte non piccola dalla sua capacità di cooptare e colonizzare queste relazioni di cooperazione e aiuto reciproco.
    Allargando il campo di ciò che conta all'interno dell'economia, l'economia solidale si riallaccia ad altri filoni del pensiero economico radicale di oggi. Economisti marxisti come Stephen Resnick e Richard Wolff, per esempio, hanno suggerito che molteplici "modi di produzione" coesistono accanto al salariato. Economiste femministe hanno dimostrato che le concezioni neoclassiche nascondono e svalutano forme di sussistenza ed assistenza che sono spesso opera di donne. L'economista e geografa femminista J.K.Gibson-Graham, nei suoi libri "The end of capitalism (As we knew it)" e "A Postcapitalist Politics", sintetizza queste ed altre correnti di pensiero di quella che chiama la "prospettiva di un'economia diversa". Affrontando questioni che sono centrali all'approccio dell'economia solidale, si chiede: "Se vedessimo il panorama economico non completamente colonizzato, omogeneizzato, sistematizzato, non potremmo trovare nuovi spazi per progetti di ispirazione non capitalista? Non potremmo trovare modi di costruire comunità e società diverse, derivate da quello che già esiste?"
    Di fatto, il primo compito dell'economia solidale è identificare le pratiche economiche esistenti - spesso invisibili o marginali nella prospettiva dominante - che favoriscono la cooperazione, la dignità, l'equità, l'autodeterminazione e la democrazia. Come sottolinea Carola Reintjes dell'associazione per spagnola il commercio giusto, Iniciativas de economìa alternativa e solidale (Ideas), "l'economia solidale non èun settore dell'economia, ma un approccio trasversale che include iniziative in ogni settore". Questo progetto attraversa le linee tradizionali delle distinzioni tra economia formale e informale, tra mercato e non-mercato, e tra sociale ed economico nella ricerca di pratiche di produzione, scambio e consumo basate sulla solidarietà - andando dalle cooperative di lavoratori con base legale, che affrontano il mercato capitalistico armati dei valori cooperativi, alle reti di dono locali. (Si veda "A Map of the Solidarity Economy," pp. 20-21.) In una conferenza del 2000 a Dublino sul "Terzo settore", l'attivista brasiliana Ana Mercedes Sarria Icaza ha messo le cose in questi termini: "Parlare dell'economia solidale non è parlare di un universo omogeneo con caratteristiche simili. Invece, l'universo dell'economia solidaleriflette una molteplicità di spazi e forme, tanto in quelli che chiamiamo "aspetti formali" (dimensioni, struttura, forma di governo) come in quelli qualitativi (livello di solidarietà, democrazia, dinamismo e auto-gestione).
    Al suo cuore, l'economia solidale rigetta le soluzioni universali e le organizzazioni economiche tutte uguali, abbracciando la visione secondo cui lo sviluppo sociale ed economico deve procedere dal basso verso l'alto, generato in maniera variabile e creativa da coloro che ne sono maggiormente influenzati. Come ha detto Marcos Arruda, della Rete brasiliana per l'economia solidale, al Forum sociale mondiale del 2004, "un'economia solidale non nasce da pensatori o idee, ma è il prodotto della concreta lotta storica dell'essere umano per vivere e svilupparsi come individuo e collettivamente". Allo stesso modo, comparando l'approccio dell'economia solidale alle visioni storiche dell'"organizzazione cooperativa", Henri de Roche ha notato che "il vecchio cooperativismo era una utopia alla ricerca della propria prassie la nuova cooperazione è una prassi alla ricerca di una utopia". A differenza di molti progetti economici che l'hanno preceduta, l'economia solidale non cerca di costruire un modello singolare di come l'economia dovrebbe essere strutturata, ma piuttosto insegue una processo dinamico di organizzazione economica in cui le organizzazioni, le comunità e i movimenti sociali lavorino per identificare, rafforzare, collegare e creare mezzi democratici e liberatori di soddisfare i propri bisogni.
    Il successo emergerà solo come prodotto dell'organizzazione e della lotta.
    "Le pratiche innovative al livello micro sono viabili e strutturalmente efficaci per il cambio sociale", dice Arruda, "solo se si interlacciano l'una all'altra a formare più ampie reti di collaborazione e catene di

    solidarietà-produzione-finanziamento-distribuzione-consumo-istruzione-comunicazione
    ".
    Questo, forse, è il cuore dell'economia solidale - il processo di networking tra strutture diverse che condividono valori comuni in maniera tale da rafforzarsi reciprocamente. Mappando il terreno economico in termini di "catene di produzione di solidarietà", gli organizzatori possono costruire relazioni di aiuto reciproco e di scambio tra iniziative diverse che ne rafforzano la viabilità collettiva. Allo stesso tempo, la costruzione di relazioni tra imprese solidali e più ampi movimenti sociali rafforza il sostegno all'economiasolidale e permette ai movimenti di soddisfare alcuni dei propri bisogni, di dimostrare alternative viabili e quindi aumentare la forza e la portata del proprio lavoro di trasformazione sociale.
    In Brasile questa dinamica è dimostrata dal Movimento dei lavoratori senza terra (Mst). Come movimento di base e popolare per la giustizia economica e la riforma agraria, l'Mst ha costruito un forte programma che combina l'azione sociale e politica con l'economia cooperativa e solidale. Dall'insediamento di comunità cooperative su terreni di cui si erano ri-appropriate a danno di proprietari assenti allo sviluppo di accordi mutui di scambio di prodotti e servizi a livello nazionale, le reti di solidarietà economica stanno contribuendo in maniera significativa al sostentamento di oltre 300 mila famiglie - oltre un milione di persone. Il Forum per l'Economia solidale del Brasile, di cui l'Mst fa parte, lavora su scala ancora più ampia, incorporando dodici reti nazionali e organizzazioni federative con ventuno Forum di solidarietà ragionali e migliaia di imprese cooperative che lavorano alla costruzione di sistemi di aiuto reciproco, facilitano gli scambi, creano programmi di incubazione di cooperative e influenzano le politiche pubbliche.

    La costruzione di un movimento

    Le possibilità di costruire reti di scambio solidale e sostegno a livello locale, nazionale e finanche globale sono enormi, eppure scarsamente comprese. Mentre alcuni paesi, come il Brasile, l'Argentina, la Colombia, la Spagna e il Venezuela hanno creato forti reti di economia solidale collegate con i movimenti sociali, altri hanno a stento cominciato. Gli Stati Uniti sono un esempio. Con l'eccezione della Coalizione rurale, un'organizzazione di solidarietà agricola a cavallo di Usa e Messico, gli Stati Uniti sono stati per lo più assenti nelle conversazioni globali sull'economia solidale. Forse è più difficile per coloro che si trovano nel "ventre della bestia" immaginare che alternative al capitalismo sono possibili. Forse le pratiche di economia alternativa vengono in qualche modo occultate, rese più isolate negli Stati Uniti che in altre parti del mondo? Esistono davvero meno iniziative basate sulla solidarietà con cui mettersi in rete?
    Forse, ma le cose stanno cambiando. Un numero crescente di organizzazioni statunitensi, di ricercatori, di scrittori, di studenti e cittadini interessati stanno mettendo in discussione i dogmi dell'economia capitalista ed esplorando le alternative. Una nuova ondata di organizzazione economica dal basso sta incubando le prossima generazione di cooperative di lavoro, di cooperative e collettivi di alloggio, iniziative di monete locali, campagne per il commercio giusto, librerie anarchiche (infoshops) e centri di comunità. I gruppi che lavorano su progetti similari si stanno collegando tra loro. Centinaia di lavoratori-proprietari in diversi settori cooperativi in tutta la nazione, per esempio, si riuniranno a New York nel mese di ottobre per il secondo incontro della Federazione statunitense di lavoratori delle cooperative. Per quanto riguarda l'organizzazione intersettoriale, un'ampia coalizione di organizzazioni sta lavorando per creare un elenco pubblico delle entità dell'economia solidale e delle cooperative negli Stati Uniti e in Canada, uno strumento per il networking e l'auto-organizzazione.
    Ci vuole un bel po' di immaginazione per concepire, nell'arco dei prossimi cinque anni o dieci anni, un "Summit per l'economia solidale statunitense" che riunisca molti delle migliaia di progetti economici democratici e dal basso che si realizzano negli Stati Uniti, e che generi una più forte identità comune, crei nuove relazioni e getti le basi di una Alleanza per l'economia solidale Usa.
    Pensieri autocompiaciuti? Forse no. Nelle parole dell'economista e organizzatore argentino José Luis Corragio, "la viabilità della trasformazione sociale è raramente un dato di fatto; è, invece, qualcosa che si deve costruire". Questo è un appello all'azione.

    http://www.zmag.org

    9 Settembre 2006
    Traduzione di Sergio De Simone

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