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    L'Economia solidale quale economia di comunità

    L'economia solidale in Italia è stata denominata e caratterizzata in vari modi, per esempio come “economia delle relazioni”, “economia dei distretti”, “economia di rete”. Non si è ancora data invece sufficiente enfasi all'aspetto comunitario dell'Economia solidale, che è forse potenzialmente quello principale su cui porre l'attenzione.
    25 maggio 2013 - Loris Asoli

    L'economia solidale in Italia è stata denominata e caratterizzata in vari modi, per esempio come “economia delle relazioni”, “economia dei distretti”, “economia di rete”.

    Economia delle relazioni significa che le buone relazioni sono la priorità da assumere nei rapporti economici.

    Economia dei DES, Distretti di Economia Solidale, significa che l'ambito territoriale locale prende una particolare importanza e priorità ed è visto come il basamento su cui si costruiscono anche gli altri livelli territoriali di economia, da quello provinciale, su su, fino a quello internazionale.

    Economia di rete significa che le imprese e gli altri soggetti economici, compresi i fruitori, si relazionano in un un collegamento orizzontale di rete e interagiscono fra loro, considerandosi non più solo come nodi singoli e slegati, ma come nodi strettamente collegati fra di loro da una relazione reticolare, che potenzia e mantiene all'interno gli scambi, in un'ottica di finalità comune.

    Un altro aspetto a cui si dà molta importanza nell'economia solidale è quello della costruzione di filiere produttive complete, che inglobano gli aspetti di produzione, reperimento materie prime, finanza, lavoro, distribuzione, consumo. All'interno di queste filiere prende importanza il concetto del “prezzo giusto” e trasparente e la prassi collaborativa per definirlo.

    Un quinto aspetto e concetto su cui il movimento dell'economia solidale mette l'enfasi è quello della sovranità: economica, finanziaria, monetaria, alimentare, energetica, territoriale, democratica.....

    L'aspetto della sostenibilità ambientale ed ecologica, dei processi produttivi e dei percorsi sociali, viene data come elemento scontato ed insostituibile nelle prassi dell'economia solidale.

    Non si è ancora data invece sufficiente enfasi all'aspetto comunitario dell'Economia solidale, che è forse potenzialmente quello principale su cui porre l'attenzione. Buone relazioni, relazioni reticolari, filiere, sovranità e relazioni locali distrettuali sono appunto aspetti e mezzi per la creazione di uno spirito comunitario locale e, attraverso esso, di uno spirito comunitario globale.

    Nell'Economia solidale i vari soggetti sul territorio, dalle imprese, ai lavoratori, ai fruitori, ai finanziatori, non dovrebbero più sentirsi soltanto come individualità che agiscono per il loro successo, indipendentemente da cosa succede intorno a loro, ma come comunità territoriale, in cui ciascuno cura l'interesse comune e l'interesse del territorio, esseri naturali e paesaggio compresi, a partire dal proprio ruolo, capacità, potenzialità. Il territorio ci chiama a diventare comunità e ad assumere insieme i compiti di cura di esso e della comunità locale.

    Una Economia solidale matura sarà sempre più una economia di comunità, sopratutto perché le aziende non nasceranno più soltanto dall'impulso e dal capitale dei singoli, che cercano isolatamente un proprio spazio nel mercato anonimo e concorrenziale, ma nasceranno dall'accordo consapevole e dalla volontà dei soggetti del territorio, per il bene del territorio, avendone individuato il ruolo positivo nel contesto territoriale e comunitario locale. Queste imprese nasceranno con il finanziamento del territorio -almeno parziale-, con le risorse umane, manageriali e professionali, del territorio, con lo sbocco -almeno parziale- dei prodotti e servizi, verso i fruitori del territorio, o con l'accordo con altri distretti, territori, livelli territoriali superiori.

    I tavoli distrettuali sono concepiti come quell'ambito in cui i soggetti economici del territorio pianificano insieme l'economia virtuosa locale, sono in grado di cogliere le potenzialità locali, collaborano alla gestione dell'occupazione, della distribuzione, della formazione, ecc.

    Rispetto a questo percorso l'Economia solidale è ancora indietro, ma l'economia comunitaria, una gestione comunitaria dell'economia, è il suo orizzonte, la sua meta, la sua natura intrinseca. In questo senso anche lo spirito comunitario di Adriano Olivetti è da recuperare.

    Anche nell'attuale economia individualistica, di mercato conflittuale, c'è un aspetto “comunitario”, in quanto ciascuno è costretto a produrre per gli altri e a fornire loro prodotti e servizi, per poter crearsi il proprio spazio. Ma lo spirito che anima l'economia attuale è intrinsecamente conflittuale in quanto nella lotta per il mercato si è costretti a combattere per i propri interessi cercando in tutti i modi di battere la concorrenza e si viene dominati da una spinta al ribasso (delocalizzare, sfruttare, non pagare tasse, ingannare con pubblicità fasulla, diminuire la qualità dei prodotti, coprire i danni all'ambiente, diminuire il valore reale dei salari, far lavorare in condizioni malsane, far lavorare bambini, ecc). Fino ad arrivare all'attuale dominio della finanza speculativa, in cui non c'è più neanche bisogno di produrre beni e servizi per gli altri, ma si riproduce denaro da denaro, in modo del tutto staccato dalle esigenze della produzione, dei territori, delle comunità, degli individui, e contro di loro, al solo fine di mantenere il privilegio economico-finanziario e il potere.

    Nell'economia solidale non dovrebbe esserci più un mercato anonimo e conflittuale, ma un mercato cosciente, controllato e solidale, che in primis recuperi il valore sociale e comunitario della produzione di denaro e di risorse finanziarie e la tenga sotto il controllo comunitario.

    Mentre la coscienza di una tendenza maggiormente comunitaria incomincia a maturare nell'attuale umanità, non bisogna tuttavia pensare che il crescere dell'aspetto comunitario debba andare a discapito dell'affermazione dell'individualità umana, ma esattamente il contrario: una crescita dell'aspetto comunitario potrà avvenire solo nel rispetto accresciuto verso l'individualità umana. La comunità può crescere in modo sano solo valorizzando al massimo le singole individualità e le individualità possono crescere e affermarsi in modo sano e completo solo all'interno di uno spirito comunitario forte ed esteso.

    Economia solidale ed economia del bene comune

    Nei prossimi giorni si apre un incontro fra il movimento dell'economia solidale e un movimento del tutto vicino, denominato “Economia del bene comune”. Quali sono le peculiarità che differenziano e valorizzano i due movimenti? E cosa si può fare insieme?

    L'economia del bene comune centra la propria analisi soprattutto sulle imprese e sulla necessità che le imprese superino lo spirito di concorrenza e conflittualità e operino in un'ottica di bene comune, dandosi anche dei parametri di comportamento, attraverso il bilancio del bene comune. Questo orientamento tende a costruire una “comunità di imprese” per il bene comune, cioè il necessario orientamento comunitario viene posto principalmente, (anche se non soltanto), a livello delle imprese.

    Come si è letto sopra, l'economia solidale focalizza la creazione di spirito comunitario principalmente su altri due aspetti.

    Per primo il rimettere insieme, in spirito comunitario, le varie figure della produzione, dai responsabili e manager d'impresa, ai lavoratori, ai fruitori dei prodotti e servizi, ai finanziatori. Per questo nell'economia solidale hanno molta importanza i GAS, Gruppi di acquisto solidale (il consumo critico) e la Finanza etica.

    Per secondo si punta a costruire l'aspetto comunitario sui territori locali, in cui, fra l'altro, coinvolgere non solo i soggetti economici, ma anche le istituzioni locali.

    I due movimenti non possono che rafforzarsi reciprocamente tramite un loro incontro e scambio alla pari. L'economia solidale si gioverà moltissimo dall'attribuire maggiore importanza alle imprese e a tutti i settori produttivi e nell'aderire ad un percorso condiviso di certificazione etica delle imprese. Finora, riguardo ai settori produttivi, l'Economia solidale si è occupata principalmente di agricoltura, alimentazione, tessile, bioedilizia, energie, finanza, beni comuni (acqua e territorio, soprattutto), ma ancora con poco successo. L'economia del bene comune può recuperare dall'economia solidale una maggiore enfasi sull'aspetto comunitario territoriale e su quello dell'accordo intereconomico impresa-lavoro-fruizione-finanza-istituzioni. La costruzione dei DES mi sembra possa essere un orizzonte comune, preso dall'economia solidale, mentre la costruzione dei settori economici etici, o del bene comune, a tutti i livelli territoriali, dal locale al nazionale, può essere l'aspetto in cui l'economia del bene comune ha più da dare.

    Insieme si tratta di passare da uno spirito individualistico e conflittuale ad uno spirito comunitario che guarda al bene comune, per la costruzione di una nuova e più evoluta civiltà umana. Occorre un'autentica rivoluzione delle coscienze, ma essa si nutre di azioni e si esprime in azioni, che incomincino a costruire concretamente le nuove strutture comunitarie del bene comune.

    Un aspetto teorico e valoriale comune molto forte è la spinta ideale a superare l'attuale sistema intrinsecamente conflittuale verso uno di tipo collaborativo. Su questo punto mi soffermerò perché è centrale nell'analisi e nell'ispirazione del movimento del bene comune. I due percorsi su questo punto basilare sono differenti ma ben integrabili. L'economia del bene comune sollecita le imprese ad uscire dalla mentalità conflittuale e teorizza incentivi per i comportamenti collaborativi. L'economia solidale invece cerca di superare la conflittualità in un modo più profondo e strutturale, facendo prosperare le aziende che sono progettate e sostenute dalla comunità territoriale etica. Non è più responsabilità delle singole aziende se collaborare o meno fra di loro, ma dovrebbe essere la comunità economica territoriale che sostiene le aziende di cui ha bisogno e che si muovono con criteri etici e se mancano aziende in alcuni settori, ne promuove la creazione. E se ne vogliono nascere di più di quelle che sono necessarie, non le sostiene, perché non nascono da un processo partecipato, ma individualistico. Il problema della concorrenza viene a cadere strutturalmente perché la comunità locale, e le comunità locali tutte insieme, sono in grado di determinare i loro bisogni di prodotti e servizi, i loro bisogni occupazionali e le loro attività che producono per l'esterno della comunità. Inoltre si considera il concetto di livello territoriale del prodotto e servizio. Il pane sarà prodotto, per esempio a livello comunale, e basterà una panetteria ogni 4000 abitanti, per esempio. Le scuole superiori potranno essere di livello distrettuale intercomunale, l'università di livello territoriale provinciale, la produzione di case li livello comunale, quella di vestiti di livello intercomunale o provinciale, quella di auto di livello interregionale, e così via (è da determinare con la pratica concreta). Questo concetto, del livello territoriale ideale per ogni tipo di produzione, che può anche chiamarsi “sussidiarietà economica territoriale” va nettamente contro il concetto e la prassi economica concorrenziale e pone le basi della collaborazione strutturale fra territori. Le comunità territoriali dovranno diventare anche comunità economiche in grado di darsi le strutture economiche, sempre basate sulle imprese, per gestire i loro bisogni. Se si lascia l'economia solo in mano agli individui non può che continuare la lotta degli uni contro gli altri per il mercato. Deve essere la nascita dello spirito di comunità e della strutturazione comunitaria a superare l'attuale economia conflittuale, per andare verso una intrinsecamente e strutturalmente collaborativa. Si deve passare dal mercato conflittuale ad un mercato collaborativo governato dalle comunità e dagli accordi. Deve nascere una economia cosciente, trasparente, concertata, che si basa su accordi e non sul farsi spazio a gomitate. L'economia solidale è un'economia delle comunità e degli accordi nelle comunità e fra le comunità e fra i soggetti economici. Già si è su questa strada quando per esempio gli ortolani pianificano le loro semine insieme ad una retina di GAS. Questa è la strada e su questa strada sparirà la concorrenza distruttiva attuale. Lavorare tutti e lavorare meno è possibile e necessario, senza volere lavorare in molti sulle stesse attività facendosi concorrenza distruttiva. Sono le comunità, collegate fra di loro, che devono vegliare su questo aspetto.

    Riassumendo su questo punto, mentre l'economia del bene comune sollecita principalmente i produttori a uscire fuori dallo spirito concorrenziale, stimolandoli anche con incentivi, l'economia solidale tende a togliere questo punto dalla responsabilità dei produttori, per consegnarlo nelle mani delle comunità territoriali, che per ora incominciano ad esistere solo nella forma dei Des e dei Tavoli DES. I due percorsi non sono alternativi ma complementari. Il primo si rivolge soprattutto alle coscienze perché strutturalmente, in questo tipo di mercato, le aziende dello stesso settore e con gli stessi prodotti, sono intrinsecamente in conflitto fra di loro (la tua morte è la mia vita) e hanno veramente difficoltà ad aiutarsi, e semmai tendono ad aiutarsi facendo cartello, spartizioni di clientela, ecc. L'economia solidale tende a spostare il problema, cercando di rafforzare un altro tipo di mercato, intrinsecamente non conflittuale, ma collaborativo. Sono le comunità che hanno l'interesse a non mettere in contrapposizione fra di loro le loro imprese, né a metterle in contrapposizione con quelle degli altri territori.

    Qui si può ricordare di nuovo l'aspetto della sovranità. Si vuole che i territori gestiscano direttamente il più possibile dei prodotti e servizi che sono loro necessari, o direttamente o tramite accordi con le altre comunità territoriali, senza con questo cadere in direzioni autarchiche o di chiusura, in quanto il commercio è sempre esistito ed è sempre stato positivo e in quanto ogni territorio ed ogni popolazione ha le sue specificità, tendenze, eccellenze, che desidera scambiare con gli altri territori, per il bene comune.

    Passando ad analizzare altri aspetti, entrambi i movimenti, dell'ES e dell'EBC, si muovono su prassi autonome, ma entrambi hanno bisogno di cambiamenti legislativi, per cui si può pensare che possano collaborare nell'aderire a percorsi di trasformazione degli orizzonti politici ed elettorali, collaborando alla scrittura di un programma, che contenga gli elementi di necessaria trasformazione politica, e non solo fra di loro, ma anche con altri movimenti che hanno obiettivi simili.

    Per quanto riguarda le impresa i due movimenti dovrebbero impegnarsi per una riforma del diritto d'impresa, in modo che siano introdotte le “imprese sociali”, che dovrebbero essere avvantaggiate fiscalmente.

    Dovrà esserci piena libertà di creare “imprese sociali”, senza fini di lucro, senza dividendi sugli utili, senza possibilità di ripartizione dei beni allo scioglimento. Questa tipologia di imprese dovrebbe essere avvantaggiata fiscalmente, per favorire ed espandere una “economia sociale”, fatta di imprese produttive di tutti i settori, senza fini di lucro, che si affiancano alle già esistenti cooperative senza fini di lucro e alle imprese con fini di lucro. Quindi dovrà essere possibile creare non solo cooperative, ma anche spa, srl, snc, e qualsiasi altra forma d'impresa, anche nella accezione di impresa senza fini di lucro, con vantaggi fiscali, tributari e finanziari. Le finalità principali dell'impresa dovranno essere rese libere, e la finalità del lucro e del dividendo dovrà rimanere come una delle tante possibili.

    Le imprese sociali non andranno definite solo in relazione all'oggetto del loro produrre, ma soprattutto in relazione alla mancanza della finalità dell'utile, sostituita dalla finalità del bene sociale. Particolari attività virtuose, come l'inserimento di soggetti svantaggiati o la destinazione dei servizi a soggetti svantaggiati, o particolari servizi socio-sanitari saranno un di più rispetto alla basilare e preliminare sostituzione del fine del lucro con il fine dell'interesse sociale definito a statuto.

    Sia l'economia solidale che l'economia del bene comune notano in questa fase storica che le imprese e i processi virtuosi sono schiacciati dalla gestione finanziaria del sistema attuale, per cui un ambito di condivisione può essere senz'altro quello di impegnarsi, insieme ad altri movimenti, per una priorità del momento: la riconquista della sovranità monetaria da parte dei popoli europei, sia che questa possa avvenire a livello centrale europeo (comunitarizzazione della BCE), sia che avvenga a livello decentrato concordato fra le nazioni europee (monete nazionali complementari all'euro e nazionalizzazione delle banche centrali dei singoli stati), sia che debba avvenire attraverso una rottura con l'euro e con l'attuale istituzione UE, fortemente antidemocratica, per puntare alla costruzione di una nuova Europa dei popoli.

    L'esigenza di costruire nuove strutture finanziarie è un punto comune molto forte nei due movimenti. Un altro punto forte comune è quello che l'economia del bene comune chiama i commons o la gestione collettiva dei beni comuni e dei servizi economici essenziali, individuando una via che non è né quella privatistica, né quella statale, ma comunitaria: una gestione economica diretta dalle popolazioni locali.

    Ma i punti comuni sono anche tanti altri e di vasta portata: l'esigenza di limitare le differenze di reddito e le differenze patrimoniali, il considerare i territori agricoli come un bene comune, che richiederà una trasformazione graduale delle attuali forme di proprietà fondiaria, il ripensare il processo ereditario delle imprese, l'esigenza di rinnovare ed estendere il concetto di democrazia e altro ancora. Tutto ciò richiede di arrivare ad un referente politico che faccia le riforme necessarie. Ritorna quindi l'esigenza di collaborare per via politica.

    Le forme di collaborazione fra i due movimenti possono dunque essere molteplici. Più difficile può essere una ipotesi di fusione, in quanto i due movimenti sono strutturati in modo diverso. Una possibile fusione potrà avvenire a partire dal locale e cioè da una saldatura fra i percorsi DES dell'Economia solidale e i percorsi dei “Campi energetici” locali, che sono in costruzione nel movimento dell'economia del bene comune e che sono concettualmente molto vicini ai DES.

    Intanto, dopo l'incontro, oltre a scrivere un documento sul risultato dell'incontro, come misura minima d'avvicinamento, si può pensare ad un reciproco invitarsi negli incontri principali e all'aderire insieme ad iniziative di respiro comune.

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