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    Beni comuni

    5 marzo 2007 - David Fiacchini
    Fonte: Bollettino Rees Marche Anno 3 N° 1 - 04 marzo 2007

     

    Ancora acciaio e cemento nel futuro delle nostre campagne ?

     

     

    I pericoli delle nuove varianti ai piani regolatori comunali

     

     

    Se da un lato è giusto confrontarsi e trovare luoghi idonei per dare spazio a nuove realtà imprenditoriali locali piccole o grandi, dall’altro dovremmo chiederci – come cittadini e come Amministratori – se questa continua “rapina” di risorse naturali (suolo, acqua, aria) e questa perseverante sottrazione all’uso agricolo di fertili terreni decisamente vocati ad un’agricoltura di qualità, sia in qualche modo sostenibile sotto tutti i punti di vista.
    Spesso si assiste impotenti ad una sorta di “guerra” tra Amministrazioni comunali piccole o grandi per potersi creare la propria zona industriale, possibilmente più grande e più attrattiva rispetto a quella del comune limitrofo, andando così incontro agli speculatori di turno che hanno acquistato terreni agricoli a prezzi stracciati per poi rivenderli come edificabili con guadagni stratosferici.
    Sono tanti i comuni marchigiani che in questi ultimi anni (una tendenza che, purtroppo, continuerà nel prossimo futuro) hanno radicalmente cambiando aspetto ai “bucolici” paesaggi agricoli cantati da poeti più o meno illustri, sostituendo a campi di grano e medicai monotone distese di asfalto ed energivori capannoni in acciaio e cemento.
    Oggi più che mai occorre invertire la rotta e puntare sulla qualità ambientale di un territorio storicamente dedito alle attività agricole e rurali, investendo risorse nel settore primario (contributi per aziende agricole polifunzionali a conduzione familiare che credono nel biologico), nel turismo “leggero”, nella cultura e anche nei settori più “problematici” della nostra società: rifiuti (disincentivazione della produzione; raccolta differenziata spinta), ciclo dell’acqua (per un uso razionale delle sempre più scarse e qualitativamente scadenti risorse idriche), nuove costruzioni inserite con attenzione nel contesto ambientale locale (utilizzando le tecniche della bioedilizia e realizzando edifici energeticamente passivi, ecologici e salubri), mobilità e infrastrutture viarie.
    Unire turismo, cultura e agricoltura di qualità significa investire in un territorio senza modificarne la fisionomia, senza snaturarne il paesaggio, senza cambiarne la vocazione ancestrale, senza peggiorare le condizioni di vita di chi ha la sfortuna di abitare vicino a malsane zone industriali: recenti rapporti di agenzie nazionali e regionali per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica hanno riscontrato una maggiore mortalità per malattie polmonari e tumorali nei cittadini che abitano in prossimità di fabbriche e strade trafficate (consultare, a titolo di esempio, i siti: http://www.apat.it , http://www.isde.it).
    Non possiamo pensare di crescere all’infinito costruendo sempre più strade, inquinando aria, acqua e suolo con un numero sempre maggiore di auto, camion, industrie e scarichi: anche le nostre vallate hanno una loro ben determinata “capacità di carico” che non può e non deve essere superata, altrimenti dovremmo mettere in conto sulle spalle delle future generazioni ulteriori elevatissimi costi sociali e ambientali.
    Non saranno una decina di ettari in più destinati ad acciaio e cemento a far “crescere” questo o quel comune, ma un serio impegno da parte di amministratori e cittadini per uno sviluppo incentrato sulla valorizzazione e sulla promozione delle vere risorse del nostro territorio, a partire da natura e cultura.

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