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    5 marzo 2007 - Fabio Ragaini (Gruppo Solidarietà)
    Fonte: Bollettino Rees Marche Anno 3 N° 1 - 04 marzo 2007

    I nuovi requisiti delle strutture socio sanitarie delle Marche

    La regione Marche con la Deliberazione n. 3 del 2 novembre 2006 ha modificato il Regolamento Regionale 1/2004, “Disciplina in materia di autorizzazione delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale”, attuativo della legge regionale 20/2002, “Disciplina in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale”. La modifica comprende anche gli allegati A (Requisiti organizzativi, strutturali, funzionali) e B (qualifica figure professionali).

    Un grave arretramento

    Premettiamo subito che giudichiamo negativamente molte delle modifiche approvate. Già il precedente Regolamento giunto alla approvazione del Consiglio regionale aveva subito - a causa delle pressioni dei gestori delle strutture - importanti modifiche peggiorative. Ora a distanza di due anni e mezzo, un tempo nel quale, prevedendo le modifiche, molti gestori (Comuni e strutture private) non hanno provveduto agli adeguamenti previsti dal Regolamento del 2004, ci si trova con un nuova normativa che, per la gran parte, accoglie le richieste delle strutture a danno degli utenti. Qui di seguito vengono indicati i punti critici principali.

    • Nel nuovo Regolamento sono aggiunte, almeno 9 volte ciascuna, le parole “preferibilmente” e “di norma”. Quando in un Regolamento si utilizzano questi termini il significato è chiaro: “si dovrebbe fare così, ma si è autorizzati a fare diversamente”. E’ la legittimazione ad operare in maniera difforme da quanto stabilito. Il “di norma” è stato aggiunto, quasi sempre, nella parte riguardante la capacità recettiva delle strutture. Ciò significa che l’indicazione non è vincolante. Il “preferibilmente”, invece, è quasi sempre collegato ad altri aspetti quali le figure professionali e i requisiti strutturali. Per esempio affermare che le strutture per i disabili, sono localizzate “preferibilmente” nel tessuto urbano, significa legittimare l’ubicazione di questi servizi anche al di fuori dell’area urbana, in zone non servite da mezzi di trasporto. Si capisce bene che quel “preferibilmente” fa una bella differenza.
    • Viene estesa la deroga ad adeguare le strutture per quelle che in qualunque futuro saranno previste e realizzate in immobili non modificabili, per espresso divieto delle autorità preposte alla tutela dei beni culturali e dei vincoli artistici, storici e archeologici. Dunque una nuova struttura può essere collocata in un immobile che non può essere modificato, per i motivi sopra elencati, usufruendo delle deroghe per le strutture già costituite. E’ una norma del tutto ingiusta a favore dei proprietari di immobili.
    • Viene aumentata la capacità recettiva di gran parte dei servizi sia attraverso specifici aumenti che introducendo possibilità di deroga. Ad esempio la Comunità di pronta accoglienza per minori passa da sette a dieci utenti.
    • I tempi di riqualificazione del personale subiscono ulteriore proroga o si annullano i tempi, in attesa di provvedimenti regionali. Il precedente Regolamento prevedeva un tempo pari a 5 anni per la riqualificazione del personale in servizio. Ora tale termine è stato abrogato; si rimanda la definizione di tale aspetto ad un atto regionale da emanare entro sei mesi (maggio 2007). Dopo circa due anni e mezzo l’indicazione precedente è stata azzerata. Ciò significa che all’interno delle strutture potranno continuare a lavorare senza tempi definiti per la riqualificazione operatori senza alcuna qualifica (è sufficiente la scuola media inferiore e due anni di esperienza in strutture similari).
    • Nelle strutture per disabili (che ospitano per la gran parte soggetti con deficit psico fisico) si è in presenza di forte aumento delle figure assistenziali a danno di quelle educative
    • Si sancisce la legittimità per le Case di riposo per autosufficienti di mantenere l’accoglienza di anziani non autosufficienti, che quindi avranno diritto al solo tempo di assistenza dei degli anziani autosufficienti
    • Sono stati allungati i tempi per l’adeguamento delle strutture ai requisiti di legge. Come esempio si può prendere la situazione delle Residenze protette per anziani non autosufficienti e soggetti affetti da demenza, per i quali il Regolamento 1/2004 aveva previsto uno standard assistenziale pari a 100-120 minuti di assistenza sociosanitaria giornaliera (comprendente 20 minuti di assistenza infermieristica). Tali standard dovevano essere erogati subito dalle strutture. Dunque dal marzo 2004. La Regione ha però spostato i tempi di richiesta di autorizzazione, dapprima al 31 dicembre 2005 e dunque fino a quella data le strutture al cui interno erano ricoverati malati non autosufficienti non erano ancora autorizzate e potevano non erogare tale assistenza. Successivamente con la finanziaria regionale del 2005 (art. 32, l.r. 29/2004), il termine per l’adeguamento è stato prorogato al 31.12.2006. Con il nuovo Regolamento viene prorogato di un ulteriore anno, fino al dicembre 2007. Così nelle Marche, per ora fino al dicembre 2007, le strutture che accolgono anziani non autosufficienti e soggetti con demenza - nonostante gli standard regionali - sono autorizzate dalla Regione ad erogare ai malati ricoverati una assistenza che nel migliore dei casi è pari al 50% di quella prevista, più spesso del 20-40%.
    I dati regionali lo dimostrano. Sono circa 350 gli anziani ospiti in residenze protette che ricevono l’assistenza prevista dalla normativa regionale; per gli altri 3.500, che hanno gli stessi bisogni degli altri, la Regione, prima ha fissato degli standard, poi ha previsto che dagli stessi si può derogare.

    Rimediare agli errori

    Crediamo ce ne sia abbastanza, per modificare i molti errori della delibera. Chiediamo in particolare all’assessorato alle politiche sociali che ha predisposto l’atto di Giunta così fortemente cambiato dalla Commissione, di riprendere in mano il Regolamento e apportare le opportune modifiche. Ma è soprattutto necessario che ci sia mobilitazione da parte dell’associazionismo e dei sindacati a sostegno delle esigenze e dei diritti degli utenti. A sostegno di un modello e di una filosofia di intervento che mette al centro la tutela dei diritti, e i modelli comunitari e non istituzionali. Nelle modifiche apportate alcune fanno i conti con la perdurante mancanza di finanziamenti regionali, che non possono essere elusi, continuando a non erogare l’assistenza prevista. E’ una responsabilità, questa, che il Consiglio regionale deve sentire per intero. Altre modifiche, sulla scorta dell’esistente, assumono le istanze dei gestori tentando di coniugare tutto l’esistente con nuovi modelli. Il risultato è quello che è scaturito dalle modifiche della Commissione: “andrebbe fatto così ma si può fare diversamente”. Una gran confusione. Un messaggio sbagliato e ancora una volta la conferma che chi ha poca voce o non ne ha per nulla, rimane indietro.

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