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    5 marzo 2007 - Loris Asoli
    Fonte: Bollettino Rees Marche Anno 3 N° 1 - 04 marzo 2007

    Il senso della vita

    Tutte le tradizioni religiose e spirituali, tutti i grandi personaggi che si sono interessati al senso della vita sulla terra sono concordi su un punto.: il singolo esser umano non muore con la morte del corpo, poiché dentro ad esso c’è una essenza spirituale divina, un’entità che sopravvive alla morte del corpo.
    Per poterci figurare, almeno un poco, questo essere spirituale possiamo immaginarlo fatto ed intessuto di energia organizzata e vibrante, di luce, di colore in movimento….
    La religione cattolica ci dice che questo spirito, dopo la morte, andrà a vita eterna felice (paradiso) o a vita eterna infelice (inferno). Altre tradizioni dicono che l’essere umano dopo la morte avrà una vita nel regno spirituale e poi tornerà ad incarnarsi sulla terra per continuare il cammino evolutivo, riparare al male fatto, fare nuove esperienze.
    La religione cattolica dice che l’essere spirituale che si trova nel corpo nasce con la nascita terrena, mentre molte altre tradizioni religiose e spirituali, comprese alcune cristiane, sostengono che l’essere umano, nella sua natura spirituale, era già preesistente alla nascita del corpo. Cioè, non solo non muore, ma neanche nasce veramente, poiché era già stato generato, come spirito, da Dio, dal principio generante divino primordiale. La nascita e la morte, dunque, riguarderebbero solo il corpo, mentre nel corpo vivrebbe un essere eterno, come l’Essere che l’ha generato (fatti ad immagine e somiglianza di Dio).

    Dunque se nel corpo c’è un essere spirituale, quali esperienze fa nel corpo, questo essere?
    L’esperienza principale è proprio di partecipare, nella vita sulla terra, al processo di nascita, crescita, maturità, decadenza e morte del corpo.
    Un’altra esperienza basilare è il rapporto con i regni della natura (le piante, gli animali e le sostanze della terra) e il cosmo.
    Una terza conoscenza di fondo è quella della polarità maschile-femminile, dalla quale scaturisce la riproduzione della vita.
    Una quarta è l’essere inseriti in una “comunità”, familiare e sociale, a sua volta inserita nella comunità di tutti gli uomini.
    Non a caso nascita, matrimonio, morte e feste legate ai cicli della natura e alla comunità locale sono sempre stati eventi molto celebrati e ritualizzati nella vita sulla terra, di tutte le civiltà e i popoli.
    Cosa vogliono dirci queste esperienze fondamentali?

    Il ciclo nascita-morte è lì per dirci di non ancorarci troppo alla vita terrena, poiché essa è transitoria. Non attaccare il nostro spirito ai possedimenti sulla terra, poiché si dovranno lasciare, ai successi, prestigi, potere, privilegi, alle capacità legate al corpo, poiché tutto avrà termine. A non attaccarci al corpo e ai suoi piaceri, poiché “dalla polvere proviene e alla polvere ritorna”.
    Il senso dunque si trova in ciò che ha vita eterna, ciò che è divino e immortale.
    Divina e la Vita. Divino è il suo creatore. Divino è lo stesso essere spirituale umano, l’essere che sta nel corpo e che sopravvive alla morte. Dunque durante la vita è importante di divenire coscienti di questa entità divina che siamo, cercare di percepirla, di sentirsi in essa, sentirsi essa, rimuovere gli ostacoli, i veli, le illusioni e percepirsi come “spirito”. “Conosci te stesso” è un’antica massima di antichi templi iniziatici.. Le vie per conoscersi nella propria natura spirituale, indicate dalle tradizioni religiose e spirituali, sono molteplici, veramente tante. In generale tutte sono concordi su una “via dei valori”. L’uomo che coltiva la virtù e i valori fondamentali della vita si avvicina alla vita eterna divina. Sono l’Amore, la Verità, la Libertà, la Giustizia, la Pace, l’Unità……..
    Questo significa anche di divenire coscienti di tutto quello che c’è dentro l’anima di contrario ai valori, cioè i “disvalori” o aspetti dell’ego: orgoglio, superbia, ira, odio, aggressività, invidia, attaccamento, prepotenza, spirito di potere, egocentrismo……

    Un senso per il cammino sulla terra è dunque quello di cercare di superare gli aspetti dell’ego o di farli evolvere positivamente, e di ancorarsi ai valori universali, magari con l’aiuto di chi maggiormente li ha realizzati o li realizza.
    Per i cattolici la ricompensa sarà il paradiso. Per altre tradizioni la ricompensa sarà di superare la necessità di reincarnarsi in un corpo infinite volte sulla terra, sperimentando la morte, l’ignoranza, la sofferenza e il dolore e poter invece vivere nella vita spirituale divina (il regno celeste).
    Ciò non significa che la vita sulla terra sia un aspetto inutile e da superare. Certamente essa ha un significato evolutivo per l’umanità ed è significativo per i singoli esseri umani di poter fare questa esperienza. Per i cristiani un senso è anche quello di costruire sulla terra un “regno divino” (“Venga il Tuo regno e sia fatta la Tua volontà, come in cielo così in terra”), un regno della pace e dell’amore, la “Gerusalemme celeste”.

    L’uomo sperimenta il ciclo nascita-sviluppo-morte non solo su se stesso come individuo, ma, attraverso la memoria storica, anche per la civiltà in cui vive. Infatti ogni civiltà che si è succeduta sulla terra ha conosciuto nascita, crescita, maturità, decadenza e morte. Dunque è bene non attaccarsi neppure alle singole civiltà che si susseguono sulla terra. Tradotto per noi uomini odierni, significa rimanere distaccati e critici di fronte alla grande civiltà tecnologica che abbiamo creato, che, del resto, mostra già tanti segnali di decadenza e di morte e ancorarsi invece a ciò che, nella civiltà, ha valore duraturo: i valori, ancora una volta, compresa la solidarietà fra gli esseri umani

    A cosa servono, invece, in primo luogo, le altre esperienze fondamentali che avvengono sulla terra (polarità maschile-femminile, esseri della natura, comunità umana)?
    Tutte quante ci insegnano almeno che da soli non si è completi, che la vita scorre e si riproduce solo nelle diversità che sono capaci di incontrarsi e che si orientano verso l’unità. Le diversità si attraggono. Dall’uno primordiale è nato il due. Il due aspira a sua volta di nuovo all’unità, al superamento dei conflitti, all’armonia,. Dal due è nata la molteplicità degli esseri e la molteplicità deve di nuovo aspirare all’unità e all’armonia. Dunque armonia della comunità umana, sia al proprio interno, che con i regni della natura.

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