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    Colpo di stato di banche e governi I

    La crisi apertasi nel 2007 non avrebbe avuto l'ampiezza smisurata che ha assunto, se governi, Parlamenti e organizzazioni intergovernative non avessero spalancato la strada all'avvento del regime finanziario
    2 gennaio 2015 - Luciano Gallino

    E' questo il titolo di un libro di Luciano Gallino, di altissimo valore, per capire la società attuale, di cui si consiglia vivamente la lettura. Di seguito alcuni estratti significativi

    DALLA PRESENTAZIONE. La crisi che stiamo vivendo è stata sovente rappresentata come un fenomeno naturale imprevedibile: un terremoto, uno tsunami. Oppure come un incidente capitato a un sistema, quello finanziario, che di per sé funzionava perfettamente. In realtà è stato il risultato di una risposta sbagliata, di ordine finanziario, che la politica ha dato al rallentamento dell'economia reale, in corso da lungo tempo. E non come afferma Bruxelles, il prodotto del debito eccessivo che gli Stati avrebbero contratto a causa della crescente spesa sociale. Al contrario è stato favorito lo sviluppo senza limite delle attività speculative dei grandi gruppi finanziari. Avere lasciato il potere di creare denaro per nove decimi alle banche private è un difetto che sta minando alla base l'economia. E questo con la complicità dell'intero sistema politico e finanziario. Poche decine di migliaia di individui, i responsabili, contro decine di milioni di vittime. Senza contare che per rimediare ai guasti del sistema finanziario le politiche di austerità stanno generando pesanti recessioni: nell'intento di proseguire con ogni mezzo la redistribuzione della ricchezza dal basso verso l'alto, in atto da oltre 30 anni.

    LA COLLUSIONE DELLA POLITICA. Il regime di accumulazione del capitale dominato dalla finanza è stato in gran parte una creatura della politica. In sostanza alla Grande crisi globale, come ormai si usa chiamarla, hanno vigorosamente contribuito azioni e inazioni della politica sulle due sponde dell'Atlantico. La crisi apertasi nel 2007 non avrebbe avuto l'ampiezza smisurata che ha assunto, se governi, Parlamenti e organizzazioni intergovernative non avessero prima spalancato la strada all'avvento del regime finanziario, poi cercato di pilotare la sua crisi con ricette sbagliate che l'hanno in realtà aggravata, infine sempre rinviato e disatteso le riforme indispensabili per riportare la finanza sotto controllo. Il processo sullo sfondo di questi sviluppi ha preso il nome di “liberalizzazione finanziaria”. Il termine “deregolamentazione” è ingannevole in quanto la rimozione dei vincoli ai movimenti di capitale, alle attività delle banche, ecc., è stata realizzata con l'emanazione di trattati, leggi, decreti, direttive, emanati da governi, Parlamenti e organizzazioni intergovernative, contenenti migliaia di regole che non solo hanno occupato lo spazio giuridico di quelle dianzi in vigore, ma lo hanno considerevolmente ampliato.

    Contemporaneamente è stato realizzato un percorso che ha portato a uno svuotamento sostanziale del potere di discutere e decidere dei Parlamenti europei in ordine a problemi essenziali delle società che rappresentano. Gli stati spessi si sono lasciati indurre a firmare lo svuotamento del loro potere con trattati e leggi di ogni genere. 

    L'ASSENZA DI POTERE MONETARIO PUBBLICO

    La creazione di denaro è, in teoria, uno dei tre poteri fondamentali dello Stato. Gli altri due consistono nell'imporre tasse e fare la guerra. Da secoli, per quanto possa apparire inconcepibile detto fondamentale potere è stato ceduto quasi per intero dagli Stati a istituzioni private. Per la Ue si stima che oltre il 90% della massa monetaria presente nell'economia sia stato creato dalle banche. Meno del 10% è creato dalla BCE (ugualmente in mano a banche e privati), di cui una frazione non superiore al 2-3% sotto forma di monete e banconote. Il resto viene da essa impiegato per sostenere con denaro legale da essa emesso, la creazione di denaro bancario o denaro-credito da parte delle banche private. Sebbene vada contro le credenze comuni, le banche non concedono affatto in prestito denaro prendendolo dalla massa dei depositi a vista e di risparmi a termine che hanno in bilancio. Lo creano invece di volta in volta nella misura che esse stesse decidono, senza togliere un euro dal conto di un cliente. Le banche e altre istituzioni finanziarie creano denaro dal nulla concedendo crediti, ovvero prestiti, in misura decine di volte superiore ai depositi che hanno registrato e al capitale che realmente possiedono. Un altro modo ingente di creare denaro da parte delle banche è il sistema della cosiddetta cartolarizzazione che trasforma i crediti a lunga scadenza in titoli negoziabili. La vendita a terzi di crediti da alle banche la possibilità di concedere altri crediti, avendo recuperato il capitale o le riserve dei precedenti.

    IL DEBITO PUBBLICO

    Le cause reali dell'eccezionale aumento del debito pubblico fra il 1980 e il 1994 sono di ordine finanziario e politico. Fra le più rilevanti va collocata la decisione, attuata nel 1981,dello Stato Italiano e della Banca d'Italia, che quest'ultima non acquistasse più i titoli di Stato. Ciò avveniva molti anni prima che il Trattato UE imponesse a tutte le banche nazionali un comportamento analogo. In Italia questa scelta del tutto insulsa ha portato ad un aggravio notevole degli interessi sui titoli del debito pubblico. Oggi gli oltre 2000 miliardi di debito pubblico si possono considerare costituiti essenzialmente di interessi, che una stato a moneta sovrana non sarebbe tenuto a pagare.

    Il nodo della questione è che le banche centrali sono state create nei secoli per svolgere soprattutto una funzione: creare il denaro necessario per coprire i disavanzi del bilancio statale, ripagare debiti pubblici giunti a scadenza, finanziare la spesa sociale, promuovere l'occupazione. Alla BCE,caso unico al mondo, tale funzione è preclusa. Pertanto il divieto imposto alla BCE di prestare denaro ai governi, mentre essa ha la facoltà di prestarlo alle banche commerciali in quantità virtualmente illimitate, ha introdotto una grave distorsione nelle politiche economiche dei paesi UE, nonché nelle loro stesse basi costituzionali. La facoltà di creare denaro, uno dei massimi poteri che fondano la sovranità dello Stato, è stata tolta agli Stati, però è rimasta quasi per intero alle banche private. Per cui, di fronte alla BCE le banche dell'unione hanno maggiori diritti degli Stati!! Se questi hanno bisogno di denaro, devono rivolgersi alle banche, pagando sui titoli che mettono tassi di interesse dal 3 al 6%. Invece le banche possono ricevere dalla BCE tutto il denaro che vogliono, pagando un tasso di interesse dell'uno o 0,5%, dopodiché mediate l'acquisto di titoli pubblici finanziato con il denaro preso a prestito, guadagnano cospicue plusvalenze. Questo fatto dimostra come gli Stati UE abbiano perso una quota cospicua di sovranità democratica già nel momento in cui hanno ratificato il trattato istitutivo dell'Unione, contenente l'articolo che impedisce loro di prendere a prestito denaro dalla loro Banca centrale.

    LA PERDITA TOTALE DELLA DEMOCRAZIA

    Le organizzazioni internazionali che di fatto controllano la UE (Commissione, BCE, FMI) e che in accordo con il Consiglio europeo hanno dettato alla lettera i rimedi per uscire dalla crisi, come se questa fosse stata causata da un eccesso di spesa sociale, non hanno nessuna legittimazione democratica. Nessuno dei suoi membri è stato nominato in base a consultazioni elettorali, come avviene per i membri del Parlamento europeo. Tantomeno le decisioni che tali organizzazioni prendono sono soggette ad alcun controllo democratico: di esse la Troika non deve rendere conto a nessuno.

    Il Trattato sulla stabilità e numerosi altre disposizioni sopprimono di fatto una delle funzioni primarie di un Parlamento democratico, ossia il potere di decidere sulle entrate e sulle spese dello Stato. Inoltre accresce in notevole misura i poteri della Commissione, a confronto dei poteri sia del parlamento Ue che dei parlamenti nazionali.

    L'attacco alla democrazia, condotto nella UE a colpi di trattati e direttive è stato facilitato dall'infiltrazione nelle sue istituzioni di rappresentanti del potere delle grandi società finanziarie e non finanziarie. E' un processo che data da lungo tempo. Alti dirigenti delle une e delle altre vengono reclutati dai governi negli organi direttivi di enti statali il cui compito consisterebbe nel sorvegliare e regolare le società che essi rappresentano. Oramai non ci sono più soltanto le lobby a premere dall'esterno sulle istituzioni, ha scritto un giurista tedesco; esse sono diventate parte integrante di queste.

    Dinanzi a una simile concatenazione di decisioni e procedure che segnano uno svuotamento sostanziale della democrazia Ue, un'interpretazione diffusa scorge nelle politiche di austerità dei governi Ue un cedimento al potere della finanza. Ormai si è portati a concludere che tutto quello che sta avvenendo non è una questione di errori, ma si tratta di un vero e proprio colpo di stato, concertato con attenzione. Concretatosi nella espropriazione subitanea e categorica delle prerogative dei cittadini e dei Parlamenti, effettuato solidarmente dalle banche e dai governi, con la regia del consiglio europeo e l'appoggio della Troika di Bruxelles.

    I motivi dell'involuzione politica della UE non sono dunque da ricercare soltanto nello strapotere della finanza, della quale la politica, ovvero i politici sarebbero succubi. I politici sono giunti a rappresentare concordemente entro i governi stessi gli interessi del sistema finanziario internazionale e della classe sociale che ne controlla i gangli vitali. La UE avrà un futuro soltanto se e quando una diversa generazione di politici riuscirà a riportare la finanza alle sue funzioni primarie; funzioni che sono indispensabili per l'economia e la società, a condizione che la finanza sia strutturata e operi in veste di ancella di queste piuttosto che, come oggi avviene, in veste di padrona assoluta.

    ALLA RICERCA DI POLITICHE ANTICRISI

    Una politica di piena occupazione sostenuta dallo Stato richiederebbe al tempo stesso una riforma del sistema finanziario della UE. Un programma da “datore di lavoro di ultima istanza” dovrebbe venire orientato non solo a combattere la disoccupazione, ma anche a trasformare il modello produttivo. Occorre modificare i trattati UE, al fine di collocare la piena occupazione tra i fini preminenti dell'Unione e delle istituzioni finanziarie.

    Occorre mettere finalmente il potere di creare denaro sotto il controllo della collettività, ovvero di uno Stato democraticamente governato. Al fine di togliere alle banche private o contenere il potere di creare denaro dal nulla, è indispensabile togliere loro la facoltà, attualmente quasi illimitata, di concedere prestiti non coperti da depositi o da capitale proprio. 

    Occorre passare ad una riserva monetaria piena, in luogo di quella frazionaria, a garanzia dei depositi. Il divieto alle banche di creare denaro erogando prestiti non appoggiati da nulla, implica che l'unico genere di denaro esistente, diventerebbe quello creato in modo pienamente legale dalla Banca centrale in forma di registrazione elettronica oppure di contante. In altre parole si tratta di eliminare il denaro fittizio creato a loro profitto dalle banche e passare all'uso esclusivo del “denaro pieno”, creato unicamente dallo Stato, ovvero da un suo apposito potere costituzionale. Al potere legislativo, esecutivo e giudiziario si dovrebbe affiancare in ogni Stato il potere monetario. Esso dovrebbe svolgere tutte le funzioni inerenti all'esercizio di una piena sovranità monetaria, in modo totalmente indipendente.

    La riforma del sistema finanziario aprirebbe la possibilità di una transizione a un modello produttivo sostenibile, perché fondato a un tempo sulla piena occupazione e sul rispetto delle regole che l'ecologia impone. Una transizione che non appare nemmeno concepibile se non si riporta la finanza al servizio dell'economia reale, dopo i danni

    che il suo trentennale predominio ha recato a quest'ultima e a intere popolazioni, stimabili in alcune decine di trilioni di dollari e in smisurate sofferenze.

    Vi invitiamo a leggere il libro di Luciano Gallino per approfondire

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