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    Beni comuni

    31 ottobre 2006 - Michela Di Ciocco

    Manifesto della scuola delle alternative

    Introduzione

    L’economia solidale non si risolve nella produzione di beni e servizi solidali, così come il suo campo d’azione non è circoscritto all’economia.
    Se cerchiamo di leggere gli sforzi dei soggetti che agiscono e vivono in questa area, certamente non vediamo una semplice applicazione dei criteri dell’economia solidale nella sfera produttiva o la preoccupazione per la certificazione. Al contrario, vediamo che azioni e strategie mirano ad allargare l’impatto di valori e pratiche nuovi; tanto “all’esterno” - verso altre sfere (economiche, sociali, ambientali) della dimensione collettiva - quanto “all’interno”, in crescenti ambiti della vita delle persone. Insomma, è la vita, la sua qualità intesa in senso totale, a mutare. Possiamo leggere l’economia solidale come il tentativo di riportare gli stili di vita ad una dimensione a misura d’uomo? E per fare questo, non possiamo prescindere dal ridisegnare l’uomo stesso: non solo consumare criticamente, ma essere solidali.
    Cosa significa?
    Non la semplice somma delle attività che si effettuano, né la mera conformità a certi valori. Non solo. Si tratta di qualcosa di incarnato nell’esistenza stessa, qualcosa che cresce con l’esperienza e che, a sua volta, influisce su di essa: una sorta di spirito critico che fa da base per tutti gli aspetti della vita. Dagli ideali agli atteggiamenti, dalle pratiche all’astrazione, passando per la creatività e le emozioni. L’economia solidale sta nel modo e nel fine, contemporaneamente ed inscindibilmente: nei rapporti interpersonali, in come vengono prese le decisioni, nel fare festa, tanto quanto negli obiettivi e nelle attività. L’essere umano è tutt’uno con ciò che fa e che pensa, come uno sono mente e corpo, mezzo e fine, forma e sostanza.

    La scuola

    Ridiamo senso nuovo ai termini: la Scuola non vuole essere un luogo di classica diffusione di nozioni, ma farsi spazio libero (o meglio, liberato) dove possa essere coltivato questo un diverso modo di essere : luogo in cui l’anima dell’economia solidale – lo spirito critico, “l’essere solidali” di cui sopra – diviene palese, visibile e quindi gestibile. Un luogo in cui l’attenzione sia puntata sull’essere più che sul fare, dove i soggetti possano prendersi cura del proprio personale e singolare essere solidali. Poiché l’economia solidale comincia da qui, da sé, fino ad investire tutte le sfere della vita quotidiana, la società e le relazioni che la compongono.
    Per questo motivo, la differenza fondamentale della scuola, rispetto alle molte esperienze di formazione, sta nella modalità. Si tratta di un diverso approccio, che vuole realmente allontanarsi dalle dinamiche della tradizionale idea di insegnamento. In questa, è riconoscibile il ruolo dei giochi di potere impliciti (la figura di un’autorità che trasmette nozioni, verità precostituite, a soggetti che non devono far altro che acquisirle): l’approccio incentrato sulla condivisione di esperienze e conoscenze, è un tentativo di superamento di queste dinamiche che non sono totalmente assenti neanche dal mondo delle buone pratiche. Come figli del nostro tempo, ci portiamo dentro proprio quei valori da cui cerchiamo di distanziarci, ed è inevitabile. Ancora più necessario, quindi, risulta un luogo, un’occasione in cui portare allo scoperto tutto ciò, imparare ad esserne consapevoli, a gestirlo.
    Le nuove frontiere della formazione, come descritto nel documento di Toni Montevidoni , puntano a coinvolgere l’individuo col suo vissuto, il contesto di cui è parte ed in cui è cresciuto, le sue esperienze ed i valori di cui è portatore. Così, la formazione non è più un momento definito, non ha più un luogo definito: concetti come quello di corso ed aula svaniscono. Entra in gioco il concetto di formazione continua, di competenza piuttosto che conoscenza. “Apprendere ad apprendere” come processo fondamentale alla base di questa nuova concezione. Eppure, come dicevamo, agiscono ancora rapporti di forza, a partire dal fine: l’efficienza della prestazione, la resa del soggetto, la sua produttività; in ultima analisi, il profitto. La scuola delle alternative che sogniamo è simbolo ed incarnazione dell’unità tra contenuto e forma, tra mezzo e fine. Le maggiori contraddizioni si giocano proprio su tale campo, sul rapporto mezzi-fini: di nuovo, la scuola si rende necessaria come opportunità di sperimentazione intorno ad una delle questioni base di tutta la cultura occidentale. Non abbiamo certo la superbia di affermare di aver risolto questo enigma, ma possiamo dire di stare incamminandoci alla ricerca di nuovi equilibri e nuovi modi.
    Quindi, una scuola intesa come luogo di scoperta e coltivazione dell’essere solidali, dello spirito critico che alberga e cresce dietro le scelte quotidiane; una scuola in cui l’unità tra forma e sostanza sia visibile, sia percepibile e gestibile. Perché non si possono trasmettere nuovi contenuti - come sono quelli dell’economia solidale - senza cambiare le forme di comunicazione e, dall’altro lato, di apprendimento. Inoltre, l’economia solidale è prima di tutto una questione di modo (leggi stile di vita) e l’apprendimento è uno dei principali modi dell’essere; tra tutti, quello che ci permette di crescere, di imparare in senso lato. Esserne consapevoli, significa potere decidere i percorsi della propria crescita (emotiva, intellettuale, ecc.).

    Il fulcro

    Abbiamo citato in precedenza l’espressione “apprendere ad apprendere”, ed è questo che si vorrebbe stimolare (e non insegnare) nei soggetti che prendono parte alla scuola: un divenire consapevoli del proprio processo di apprendimento inteso in senso lato, non limitatamente alle attività della scuola. L’impatto riguarda lo stile di vita, la personalità stessa del soggetto. Come una sorta di risveglio, il soggetto impara ad essere autonomo, impara a «pensarsi incessantemente come attore responsabile dei propri modi di pensare ed agire e di apprendere a mutarli e innovarli» e quindi titolare del proprio cambiamento lungo tutto l’arco dell’esistenza. Questa “pratica consapevole continua” è il fulcro della scuola, è il cuore dell’economia solidale che in questo luogo diviene visibile.
    Luogo di affrancamento: l’economia solidale è un tentativo di costruzione di pratiche e valori altri da quelli imposti dall’attuale stato di cose. Un tentativo di liberazione di crescenti aree della vita dell’uomo, oggi sottoposte al giogo di logiche malate (profitto, potere, concorrenza, ecc.): la scuola si pone in questo contesto come il luogo in cui ognuno libera se stesso attraverso e con gli altri. Si inizia dal divenire consapevoli di quel particolare tipo di imposizione e di violenza che è l’azione interiore dei valori della nostra attuale società. E’ al livello della nostra mente, dell’anima, dei nostri immaginario ed inconscio, che partono quei meccanismi che poi agiscono nella società, che la influenzano. Ed è da qui che deve partire anche lo sforzo di costruzione di qualcosa di diverso.

    Organizzazione

    Nel concreto, come è organizzata una scuola così?
    In ragione della sua peculiarità, la Scuola ha scelto di iniziare le sue attività organizzando non corsi, ma eventi che si avvicinano molto al laboratorio. Gli incontri (dovremmo coniare un nuovo termine!?) non sono incentrati attorno alla classica figura del relatore: al centro sono le persone, i partecipanti all’evento. Come? Grazie a figure di facilitazione, che si occupano di sostenere, più che gestire, le attività ed il percorso. Si tratta di un impatto volutamente leggero da parte di queste figure, che riesca a farsi strumento per il partecipante, senza lasciare troppo la propria impronta; né sulle attività dell’evento, né sul sentiero formativo che gli eventi disegnano. Sia a livello di conduzione delle singole attività nell’arco degli eventi, dunque, che nella loro organizzazione complessiva. Inoltre, anche nel caso di intervento di soggetti più vicini ad un approccio classico, l’attività è strutturata in maniera tale da eliminare le logiche di potere tipiche dell’approccio classico (esperto che diffonde verità stabilite, nozioni; partecipante che incamera le informazioni); ciò è possibile proprio grazie all’approccio generale, come già descritto, e al ruolo, l’attività e l’impatto, delle figure facilitazione (nell’organizzazione come nella conduzione). In un ambiente in cui al primo posto vi sono le persone e le relazioni - valori incarnati – è possibile ricontestualizzare. Inoltre, fondamentale è la condivisione di conoscenze a partire dai partecipanti stessi e dal loro particolare vissuto. La rete di economia solidale ha in sé una grande ricchezza e varietà che è possibile coltivare proprio attraverso le esperienze che la compongono. Così, ad esempio, nel prossimo evento della Scuola dal tema “L’economia solidale ed il denaro”, nella rosa degli interventi, insieme a contributi esterni – dal facilitatore al relatore più classico, passando per lo psicoterapeuta – compaiono anche i soggetti stessi della rete di economia solidale. In questo caso, il tema della moneta è trattato proprio attraverso la condivisione dell’esperienza di un partecipante (in quanto soggetto della economia solidale): non in maniera astratta e concettuale, ma a partire dalla persona, dal vissuto e grazie alle relazioni che la scuola promuove. Ed è proprio questo che la scuola vuole promuovere.
    La condivisione permette una cancellazione dei diversi livelli, permettendo una unità sia di esperienza che di comunicazione.

    La particolarità della Scuola delle alternative non investe solo le figure che coinvolge, ma anche la concezione dello spazio e del tempo.
    Gli eventi sono pensati di una durata che permetta di vivere il tempo senza sindromi di ottimizzazione e stress: ad un ritmo lento, che lasci ambientare le persone, che permetta di allacciare relazioni, che faccia decantare gli emersi. Una cura del tempo che significa attività organizzate a partire proprio dalle esigenze che derivano da un approccio basato sulla persona e le relazioni e non sui contenuti; inoltre, gli eventi sono pensati nella formula residenziale, proprio per permettere l’alternarsi di momenti strutturati e non, insieme a situazioni informali e ad attività di gruppo che coinvolgano livelli della persona di solito lasciati fuori. A tal proposito, anche la scelta del luogo è fondamentale. Ad esempio, il primo evento tenutosi a dicembre, è stato ambientato in un B&b di un soggetto della Rees, vicino ai monti sibillini, in un ambiente conciliante la riflessione e l’attenzione. Non casuale la scelta: il luogo non è un semplice contenitore inerme, ma contribuisce in maniera attiva alle attività. A cominciare dall’atmosfera e dell’umore che provocano gli elementi che ci circondano, fino alla disposizione degli ambienti in cui si svolgono le attività: dall’aria aperta e luce il più possibile, alla circolarità ed orizzontalità della disposizione dei partecipanti e relatori (invece dello schema frontale), passando per il dedicare spazi diversi ad attività strutturate e non, fino alla conoscenza di paraggi, per sentirsi veramente presenti. Nel luogo, come a se stessi.

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