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    31 ottobre 2006 - Toni Montevidoni

    Quale politica formativa per la Scuola delle Alternative?

    1 Introduzione

    La società attuale è attraversata da una serie di fenomeni che sono alla base della trasformazione di tutti gli aspetti della vita pubblica, privata e sociale delle persone e che possono essere riassunti nei seguenti concetti:
    • la globalizzazione, caratterizzata dalla mobilità del capitale e dalla circolazione di beni, servizi, persone e informazioni;
    • l’iper-liberalizzazione dei mercati del lavoro e dell’economia, che ha comportato una maggiore competizione internazionale, nonché un maggiore interesse al mercato globale;
    • la terza rivoluzione industriale, o economia post-fordista, contraddistinta dal consumo di massa individualizzato, dall’alta tecnologia, in particolare dalle tecnologie informatiche e della comunicazione, dalla qualità dei prodotti e dal controllo totale dei processi, e da una rinnovata visione del lavoro e delle risorse umane.

    Tra gli effetti da essi scaturiti, le due valenze assunte dalla società che maggiormente incidono sulle attese e sulle richieste rivolte alla formazione e ai sistemi formativi sono la società della conoscenza e la società dell’informazione.
    La società della conoscenza si sviluppa a partire dalla crisi del fordismo che si è manifestata attraverso cambiamenti epocali dei paradigmi organizzativi e produttivi delle imprese e dell’economia tradizionale. La stabilità e la prevedibilità del mercato lasciano il posto alla competitività, alla qualità e alla varietà dei prodotti, alla diminuzione dei tempi morti e alla fluidificazione dei processi produttivi, all’innovazione e alle attività di ricerca e sviluppo: la flessibilità del mercato del lavoro diventa indispensabile per rispondere ai bisogni indeterminati e in continuo cambiamento della società. Nel lavoro, dunque, si aprono margini di creatività, di autonomia e di iniziativa, di decisionalità e di scelta, di collaborazione e comunicazione, che necessitano di professionalità, e non più di mestieri, mansioni e ruoli, quindi di persone capaci di prendere in considerazione quello che è ritenuto fondamentale dal destinatario e di trovare le risposte e le soluzioni pertinenti alle situazioni, anche qualora siano situazioni inedite e non predefinite. Ai cosiddetti knowledge workers, ovvero a coloro che si occupano della formazione, si richiede creatività e innovazione tramite l’applicazione della conoscenza alla conoscenza, e ancora di più, si richiede di essere persone competenti, cioè persone in grado di agire dentro una situazione professionale complessa e in vista di una finalità, di controllare e governare l’incertezza mediante prestazioni costruite di volta in volta e per questo poco formalizzabili in anticipo.

    La conoscenza, quindi, diventa il fattore che concorre alla creazione di valore aggiunto, fattore chiave su cui si realizza la competitività non solo delle singole imprese ma di tutto il Paese. La dinamica dell’economia tradizionale, ma per certi versi credo anche del nostro modo di intendere l’economia, dipende in misura sempre maggiore dalla capacità di apprendere, di gestire, di riprodurre e rendere circolare la conoscenza secondo una modalità che assegna alle risorse umane un ruolo di particolare rilevanza in quanto elementi attraverso cui la conoscenza nelle sue forme, sia codificabili che tacite, si acquisisce, si rinnova, si accresce e si diffonde.
    La seconda connotazione, di società dell’informazione, è connessa all’esplosione delle tecnologie dell’informatica e della comunicazione che hanno rivoluzionato i processi di produzione, trasmissione e acquisizione della cultura prevedendo il possibile intervento da parte del singolo e del gruppo nella costruzione attiva della conoscenza. Essa è caratterizzata dall’attivazione di una rete planetaria di comunicazioni nella quale i nuovi media giocano un ruolo decisivo e la multimedialità e l’interattività diventano le caratteristiche fondamentali degli scambi simbolici. Se consideriamo l’interazione sociale come una delle principali fonti di apprendimento, si capisce come l’interazione sociale si sia diversificata e arricchita nel potere di creare apprendimento in luoghi non istituzionali. Si parla di learning society e di learning organisation proprio per indicare che sono la società e le organizzazioni stesse ad apprendere e ad essere fonte di apprendimento per le persone. A tal proposito risulta necessario distinguere tra la sovrabbondanza dell’informazione e la rarità della conoscenza, che richiede capacità di riesame, di rielaborazione e di appropriazione dei messaggi da parte del soggetto e, quindi, capacità di apprendimento.
    Volendo scegliere alcune parole chiave per descrivere la società postindustriale, quindi, possiamo utilizzare le seguenti:
    1. complessità, intesa come intreccio e moltiplicazione delle possibilità;
    2. incertezza, intesa come instabilità e imprevedibilità;
    3. cambiamento, inteso non solo e non tanto come adattamento ma come creatività, come cambiamento strategico;
    4. innovazione, intesa come applicazione della conoscenza a compiti nuovi e diversi.

    Considerando che le funzioni principali dell’educazione e della formazione, soprattutto in un’ottica di economia solidale, potrebbero essere quelle di realizzare la progettualità insita in ogni persona e di facilitare il suo inserimento e la sua partecipazione attiva nella società e nel lavoro, si capisce come, essendo cambiate radicalmente proprio le accezioni di società e di lavoro, la formazione e i sistemi formativi siano chiamati a compiere un radicale mutamento di prospettive e di assetti.
    Per far questo, in questa fase di elaborazione ed ideazione di una “Scuola delle Alternative, e quindi di un nuovo approccio sociale applicato anche al sistema formativo, vorrei concentrare la vostra attenzione sulla centralità del paradigma dell’apprendimento rispetto a quello dell’insegnamento, sulla logica delle competenze e la conseguente innovazione dei contenuti e dei metodi della formazione, e infine l’emergenza delle metacompetenze, intese come costruzione e trasformazione continua dei propri modelli di conoscenza e di azione necessarie per adattarsi e riadattarsi alle dinamiche evolutive del sistema ambientale e relazionale di riferimento.
    All’evoluzione dei modelli e dei metodi della formazione corrispondono da una parte, la moltiplicazione delle figure professionali che intervengono nelle diverse fasi del processo formativo con ruoli di supporto e di facilitazione dell’apprendimento e a cui vengono richieste competenze specifiche e certificate per intervenire nei processi attivati da una struttura per erogare un servizio; dall’altra una radicale riforma del sistema formativo all’insegna della diversificazione dell’offerta formativa, dell’integrazione di servizi e percorsi, e della qualità della formazione.
    Dalle teorie alle pratiche formative, così come dalle politiche della formazione alle riformulazione degli approcci formativi, il paradigma proponibile, pure in un’ottica di economia solidale, credo debba essere quello della formazione continua: in ogni tempo e in ogni luogo, a scuola così come al lavoro, da bambino così come da adulto, la formazione dà all’uomo la possibilità di scoprire e migliorare ciò che sa, ciò che sa fare e ciò che è. Tuttavia, la scienza e la tecnologia arrivano sino a dove ogni possibilità è data ovunque, sempre e a tutti nella misura in cui a guidare la persona siano la consapevolezza e la responsabilità delle proprie azioni, dei propri atteggiamenti e stili di consumo, del proprio apprendimento e della propria realizzazione personale e professionale, in un’alternanza di esperienza e di sintesi concettuale.
    Il primo compito strategico della “formazione continua alternativa”, dunque, è proprio quello di “dare una forma” riflessiva alla persona che gli permetta di pensarsi incessantemente come attore responsabile dei propri modi di pensare e di agire e di apprendere a mutarli e innovarli nel tempo in vista della propria autorealizzazione e del suo contesto territoriale.

    2 La centralità dell'apprendimento

    Parlare di società della conoscenza significa prima di tutto parlare di società di persone, ancora uniche risorse in grado di pensare, elaborare conoscenza e applicarla alla conoscenza generando innovazione, anche negli approcci relazionali. La persona, quindi, deve essere posta al centro dei processi, in primis dei processi di formazione e di apprendimento, che, tuttavia, richiedono una riflessione sulla transizione percorsa in questi ultimi anni in cui si è passati dal dominio del paradigma razionalista-informazionista alla complementarietà con altri due paradigmi, ovvero quello sistemico-interazionista e quello costruttivista-sociale.
    Il paradigma razionalista-informazionista considera la comunicazione didattica come trasferimento di informazioni e messaggi da un emittente ad un ricevente; la problematica principale di questa visione meccanicistica dell’apprendimento, dunque, è la chiarezza del contenuto del messaggio trasmesso dal docente al discente.
    Il paradigma sistemico – interazionista, invece, concepisce la comunicazione didattica come un sistema di relazioni e interazioni comunicative guidate dalle regole e dai mezzi che presiedono agli scambi linguistici e dalle motivazioni individuali. L’apprendimento, dunque, viene inteso come processo interattivo, dialogico e contestualizzato che porta il soggetto a “sapere come”, a saper osservare e intervenire nella realtà ponendo e risolvendo problemi. Il ruolo del docente-formatore è proprio quello di guidare il soggetto a scegliere autonomamente il metodo corretto per la risoluzione dei problemi e ad agire in modo responsabile e critico.
    Il paradigma costruttivista – sociale, infine, si sviluppa a partire dai seguenti presupposti:
    • la conoscenza si costruisce a partire dall’esperienza;
    • l’apprendimento è inteso come interpretazione personale del mondo;
    • nell’apprendimento il significato si sviluppa sulla base dell’esperienza;
    • l’apprendimento è collaborativo nel senso che il suo significato viene negoziato dai diversi attori in gioco;
    • l’apprendimento è situato poiché avviene sempre in un contesto reale e complesso;
    • la valutazione è parte integrante del processo di apprendimento.

    Il contesto di apprendimento, quindi il soggetto che apprende e l’imprevedibilità della relazione-situazione formativa, sono al centro delle preoccupazioni di questo modello di apprendimento in cui il soggetto apprende ad apprendere, a scegliere, a relazionarsi e a negoziare.
    Dal paradigma dell’insegnamento che pone come fulcro della relazione educativa-formativa l’insegnante-docente e i contenuti trasmessi, si deve passare, quindi, al paradigma dell’apprendimento, che pone al centro del processo formativo il soggetto coinvolgendolo in modo da renderlo coproduttore dell’intervento e corresponsabile dei risultati di apprendimento.
    La formazione, infatti, è morfogenesi, cioè emergenza di nuove forme di organizzazione, sia questa un’organizzazione di concetti, di azioni o di persone: formare assume il significato di far emergere nelle persone un modo nuovo ed originale di pensare e di agire grazie all’incrocio tra gli interventi formativi, le biografie personali e il progetto educativo individuale. Tra formazione ed apprendimento, infatti, non esiste immediata continuità: se si punta all’apprendimento, bisogna muovere dal soggetto, dalla sua esperienza, dalla sua soggettività in azione, che si attiva solo quando l’esperienza dell’apprendere è rilevante, pertinente, concreta, responsabile e indipendente. Questo risulta ancora più reale quando, parlando di formazione continua e di apprendimento lungo tutto l’arco della vita, risulta necessario farsi carico della specificità della condizione adulta e del modo di apprendere degli adulti in modo da assicurare maggiormente il diritto individuale delle persone di accedere a opportunità di sviluppo delle proprie competenze, sia lifelong sia lifewide .
    Dobbiamo essere consapevoli della specificità dell’essere adulti e il conseguente modello andragogico di formazione che li considera coinvolti in un processo di costruzione congiunta del sapere.
    Per quanto riguarda il primo aspetto, è bene ricordare che l’adulto:
    • esperisce una trasformazione permanente dell’esistenza, all’insegna della molteplicità esteriore e interiore;
    • è autore, e non solo destinatario, dell’azione formativa;
    • persegue il proprio progetto di sé ponendo al centro l’immagine di sé e il senso di sé;
    • è principalmente disponibile ad apprendere quello che è coerente, utilizzabile ed efficace nella vita reale;
    • necessita di apprendimenti che lo supportino nell’affrontare le sfide evolutive di questa fase complessa della vita;
    • ha bisogno di capire il perché sia necessario apprendere qualcosa;
    • apprende in modo più efficace se i contenuti sono contestualizzati nella vita reale;
    • considera importante che gli venga riconosciuta l’ampia esperienza di vita di cui è portatore, il suo vissuto esperienziale;
    • deve essere coinvolto in tutte le fase dell’azione formativa, dalla progettazione alla valutazione.

    L’importanza dell’apprendimento dall’esperienza è sottolineata anche dalla ciclicità e dalla sequenzialità dell’apprendimento dall’esperienza, considerata come origine, terreno di applicazione e destinazione dell’apprendimento. A partire dall’esperienza concreta, infatti, l’apprendimento si sviluppa secondo tre momenti: l’osservazione riflessiva; la concettualizzazione astratta e la sperimentazione attiva.
    L’apprendimento, dunque, assume una valenza pervasiva della vita, in quanto esercizio continuo di osservazione riflessiva ed autoriflessiva, alla ricerca continua di senso individuale e condiviso; la visione sistemica che ne è alla base, infatti, non considera l’apprendimento come effetto individuale di una causa agente, ma come azione circolare di eventi con reciproche influenze fra i diversi attori e le diverse azioni. Anche le organizzazioni, infatti, hanno un ruolo di soggetti attivi nel processo di “apprendimento organizzativo”, attività costante di tutte le organizzazioni, in modo particolare di quelle che considerano la conoscenza come fattore rilevante, e quindi anche di un’organizzazione come il Tavolo.

    3 La Logica delle competenze

    Alla rapida obsolescenza dei saperi corrispondono una rapida obsolescenza delle qualifiche richieste dal mondo del lavoro, che è soggetto a radicali e continue trasformazioni, e la conseguente moltiplicazione dei bisogni di aggiornamento durante tutto il corso della vita.
    Il nostro modo di lavorare è cambiato, tanto che non definiamo più quello che facciamo un lavoro, ma un’occupazione, un’attività. Oggi la natura delle nostre occupazioni si allontana dal concetto di lavoro come attività predefinita, legata e vincolata dal bisogno, e acquisisce sempre più un valore culturale: esso è espressione di conoscenze, di competenze e di valori, fino a riflettere l’esperienza della civiltà. Il lavoro si pone come importante educatore implicito e indispensabile fattore di crescita della persona, in quanto coinvolge la sua volontà, i suoi valori e il suo intelletto. Il lavoro consente all’uomo di riconoscersi e apprezzarsi, è condizione originaria del legame sociale e costituisce un reale mezzo di autorealizzazione.
    Il passaggio dal concetto di lavoro nella schiavitù come mezzo per sostenersi, al lavoro come fattore di crescita personale, tuttavia, è stato lento e tortuoso.
    Senza fare una cronistoria della varie concezioni del lavoro dal taylorismo in poi, vorrei solo ricordare che, a partire dagli anni ‘90, se ne approfondisce proprio la dimensione soggettiva specificando le tre componenti fondamentali delle competenze, ovvero le conoscenze, intese come sapere specifico richiesto dalla professione e campo di sapere generale e organizzativo, le capacità, cioè le abilità professionali, e le qualità, cioè le doti personali richieste per l’esplicitazione e l’implementazione delle prime due componenti. La competenza, quindi, è la risultante dell’insieme delle conoscenze, delle capacità, delle doti personali e professionali di comportamento sociale e di attitudine al lavoro, di iniziativa e di disponibilità ad affrontare rischi, di capacità ad affrontare e risolvere conflitti.
    In questa definizione è implicito il riferimento alle motivazioni della persona, che sono alla base dell’innesco e della messa in opera dell’azione. Il motore che spinge le persone ad agire, infatti, è la motivazione, che, associata alla cultura, all’istruzione e all’esperienza, sostiene e orienta le competenze individuali.
    Oltre alla dimensione personale, vorrei sottolineare anche la dimensione sociale della competenza. In modo particolare la competenza come realtà di natura cognitivo–pratica e soprattutto sociale; essa viene definita come un saper agire responsabile e riconosciuto che presuppone nell’individuo la capacità di comprendere sia la situazione nella quale interviene sia la propria maniera di intervenire.
    In questo contesto la formazione diviene lo strumento fondamentale per il sostegno dell’evoluzione delle competenze: “La formazione, intesa come azione che mira a sostenere un processo di apprendimento in atto, crea eventi artificiali che si propongono di sostenere le persone che mentre agiscono costruiscono competenze” , naturalmente senza dimenticare che l’innovazione che caratterizza il mondo del lavoro è la stessa che caratterizza la società nel suo complesso e, di conseguenza, che una solida formazione di base serve all’individuo anche al di là della sfera lavorativa. La formazione specialistica, quindi, comprende in sé anche una cultura generale che è indispensabile agli individui per acquisire il senso di responsabilità e la capacità di giudizio richieste per dominare e trasformare l’informazione diffusa in conoscenza costruita.

    A questo punto è legittimo chiedersi quali caratteristiche debba possedere un processo formativo che ambisca allo sviluppo delle competenze.
    Nell’approccio che ho condiviso con Michela e Paolo, ma questo è avvallato anche da molti studiosi, risulta necessario partire dall’esperienza vissuta, passare alla fase di esplicitazione, cioè di narrazione a se stessi di ciò che si è esperito, alla fase di concettualizzazione e modellizzazione, intesa come decontestualizzazione e di rielaborazione di schemi o modelli a carattere più generale, e, infine, alla trasposizione degli schemi operativi o dei modelli elaborati nel contesto di una nuova situazione (fase di ricontestualizzazione).
    Ne consegue che l’apprendimento può essere:
    • a ciclo semplice, quando l’apprendimento consiste nel cambiamento delle azioni in funzione degli obiettivi senza cambiare né i valori né le teorie che le guidano;
    • a ciclo doppio, quando con l’apprendimento vengono messi in discussione anche gli obiettivi, gli schemi operatori, le rappresentazioni e le teorie d’azione;
    • a ciclo triplo, quando il soggetto apprende a modificare o a sviluppare la sua maniera di apprendere, ovvero apprende ad apprendere migliorando il funzionamento dei suoi processi di apprendimento.

    Possiamo individuare almeno 6 MODALITÀ DI AZIONE FORMATIVA che possono contribuire allo sviluppo di “competenze solidali”:

    1. Far acquisire risorse (conoscenze, saper fare, qualità, cultura, evoluzione comportamentale..) per saper agire in modo pertinente. La formazione può contribuire allo sviluppo della professionalità aiutando le persone ad acquisire, sviluppare o attuare conoscenze e capacità diverse.
    2. Coinvolgere i soggetti nel combinare le risorse disponibili per costruire e mettere in opera risposte pertinenti alle esigenze professionali. Alcune modalità formative richiamate a tal proposito sono: la pedagogia della simulazione, che permette di prepararsi a gestire una situazione professionale tenendo conto di tutte le dimensioni (tecniche, relazionali, comportamentali, economiche..) e di apprendere riflettendo e prendendo coscienza dell’esperienza; la formazione in alternanza, in cui si alternano momenti di esperienza a momenti di riflessione sull’esperienza e di conseguente revisione sia di pratiche che di teorie; la formazione centrata sulla risoluzione di problemi, gli studi di casi e la pedagogia di progetto, che aiutano ad apprendere a combinare diverse risorse e campi disciplinari per analizzare e risolvere situazioni e problemi.
    3. Fissare obiettivi di apprendimento realistici. Le Boterf, richiamando il concetto di zona prossimale di sviluppo coniato da Vygotsky, afferma che essa definisce il limite entro cui il soggetto non può riuscire nel raggiungimento degli obiettivi neanche con l’aiuto di altri. Per la formazione, questo comporta di tenere sempre presente ciò che il soggetto sa fare da solo e ciò che il soggetto può arrivare a fare con un aiuto esterno, per evitare di fissare obiettivi irraggiungibili.
    4. Sviluppare capacità di riflessione e di transfer. Una persona competente sa agire e sa descrivere come e perché ha agito in quel modo. Questo gli permette di strutturare e correggere i propri schemi operatori, di astrarli dal contesto e di saperli trasferire. La formazione deve saper organizzare tempi e luoghi di riflessività e di presa di distanza dalla situazione professionale mediando tra il soggetto e il contesto.
    5. Sviluppare la capacità di apprendere ad apprendere. La formazione può contribuire allo sviluppo di questa capacità aiutando gli individui a scoprire i propri stili e modi di apprendimento, così come le proprie difficoltà in vista del loro superamento.
    6. Dare il giusto peso all’autovalutazione. L’autovalutazione è importante per la presa di coscienza da parte dell’individuo delle proprie competenze. Essa, tuttavia, deve essere iscritta in un contesto che consideri la costruzione delle competenze come una responsabilità condivisa. Così come è certo che solo l’individuo può costruire le sue competenze, è altrettanto rilevante la responsabilità dell’ambiente, cioè delle condizioni sociali, dell’organizzazione del lavoro e del dispositivo di formazione. Questa responsabilità condivisa conduce a considerare l’autovalutazione come uno specifico momento di un più ampio processo di valutazione e validazione delle competenze.

    4 L’Emergenza delle Metacompetenze

    Secondo l’interpretazione di natura costruttivista, il concetto di metacompetenza dell’apprendere ad apprendere si configura come capacità di adattarsi e riadattarsi alle dinamiche evolutive del sistema ambientale e relazionale di riferimento, costruendo e trasformando continuamente i propri modelli di conoscenza e di azione, cioè riflettendo sulle stesse competenze. Questo significa anche apprendere a gestire il proprio apprendimento come pratica consapevole continua, negli ambienti di lavoro, nelle organizzazioni e nelle esistenze individuali e sociali. La metacompetenza, quindi, è contestualizzata e agisce in profonda sintonia con l’ambiente di riferimento, di cui permette di governare l’incertezza e di affrontare attivamente il cambiamento promuovendolo.
    Adattarsi, anticipare, innovare, rischiare, diventano le competenze strategiche non solo per un nuovo approccio alla formazione, ma anche ad una nuova società, e l’apprendimento ad apprendere diviene la strategia che gli uomini perseguono non solo per realizzarsi dal punto di vista professionale ma anche dai punti di vista esistenziale, culturale sociale e personale.

    Le METACOMPETENZE sono riconducibili a tre aree:

    • l’area delle risorse psico-sociali personali, che permette agli individui di valorizzare il potenziale posseduto e tradurlo in azione all’interno di una determinata situazione; esse possono essere ricondotte all’autoconsapevolezza, alla spinta motivazionale, all’intraprendenza, alla creatività, all’adattabilità, alla flessibilità e al controllo emotivo;

    • l’area delle abilità sociali, che si riferiscono alla interrelazione tra ruoli e alle relazioni interpersonali; esse possono essere indicate nell’empatia, nella capacità comunicativa, nella capacità di cooperare e nella capacità negoziale;


    • l’area delle capacità organizzative, che permettono di aiutare gli individui a gestire i diversi compiti e ruoli nel contesto lavorativo e sociale di riferimento; esse sono l’elasticità di pensiero, la capacità di problem solving, la capacità di programmazione e di progettazione.

    Così come per l’apprendimento delle competenze, risulta evidente che per rafforzare le metacompetenze non è sufficiente la formazione d’aula: sono necessari interventi che avvicinano il contesto formativo al vissuto dei partecipanti e che permettono una riflessione individuale e di gruppo su quanto affrontato (ad esempio tramite approcci e situazioni oltre l’aula come gli stage e i tirocini, la formazione on the job, il project work, l’action learning).

    5 Conclusioni

    Dall’analisi delle molteplici definizioni del termine formazione, della centralità dell’apprendimento, della logica delle competenze e dell’emergenza delle metacompetenze, sono emersi diversi e importanti ruoli, funzioni e valenze della formazione che richiamo rapidamente. Considerando che, nel nostro modo di intenderla, la formazione ambisce all’autorealizzazione dell’individuo in quanto persona, quindi anche al suo inserimento attivo in quanto cittadino della società e alla sua partecipazione creativa e responsabile nel mondo del lavoro, essa non può non tener conto dei cambiamenti e delle trasformazioni che investono l’intera società e il mondo del lavoro. Non come adattamento, ma come forma regolativa del cambiamento, la formazione ha in sé le potenzialità per diventare la strategia vitale di azione e di cambiamento delle persone, della società, delle organizzazioni sociali e dei Paesi. Per riuscire nel suo intento e nelle sfide che le vengono poste, essa deve promuovere nelle persone quelle modalità di acquisizione del sapere, di concettualizzazione e di ragionamento che consentano loro di accrescere la propria autonomia, in particolare attraverso lo sviluppo delle capacità di apprendimento, di controllo e quindi di intervento sul proprio contesto di vita, di consumo e di lavoro. I contenuti predefiniti e preconfezionati dagli attori e dai luoghi che tradizionalmente hanno trasmesso e diffuso la conoscenza non sono più sufficienti a questo scopo. La formazione si diffonde, i luoghi e gli attori che intervengono nei diversi processi di facilitazione, supporto e mediazione dell’apprendimento si moltiplicano, l’evento formativo si detemporalizza, i contenuti si dilatano dal sapere alle competenze: è in ogni tempo e luogo di vita che la persona è chiamata a riflettere, a decostruire e ricostruire continuamente il suo sapere, il suo saper fare e il suo saper essere persona.

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