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    3 settembre 2006 - Paolo Chiavaroli
    Fonte: Bollettino Res Marche N°4 Anno 1 - 04 luglio 2005

    Quale evoluzione per “Le botteghe del mondo”

    Le Botteghe del Mondo (BdM) sono generalmente considerate i luoghi ove è possibile trovare i prodotti del commercio equo e solidale: in effetti, il loro ruolo fondamentale è quello di far arrivare tali prodotti ai consumatori. Questo è senz’altro vero; tuttavia vi sono anche ulteriori funzioni che una BdM o un’impresa dell’economia solidale in genere può e deve svolgere rispetto all’obiettivo di fondare un’alternativa di società. Sono funzioni forse meno visibili e che rimangono nel cono d’ombra prodotto dalle merci e dalle vetrine, naturalmente più appariscenti. Considerare questi ulteriori significati della presenza di una BdM pare tra l’altro d’attualità, visto che la funzione di veicolo dei prodotti equosolidali sarà sempre meno esclusiva delle stesse BdM. Verrà il momento in cui ogni supermercato avrà i suoi prodotti fair trade o socialmente corretti e allora ci si chiederà se una Bottega del commercio equo e solidale ha ancora ragione di esistere. Osservando ciò che avviene dentro una BdM si noteranno:

    • preoccupazioni, attenzioni, obiettivi e comportamenti estranei ad altre imprese presenti sul mercato, che rappresentano il tentativo di annullare o almeno di limitare gli effetti ritenuti dannosi del mercato stesso; si tratta dell’attenzione posta ad una più equa distribuzione delle risorse, al fine di perseguire un obiettivo di riequilibrio tra gli attori coinvolti nell’attività economica;
    • un significato particolare attribuito all’attività economica, che si esplica attraverso modalità particolari di conduzione dell’attività economica stessa. In una BdM si incontrano persone che hanno avviato l’impresa senza attendere per se stesse il ritorno di un investimento economico; esse si sono basate su un’analisi della realtà sociale, economica e politica e su una visione del mondo condivisa. Come ha scritto Laville,[1] “l’attività economica è la manifestazione di un senso comune, cioè il senso di un mondo condiviso con altri”. E’ questo il fondamento dell’impresa e dunque si fa spazio nell’attività economica stessa un elemento non monetario, l’elemento del dono e della gratuità (espresso ad esempio attraverso la prestazione di lavoro volontario). Al tempo stesso si deve notare che il tutto avviene all’interno di una dinamica partecipata e socializzante (il mondo condiviso) nel quale l’individuo esce dall’anonimato ed entra in relazione con altri uomini e donne. L’attività economica non è dissociabile dalle persone che la pongono in essere, sia che si tratti della persona accanto che, nel caso delle BdM, di chi lavora a migliaia di chilometri di distanza.

    Tutto questo rappresenta un elemento di rottura non banale rispetto al modo ordinario di intendere e realizzare l’attività economica. Rottura che non avviene tanto attraverso l’invenzione di elementi nuovi, quanto attraverso il recupero di elementi economici differenti e perdenti rispetto a quelli dominanti imposti dall’economia di mercato capitalistica, che li ha considerati residuali o estranei ad una scienza economica rigorosa e “moderna”. Infatti gli aspetti particolari che abbiamo notato nell’agire di un’impresa dell’economia solidale derivano proprio dall’accostamento a principi tipici di una economia di mercato di principi diversi, propri di una economia non di mercato e non monetaria. Elementi che hanno avuto nel corso della storia dignità pari o, addirittura, superiore rispetto agli elementi dell’economia di mercato, ma che poi sono stati soffocati nel corso di una evoluzione storica che ha fatto coincidere, infine, l’economia con l’economia di mercato, e con un’economia di mercato particolare, quella capitalistica. Questo esito ha espulso dal novero delle competenze degli attori economici ogni preoccupazione, ad esempio, relativa alla distribuzione della ricchezza e delle risorse, demandando allo Stato tale funzione redistributiva, funzione per altro sempre più contestata e posta in discussione dai principi dell’economia di mercato capitalistica che intende allargare il proprio dominio anche a quegli ambiti nei quali sopravvivono ancora principi economici differenti.

    L’aver assunto, così come fanno le imprese dell’economia solidale, l’elemento di una economia non di mercato, quale l’attenzione per una equa distribuzione della ricchezza all’interno dell’attività economica, è dunque atto in qualche modo eversivo rispetto allo status quo. Il problema della distribuzione è riportato all’interno dell’attività dell’impresa, ed anzi posto al suo centro. Nel caso di una Bottega del Mondo, in primo luogo vi è un obiettivo di riequilibrio rispetto ad attori economici debolissimi, quali sono i partner che lavorano e producono nei Paesi del sud del mondo, obiettivo che si realizza per mezzo di una diversa redistribuzione della ricchezza prodotta dal commercio internazionale a favore del soggetto più debole. Inoltre questo principio viene affermato dalle BdM anche nell’ambito delle proprie relazioni interne, così come all’interno della società nella quale esse sono inserite ed agiscono. Ma abbiamo visto che c’è un altro elemento di novità nell’attività di una BdM, che fa riferimento a principi di un’economia non monetaria.

    I partecipanti all’attività economica non sono legati dalla ricerca di un profitto monetario, ma dalla condivisione di una visione del mondo prodotta da un percorso socializzante. Le BdM, in questo modo, finiscono per essere ciò che sono state definite, sulla scia della riflessione di Habermas, e cioè spazi pubblici di prossimità, luoghi di discussione tra cittadini in cui si formano opinioni, si dibattono temi e problemi di interesse comune, si prendono decisioni, si elaborano e realizzano progetti. La BdM, e l’economia solidale in genere, in questo modo contribuisce a responsabilizzare i cittadini, a farli appunto partecipare a “spazi pubblici di prossimità tra il domestico e lo spazio pubblico delle grandi istituzioni. In tal modo essa supera la concezione di una economia separata dal sociale e dal politico e propone una ricomposizione dei rapporti tra economico, sociale e politico.”[2] In un contesto che registra una drammatica carenza di simili luoghi, risucchiati da un vero e proprio processo di desertificazione degli spazi pubblici, questa opportunità offerta dalle diverse esperienze di economia solidale va salutata con interesse e seguita con attenzione. In una situazione come l’attuale non è banale creare punti di rottura, ricostituire spazi pubblici e fornire l’opportunità di tornare ad incontrarsi, a dibattere, a vivere la propria cittadinanza attiva, il proprio “prendere a cuore” la sorte della città, del proprio quartiere o del pianeta intero, l’opportunità di fare politica, di vivere la propria socialità e la propria dimensione relazionale.

    Una BdM, dunque, in sintesi realizza un’attività economica particolare caratterizzata dal segno della complessità: è infatti il tentativo di elaborare un modello di attività economica differente nel quale coesistono principi differenti, il principio dell’economia di mercato con le dinamiche prodotte dal gioco della domanda e dell’offerta, il principio dell’economia non di mercato con l’attenzione agli effetti che l’attività produce soprattutto in termini di equa distribuzione di risorse, il principio non monetario con la necessità di ricondurre l’attività economica all’interno del contesto sociale in cui è situata e sotto il controllo degli attori sociali che a questa attività partecipano.

    [1] J.L. Laville, Economia Solidale, Bollati Boringhieri, p. 66
    [2] J.L.Laville, op. cit, p. 77

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