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    28 gennaio 2008 - Andrea Bizzocchi
    Fonte: Bollettino Rees Marche

    Come sonnambuli verso il futuro

    La fine dell'era del petrolio: che ne sara' di noi?

    Recenzione

    Diciamo subito che "Ritorno al passato - La fine dell'era del petrolio e il futuro che ci attende" è un libro che non vorremmo mai dover leggere ma che invece è bene farlo. Eh sì, perché "Ritorno al passato", frutto di una conversazione tra Andrea Bizzocchi e il saggista esperto di picco petrolifero globale James Howard Kunstler, è un'opera tremendamente di attualità e che ci riguarda da vicino, molto più di quanto non pensiamo.
    Bizzocchi, fanese, ci racconta come è nato il libro: "Circa un anno fa lessi "The Long Emergency". Parlava di picco petrolifero globale e fine della nostra civiltà così come la conosciamo. Mi sembrava che l'autore, nell'esporre la sua tesi, portasse ragioni inattaccabili. Dal momento che stavo già da tempo portando avanti degli studi sul picco petrolifero, lo contattai chiedendogli un incontro per sviluppare assieme a lui il tema". Partendo da due punti fermi, cioè la dipendenza pressoché assoluta della civiltà occidentale da forniture economiche di petrolio e il raggiungimento del picco petrolifero globale, Bizzocchi e Kunstler propongono un'analisi a 360° dell'impatto che questi accadimenti avranno sul nostro futuro più prossimo, dando così vita ad un'analisi serrata e per tanti versi catastrofica ma al tempo stessa terribilmente veritiera e ben documentata.
    Leggiamo dalla quarta di copertina del libro: "I giacimenti di petrolio si stanno rapidamente esaurendo. Quali saranno le conseguenze di questo accadimento sulle nostre vite?
    Perché la nostra economia crollerà e che ne sarà della Grande Distribuzione, dei supermercati, dei viaggi aerei, delle vacanze e dei trasporti?
    Come saranno l'istruzione e la sanità, che importanza rivestirà la religione?
    Come potranno sostenersi le grandi metropoli e le periferie urbane senza combustibile a basso costo? Che ne sarà dell'industria e dell'agricoltura intensiva? Torneremo a lavorare nei campi?
    Bizzocchi e Kunstler vanno però anche oltre, spiegando da un lato perché le energie alternative non ci salveranno, "anzi, ci affosseranno ancor di più", e dall'altro allertandoci dei terribili danni ambientali provocati dall'uomo. "Il problema non è trovare altra energia, bensì accettare una realtà ovvia, e cioè che non si può pensare di sfruttare all'infinito un pianeta le cui risorse sono ovviamente finite" dice Bizzocchi.
    L'era del petrolio, sostengono i due autori, nell'arco della storia umana è durata un battito d'ali, ragion per cui il "ritorno al passato", cioè "non alle caverne ma a stili di vita più sostenibili, per l'uomo e per il pianeta" dovrebbe essere visto non come un'eccezione ma piuttosto come la norma.
    E, nemmeno troppo sommessamente, i due fanno anche capire che la fine, giocoforza, del consumismo infantile drogato da falsi miti e bisogni indotti, nonché della globalizzazione, tutto sommato potrebbe non essere neppure un male, se non altro perché "non se ne può più di un sistema vanesio e sprecone che propone vite da luna park e che è riuscito, nel breve volgere di pochi decenni in una triplice impresa: distruggere l'ambiente, portare alla fame intere popolazioni del Terzo mondo e - la vera impresa è questa - far stare male anche chi dovrebbe star bene. Se l'Occidente detiene tutti i record di depressione, stress, nevrosi, suicidi ecc., un motivo ci sarà? O no?" chiedono i due provocatoriamente.

    Stralci di Presentazione

    Che il raggiungimento del picco petrolifero mondiale sia stato virtualmente raggiunto, è un dato di fatto oramai assodato. Le stesse compagnie petrolifere, maestre nell'arte del non dire e del falsificare i dati di produzione, ammettono più o meno velatamente che le riserve di petrolio sono in costante declino. Ciononostante non è chiaro ai più l'impatto che questo accadimento comporterà sul nostro sistema di "sviluppo" (OPPURE SULLA NOSTRA SOCIETA'. VEDI TU), che per funzionare dipende virtualmente in toto da una disponibilità energetica a basso costo. Ne abbiamo parlato con il saggista ed esperto di picco petrolifero statunitense James Howard Kunstler, che nel suo più recente libro, "Collasso", edito in Italia da "Nuovi Mondi Media", analizza l'impatto che il raggiungimento del picco avrà sulla società occidentale, spiega perché le energie alternative non ci salveranno, ci dice dei danni ambientali in genere provocati dalla modernità, e soprattutto ci descrive il futuro che ci attende.

    Signor Kunstler, anzitutto cosa significa raggiungimento del picco petrolifero mondiale?
    Significa che la metà delle riserve mondiali di greggio sono state estratte. La prima conseguenza è che la produzione non starà più al passo con la domanda. La seconda che il prezzo del petrolio salirà inesorabilmente. La terza, ultima e più importante, che questo significherà il crollo della società occidentale così come la conosciamo.

    -Quando dovremmo raggiungere il picco petrolifero mondiale?
    Ci sono discordanze tra i geologi e le compagnie petrolifere. I primi indicano che sia stato raggiunto lo scorso anno o forse nell'anno in corso, le compagnie dicono che ci vorranno ancora una decina d'anni. Da un punto di vista della prospettiva storica sono differenze del tutto irrilevanti.
    Soprattutto se pensiamo alle conseguenze che il picco porterà.

    -Quali saranno queste conseguenze?
    L'intero sistema economico, e quindi la struttura stessa delle società occidentali, si regge su una base petrolifera. Anzi, dovrei dire che la nostra società si regge su forniture costanti, affidabili e soprattutto economiche di petrolio. E quando dico tutto intendo dire proprio tutto. Non è solo questione di mandare avanti le automobili, i trasporti o il riscaldamento, che sono gli aspetti più evidenti, quelli che balzano agli occhi di chiunque. Ma anche l'assistenza sanitaria, l'istruzione, l'informazione, i nostri svaghi, la stragrande maggioranza degli oggetti che produciamo. La stessa agricoltura industrializzata, che ha permesso un incremento demografico portentoso negli ultimi centocinquanta anni, è stata resa possibile dal petrolio a buon mercato.

    Tutto questo non è accaduto grazie alla tecnologia, allo sviluppo delle scienze, al progresso in generale?
    Diciamo pure che questi erano effetti collaterali della disponibilità di energia a buon mercato.
    Ad esempio l'incremento della produzione alimentare mondiale, è dovuto in minima parte all'innovazione scientifica e agli Ogm, e in massima all'utilizzo di fertilizzanti, concimi azotati, pesticidi ed erbicidi, tutti derivanti da combustibili fossili economici.

    Lei afferma che con il raggiungimento del picco arriveremo ad un punto di "non ritorno per la modernità". Ritiene che non ci siano margini per salvare la situazione, per continuare sulla strada del progresso?
    Sinceramente credo di no. Che ci piaccia o meno, torneremo indietro. O almeno questo è il futuro prossimo, quello che possiamo ragionevolmente prevedere e nel quale noi, i nostri figli e i nostri nipoti ci troveremo a vivere.

    -Significa che torneremo a zappare la terra e a vivere senza elettricità?
    Tutto può essere, almeno in parte. In ogni caso è ovviamente impossibile delineare nei dettagli la vita di domani, però possiamo dare delle indicazioni di massima che a me sembrano inevitabili. Direi che il futuro più probabile sia fatto di un ritorno ad una economia più essenziale, con meno viaggi, meno produzione, meno trasporti, meno "intrattenimento", meno tutto. L'aspetto principale che caratterizzerà questo futuro prossimo, che io chiamo Lunga emergenza, sarà quello di un ritorno ad un'attività agricola locale e biologica, o, per meglio dire, naturale. E questo non per scelta, ma perché l'agricoltura industrializzata non potrà più sostenere le economie di scala a cui si è abituata negli ultimi decenni.
    Altri aspetti della Lunga emergenza saranno la fine della globalizzazione, un ritorno all'importanza delle realtà locali, della famiglia e dei rapporti solidali, nonché uno spopolamento delle metropoli a favore di piccole realtà circondate da terreni agricoli.

    -Ha appena dipinto un quadro molto cupo.
    Non necessariamente. Dipende da quale prospettiva lo si osserva.

    -Cosa intende dire?
    Ad esempio l'Occidente, pur essendo ricchissimo materialmente, non è affatto felice. Detiene tutti i record di stress, depressione, nevrosi, solitudine, anomia, suicidi. Ci dovremmo domandare perché. Ho molta fiducia che nella Lunga emergenza saremo più poveri ma anche più felici.

    -Si fa un gran parlare di tecnologie pulite ed energie verdi.
    Questa è una questione da prendere con le molle. A monte del discorso sul picco petrolifero e sulle energie verdi ed alternative in genere, dobbiamo considerare che il sistema sul quale si reggono le società occidentali prevede una crescita economica senza fine. Bisogna capire che non si può crescere all'infinito in un mondo finito.

    -Significa che dovremmo rinunciarci in partenza?
    Non ho detto questo. Le energie alternative esistono e giustamente le useremo. Dubito però, che queste possano sostituire l'infrastruttura attuale della società occidentale, che è resa possibile da una disponibilità energetica a basso costo. Un conto è mandare avanti un automobile, un altro l'intero sistema. Ci sono dei costi, delle economie di scala, anche dei tempi, da rispettare. La base su cui poggia la società occidentale è estremamente complessa e non la si può sostituire in dieci anni. Forse avremmo potuto farcela affrontando il problema seriamente nei primi anni '70, ai tempi dell'embargo dell'Opec. Ma poi abbiamo trovato il petrolio nel Mare del Nord e in Alaska e abbiamo lasciato perdere tutto. Ma ad essere sincero ritengo il "dettaglio" delle energie alternative quasi fuorviante.

    -In che senso?
    Nell'immaginario collettivo le energie alternative devono sostituire il petrolio per mandare avanti l'intero sistema dei consumi, mentre io credo che il punto sia creare realtà di lavoro, di città in cui abitare, realtà di vita in generale, che siano a dimensione umana ed anche naturale. Se avremo l'intelligenza di usare le alternative in questo senso vivremo in un mondo infinitamente migliore. Da tutti i punti di vista.

    Andiamo nel dettaglio. Partiamo dall'idrogeno.
    L'idrogeno non è una fonte energetica. Bisogna produrlo. Cioè l'idrogeno in sé non inquina poiché rilascia solamente vapore acqueo, ma la sua produzione sì. Normalmente lo si ottiene dall'acqua attraverso un processo denominato elettrolisi. Il problema principale è che per produrre un valore di idrogeno pari ad 1, bisogna impiegare 1,4 di energia. C'è un rapporto in perdita. Ciò significa che oggi come oggi è possibile far viaggiare un'automobile ad idrogeno ma da un punto di vista economico non ha senso. Perché mai farlo dunque? A parte questo, l'idrogeno presenta un problema di sicurezza poiché è altamente infiammabile e quindi viaggiare con un serbatoio pieno di idrogeno è particolarmente pericoloso.

    Per quanto riguarda le altre fonti?
    L'eolico, l'idroelettrico, il fotovoltaico, necessitano di una piattaforma di combustibili fossili per la produzione delle varie componenti: parliamo di celle fotovoltaiche, di accumulatori per il solare, oppure di turbine fatte di leghe speciali nel caso dell'eolico. Ci sono poi luoghi e Paesi che non hanno molto sole o molto vento; trasportare questa energia è molto complicato poiché lungo il tragitto se ne perderebbero formidabili quantità.
    Un conto è ricavare un po' d'acqua calda per una casa, un altro discorso è applicare il solare su larga scala.
    C'è da considerare inoltre che il petrolio, con tutti i suoi sottoprodotti, ha un'infinità di applicazioni materiali: l'asfalto, la plastica, gli schermi televisivi, i computer e potremmo andare avanti all'infinito. Come si ricava l'asfalto dal solare? Come si costruisce la cuccia di plastica del cane dall'eolico?
    L'unica forma di energia che, almeno potenzialmente, può sostituire in parte il petrolio è il nucleare. Il quale però solleva tutto un altro genere di questioni.

    -Quale genere di questioni?
    Principalmente di sicurezza. Le scorie radioattive vanno stoccate. I luoghi dove stoccarle sono principalmente caverne nelle viscere della Terra o fondali marini. Gli scienziati calcolano che siano necessari cinquecento anni perché le scorie perdano la loro radioattività. Anzitutto questo è da dimostrare, perché non abbiamo cinquecento anni di nucleare alle spalle per poterlo affermare con certezza. Ma in aggiunta a ciò, dobbiamo capire che cinquecento anni sono un arco di tempo lunghissimo del quale l'uomo non può assolutamente prevedere, tanto per fare un esempio, gli sconvolgimenti portati dal surriscaldamento della temperatura terrestre e altri fenomeni atmosferici, che ci saranno tra venti, trenta, cento o duecento anni. Che ne sappiamo noi, oggi, se ci saranno terremoti di un'intensità a noi sconosciuta che provocheranno rotture e libereranno scorie, le quali, una volta messe in circolo, potrebbero inquinare irreparabilmente falde acquifere, laghi, ma anche l'aria e la terra?

    -Le energie alternative possono perlomeno aiutarci a risolvere i problemi ambientali?
    Molti dicono di sì, ma io devo dire assolutamente no. Non esiste l'energia pulita. L'energia non è mai pulita. La seconda legge della termodinamica parla chiaro in questo senso. L'energia non si crea né si distrugge e ogni sua trasformazione comporta un rilascio di entropia nell'ambiente. E' chiaro che se l'utilizzo di energia è limitato, altrettanto limitato sarà il rilascio entropico e quindi il danno ambientale. Se noi applichiamo invece l'utilizzo di energia, anche se "pulita", su scala di massa, il danno ambientale sarà altrettanto "di massa", cioè grande. Non si può pretendere di mettere l'energia al servizio di un'economia di crescita, poiché il rilascio entropico sarà direttamente proporzionale alla crescita. Le leggi della termodinamica sono leggi della fisica alle quali non si sfugge.

    -Quindi le automobili che non fanno danni all'ambiente non esistono secondo lei?
    Oggi le automobili sono molto più efficienti e inquinano molto meno di cinquanta anni fa, ma il parco auto nel suo insieme inquina molto di più. Perché ce ne sono molte di più in circolazione e perché la gente mediamente, che sia per lavoro o per svago, le utilizza molto di più. Questo significa che se da un lato la singola automobile inquina la metà rispetto al passato, l'inquinamento prodotto dal parco auto nel suo insieme è di dieci, venti, cento volte superiore. E questo vale virtualmente per tutto.
    Le faccio un altro esempio. In America è tutto un gran parlare di bioetanolo come carburante per le auto. Il bioetanolo in sé non produce emissioni di gas serra, ma se noi pretendiamo di aumentare sempre più le vendite di automobili e di utilizzare l'auto ai ritmi attuali, dovremo deforestare l'intero pianeta per fare posto alle coltivazioni per produrre il bioetanolo. Voglio dire, in prima battuta risolvi un problema, ma in seconda il problema si presenta, ingigantito, da un'altra parte. E questo vale per qualunque fonte di energia quando messa, e sottolineo, quando messa, al servizio di un'economia di crescita.

    -Quale relazione vede tra il raggiungimento del picco ed i problemi ambientali?
    Questa è una domanda molto interessante. Noi ci troviamo a dover risolvere i problemi energetici derivanti dal raggiungimento del picco petrolifero, in un periodo di cambiamenti climatici ormai avviati e dunque inevitabili. Con ciò intendo dire che se per incanto smettessimo di inquinare domani, subiremo comunque, per i prossimi decenni o forse secoli, chi lo sa, l'aumento della temperatura terrestre che comporta lo scioglimento dei ghiacciai, che provoca l'innalzamento degli oceani, la scomparsa di città costiere con tutte le loro infrastrutture e la perdita di terreni agricoli.
    Lo scioglimento dei ghiacciai immette inoltre acqua dolce negli oceani e alterandone la salinità potrebbe provocare il rallentamento l'arresto della Corrente del Golfo. Senza l'effetto mitigante della Corrente del golfo il Nord America ma soprattutto il Nord Europa si ritroverebbero coperte da una coltre di ghiaccio e dunque con condizioni di vita impossibili o comunque infinitamente più difficili.
    Un altro enorme problema è la crescente scarsità d'acqua dolce. La Banca Mondiale ha dichiarato
    che l'acqua sarà la principale causa per le guerre del secolo in corso.
    Ma potremmo andare avanti...

    -La situazione è catastrofica...
    Ciò che vorrei si capisse è che non si può prendere un singolo elemento e cercare di risolvere quel problema, perché la vita nel suo insieme è un intreccio complicatissimo di sfaccettature diverse.

    -Non pensa che un ulteriore sviluppo tecnologico possa salvarci?
    E' l'esatto contrario. Se vogliamo salvarci dobbiamo abbandonare la tecnologia. Noi abbiamo la pretesa di essere salvati dalla tecnologia o dalla scienza quando invece in ultima analisi sono proprio la tecnologia e la scienza ad avere messo in circolo quelle variabili che ci stanno minacciando sempre più. Se, o meglio quando, la natura deciderà di fare sul serio, non ci sarà confronto. Abbiamo visto il dramma dell'uragano Katrina a New Orleans o dello tsunami del Dicembre 2004. Che succederà quando l'intensità degli uragani o degli tsunami saranno due, tre, cinque, dieci volte più forti? Saremo salvati dalla tecnologia? Quando l'acqua dolce, che è la prima fonte di vita, finirà, la tecnologia inventerà un sostituto dell'acqua?

    Che dobbiamo fare?
    La cosa veramente logica sarebbe cercare di rallentare, produrre meno, comprare meno, girare , meno, vivere più "lentamente" se così si può dire. Mi rendo conto che questo va contro il pensiero economico ortodosso, ma del resto l'economia non è una legge di natura. E alla fine l'uomo deve fare i conti con le leggi di natura. Per questo dico che l'unica cosa ragionevole da fare è rallentare e decrescere, anche perché l'uomo soffre terribilmente questo mondo accelerato. L'economia cresce ma noi uomini non stiamo meglio. Non le sembra che c'è qualcosa che non quadra?

    -Forse quadra fin troppo. L'uomo è al servizio dell'economia e non viceversa.
    E' così. Ma tutto questo non durerà a lungo. Saranno il raggiungimento del picco petrolifero ed il pianeta stesso a risolvere la questione. Torneremo indietro, ed io nutro la ragionevole speranza che alla fine staremo meglio.

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