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    I rischi dell'energia nucleare

    Bollettino Rees Marche Monotematico sui rischi dell'energia nucleare Giugno 2008
    24 giugno 2008 - Redazione Rees Marche
    Fonte: Redazione Rees Marche - 20 giugno 2008

    Bollettino Monotematico sul Nucleare

    Indice:

     

    CONTRO IL NUCLEARE, UNA BATTAGLIA DA VINCERE

     

    A 22 ANNI DA CHERNOBYL RIPARTE L'IMBROGLIO NUCLEARE

     

    PSICOLOGIA E INTERESSI DEL RINASCIMENTO NUCLEARE

     

    IL NUCLEARE NON S'HA DA FARE

     

    NASCE IL COMITATO ANTI-ATOMO

     

    NUCLERE? NO GRAZIE. LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE SPIEGANO IL PERCHE'

     

    IL NUCLEARE DI QUARTA GENERAZIONE NON HA SICUREZZA INTRINSECA

     

    DOV'E' LA SICUREZZA DEL NUCLEARE?

     

    INCIDENTE ALLA CENTRALE ATOMICA DI KRSKO IN SLOVENIA

     

    GUASTO IN UNA CENTRALE NUCLEARE TEDESCA

     

    NUOVO INCIDENTE IN UCRAINA

     

    IN GIAPPONE TERREMOTO DANNEGGIA CENTRALE NUCLEARE

     

    DELIRI NUCLEARI

     

    LA LITANIA DELLE CENTRALI NUCLEARI

     

    IL NUCLERE DEL FUTURO E' LENTO E COSTOSO?

     

    IL NUCLEARE AL TEMPO DELLE FAVOLE

     

    40 FATTI E ARGOMENTAZIONI CONTRO IL NUCLEARE

     

    LE SIRENE DEL NUCLEARE

     

    APPELLO AI POLITICI CONTRO LE CENTRALI NUCLEARI

     

    NUCLEARE: LE CENTRALI FANNO STRAGI DI PESCI

     

    LE ASSOCIAZIONI FRANCESI CONTRO IL NUCELARE

     

    NUCLERE CIVILE: DANNI ALLA SALUTE

     

    UN CIMITERO DI SCORIE NUCLEARI

     

    BEPPE GRILLO CONTRO IL NUCLEARE

     

    GREENPEACE FA RICORSO CONTRO IL NUCLEARE SLOVACCO DELL'ENEL

     

    L'ENERGIA NUCLEARE: PROBLEMA DI SCORIE

     

    E' IL RISPARMIO IL NUOVO PETROLIO

     

    RUBBIA CARLO: NE' PETROLIO, NE' CARBONE , SOLTANTO IL SOLE PUÒ DARCI ENERGIA

     

    IL FUTURO DELLE ENERGIE RINNOVABILI

     

    INTERVENTO DI BANCA ETICA SUL NUCLEARE ALL'ASSEMBLEA AZIONISTI DELL' ENEL

     

    RINNOVABILI: ENTRANO IN GARA I GIGANTI DELL'ENERGIA

     

     

    CONTRO IL NUCLEARE, UNA BATTAGLIA DA VINCERE

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    Loris Asoli (10.6.2008)

    L'urgenza del dibattito attuale sulla prospettiva di costruire di nuovo delle centrali nucleari in Italia, ci induce a far uscire questo numero monotematico del nostro bollettino culturale, che esprime una netta posizione, contraria all'uso dell'energia nucleare.

    Contro l'energia nucleare e i suoi sostenitori di destra o di sinistra, al governo o all'opposizione, è possibile suscitare un movimento popolare vincente, che sappia superare la massiccia propaganda mediatica che proviene dai grossi interessi in gioco, dall'ignoranza e dalla mancanza di ogni prospettiva etica.

    Invito a leggere attentamente i numerosi interessanti contributi di questo bollettino.

    Non sono in ordine di importanza. Per esempio un'intervista allo scienziato Carlo Rubbia è verso il fondo.

    Intanto elenco qui di seguito, molto sinteticamente, quelle che possono essere alcune argomentazioni importanti per opporsi al ritorno del nucleare in Italia.

     

    • Non è affatto vero che esiste un nucleare sicuro. I cosiddetti reattori di quarta generazione per ora sono solo una ipotesi fantasiosa, per far finanziare costose ricerche, legate anche alla ricerca militare. Inoltre per "quarta generazione" vengono intesi aspetti diversi, a seconda di chi ne parla. E' vero invece il contrario: terremoti, attentati aerei, missili, e quant'altro, possono colpire le centrali nucleari con danni incalcolabili. Esse possono essere un bersaglio privilegiato in caso di guerre e di terrorismo internazionale. Senza poi contare i numerosi incidenti possibili, durante il funzionamento degli impianti, come dimostra abbondantemente anche la cronaca di questo periodo, di cui trovate degli echi negli articoli.

     

    • L'energia nucleare è basata su un "carburante", l'uranio, le cui scorte sono limitate (come per il petrolio), che costerà sempre più caro e che l'Italia non possiede.

     

    • L'energia nucleare serve solo a produrre energia elettrica e non può sostituire il petrolio per i trasporti e per gli altri mille usi. L'energia elettrica si può produrre molto meglio attraverso la tecnica solare fotovoltaica, che può essere diffusa in tutte le regioni, province e comuni del nostro paese, a beneficio dell'economia locale e senza alcun rischio per le attuali e le future generazioni. Il nostro paese è molto più privilegiato per l'esposizione solare rispetto, per esempio, alla Germania che ha già investito molto di più sul solare fotovoltaico.

     

    • Il problema più grave è quello della gestione delle scorie radioattive, che è ancora un problema del tutto irrisolto in tutto il mondo. Scorie altamente pericolose per centinai di migliaia di anni che cinicamente si lasciano in eredità alle generazioni future, a favore di un pugno di consumi inutili in sovrappiù per i nostri contemporanei. Si tratta di una pura follia, contro ogni minimo principio di etica e di morale! Questo problema da solo è largamente sufficiente per dire un NO assoluto all'uso dell'energia nucleare. In tutto il mondo, USA compresi, si cercano siti sicuri per sotterrare le scorie nucleari, sempre più ingenti.

     

    • L'interesse verso l'energia nucleare nasconde anche un interesse verso la disponibilità di materie prime a basso costo per la produzioni di armi nucleari (il plutonio, sottoprodotto dell'energia nucleare, è materia prima importante per la produzione di armi di distruzione di massa).

     

    • L'energia nucleare rappresenta un modello di produzione dell'energia fortemente centralizzato, soggetto a speculazioni enormi e sotto il controllo di pochi. Molto meglio un modello di produzione dell'energia fortemente decentralizzato, a disposizione di tutti i cittadini, come è la produzione elettrica tramite il solare fotovoltaico o l'eolico.

     

    • La produzione di energia elettrica da nucleare è enormemente costosa, se si calcolano i costi reali. Oltre ai costi degli impianti vanno calcolati i costi di ricerca, finanziati dallo stato, i contributi statali per la costruzione degli impianti, i costi di smantellamento delle centrali, i costi di gestione delle scorie, per questa e per le future generazioni.

     

    • Di fatto, a livello mondiale non si investe più sull' energia nucleare, che è in stagnazione (tasso di crescita nullo), con i nuovi impianti che non riescono neanche a rimpiazzare quelli che vanno in dismissione. Il tasso di crescita del solare fotovoltaico è invece del 32% e quello dell'eolico del 28%, nonostante che i finanziamenti pubblici per la ricerca siano indirizzati di più al nucleare che non al fotovoltaico. Negli USA i sussidi al nucleare sono 24 volte superiori a quelli verso le fonti rinnovabili!!

     

    • Nei paesi poveri l'energia nucleare porta solo a debiti impagabili e danni (vedi articolo "40 fatti e argomentazioni")

     

    • Gli investimenti per l'energia e per il contenimento dell'emissione di CO2 vanno indirizzati nei settori più efficaci, a risultati più veloci, più economici, più decentrati e senza rischi. Questi settori attualmente sono:
    1. Le misure di risparmio energetico (per le abitazioni, per i trasporti, per gli imballi, ecc.)

    2. L'energia solare fotovoltaica

    3. L'energia eolica, soprattutto quella microeolica, senza fare scempio del paesaggio

    Investire sul nucleare significa togliere risorse là dove veramente andrebbero indirizzate. E' falsa, perciò, la propagande che nella situazione attuale tutti i contributi energetici andrebbero utilizzati. Per un paese è come per una persona: indirizzare le energie produttive in una direzione le sottrae e impedisce in un'altra direzione.

     

    • L'indirizzare la produzione energetica verso i 3 settori di cui sopra crea incomparabilmente più posti di lavoro rispetto all'energia nucleare, che è invece basata su ingenti finanziamenti e ingenti profitti per poche persone. Il risparmio energetico, il fotovoltaico e l'eolico si basano su tecniche a più alta intensità di lavoro invece che ad alta intensità di capitale finanziario, il quale sta agendo nel mondo solo a fini speculativi e di potere, producendo danni ingenti a tutta l'umanità.

     

    Un aspetto che mi preme sottolineare lo trovate nell'articolo "Il futuro delle energie rinnovabili"

    e lo ripeto qui di seguito, in questo articolo introduttivo:

     

    «Io ammonisco di non prendere sotto gamba questo fenomeno
    della propaganda a favore della rinascita dell'energia nucleare. Chi
    sottovaluta un avversario ha già perso. Il dibattito sulla rinascita dell'energia
    nucleare è in atto a pieno ritmo a livello globale, è organizzato
    perfettamente e ci sono dei gruppi molto potenti dietro.»

     

    Infine è da sottolineare anche che la posizione dell'economia solidale non è soltanto una posizione "contro", ma anche e soprattutto una posizione "per". La produzione di energia elettrica fotovoltaica è ormai una tecnica matura, che si va perfezionando e che ha notevoli prospettive. Essa è anche in grado di fornire una soluzione per la produzione di un carburante ecologico per la trazione: l'idrogeno. Infatti l'energia elettrica fotovoltaica può essere convertita direttamente, nel carburante "idrogeno", tramite la tecnica dell'elettrolisi, che dall'acqua, per scissione, consente di produrre idrogeno e ossigeno. L'idrogeno può essere compresso ed utilizzato esattamente come il gas metano per autotrazione.

    Certamente le celle fotovoltaiche non sono ad impatto ambientale nullo per cui, nella attuale situazione, la sobrietà e il risparmio energetico rimangono le indicazioni principali, mentre una ricerca orientata intelligentemente (e non certo verso il nucleare), potrebbe dare nuove e più ecologiche soluzioni, visto che le energie che circolano sulla terra e nel cosmo sono notevoli.

     

     

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    A 22 ANNI DA CHERNOBYL RIPARTE L'IMBROGLIO NUCLEARE

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    Articolo pubblicato nella Mailing list Ecologia dell'associazione PeaceLink.

    A 22 anni dalla catastrofe nucleare di Chernobyl accaduta il 26.04.86 il cesio 137 sparso per mezzo globo è ancora attivo, il cesio decade, in effetti, in 30 anni.

    Mentre sono conclamati i danni nella Bielorussa dove all'ospedale di Kiev sono ancora operati bambini di pochi mesi per casi di tumore a causa del terreno e del cibo troppo contaminato (nemmeno le nuove generazioni ne avranno pace), in Italia non sapremo mai gli effetti provocati sulla popolazione da quell'evento.

    Anzi la contaminazione di Chernobyl è diventato un paravento per giustificare i dati sulla radioattività ambientale vicino ai centri nucleari di mezza Europa dopo gli incidenti locali (denunciati e non )che fanno parte del rischio dei processi di gestione delle centrali e dei depositi radioattivi.Il 4 Aprile in Spagna e' stato data la notizia di una fuga radioattiva avvenuta il 26 novembre 2007 nella centrale nucleare di Asco', nella provincia di Tarragona: lo ha riferito il quotidiano 'El Pais'. Secondo il Csn, tuttavia, l'entita' della fuga sarebbe stata minimizzata nella comunicazione di Endesa. (ossia come accade in tutti gli incidenti nucleari e come si verificò anche in Giappone).Intanto in Italia si fanno solo spot pubblicitari per rilanciare il nucleare come per vendere un frigorifero o un telefonino, costa poco, inquina meno perché c'e' la 4 generazione .La sicurezza dei reattori di quarta generazione non può limitarsi alle protezioni esterne contro eventuali in!

    cidenti aerei, mentre in Slovacchia le centrali acquisite dall'Enel ne sono sprovviste (non hanno guscio protettivo) . Greenpeace International inoltre ha presentato ricorso alla Commissione europea contro "i sussidi di stato illegali e le distorsioni del mercato che condizionano il progetto di completamento della centrale nucleare di Mochovce, in Slovacchia". Secondo Greenpeace, il Governo slovacco "ha garantito particolari condizioni a Enel sulle somme da accantonare per lo smantellamento futuro delle centrali e la gestione delle scorie". Tali condizioni "si configurano come aiuti di stato illegali per convincere la compagnia elettrica Slovenske Elektrarne (Se), controllata al 66% da Enel, a partecipare a un progetto altrimenti irrealizzabile e non interessante economicamente". I reattori slovacchi stranamente sono di tipo russo e simili a quelli di Chernobyl. Anche Tremonti aderisce al principio di delocalizzare gli investimenti sull'energia e vuole realizzare centrali nucleari in Albania !

     

    NOSCORIE TRISAIA Movimento Antinucleare Mail noscorietrisaai@libero.it

     

     

     

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    Psicologia e interessi del rinascimento nucleare

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    Tratto da: http:\\qualenergia.it

    Il ritorno al nucleare in Italia si regge su un sfondo psicologico creato ad arte che in poche settimane ha convinto politici e stampa. Un meccanismo non nuovo che si basa sulla grande forza della lobby dell'industria energetica. Ripercorre la più recente storia dell'energia nucleare può essere interessante per capire i meccanismi psicologici e, se, vogliamo, mediatici legati ai rinnovati tentativi di rilancio di questa tecnologia. Allora è utile ricordare le parole del sociologo e scrittore tedesco Ulrich Beck che spiega come in questi casi si assista sempre ad una sorta di "drammaturgia del rischio" e la spiega come una sorta di competizione tra rischi possibili spesso molto ardita. Si arriva così a "rimuovere" quello nucleare (proliferazione, scorie, insicurezza, antieconomicità, incapacità di soddisfare la domanda e di ridurre i gas serra) perché i pericoli da sconfiggere vengono dipinti come molto più carichi di inquietudine: la crisi climatica, il superamento delle fon!

    ti fossili inquinanti e sempre più costose, l'insufficienza delle rinnovabili (comunque da sviluppare), i black out.

     

    Allora si promettono grandi centrali più sicure e più pulite per l'ambiente e i cittadini, si lanciano cifre sui costi del kWh prodotto che non hanno alcuna attinenza con la realtà, a dire il vero ancora sconosciuta dopo quasi 60 anni di vita di questa filiera; si parla di opzione irrinunciabile e di antimodernità dei suoi oppositori.

    Come ha detto Hermann Scheer in "Autonomia energetica", davanti ad uno sfondo di questo tipo "si muove la campagna a favore del ‘Rinascimento' dell'energia nucleare che impressiona tanto le istituzioni politiche quanto i media". E aggiungerei, la gente e perfino alcune associazioni ambientaliste, che, involontariamente diventano la spalla di questa nuovo tentativo di egemonizzare le scelte energetiche di un paese. Sfugge a taluni ambientalisti che le strade del nucleare e della generazione distribuita fondata soprattutto su rinnovabili e usi razionali dell'energia sono decisamente antitetiche per molto motivi, come le limitate risorse economiche a disposizioni, per il modello di sviluppo che sottintende a ciascuna fonte di energia e, infine e di conseguenza, anche per ragioni culturali. Allo stato attuale, percorrere una strada significherebbe rinunciare all'altra.

     

    Dietro a questo panorama opera la grande industria energetica, grazie alla sua forte e concentrata lobby e alla potenza di fuoco che riesce ad avere in termini di comunicazione. Non sarà che il grande interesse per un ritorno al nucleare da parte dell'industria (elettrica e del gas) sia fondamentale per continuare a rafforzare il proprio potere di controllo sull'energia? La domanda, piuttosto retorica, mi permette di riallacciarmi ad un interessante articolo di Massimo Serafini, apparso ieri su Greenreport.it. Serafini si chiede quale sia la vera ragione di tanta ostinazione nel riproporre il ritorno al nucleare da parte del governo Berlusconi, insieme alle principali imprese energetiche del paese.

    La sua risposta è che l'atomo, come l'energia da fonti fossili, è monopolizzabile. Utilizzare il nucleare, dice Serafini "significa riconfermare un modello energetico centralizzato, che attira molti quattrini, ma soprattutto conferisce un potere immenso a chi lo dirige".

    A contrastare questa "ostinazione", come la chiama l'autore dell'articolo, ci sarebbe in teoria un vasto e poliedrico numero di operatori, distribuito in numerose associazioni di categoria o ambientaliste, mal organizzato e con scarso potere economico, incapace di far valere la forza e le ragioni di una molteplicità di tecnologie e di applicazioni in grado, già oggi, di realizzare un modello di produzione e distribuzione dell'energia diffuso sul territorio e certamente più democratico.

     

    L'aggressività con cui viene riproposto il nucleare in Italia ha avuto sull'opinione pubblica, sulla politica, sul potere economico effetti impensabili solo pochi mesi fa e ha visto allinearsi su queste posizioni gran parte dei principali giornali e televisioni di questo paese. Quasi dimenticati, se non ridicolizzati, gli obiettivi europei al 2020.

    Forse molti di questi soggetti non sono stati convinti dalle ragioni e dalle opportunità offerte delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. Non hanno capito, o non hanno interesse a capire, la grande potenzialità di queste scelte. E' allora diventa urgente rivedere strategie e linguaggi di chi si occupa di queste tematiche e articolare con maggiore energia un piano veramente alternativo al nucleare e alla generazione centralizzata.

     

     

     

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    Il nucleare non s'ha da fare

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    Antonio Piccolo martedì 13 maggio 2008

     

    Le recenti dichiarazioni del ministro Scajola che ripropone le centrali nucleari non sono realizzabili. Sono le stesse di 5 anni fa, dello stesso ministro, regolarmente rimaste sulla carta

    In realtà è sufficiente considerare il caso del deposito scorie di Scandicci per capire che le centrali nucleari non si faranno mai. I veti incrociati delle autorità locali e la reazione popolare non lo permetteranno.

    Tuttavia esistono ulteriori motivi che rendono irragionevoli e non convenienti le centrali nucleari.

     

    1) L'Italia non ha più una base industriale né una tecnologia nucleare. La prima dovrebbe essere ricostruita la seconda importata con gravi costi.

     

    2 I costi preventivati dagli esperti pro nucleare sono altamente ottimistici. I sette anni dichiarati per la loro costruzione non sono realistici. La centrale nucleare francese in costruzione in Finlandia è già in ritardo di 2 anni con gravi costi supplementari. Un recente studio del MIT sostiene che i tempi effettivi di costruzione sono di 109 mesi senza contare le autorizzazioni.

    In un paese come l'Italia paralizzata da ritardi cronici, burocrazia, veti incrociati, interessi lobbistici, i tempi e quindi i costi sono destinati a gonfiarsi a dismisura. Tutto sarebbe ovviamente a spese del debito pubblico o del cittadino.

     

    3) Da numerosi studi è emerso che i costi di chiusura delle centrali nucleari (decomissioning) non è valutabile con precisione e rischia di essere molto più salato del previsto. Per ora la Francia rinvia il problema dilatando il periodo di servizio da 30 a 40 anni e forse addirittura a 60 anni. Uno studio della British Nuclear Decommissiong Authority ha nel 2006 valutato in £. 70 mld (105 mld euro) il costo per la chiusura delle centrali nucleari inglesi. (*)

     

    4) Poco chiari sono anche i costi della gestione delle scorie nucleari, senza contare i rischi.

     

    5) I tempi lunghissimi di costruzione implicano costi elevati in termini di anticipo di capitali che verrebbero ripagati molti decenni dopo.

     

    6) Il materiale fissile non è illimitato né una fonte di energia rinnovabile.

     

    7) Le fonti alternative, eolico e solare in primis, stanno diventando sempre più competitive. La società Nanosolar in California è già in grado di creare celle fotovoltaiche a meno di 1 $ per watt mentre il settore non ha ancora beneficiato delle economie di scala né di tutti i progressi tecnologici sviluppati in laboratorio.

     

    La volontà del ministro di riproporre le centrali nucleari sembra rispondere a una logica di centralizzazione e rafforzamento del controllo politico sulla produzione dell'energia elettrica e non ad una politica innovatrice che gioverebbe a molte piccole aziende emergenti locali nella tecnologia avanzata e nell'installazione.

     

    Mailing list Ecologia dell'associazione PeaceLink.

     

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    DAVANTI A CENTRALE MONTALTO CASTRO

    NASCE COMITATO ANTI-ATOMO

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    (ASCA) - Firenze, 6 giu - Un'alleanza per lanciare le energie rinnovabili come alternativa a un programma nucleare italiano.

     

    Oggi davanti alla Centrale elettrica di Montalto di Castro (Vt) si e' costituito il Comitato anti-atomo lanciato dai Consiglieri regionali dei Verdi di Toscana e Lazio Fabio Roggiolani ed Enrico Fontana. Hanno aderito, spiega una nota, molte personalita' dei Verdi, gli attori Jacopo e Dario Fo, Franca Rame, esponenti dell'ambientalismo quali Nicola Caracciolo, Vittorio Emiliani, Alberto Asor Rosa, Beppe Croce, Vincenzo Ferrara, esponenti del mondo politico come il Senatore Pancho Pardi, imprenditori e politici locali. ''Oggi parte il cammino del sole, della speranza: un cammino - ha spiegato Roggiolani - per spiegare che le energie rinnovabili, tutte nessuna esclusa, sono gia' in condizione di produrre tutta l'energia di cui il paese ha bisogno. Le rinnovabili sono la ricchezza, l'occupazione e la liberta' energetica, mentre il nucleare e' la paura, lo spreco di risorse nazionale e l'energia dei monopoli. Con il nucleare non solo ci giochiamo pezzi interi del pianeta che mai!

    essere umano potra' piu' calpestare, com'e' accaduto a Chernobyl, ma ci giochiamo anche la speranza di un'economia positiva per tutti''.

     

    L'auspicio del nuovo organismo, ha concluso Roggiolani, e' che entro luglio ci sia un comitato per il 'No' al nucleare e per il 'Si'' alle rinnovabili in ogni comune italiano.

     

    Mailing list Ecologia dell'associazione PeaceLink.

     

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    Nucleare? No grazie.

    Le associazioni ambientaliste spiegano il perché in un dossier

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    Tratto da: helpconsumatori.it Pubblicato il 04 Giu 2008

    Nucleare? No grazie. Per fermare la febbre del pianeta e ridurre la bolletta energetica italiana la soluzione "più immediata, economica e sostenibile è fondata sul risparmio, sull'efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili". E' quanto hanno affermato Greenpeace, Legambiente e WWF questa mattina a Roma presentando le ragioni della loro contrarietà all'atomo, in una conferenza stampa.

    Secondo le tre associazioni ambientaliste non è vero che il nucleare costa poco. Gran parte del costo dell'elettricità da nucleare è infatti legato al costo di investimento per la progettazione e realizzazione delle centrali, che è almeno doppio di quanto ufficialmente dichiarato, e richiede tempi di ritorno di circa 20 anni. Se a questo si considerano anche i costi di smaltimento delle scorie e di decommissioning degli impianti i costi diventano addirittura poco calcolabili. In una nota stampa le associazioni sottolineano che "dove il kWh da nucleare costa apparentemente poco è perché lo Stato si fa carico dei costi per lo smaltimento definitivo delle scorie e per lo smantellamento delle centrali. E sono proprio queste spese ad aver scoraggiato gli investimenti privati negli ultimi decenni".

    Inoltre, il nucleare in Italia non consentirebbe di ridurre la bolletta energetica. Le associazioni spiegano questo punto sulla base delle ultime stime del DOE statunitense che rilevano come il costo industriale dell'elettricità da nucleare da nuovi impianti sia più alto rispetto alle fonti tradizionali. Tra costo industriale e sussidi per sostenere il nucleare il costo raggiunge circa gli 80 dollari al MWh. "Per renderlo un pezzo consistente - spiegano le associazioni - della produzione energetica nazionale occorrerebbe costruire da zero tutta la filiera, con un immenso esborso di risorse pubbliche. Servirebbero almeno 10 centrali, per un totale di 10-15mila MW di potenza installata, e tra i 30 e i 50 miliardi di euro di investimenti (con il forte rischio di sottrarre risorse allo sviluppo delle rinnovabili e dell'efficienza energetica), senza dimenticare gli impianti di produzione del combustibile e il deposito per lo smaltimento delle scorie".

    Greenpeace, Legambiente e WWF affermano che il nucleare non solo "non è la risposta ai cambiamenti climatici e ma che oggi ancora non è sicuro". "Scegliere l'opzione nucleare significherebbe mettere una pietra tombale su qualsiasi prospettiva di riduzione delle emissioni di CO2". Sulla sicurezza degli impianti ancora oggi, a oltre 22 anni dall'incidente di Chernobyl, non esistono garanzie per l'eliminazione del rischio di incidente nucleare e la conseguente contaminazione radioattiva. Nella migliore delle ipotesi discusse a livello internazionale, con esiti positivi di tutti i possibili sviluppi tecnologici attualmente in fase di ricerca, si parla del 2030 per vedere in attività la prima centrale di quarta generazione.

    Infine, "non esistono ad oggi soluzioni concrete al problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi derivanti dall'attività degli impianti o dalla loro dismissione. Le circa 250mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi prodotte finora nel mondo sono tutte in attesa di essere conferite in siti di smaltimento definitivi. Lo stesso vale ovviamente anche per il nostro Paese che conta secondo l'inventario curato da Apat circa 25mila m3 di rifiuti radioattivi, 250 tonnellate di combustibile irraggiato, a cui vanno sommati i circa 1.500 m3 di rifiuti prodotti annualmente da ricerca, medicina e industria e i circa 80¬90mila m3 di rifiuti che deriverebbero dallo smantellamento delle nostre 4 centrali e degli impianti del ciclo del combustibile".

    Questo articolo è stato inviato da CriticaMente http://www.criticamente.it/

     

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    Il nucleare di IV° generazione:

    "non ha sicurezza intrinseca"

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    Tratto da:Greenreport.it

    Al quartier generale di Edison sembra stiano scaldando i motori per ripartire con l'energia nucleare in Italia. Forti anche di una campagna elettorale in cui il ritorno dell'energia dall'atomo nel nostro paese, che l'aveva bandita con un referendum vent'anni fa, sembrerebbe quasi una necessità irrinunciabile, si stanno già facendo ipotesi di quattro o cinque centrali da costruire (non si sa bene dove) nei prossimi dieci anni [Lucia Venturi, greenreport.it].

     

    Questo il tempo necessario secondo Umberto Quadrino, amministratore delegato di Edison, per costruirne una ex novo perché ai cinque anni necessari per la realizzazione tecnica ne andrebbero aggiunti almeno altrettanti per la ricerca del sito (e del consenso) e per le autorizzazioni.

    Sulle caratteristiche di queste centrali, i reattori sarebbero di terza generazione, dato che per la quarta le ricerche sono ancora in corso, per il problema delle scorie andrebbe individuato il sito (e ancora non è stato identificato quello per stoccare quanto residua dalla stagione nucleare chiusa vent'anni fa) o potrebbe essere risolto portandole all'estero (dove non è dato sapere); mentre per i finanziamenti, niente incentivi dallo Stato, fanno sapere da Edison, sarà il mercato a pagare. L'importante è che vi sia «una forte leadership politica e un consenso bipartisan» dice Quadrino.

    Anche se, come ha dichiarato Christopher Crane, presidente della Exelon, una delle principali imprese elettriche Usa, dove con i forti incentivi previsti negli Usa dal Bill Energy Act di Bush si prevede l'installazione di due nuovi impianti nel prossimo decennio, «nessuno potrebbe costruire impianti nucleari in assenza di garanzie sui prestiti e senza quegli incentivi i nuovi impianti forse non sarebbero sulla rampa di lancio».

    A ricordarci questa frase è Massimo Scalia, fisico e docente all'Università La Sapienza di Roma, che pare piuttosto scettico nei confronti della candidatura di Edison a costruire almeno cinque centrali nucleari nel nostro paese.

    «Non sappiamo se Edison sia titolata più di altri a importare tecnologia nucleare, ma c'è comunque un problema di fondo su cui si continua a fare confusione, anche nei programmi dei due principali partiti. Si parla cioè di quarta generazione come quella che potrà fornire la tanto sperata sicurezza intrinseca, ma le cose non stanno così».

    Ci spieghi meglio.

    «La ricerca che si sta portando avanti attualmente nel consorzio generation four, riguarda la messa a punto di reattori autofertilizzanti veloci (fast breeders) che hanno tra le loro caratteristiche quella di utilizzare neutroni veloci, cioè ad energia più elevata e quindi con maggior probabilità di interagire con l'Uranio 238 e la capacità di produrre plutonio in maniera tale da renderlo utilizzabile in una trasformazione energetica successiva. Per questo si dicono autofertilizzanti, perché riducono il problema dell'approvvigionamento di uranio. Di questo tipo è ad esempio il Superphenix francese, ma questi reattori hanno però anche un´altra caratteristica, che è quella di non poter utilizzare acqua come raffreddante, come negli altri reattori, perché rallenterebbe i neutroni. Si usa allora sodio liquido, che esplode sia a contatto con l'aria che con l'acqua e quindi è un circuito molto più complesso da gestire e comporta problemi non indifferenti in termini di sicurezza. Quindi un reattore di cosiddetta quarta generazione ha il problema di essere plutonigeno, che se è vero che può ridurre il problema dell'approvvigionamento di combustibile è anche vero che in termini di sicurezza non è proprio da sottovalutare, dato che il plutonio oltre che per fare energia si usa anche per costruire le bombe. L'altro problema è quello di utilizzare il circuito del sodio liquido che è assai pericoloso. Per questo è del tutto sbagliato parlare di quarta generazione intendendo reattori a sicurezza intrinseca. La quarta generazione attiene infatti ad elementi di natura esclusivamente ingegneristica, mentre per la sicurezza intrinseca serve una ricerca di base».

    Ci spieghi meglio allora cosa si intende per sicurezza intrinseca.

    «Sicurezza intrinseca non significa aumentare i livelli e i punti di controllo in un reattore, ma mettere a punto reattori in grado di spegnersi automaticamente nel momento in cui si arriva al cosiddetto incidente tipico di riferimento, quando si raggiungono cioè condizioni di perdita del liquido refrigerante. Per ottenere questo è necessario cambiare la fisica di reattori e per farlo serve ricerca. Non mi risulta che all'interno del consorzio generation four esistano significative prestazioni di ricerca sulla sicurezza intrinseca».

    C'è poi comunque anche il tema delle scorie, non si sa ancora come trattarle in sicurezza.

    «Sì ed è da sottolineare il fatto che mentre si ha la pretesa di dire che il problema è praticamente risolto non meno di tre anni fa si davano miliardi di euro da parte di Europa, Usa e Giappone per finanziare sistemi di incenerimento delle scorie. Se il problema fosse davvero risolto, perché continuare ad investire così tanto in queste ricerche?»



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    Dov'è la sicurezza del nucleare?

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    Tratto da: Qualenergia.it

    L'incidente alla centrale termonucleare di Krsko, in Slovenia, probabilmente sotto controllo, ripropone tutte le criticità di questa tecnologia. Gravi le carenze dell'impianto sloveno. In questi giorni abbiamo affrontato il tema del ritorno nucleare in Italia sottolineando soprattutto l'anti-economicità di un simile progetto. Solo marginalmente abbiamo toccato la questione relativa alla sicurezza delle centrali, anche se non abbiamo mai evitato di sottolineare l'intrinseca insicurezza di questi impianti così come dei probabili rilasci di radiazioni in condizioni di routine di cui poco si parla.

     

    L'incidente capitato ieri alla centrale termonucleare di Krsko, in Slovenia, a circa 130 km da Trieste, non ha fatto altro che riemergere la pericolosità dell'atomo. L'incidente pare sia stato causato, come ha dichiarato la Nuklearna Elektrarna Krsko, società che gestisce la centrale, da una fuoriuscita di liquido nel circuito di raffreddamento primario dell'impianto. La centrale, della potenza di 632 MW, è stata fermata a titolo precauzionale e per le opportune riparazioni. Non sembra comunque sia stata riscontrata alcuna fuga radioattiva.

     

    Come riporta anche Carta e La Repubblica, sul sito di Greenaction Transnational, un'organizzazione transnazionale indipendente, si legge che la centrale nucleare di Krsko rappresenta uno dei maggiori rischi per la sicurezza dell'Italia settentrionale, dell'Austria meridionale (Carinzia), della Slovenia e della Croazia.

    Il reattore Westinghouse pare che fin dall'inizio dell'attività (iniziata nel 1983 con 5 anni di ritardo sui tempi previsti a causa di problemi tecnici) abbia registrato numerosi problemi. In seguito, nel 1993, una Commissione Internazionale, nominata su pressioni di Austria e Italia al fine di verificare gli standard di sicurezza della centrale, emanò 74 raccomandazioni sui cambiamenti tecnici e procedurali necessari per adeguare l'impianto alle più severe normative dell'Unione Europea.

     

    Secondo questa fonte "uno dei principali problemi dell'impianto è costituito dalle incrinature dei generatori di vapore che determinano perdite, con fuoriuscita di radionuclidi che vengono dispersi nell'atmosfera; un problema che pare si presenti in tutte le centrali che utilizzano il reattore Westinghouse. Per cercare di tamponare questo grave inconveniente, nella primavera del 2000 vennero installati due nuovi generatori in seguito ad un accordo con il consorzio Siemens/Framatome".

    Greenaction Transnational ricorda che "dopo questo intervento venne approvato un aumento della potenza di 45 MW con i conseguenti rischi di sovrasfruttamento del reattore e senza che i problemi dei generatori fossero stati definitivamente risolti".

     

    Altro problema per la sicurezza della centrale slovena riguarda il rischio sismico. "Il sito di Krsko - si legge sul sito - è uno dei meno adatti per una centrale nucleare vista la presenza di faglie". L'incertezza sul rischio sismico è rimasta insoluta negli anni, poiché anche lo studio finanziato dall'Unione Europea in vista dell'ingresso della Slovenia era di portata limitata: utilizzava infatti un solo metodo di indagine (sismica a riflessione), arrivava solo a una profondità di 3.000 metri, prendeva in considerazione un'area di soli 10 km e non si estendeva oltre i confini della Slovenia. Dalle rilevazione fatte, la centrale di Krsko non sarebbe in grado di resistere ad un terremoto molto forte, cioè superiore ai 5,7 gradi della scala Richter e si sa che la faglia che passa vicino alla centrale nucleare è all'origine di terremoti che ciclicamente colpiscono l'area e che hanno completamente distrutto Lubiana due volte negli ultimi 500 anni (1511 e 1895).

     

    Secondo Greenaction Transnational, la Slovenia non ha ancora una destinazione finale per le scorie nucleari, ma solo due siti di stoccaggio temporaneo.

    L'associazione fa inoltre sapere che il governo sloveno sta valutando la possibilità di ampliare la centrale sostituendo il vecchio reattore che esaurirà la sua vita operativa entro il 2030, con uno nuovo di potenza di almeno 1.000 MW e apparterebbe esclusivamente alla Slovenia, mentre l'attuale impianto essendo un'eredità della Jugoslavia è stata divisa tra Slovenia e Croazia.

     

    Greenpeace fa sapere che dal 1990 ad oggi in tutto il mondo si sono verificati nelle centrali nucleari circa 30 incidenti rilevanti. L'ultimo in ordine di tempo, quello di aprile 2008 ad Asco, in Spagna.

     

    5 giugno 2008 Mailing list Ecologia dell'associazione PeaceLink.

     

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    INCIDENTE ALLA CENTRALE NUCLEARE DI KRSKO

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    di Alessandro Vuan

    La centrale nucleare di Krsko rappresenta uno dei maggiori rischi per la sicurezza dell'Italia settentrionale, dell'Austria meridionale (Carinzia), della Slovenia e della Croazia.
    La centrale di Krsko ha in funzione un reattore Westinghouse da 632 MW che fin dall'inizio dell'attività (iniziata nel 1983 con 5 anni di ritardo sui tempi previsti causa problemi tecnici) ha manifestato numerosi problemi. Una Commissione Internazionale nominata, su pressioni di Austria ed Italia, per verificare gli standard di sicurezza della centrale già nel 1993 espresse 74 raccomandazioni sui cambiamenti tecnici e procedurali necessari per adeguare l'impianto alle più severe normative dell'UE. Uno dei principali problemi dell'impianto è costituito dalle incrinature dei generatori di vapore che determinano perdite (con fuoriuscita di radionuclidi che vengono dispersi nell'atmosfera); questo problema è d'altronde noto presentandosi in tutte le centrali che utilizzano il reattore Westinghouse. Per cercare di tamponare questo grave inconveniente, nella primavera del 2000 vennero installati due nuovi generatori dalla NEK in seguito ad un'accordo sottoscritto con il consorzio Siemens/Framatome. Il costo di tale intervento fu di 205 milioni di marchi.
    Dopo questo intervento venne approvato un aumento della produzione del 6% (45 MW) con i conseguenti rischi di sovrasfruttamento del reattore e senza che i problemi dei generatori fossero stati definitivamente risolti. Attualmente la centrale ha una produzione superiore ai 700 MW.
    Altro problema per la sicurezza della centrale riguarda il rischio sismico. Il sito di Krsko è infatti uno dei meno adatti per localizzarvi una centrale nucleare vista la presenza di faglie (cancellate nello studio geologico prodotto per il progetto). L'incertezza sul rischio sismico è rimasta insoluta negli anni, poichè anche lo studio finanziato dall'Unione Europea in vista dell'ingresso della Slovenia era di portata limitata; infatti esso utilizzava un solo metodo di indagine (sismica a riflessione), arrivava solo a una profondità di 3000 metri, prendeva in considerazione un'area di soli 10 Km e non si estendeva oltre i confini della Slovenia.
    I primi risultati dello studio sono disponibili dall'autunno del 2000, ma non sono stati resi pubblici. E' comunque evidente che, secondo il progetto originale, Krsko non sarebbe in grado di resistere ad un terremoto molto forte. La faglia che passa vicino alla centrale nucleare è all'origine dei disastrosi terremoti che ciclicamente colpiscono l'area e che hanno completamente distrutto Lubjiana due volte negli ultimi 500 anni (1511 e 1895).
    Altro grave problema per la sicurezza è quello relativo allo smaltimento delle scorie radioattive. La Slovenia non ha una destinazione finale per i rifiuti nucleari, ma solo due siti di stoccaggio temporaneo, e la questione di una soluzione definitiva per i rifiuti prodotti nella fase operativa e dallo smantellamento (previsto dopo il 2024) è stata differita al termine del funzionamento dell'impianto.
    Dopo l'ingresso nell'UE la Slovenia avrebbe dovuto trovare una soluzione definitiva per lo smaltimento dei rifiuti nucleari (problema irrisolto), migliorare la sicurezza generale dell'impianto e garantire uno status indipendente all'Autorità di sicurezza nucleare.
    La centrale nucleare di Krsko è tra quelle a maggiore rischio esistenti nei paesi dell'est europa entrati o in procinto di entrare nell'Unione Europea. Questo l'elenco degli impianti ad alto rischio di incidenti: Kozlodui 1 - 4, Kozlodui 5 - 6 (Bulgaria), Ignalina 1 - 2 (Lituania), Dukovany 1 - 4, Temelin (Rep. Ceca), Cernavoda 1 (Romania), Bohunice 1 - 2, Bohunice 3 - 4, Mochovce 1 - 2 (Slovacchia), Krsko (Slovenia), Paks (Ungheria). La centrale di Krsko è tra queste quella con le maggiori probabilità di incidente catastrofico.
    Nonostante questa situazione tuttaltro che tranquillizzante il governo sloveno sta valutando la possibilità di ampliare la centrale sostituendo il vecchio reattore che esaurirà la sua vita operativa entro il 2030, con uno nuovo di potenza di almeno 1.000 Mw. Krsko 2 avrebbe il vantaggio di appartenere esclusivamente alla Slovenia (la vecchia centrale è un'eredità della vecchia Jugoslavia ed è stata divisa tra Slovenia e Croazia) senza quindi gli attuali condizionamenti sulla fornitura di energia previsti dagli attuali accordi con la Croazia.


    LE CONSEGUENZE IN CASO DI INCIDENTE RILEVANTE ALLA CENTRALE DI KRSKO
    (LIVELLO 7 DELLA SCALA INTERNAZIONALE DEGLI EVENTI NUCLEARI - INES)

    Escludendo gli incidenti di bassa intensità, che avvengono purtroppo con una frequenza elevata nella centrale a causa di una progettazione difettosa (ricordiamo i gravi problemi ai generatori di vapore con dispersione di radionuclidi nell'atmosfera) ci occuperemo del rischio di incidente catastrofico determinato da un sisma di magnitudo pari a 9 gradi della scala Mercalli Siebert. La centrale non risulta infatti secondo gli standard di sicurezza europei e statunitensi essere in grado di sopportare un terremoto di tale intensità. Il rischio di una reazione nucleare a catena (tipo Chernobyl) con surriscaldamento del nocciolo del reattore sarebbe quindi elevato con conseguente dispersione nell'atmosfera di ingenti quantitativi di gas e materiali radioattivi (aerosol di combustibili - uranio e plutonio - e prodotti di fissione quali iodio 131, stronzio 90, cesio 137) che, a seconda dell'altezza raggiunta (in caso di esplosione del nucleo del reattore i radionuclidi arriverebbero a qualche Km di altezza) e delle condizioni metereologiche ricadrebbero su un territorio di vaste dimensioni abbracciante oltre che la Slovenia e parte della Croazia, l'Italia settentrionale e centrale (in particolare sarebbe fortemente colpito il Triveneto) e l'Austria meridionale (Carinzia). Le città maggiormente esposte sarebbero Lubiana, Zagabria, Klagenfurt, Villach, Graz, Trieste, Gorizia, Udine, Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona.
    Si possono individuare le seguenti fasce di esposizione (si definisce di seguito la dose assorbita espressa in Gray e si prendono in considerazione solo le zone che sarebbero interessate da una ricaduta di radionuclidi con dirette conseguenze sulla popolazione):
    - entro i 150 Km dalla centrale con esposizioni comprese tra 10 e 50 Gy (Lubiana, Zagabria, Pola, Fiume, Trieste, Gorizia, Klagenfurt, Villach, Graz). In particolare Trieste in caso di venti forti da nord - est (bora) verrebbe investita dalla nube radioattiva entro due ore dall'incidente.
    - tra i 150 e i 250 Km con esposizioni comprese tra 5 e 10 Gy (Udine, Pordenone, Pola, Venezia, Treviso, Belluno).

    - tra i 250 e i 400 Km con esposizioni comprese tra 2 e 5 Gy (Padova, Vicenza, Verona, Rovigo, Ferrara, Mantova, Brescia, Trento, Bolzano, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Ravenna, Rimini, Forlì, Ancona, Firenze Salisburgo, Innsbruck, Monaco).
    - tra i 400 e i 500 Km con esposizioni comprese tra 0,5 e 2 Gy (Milano, Bergamo, Piacenza, Pavia, Cremona, Sondrio).
    Complessivamente, da un incidente catastrofico alla centrale di Krsko, verrebbero colpite circa 30 milioni di persone di cui circa 5 milioni a rischio di vita.
    I valori di dose radioattiva sono calcolati prendendo a riferimento l'unico incidente di questo tipo verificatosi, ovvero quello di Chernobyl.
    Le zone interessate dal Fall - Out radioattivo sono indicative in quanto sulla reale esposizione sono determinanti le condizioni metereologiche al momento dell'incidente.


    LE MISURE DI PREVENZIONE IN ITALIA

    Difronte ad una situazione così grave, quali sono le misure di prevenzione messe in atto in Italia (ovvero il paese che verrebbe maggiormente colpito dalla catastrofe nucleare)? La risposta è purtroppo sconfortante: nessuna!
    Esaminiamo ora il caso della regione Friuli Venezia Giulia, direttamente confinante con la Slovenia e che per prima ed in maniera più pesante dovrebbe subire le tragiche conseguenze del fall - out radioattivo. In base al Decreto Legislativo n° 230 del 17 marzo 1995, modificato ed integrato dal D.Lgs 241/2000, in attuazione delle Direttive 89/618/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, lo Stato deve provvedere alla tutela della popolazione potenzialmente esposta a eventi incidentali negli impianti nucleari tramite la realizzazione di Piani di emergenza (art. 115). I piani di emergenza devono essere realizzati oltre che per gli impianti esistenti sul territorio nazionale, anche per aree con rischio di incidenti nucleari :
    a) in impianti al di fuori del territorio nazionale;
    b) in navi a propulsione nucleare in aree portuali;
    c) nel corso di trasporto di materie radioattive;
    d) che non siano preventivamente correlabili con alcuna specifica area del territorio nazionale.
    Parte fondamentale dei Piani di emergenza è la campagna di informazione della popolazione che, come stabilito dall'art. 129 è obbligatoria; le informazioni devono essere sempre accessibili al pubblico e devono essere fornite senza che la popolazione debba richiederle.
    L'art.. 130 prevede che la popolazione venga regolarmente informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in caso di emergenza nucleare.
    L'informazione deve comprendere almeno i seguenti elementi:
    a) natura e caratteristiche della radioattività e suoi effetti sulle persone e sull'ambiente;
    b) casi di emergenza radiologica presi in considerazione e relative conseguenze per la popolazione e l'ambiente;
    c) comportamento da adottare in tali eventualità;
    d) autorità ed enti responsabili degli interventi e misure urgenti previste per informare, avvertire, proteggere e soccorrere la popolazione in caso di emergenza radiologica.
    Responsabile dell'attuazione dei dispositivi dei Piani di emergenza e dell'informativa alla popolazione previsti dalla Legge è il Prefetto che si avvale di un Comitato del quale fanno parte i rappresentanti delle forze dell'ordine, dei Vigili del Fuoco, del Servizio Sanitario Nazionale, del Genio Civile, dell'Esercito, della Marina, dell'ANPA, degli Enti locali (Regione, Provincie, Comuni). La Direzione Civile Nazionale (Presidenza del Consiglio dei Ministri) deve essere costantemente aggiornata dei Piani di emergenza locali per potere coordinare un'emergenza di vasta scala che coinvolga più regioni. Nella regione Friuli Venezia Giulia (ma lo stesso vale per le altre regioni Italiane che verrebbero coinvolte in caso di incidente a Krsko) il D.Lgs n. 230 del 17 marzo 1995 viene completamente disatteso non venendo attuata quella che è la base di qualsiasi seria campagna di prevenzione ovvero l'informazione e l'addestramento della popolazione all'emergenza nucleare. I piani di emergenza vengono gelosamente custoditi nei cassetti, forse nella speranza che mai si verifichi un serio incidente.

    Le conseguenze della mancata campagna di prevenzione sarebbero gravissime in caso di fall - out radioattivo. La popolazione impreparata ad affrontare l'emergenza sarebbe presto preda del panico con risultati disastrosi. Riferendosi solo alla città di Trieste, la più vicina a Krsko, si pensi che, la nube radioattiva potrebbe raggiungere la città in sole due ore dall'incidente nel caso in cui vo fossero forti correnti da nord est (bora). I tempi di reazione dovrebbero essere rapidissimi e ogni cittadino dovrebbe sapere cosa fare senza attendere improbabili comunicazioni da parte degli Enti pubblici (se l'incidente capitasse di notte come si riuscirebbe ad avvisare la popolazione?).


    LE STRUTTURE PER GESTIRE L'EMERGENZA

    In caso di incidente nucleare dovrebbero essere impiegati i reparti operativi specializzati della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco, delle forze dell'Ordine (Carabinieri, Polizia), dell'Esercito e della Marina. Questi reparti avrebbero il compito di verificare il livello di inquinamento radioattivo e garantire alla popolazione gli approvigionamenti necessari, i trasporti ai centri di decontaminazione, nonchè di organizzare l'evacuazione nei centri di raccolta al di fuori dell'area di rischio. Solo nel caso della provincia di Trieste si tratterebbe di gestire circa 250.000 persone in un'ambiente fortemente contaminato. A causa della contaminazione, la popolazione non potrebbe utilizzare l'acqua degli acquedotti e la maggior parte delle riserve alimentari presenti nell'area contaminata (l'assunzione di alimenti contaminati determina delle conseguenze irreversibili). Per espletare quest'opera immane non sarebbero sufficenti i circa 8.000 volontari della Protezione Civile regionale, che oltretutto non hanno una preparazione valida per affrontare tali emergenze (si consideri che a Trieste la Protezione Civile Comunale non è nemmeno operativa!), e le poche centinaia di uomini messi a disposizione dalle forze dell'ordine e dalla forze armate. La dotazione di questi reparti, in materia di inquinamento radioattivo inoltre è largamente incompleta; mancano le tute NBC e le maschere antigas (con gli opportuni filtri), i rilevatori di radiazioni , , , i dosimetri personali (che consentono di vedere quante radiazioni si stanno assorbendo e quindi permettono di non superare la soglia di rischio), i contatori geiger. Si renderebbe quindi impossibile utilizzare tutti i reparti allertati, vuoi per impreparazione del personale, vuoi per mancanza di attrezzature.
    Analogo discorso per le strutture sanitarie, dovrebbero essere attrezzate i centri di decontaminazione in cui dovrebbero essere accolte le persone contaminate (che dovrebbero essere curate in sale predisposte appositamente in cui si dovrebbe procedere al lavaggio dei pazienti) che dovrebbero essere, nei casi più gravi ospedalizzate e curate con iodoprofilassi. Il personale sanitario, trattando le persone irradiate, è sempre a rischio di contaminazione (rilascio di liquidi corporei, ferite dei pazienti con perdite di sangue, vomito, feci, urine) e senza la possibilità di sostituzione.
    Si consideri che nelle prime fasi di un'incidente nucleare rilevante la popolazione, senza avere potuto avere una campagna di informazione per ridurre i rischi di esposizione, verrebbe pesantemente contaminata rendendo necessari i ricoveri (solo nel caso di Trieste) di decine di migliaia di persone. Le strutture sanitarie non sono attrezzate per gestire una tale massa di pazienti (può essere garantita al massimo l'assistenza a poche centinaia di persone) necessitanti oltretutto di cure specialistiche estremamente complesse e di lunga durata. Tutto questo si verificherebbe inoltre in un'arco di tempo limitatatissimo di poche ore (gli interventi di decontaminazione devono essere realizzati rapidamente nelle prime ore in cui il paziente è stato irradiato per avere qualche speranza di successo).

    LA MANCANZA DELLA CAMPAGNA DI INFORMAZIONE PREVENTIVA

    Ecco perchè, difronte ad uno scenario di questo tipo, che porterebbe ad una catastrofe di proporzioni enormi, è assolutamente necessario procedere ad una seria campagna informativa della popolazione attuando semplicemente quanto previsto dalle leggi esistenti. Per ridurre in maniera esponenziale il numero delle vittime di un deprecabile incidente nucleare catastrofico, basterebbe informare i cittadini in particolare su come:
    - isolarsi nelle unità abitative sigillandole anche con materiale di fortuna (sigillare le finestre con teli di plastica)
    - evitare l'assunzione di cibo e liquidi contaminati (quindi niente acqua di rubinetto e verifica della radioattività dei cibi)
    - rivolgersi agli Enti preposti (specificare quali) a gestire l'emergenza nucleare (dovrebbero essere subito resi noti i numeri telefonici dei centri operativi che dovrebbero assistere i cittadini).
    Dovrebbero essere comunicate ai cittadini quali sono le strutture antiatomiche (gallerie, grotte ecc.) esistenti nella propria città e le modalità di accesso alle stesse. Dovrebbero essere inoltre resi noti quali sono i centri di raccolta previsti per l'evacuzione della popolazione (altrimenti in caso di emergenza si genererebbe il caos) e quali sono le procedure di evacuazione previste.
    Dovrebbero essere forniti, non solo alle unità operative di emergenza, strumenti di misura delle radiazioni (ad esempio ai gruppi già attivi nel settore - vedasi associazioni di volontariato che operino nel settore ambientale o sociale) per consentire un efficace controllo delle esposizioni a livello territoriale. Tutto il personale coinvolto dovrebbe essere regolarmente addestrato all'utilizzo delle apparecchiature.

    Le maggiori responsabilità della mancata campagna di informazione preventiva e dell'addestramento della popolazione in caso di emergenza radioattiva sono sicuramente da ascrivere a carico della Direzione Nazionale della Protezione Civile (Dipartimento della Presidenza del Consiglio) che, dovrebbe provvedere a verificare in tutte le regioni italiane:
    1) l'esistenza dei piani di emergenza
    2) la loro applicabilità
    3) le campagne di informazione della popolazione condotte a livello locale
    4) la reale preparazione dei reparti assegnati alle emergenze nucleari.
    La Direzione Nazionale dovrebbe inoltre fornire, alle autorità locali, tutto il materiale informativo da distribuire alla popolazione ed anche i kit di emergenza da consegnare ad ogni famiglia nelle zone a rischio (quelle in cui esistono i piani di emergenza). I kit dovrebbero contenere:
    1) 1 Dosimetro (per verificare la dose di radiazione assorbita nelle abitazioni e il livello di contaminazione degli alimenti)
    2) Almeno 4 tute protettive (compresi i guanti e gli stivali di gomma) per famiglia (la tute una volta contaminate devono essere buttate)
    3) Teli di plastica in numero sufficente per sigillare le finestre di un'abitazione di 100 m
    4) Almeno 4 maschere antigas per famiglia compresi i filtri.

    Alessandro Vuan
    Address: Dipartimento "Centro di Ricerche Sismologiche"
    Ist. Naz. Oceanografia e Geofisica Sperimentale Borgo Grotta gigante 42c
    34010 Sgonico, Italy

    email: avuan@inogs.it
    phone: +390402140370 fax: +390402140365
    http://www.crs.inogs.it

    dalla Mailing list Economia dell'associazione PeaceLink.

     

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    Guasto in una centrale nucleare tedesca

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    Perdita di pressione giovedi' notte nel Baden- Wuerttenberg

     

    (ANSA) -BERLINO, 6 GIU- Una perdita di pressione si e' verificata nella notte tra giovedi' 5 giugno 2008 e venerdi' 6 giugno, nella centrale nucleare di Philippsburg nel Baden-Wuerttenberg.

     

    Il guasto, si apprende dall'agenzia di stampa tedesca Dpa, avrebbe colpito il contenitore di sicurezza del Blocco I della centrale atomica. 'Le verifiche fatte ci dicono che non c'e' stata alcuna perdita di radioattivita' nell'ambiente', ha detto un portavoce del ministero dell'Ambiente di Stoccarda.

     

    ANSA

    Mailing list Ecologia dell'associazione PeaceLink.

     

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    NUCLEARE: NUOVO INCIDENTE, IN UCRAINA

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    Dall'Unità del 11.06.2008


    Nucleare, nuovo incidente: spento reattore dopo perdita in Ucraina


    Slovenia,Germania e ora Ucraina , i reattori nucleari fanno acqua (altamente radioattiva)

    Un reattore nucleare nell'Ucraina occidentale è stato spento dopo la scoperta di una fuoriuscita di acqua radioattiva, che comunque avrebbe creato danni all'ambiente. Lo rivela un alto funzionario della centrale di Rivna, rimasto anonimo. La notizie viene confermata anche dalla compagnia ucraina del nucleare Energoatom.
    Secondo il funzionario, 1,3 metri cubi di acqua adibita al raffreddamento del reattore sarebbero fuoriusciti a causa di una perdita nelle tubazioni. Energoatom in un comunicato precisa che le perdite «non hanno superato le norme di sicurezza» e che comunque «il reattore è stato spento». «Non è stata registrato alcun aumento della radioattività», si legge nella nota.

    Nonostante l'incubo di Chernobyl aleggi ancora nel Paese, l'Ucraina è fortemente dipendente dall'energia nucleare con oltre la metà del fabbisogno elettrico soddisfatto dal sistema nazionale di centrali.

     

     

     

     

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    GIAPPONE: PERDITA ACQUA RADIOATTIVA DA IMPIANTO NUCLEARE DOPO TERREMOTO

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    Tokio, 14 giu. - (Adnkronos/Dpa) - Una perdita di acqua radioattiva e' stata scoperta nella centrale nucleare giapponese di Fukushima in seguito alla potente scossa di terremoto che questa mattina ha colpito il nord Paese. L'acqua e' fuoriuscita da due bacini in cui viene immagazzinato il combustibile usato nel reattore gestito dalla Tokio Electric Power Co. I responsabili dell'impianto assicurano che non vi e' alcun pericolo per l'ambiente, riporta la BBC. La perdita era stata denunciata dall'Agenzia per la sicurezza degli impianti nucleari e industriali nipponica, precisando che nessun altro danno o perdita e' stato registrato negli altri quattro impianti nucleari che si trovano nella regione colpita. (Ses/Ct/Adnkronos)

    14-GIU-08

     

     

     

     

     

     

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    Deliri nucleari

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    di Marco Cedolin - 24/05/2008

    Fonte: Cedolin Marco Blog [scheda fonte]

    La classe dirigente italiana continua a mostrare limiti sempre più evidenti che prendono corpo in questi primi giorni di governo Berlusconi, durante i quali il nuovo esecutivo sta tentando in maniera molto maldestra di dipingersi addosso un'immagine di modernità ed innovazione assolutamente inesistente, specialmente in ciò che il governo si propone di "creare" nell'ambito dell'energia e dei rifiuti.

    La costruzione "a pioggia" di nuovi inceneritori (in Campania sono già diventati quattro) in mancanza di qualunque strategia concernente la creazione di un circolo virtuoso dei rifiuti, lascia semplicemente basiti, in quanto nulla risulta essere più anacronistico dell'incenerimento del pattume e basterebbe gettare una rapida occhiata verso gli altri Paesi, non solo europei, per rendersi conto che siamo rimasti gli unici a destinare ogni risorsa disponibile verso una tecnologia nella quale all'interno dei paesi "sviluppati" ormai più nessuno crede.

    All'insana passione per la pratica dell'incenerimento, nuova come potrebbe esserlo un dinosauro, sta affiancandosi in questi giorni anche una martellante ed ossessiva campagna in favore del ritorno delle centrali nucleari, bandite dal nostro Paese nel 1987 grazie al risultato di un referendum.
    L'armata Berlusconi, che ancora dovrebbe spiegare agli italiani cosa intenderà fare delle tonnellate di rifiuti radioattivi attualmente stipati in depositi di fortuna, come quello di Saluggia, dove inquinano le falde acquifere e migrano regolarmente nell'ambiente, sta tentando in ogni modo di riportare l'Italia sulla via dell'atomo, spacciando la scelta nucleare come un qualcosa di nuovo e moderno.
    Non esistono elementi di novità nella scelta atomica, così come negli inceneritori, anche se si tentano giochi di prestigio sintattici definendoli nucleare di "nuova generazione" e "termovalorizzatori", così come non esiste novità nella banda di governo che pretenderebbe di "rialzare l'Italia" mentre non riesce neppure a rialzare gli occhi da terra per volgere lo sguardo verso i Paesi che le stanno attorno. Quasi tutti i Paesi "sviluppati" con l'eccezione della Francia, del Giappone e pochi altri hanno da tempo smesso d'investire nel nucleare in quanto la gestione (lo smaltimento in quest'ambito non esiste) delle scorie radioattive risulta troppo costosa e pericolosa. Quasi tutti i Paesi "sviluppati" stanno orientando altrove i propri programmi energetici, ma di questo il "nuovo" governo sembra non essersi assolutamente accorto, tanta e tale risulta la limitazione di capacità e d'idee che affligge i componenti del nuovo esecutivo.
    Se lor Signori, come dicono, intendono raccogliere l'eredità del "vecchio nucleare", inizino a parlarci delle scorie di Saluggia e dell'acquedotto del Monferrato che ne raccoglie la radioattività, delle centrali dismesse che nessuna osa demolire perché darebbero origine a nuove scorie che non si saprebbe dove stipare, della realtà incontrovertibile che testimonia come il Gotha della scienza mondiale di fronte al problema delle scorie nucleari si sia da tempo arreso ed abbia abdicato da quello che avrebbe dovuto essere il suo ruolo.
    Inizino a parlarci di queste cose gli illuminati del nuovo governo e soprattutto inizino a guardare anche i paesi che stanno loro intorno, così potranno evitare di continuare a proporre come novità inusitate pratiche che altrove si stanno abbandonando come vecchie, antieconomiche ed ambientalmente insostenibili.

     

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    LA LITANIA DELLE CENTRALI NUCLEARI

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    Marco Cedolin lunedì 9 giugno 2008

    Le scarse capacità, l'assoluta impreparazione e la ridotta lungimiranza della classe dirigente di un Paese, spesso si evincono dalla visione miope che essa ha riguardo alle dinamiche dei problemi esistenti e dei metodi che occorre mettere in atto per ottenere delle soluzioni.
    L'armata Brancaleone tanto telegenica quanto priva di competenza "messa in campo" da Berlusconi, si manifesta in perfetta sintonia con gli "assistiti" di Confindustria sempre pronti a fare libero mercato tramite le sovvenzioni statali e la grande finanza di rapina che nel cemento sguazza da sempre a meraviglia.

    Qualunque persona dotata di buon senso e in possesso di un minimo di competenza non faticherebbe a comprendere che per fare fronte (nel caso si avesse intenzione di provarci) al problema del progressivo esaurimento delle fonti fossili e del rapido deterioramento della biosfera determinato dall'attività umana, esiste una sola strada percorribile con qualche possibilità di successo, e si tratta di una strada da percorrere in "bicicletta" con tecnologie sofisticate ed a basso impatto, non certo a bordo di una betoniera, magari riesumando dal proprio sarcofago fantasmi anacronistici, tanto inutili quanto devastanti, come le centrali nucleari.
    Diminuzione dei consumi energetici, con l'eliminazione di quelli superflui, riduzione delle enormi inefficienze esistenti nel sistema di distribuzione dell'energia e autoproduzione energetica locale per mezzo delle fonti rinnovabili (solare ed eolico su tutte) che vengano consumate e scambiate localmente, fruendo di una rete di distribuzione a maglie strette totalmente differente da quella esistente oggi, sono alcune delle possibilità più concrete praticabili con successo fin da subito anche in Italia.

    Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, dietro al cui operato si colloca un ampio ventaglio d'interessi economici, sta dimostrando di non avere né il buon senso né la competenza per aspirare ad essere credibile quando parla di energia, ma in compenso possiede sia la carica istituzionale che l'attenzione mediatica necessarie per veicolare in Italia ed all'estero un messaggio delirante e privo di costrutto.
    All'indomani della chiusura del G8 sull'energia Scajola ha infatti affermato che il nucleare sarebbe "imprescindibile per avere energia rinnovabile e per salvaguardare l'ambiente", chiedendo a Russia, Francia e Stati Uniti la disponibilità a sostenere il ritorno delle centrali nucleari in Italia e assicurando il ritorno all'atomo nel nostro Paese entro tempi brevi.
    Pur essendomi oscuri i motivi di tanto ottimismo, credo andrebbe ricordato a Scajola che se mai un giorno il nucleare tornerà in Italia ciò potrà avvenire solo con il consenso popolare e non certo per decisione unilaterale di un governo da operetta come quello al quale egli appartiene. Se gli italiani nel 1987 hanno bocciato l'atomo anche sull'onda della tragedia di Chernobyl, oggi lo boccerebbero ben più pesantemente, proprio perché durante i 21 anni trascorsi si è rivelato una pratica fallimentare tanto sotto il profilo economico quanto sotto quello degli impatti ambientali e della pericolosità per la salute. Un fallimento dimostrato inequivocabilmente dal fatto che quasi tutti i paesi maggiormente sviluppati tecnologicamente hanno smesso d'investire in questo senso e una grande parte delle 439 centrali nucleari esistenti nel mondo non verranno sostituite quando a breve smetteranno di essere in esercizio. Un fallimento dimostrato dal fatto che nessun paese al mondo ha la benché minima idea di come gestire le scorie radioattive che verranno lasciate come un'eredità di morte sulle spalle delle future generazioni. Un fallimento dimostrato dal fatto che perfino il più banale incidente all'interno di una centrale atomica, come accaduto a Krsko pochi giorni fa, rischia di essere prodromico di un disastro di proporzioni inenarrabili.

    Per riportare alla ragione un genio incompreso come Scajola è dovuto intervenire perfino il ministro dell'ambiente tedesco Sigmar Gabriel che dopo avere probabilmente pensato - toto erras via, Claudio - gli ha ricordato che l'Italia non sarebbe in grado di avere centrali nucleari funzionanti prima del 2020-2025, "sempre che gli italiani lo vogliano veramente" e gli ha ribadito che "d'altro canto l'energia nucleare è troppo costosa. Il mercato sarà il nostro migliore alleato per uscire dall'opzione nucleare. La migliore soluzione sarebbe investire sull'energia alternativa".

    Pubblicato da marco cedolin a 18.12

     

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    IL NUCLERE DEL FUTURO E TROPPO LENTO E COSTOSO?

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    LIVORNO. Mentre la Francia offre il nucleare di ultima generazione alla Corea del sud, ci pensa Greenpeace a guastare la festa direttamente a Parigi, intervenendo all'assemblea annuale di Areva, il più importante costruttore di centrali nucleari, e colpendo proprio dove più fa male: gli investitori e gli azionisti. Yannick Rousselet, di Greenpeace Francia, li ha avvertiti che «Il nuovo Epr (reattore pressurizzato europeo) di Areva si sta rivelando un incubo come il nucleare più vecchio. Anziché produrre energia a basso costo, sicura e disponibile, è un incubo sia per i costi che per la sicurezza. Contrariamente alle promesse, infatti, i due cantieri degli unici due Epr in costruzione, in Finlandia e Francia, presentano numerosi problemi. Il reattore in costruzione a Olkiluoto in Finlandia ha già due anni di ritardo e i maggiori costi potrebbero aver raggiunto una perdita di 1.5 miliardi di euro. Ha una serie di problemi tecnici che hanno conseguenze sulla sicurezza: la base !

    di cemento è di scarsa qualità, il guscio di contenimento non sufficientemente robusto e ci sono vari problemi legati alla qualità delle saldature in diverse componenti del reattore».

     

    E Greenpeace elenca impietosamente tutte le magagne del nucleare del futuro: contrariamente a quel che si pensa, la costruzione dei due Epr "modello" in Finlandia e Francia incontrano seri problemi. Per il reattore finlandese di Olkiluoto Areva e Siemens hanno già accumulato due anni di ritardo ed i costi hanno già superato la previsione di un miliardo e mezzo di euro che i due colossi industriali stanno cercando di recuperarne almeno in parte, rifacendosi sul loro cliente, la Tvo. Ma il contratto nucleare aveva un prezzo prefissato ed ora la Tvo si sta mangiando le mani a morsi per aver scelto il nucleare invece di investire in fonti rinnovabili ed efficienza, visto che non riesce a raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto e garantire la sicurezza energetica finlandese nei prossimi anni.

     

    In Francia, il tentativo di costruire un Epr sta incontrando difficoltà simili: da quando è iniziata la costruzione in Normandia a Flamaville, alla quale Enel compartecipa al 12,5%, l'Autorità di sicurezza nucleare francese (Asn), ha rilevato seri problemi tecnici: utilizzo di cemento di qualità non adeguata, insufficienti strutture di rinforzo in acciaio alla base del reattore, saldature di cattiva qualità e scarsa qualificazione del fornitore del guscio di acciaio,controlli di qualità non sufficienti o inesistenti, variazioni al progetto non autorizzate e un'incapacità di correggere gli errori riscontrati.

     

    La cosa singolare è che così lo Stato francese mette in dubbio l'efficienza di Areva, controllata all'87% per cento dallo Stato francese, che vuole costruire due centrali in Finlandia e Francia con il contributo di molti Paesi, tra i quali anche la Cina, mentre gli Usa si sono per ora sfilati con un voto del Congresso. «Qualunque governo, coinvolgendo Areva, rischia di pagare caro sia in termini economici che di dipendenza dal governo francese per la tecnologia e il combustibile nucleare - dice Jan Beranek di Greenpeace International - Sarebbe una follia totale per i governi riporre la loro fede nel nucleare per cercare una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Sia gli aspetti economici che il fattore tempo sono contro il nucleare. Altre alternative sono più sicure ed economicamente convenienti, già adesso».

     

    «Quel che succede in Finlandia e in Francia, a Flamanville, dove sono in costruzione i due primi reattori Epr d i Areva, prova già che per il nucleare è troppo tardi, troppo caro, troppo rischioso - afferma Yannick Rousselet - i nuovi Epr di Areva si rivelano nient'altro che un cavallo di Troia: al posto di fornire un'elettricità meno cara e sicura, i consumatori dovranno far fronte ad un incubo in termini economici così come in termini di sicurezza».

     

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    Il nucleare al tempo delle favole

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    Tratto da: Greenreport.it

    Pubblicato il 27 Mag 2008 - 10:06

     

    Il governo Berlusconi mostra i muscoli anche in politica energetica: «Entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro paese di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione - ha annunciato infatti il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, intervenuto recentemente alla giornata d'insediamento di Emma Marcegaglia a presidente di Confindustria [Lucia Venturi, GreenReport.it].

    «Solo gli impianti nucleari - ha aggiunto il ministro - consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell´ambiente».

    Ma in queste due frasi, il ministro Scajola ha riassunto quelle che sono ad oggi ancora le criticità dell'energia ottenuta dall'atomo: la disponibilità di centrali di nuova generazione, i costi, il problema delle scorie e della finitezza del combustibile. Senza dimenticare la difficoltà in questo paese che si rileva ogni qual volta si progetti di costruire un impianto, anche per la produzione di compost, per le proteste della popolazione.

    Abbiamo rivolte queste domande a Massimo Scalia,

    Si pensa alla quarta generazione per il ritorno del nucleare nel nostro paese, perché risolverebbe il problema delle riserve di uranio e quello della sicurezza, è così?

    «Scajola ripete quello che l'ad di Edison, Quadrino, raccontava pochi giorni fa all'università di Milano. Sono reattori di terza generazione. Infatti quelli su cui discute il consorzio Generation IV dovrebbero essere disponibili - per stessa ammissione di chi ci lavora - il prototipo industriale nel 2025 e la commercializzazione non prima del 2030. Ma quanto uranio fissile sarà rimasto allora, visto che lo studio 2001 dell'Aiea, l'agenzia delle Nazioni unite per l'energia atomica, ne contabilizzava in 35 anni le riserve operative? Guerre per l'uranio come quelle sul petrolio? Né va dimenticato, Ahmadinejad ce lo ricorda tutti i giorni, che anche i reattori del futuro servono a far prolificare l'industria delle bombe».

    Scajola dice anche che il nucleare ha costi competitivi

    «Il nucleare si tiene solo se sovvenzionato con finanziamenti pubblici o agevolati. Quelli di Edison saranno sicuramente dei maghi a garantire che non ne hanno bisogno, perché in America l'ad di quella industriola che è la Exelon ha detto che i primi due reattori nucleari che si faranno nei prossimi anni - gli ordinativi interni erano fermi dal 1978! - non avrebbero mai visto la luce se non ci fossero stati gli incentivi per il nucleare varati da Bush nel 2005.

    Per restare in Europa, il reattore di terza generazione in costruzione a Olkiluoto, in Finlandia, lo stanno facendo con 600 milioni di euro francesi, prestati con lo stesso tasso agevolato riservato ai Paesi in via di sviluppo e con quasi 3 milioni di euro della Deutsche Bank. Ad aumentare i costi c'è poi lo smarginamento dei tempi per i doverosi controlli dell'ente di sicurezza: sui primi due anni ha già accumulato un anno di ritardo nella costruzione. Un dejà vu.

    In ogni caso i costi del kwora nucleare dichiarati da quelli che lo fanno, non da quelli che lo studiano, sono 5,3 cent di euro dalla Francia (insospettabile in materia) e 6,1 cent come obiettivo al 2010 dal Doe (Usa), non i vergognosi 2 cent sbandierati da Piero Angela in un suo Superquark».

    C'è poi il problema delle scorie radioattive

    «Sì ed è da sottolineare il fatto che mentre si ha la pretesa di dire che il problema è praticamente risolto non meno di tre anni fa si stanziavano miliardi di euro da parte di Europa, Usa e Giappone per finanziare la ricerca fondamentale per progetti di "incenerimento" delle scorie. Se il problema fosse davvero risolto, perché continuare ad investire così tanto in queste ricerche?»

    Riguardo alla accettabilità, sembra che il fatto che con un referendum sia stato bocciato il nucleare nel nostro paese, sia da considerarsi un "fatto simbolico".

    «Il referendum del 1987 ebbe infatti un grande risultato simbolico, quello di bandire il nucleare dalla pubblica opinione. Il governo di allora tentò di far sopravvivere il "limitato presidio nucleare" ma altre battaglie nel Paese e nel Parlamento portarono alla chiusura definitiva nell'agosto del 1990».

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    QUARANTA FATTI E ARGOMENTAZIONI CONTRO IL NUCLEARE

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    L'energia nucleare non è in grado di risolvere il problema dei cambiamenti climatici. Anche se vi investissimo tutte le nostre risorse, il potenziale limitato e l'elevato costo dell'energia elettrica derivante dal nucleare verrebbe comunque a limitare il totale delle emissioni non rilasciate. Altre risorse, fonti di energia rinnovabile e misure di risparmio energetico, rappresentano tutte un investimento decisamente meno rischioso su scala globale ma soprattutto offrono una risposta molto più efficace alla crisi che sta affrontando il nostro pianeta.

    Scarica dal link qui sotto il file da leggere:

    fonti di energia rinnovabile.pdf

     

    Yvan Rettore - Gruppo Sociale Progressista - rpsocialeprogressista

     

    fonti di energia rinnovabile

     

     

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    LE SIRENE DEL NUCLEARE

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    (adattamento ai tempi moderni di un brano dell'Odissea di Omero, a cura di Loris Asoli)

     

    Circe per mano mi prese

    e in disparte mi trasse.

    Indi seduta a me di fronte

    mi interrogò sulle intenzioni mie.

    Io nulla le nascosi e allor la diva

    queste parole mi rivolse

    «Ulisse, tu tanti perigli

    hai affrontato e vinto

    ma ora uno ti attende

    grandemente infausto.

    Veleggiando avanti in questo mare

    l'isola incontrerai delle sirene

    graziose, sì, e dal soave canto,

    le sirene del nucleare,

    con straordinarie promesse

    la mente e il core tuo alletteranno

    Infinite sirene aggraziate

    sparse per l'isola vedrai.

    Al centro, maestosamente agghindata

    la sirena Massmedia

    circondata da schiere di sirene

    a nome Menzogna, Falsità

    e Informazionedeformata.

    Più in basso, reverenti e servili,

    le sirene Scaiola, Marcegaglia e Berlusconia

    e tante tante tante altre.

     

    Ma fai attenzione, non lontano

    di corpi umani putrefatti un monte s'alza

    e ossa deformate lo sguardo ovunque incontra.

    Un male misterioso

    innumerevoli corpi umani

    ha consumato e vinto.

    Quando sarai vicino a tal periglio

    con morbida cera

    l'orecchio ai tuoi compagni ottura

    che non vi possa penetrar la voce.

    Odi tu, se vuoi, il soave canto

    ma ben legato all'albero maestro

    e mani e piedi, dai tuoi compagni

    fortemente stretti

    acché tu, agli allettanti inviti,

    ceder non possa

    e veloce l'isola mortale oltrepassa».

     

    Ciò detto la diva

    i suoi passi altrove rivolse

    E allora io, trovata la nave

    esortava i compagni ad entrarvi

    e a disnodar la fune.

    Quando fummo in mare aperto

    un amico vento ci gonfiò le vele

    ed io istruì i compagni

    sul pericolo imminente.

    Mentre ciò io rivelavo

    la nave, con a poppa il vento,

    in poco tempo delle sirene

    all'isola pervenne.

    Il vento cadde e si appianò il mare.

    I compagni pronti ripiegaron le vele

    e coi remi presero a imbiancar

    di spumeggiante ondine il mare.

    Rapido di duttile cera

    i loro orecchi otturai

    ed essi, me, all'albero maestro

    strettamente legaron.

    Già, vogando di forza,

    eravam vicini alle sirene

    quanto corre un grido d'uomo.

    Udito il rumoreggiar dei remi

    e non lontana ormai la vista della nave

    le Sirene tutte incominciarono a far fluire

    un soave struggente canto,

    dalla regina Massmedia coordinate.

    «O molto illustre Ulisse,

    somma gloria immortale, su via,

    ferma la nave e qui vieni

    e il nostro canto ascolta

    che la nostra voce

    inonda di diletto il core

    e di molto sapere la mente fa bella.

    Vieni da noi che energia nucleare

    infinita ti doneremo

    ed essa potente ti farà

    più del sommo Giove.

    Se vuoi successo, denaro, potere

    è qui da noi che fermar ti devi.

    Con la forza dell'atomo

    tutti i tuoi mali risolveremo

    e in un ambiente puro e bello

    la tua Itaca dimenticar potrai

    per più soave e allettante destino».

    Struggente mi entrava

    nell'animo il canto

    e con tutte le forze

    dai lacci sciogliermi volea,

    ma i compagni vistomi rapito

    ancor più sui remi

    incurvarono il dorso

    e Parimede ed Euriloco

    si alzaron rapidi

    e di nuovi lacci mi cingettero

    premendomi ancor più al palo.

    Quando la nave fu lontana

    dalla pericolosa voce

    si tolsero la cera dagli orecchi

    e a me le membra libraron dai lacci.

     

    E fu allora che, ancor stremato,

    la dea della saggezza Athena

    vidi farmisi innanzi

    nell'intimo dell'anima

    e la sua voce così disse:

    «Ulisse, l'energia nucleare

    dal conflitto, dal desiderio di potere

    e di distruzione e morte è nata

    e in essi stabilmente rimane.

    Affidati al Sole

    che è la fonte di ogni energia»

    Svanì Athena ed ecco Venere

    farsi avanti al suo posto,

    perfetta nelle forme

    e nell'irradiar suo

    bellezza struggente.

    «Ulisse se vuoi che ti circondino

    grazia, armonia e bellezza

    non ciò che è pericoloso imbrigliar devi

    ma alle forze e armonie celesti

    rivolgi il tuo cuore»

    Svanissi dall'intimo la dea

    ed ecco Eros, il dio d'amore,

    venirmi innanzi e subito

    con la vita intera tutt'uno mi sentii

    «Ulisse cerca sì l'energia divina,

    ma non che faccia il male altrui»

    Ciò mi disse e tosto si svanì dallo sguardo mio.

     

    Grato al divin mondo

    nell'intimo mi volsi

    ché pericolo mortale avea scampato

    e il sole in su la sera mi sorrise

    e si aprì il mio core

    a gioia e speranza.

     

     

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    Appello dei docenti e ricercatori delle Università e Centri di ricerca Italiani

    ai Candidati alla guida del paese, affinché vengano prese decisioni sagge e coraggiose per la politica energetica italiana

     

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    Ai Candidati alla guida del Paese nelle elezioni politiche 2008

    Le scelte energetiche per il futuro dell'Italia

    Siamo un gruppo di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca. In virtù della

    conoscenza acquisita con i nostri studi e la quotidiana consultazione della letteratura

    scientifica internazionale, sentiamo il dovere di informare la classe politica ed il Paese

    riguardo la crisi energetica e climatica incombente, che minaccia di compromettere

    irrimediabilmente la salute ed il benessere delle generazioni future. Tutti gli esperti

    ritengono che sia urgente iniziare una transizione dall'uso dei combustibili fossili a quello

    di altre fonti energetiche, così che possa essere graduale.

    Riteniamo che l'opzione nucleare non sia opportuna per molti motivi: necessità di enormi

    finanziamenti pubblici, insicurezza intrinseca della filiera tecnologica, difficoltà a

    reperire depositi sicuri per le scorie radioattive, stretta connessione tra nucleare civile e

    militare, esposizione ad atti di terrorismo, aumento delle disuguaglianze tra paesi

    tecnologicamente avanzati e paesi poveri, scarsità di combustibili nucleari.

    Sollecitiamo pertanto chi guiderà il prossimo Governo a sviluppare l'uso delle fonti di

    energia rinnovabile: eolica, geotermica, idroelettrica e, in particolare, solare nelle varie

    forme in cui può essere convertita: energia termica ed elettrica, combustibili artificiali,

    biomasse. Il Sole, infatti, è una stazione di servizio inesauribile che in un anno invia sulla

    Terra una quantità di energia pari a diecimila volte il consumo mondiale. E' quindi

    urgente sviluppare al massimo l'utilizzo di questa fonte su larga scala.

    Per limitare i danni della crisi energetica e climatica che si sta delineando, è necessario

    fare in modo che i cittadini italiani, a cominciare dagli studenti di tutte le scuole,

    acquisiscano maggiore consapevolezza sulla delicata situazione in cui si trova il nostro

    Paese.

    Il risparmio energetico, l'uso più efficiente dell'energia ed in particolare delle energie

    rinnovabili, lo sviluppo della ricerca scientifica sono le azioni necessarie per affrontare il

    difficile futuro che ci aspetta e per lasciare in eredità ai nostri figli un Paese vivibile.

    In questa grande sfida scientifica e tecnologica si gioca anche il futuro industriale ed

    occupazionale della nostra nazione che non possiede risorse significative di combustibili

    fossili e nucleari e che, quindi, non potrà ambire ad una maggiore indipendenza

    energetica se non rivolgendosi all'unica risorsa di cui abbonda: l'energia solare.

    Comitato promotore
    Vincenzo Balzani (Presidente), Università di Bologna

    Vincenzo Aquilanti, Università di Perugia
    Ugo Bardi, Università di Firenze
    Sebastiano Campagna, Università di Messina
    Michele Floriano, Università di Palermo
    Elio Giamello, Università di Torino
    Francesco Lelj Garolla, Università della Basilicata
    Giovanni Natile, Università di Bari
    Gianfranco Pacchioni, Università Milano-Bicocca
    Renzo Rosei, Università di Trieste
    Nicola Armaroli, Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna
    Salvatore Califano, Università di Firenze
    Luigi Fabbrizzi, Università di Pavia
    Giovanni Giacometti, Università di Padova
    Giuseppe Grazzini, Università di Firenze
    Luigi Mandolini, Università La Sapienza, Roma
    Giorgio Nebbia, Università di Bari
    Paolo Rognini, Università di Pisa
    Franco Scandola, Università di Ferrara
    Rocco Ungaro, Università di Parma

     

    Dopo che l'appello è stato fatto si sono aggiunti fino ad oggi (3 giugno 2008), oltre 1600 nuovi docenti e ricercatori.

     

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    Nucleare, le centrali fanno strage di pesci


    Tratto da: lanuovaecologia.it Martedì 15 Aprile 2008



    REGNO UNITO.
    Miliardi di piccoli pesci e crostacei, ma sopratutto larve o uova, vengono risucchiati ogni anno dalle pompe e uccisi durante il processo di raffreddamento. In alcune aree si perde quasi il 50% del pescato

    Le centrali nucleari britanniche, a causa del raffreddamento ottenuto mediante l'aspirazione dell'acqua marina, sarebbero responsabili di un ecatombe: miliardi di piccoli pesci e crostacei, ma sopratutto larve o uova, vengono infatti risucchiati ogni anno dalle pompe delle centrali e uccisi durante il processo di raffreddamento. E in alcune aree del Regno Unito il prezzo da pagare per questo disastro è quasi il 50% del pescato.

    È la conclusione di uno studio redatto da Peter Henderson, ricercatore presso l'università di Oxford e direttore della 'Pisces Conservation Enviromental', una società di consulenza esperta in questioni marine. "Il numero di pesci che viene aspirato è colossale - ha detto al Times il professor Henderson - specialmente quelli di piccole dimensioni" - che passano attraverso le maglie da un centimetro poste all'ingresso dei condotti.

    All'impianto di Dungeness, nel Kent, "stiamo parlando di circa 250 milioni di pesci in un lasso di cinque ore", ha spiegato Henderson. Benché le centrali nucleari non siano le sole responsabili del fenomeno - anche le termo-elettriche tradizionali usano il raffreddamento marino - sono quelle che destano le maggiori preoccupazioni: un impianto britannico risucchia infatti circa 60 metri cubi d'acqua marina al secondo, mentre quelli francesi - dislocati lungo il canale della Manica - arrivano a 120 mc.

    Ed è per questo che nel mare del Nord meridionale, nella costa Est britannica e nel canale, secondo lo studio di Henderson, l'impatto delle centrali 'costa' all'industria ittica quasi il 50% del pescato. Quindi Henderson ha lanciato un appello: visto che la Gran Bretagna ha dato il via libera ad una nuova generazione di centrali nucleari, che siano dotate del sistema di raffreddamento a 'secco' - che salva i pesci. Ma costa di più. "È un problema da affrontare", ha detto Calum Roberts, professore in Conservazione Marina alla York University.


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    Le associazioni francesi contro il nucleare

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    Paradossi del vero-falso nucleare

     

     

    di Stéphane Lhomme* Sortir du nuclaire

    PARIGI. Mentre si succedono gli annunci tuonanti del "gran ritorno" del nucleare in Gran Bretagna o negli Usa, e di progetti di nuclearizzazione dei Paesi mediterranei, è paradossalmente il declino che è all'ordine del giorno per l'industria atomica mondiale. Per contro, altro paradosso, questo declino si accompagna ad una moltiplicazione dei rischi.

     

    Il 10 gennaio 2008, il potere britannico ha annunciato con tamburi e trombette la sua volontà di far costruire dei nuovi reattori. Per questo non bisogna credere al "gran ritorno" del nucleare così sovente annunciato. Qui sta il paradosso della situazione: la costruzione di nuovi reattori non è il segno di uno sviluppo del nucleare ma, al contrario, la conseguenza degli sforzi di questa industria, per tentare di rimpiazzare una parte delle centrali giunte a fine vita.

    Così, in Gran Bretagna, 18 dei 19 reattori attualmente in servizio saranno definitivamente fermati verso il 2020. Di fatto, anche con eventuali nuovi reattori, la quota di nucleare decrescerà ancora: dopo la chiusura di 4 reattori il primo gennaio 2007, l'atomo non copre più del 18% dell'elettricità britannica, è circa il 3% del consumo di energia del Paese. Questa quota sarà dell'1% nel 2020...

     

    La situazione negli USA è molto simile: E' vero, ahimè, che la costruzione di qualche nuova centrale è annunciata, con gran contributo di denaro pubblico sbloccato da Bush. Ma i 103 reattori attualmente in servizio sono in maggioranza molto vecchi e saranno fermati nei prossimi 15 e 20 anni. L'atomo, che copre appena il 3% del consumo di energia degli Usa, vedrà dunque questa debole quota ancora decrescere.

     

    Certo, è innegabile, lo sviluppo del nucleare è all'ordine del giorno nei due Paesi più popolosi del mondo , la Cina e l'India. Intanto, anche se costruiranno i 40 reattori annunciati, i cinesi non copriranno col nucleare che il 4% della loro elettricità, vale a dire... lo 0,8% dei loro consumi di energia. Quanto all'India, non spera di fare molto di più: tra ‘1 e il 2%.

    Globalmente, il nucleare non copre che il 2,5% del consumo mondiale di energia, una parte infima che, come riconosce l'Agenzia internazionale dell'energia (Aie), pur favorevole all´atomo, si ridurrà ancora. Infatti, contrariamente a quel che pretendono da lungo tempo i suoi promotori, il nucleare, benché emetta pochi gas serra, è e rimarrà incapace di contribuire in maniera quantificabile alla lotta contro il riscaldamento climatico. Per le stesse ragioni, l´atomo non può costituire un'alternativa credibile di fronte all'aumento del costo del petrolio, in quanto le s riserve di uranio - il combustibile del nucleare - diminuiscono così velocemente che quelle degli idrocarburi.

     

    E' d'altronde probabile che ci si avvii, come per il petrolio, verso "guerre dell'uranio" : delle guerriglie hanno già luogo, in particolare in Niger da dove la Francia trae più del 30% dei suoi rifornimenti. Si può d'altronde parlare di un vero "saccheggio" visto che, da più di 40 anni, la Francia si è attribuita a un prezzo irrisorio l'uranio nigerino. Quest'epoca è giunta alla fine: all'inizio del 2008, i nigerini sono infine riusciti ad imporre delle tariffe più elevate del 50%. Altri aumenti, sicuramente più brutali ancora, avranno luogo nel 2010, al termine dell'accordo attuale firmato per due anni.

    Il prezzo dell'uranio, che è già stato moltiplicato per dieci negli ultimi anni, continuerà ad aumentare ma, anche questo, non è per il fatto di un qualche "gran ritorno" del nucleare, visto che il numero dei reattori in servizio non è aumentato. La spiegazione è nota: da diversi anni, un terzo del combustibile nucleare mondiale proviene dal declassamento delle armi atomiche russe e americane. Ora, questi stocks si avvicinano alla loro fine e, di fatto, l´uranio finirà per mancare per I reattori. La Francia, che importa il 100% del suo uranio, vedrà i prezzi della sua elettricità nucleare impennarsi. E questo anche senza contare lo smantellamento delle installazioni, la gestione delle scorie, le assicurazioni, lasciate a carico dei contribuenti attuali e futuri. I cittadini scopriranno che l'indipendenza energetica, presuntuosamente assicurata per il nucleare, non è che un sotterfugio.

    Ma riveniamo alla situazione mondiale, segnata da un altro paradosso: se il nucleare è globalmente in declino, al contrario i rischi che impone si aggravano continuamente:

    - i reattori sono in maggioranza invecchiati e, di fatto, sono ancora più pericolosi.

    - I nuovi reattori, anche se poco numerosi, perpetueranno per decenni l'esistenza dell'industria nucleare e dei suoi pericoli.

    - il numero dei Paesi nucleari rischia ahimè di aumentare: è il problema dei reattori in Algeria, Marocco, Libia, Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Yemen, ecc.

    Certo, la maggioranza di questi reattori rischia di restare virtuale, dato che esiste un abisso tra gli effetti annuncio attuali e la messa in campo reale delle strutture - Autorità di sicurezza, quadro legislativo, rete delle linee elettriche, ecc - senza le quali un'industria atomica non può esistere. Questi reattori saranno alla fine poco numerosi, spesso uno solo per Paese arriverà al termine del processo.

    Ciò nonostante, questa disseminazione possibile del nucleare è portatrice di gravi pericoli: sapendo che catastrofi sono state sfiorate in questi ultimi anni in Paesi che hanno un'industria atomica sperimentata (Francia, Svezia, Giappone, ecc.), l´irreparabile potrà presso sopravvenire in uno dei Paesi di nuova nuclearizzazione. Quest'ultimi si troveranno anche di fronte al problema insolubile delle scorie radioattive: saranno tutte interrate nel deserto?

    Infine, i rischi di proliferazione nucleare e del terrorismo si moltiplicheranno: sotto la copertura del nucleare "civile", Paesi come l'Egitto voglio accedere all'arma atomica per contrastare i progetti dell'Iran e la già vecchia nuclearizzazione di Israele. Arricchimento dell'uranio, produzione di plutonio: l´industria nucleare "civile" porta dritto alla bomba atomica. Non dimentichiamo anche i legami di certi Paesi come la Libia con gruppi terroristici che potrebbero essere riforniti di materiale radioattivo.

    Riassumendo, il nucleare non "conviene" mai e i pericoli che impone si aggravano. Riguardo all'attivismo pro-nucleare del presidente francese Sarkozy, che non smette di voler fornire reattori a dittatori come Gheddafi, i cittadini francesi hanno una responsabilità particolare: devono dare l´esempio dell'opposizione al nucleare, questa energia che nuoce tanto alla democrazia che alla salute ed all'ambiente.

    La messa in opera massiccia di Piani di risparmio energetico (isolamento degli edifici in particolare) e di sviluppo delle energie rinnovabili è la sola difesa di fronte alla crescita ineluttabile del prezzo del petrolio e dell'elettricità nucleare, e la rarefazione dopo la diminuzione delle materie prime. Questo permetterà una volta per tutte di uscire dal nucleare, di emettere molto meno gas serra, e finalmente di lasciare un chance di futuro al nostro pianeta.

    *Portavoce della rete "Sortir du nucléaire"

    Traduzione a cura di greenreport.it

    Mailing list Ecologia dell'associazione PeaceLink.


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    NUCLEARE CIVILE E QUELLO CHE NON SI DICE: I DANNI ALLA SALUTE

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    Mercoledì, 30 Aprile 2008 Giustiniano Rossi, da Parigi

    Energia Mentre, in Italia, il governo Berlusconi punta al ritorno al nucleare, negli Stati Uniti e nel resto d'Europa si discute della nocività di questi impianti. Intorno a tre siti europei, gli impianti di ritrattamento di Sellafield e di Dounreay in Gran Bretagna e la centrale di Krummel adiacente ad un centro di ricerca nucleare in Germania, sono stati registrati dati sanitari anormali

    In Italia Silvio Berlusconi e la sua allegra brigata, reduci dalla vittoria del 13 e 14 aprile, annunciano il ritorno al nucleare ignorando la volontà dei tanti cittadini italiani - una parte dei quali, occorre dirlo, li ha rieletti - che l'avevano bandito per sempre in occasione del referendum del 1987, adombrando la possibilità, per tranquillizzare i più pavidi, di installare le centrali in Albania o in Montenegro...

     

    Negli USA, dove il carbone fornisce la metà dell'energia utilizzata per produrre elettricità mentre il nucleare copre il 20% del consumo, nessuna centrale nucleare è stata costruita da trent'anni, dopo uno dei più gravi incidenti noti (un centinaio fra il 1952 e il 2004) della storia del nucleare civile, quello di Three Mile Island nel 1979. L'aumento della domanda di elettricità, dell'ordine del 2% all'anno, è stato compensato dall'entrata in servizio di centrali a gas. Sono attualmente in funzione 104 centrali nucleari, ma la più recente, quella di Seebrook, nel New Hampshire, è stata ordinata nel 1977 ed è entrata in servizio nel 1990. L'8 aprile scorso Westinghouse Electric, filiale del gruppo giapponese Toshiba, ha annunciato di avere ottenuto la prima commessa di una centrale nucleare negli USA da trent'anni a questa parte. Il contratto prevede la costruzione di due reattori da 1 100 MW del tipo AP1000, che dovrebbero essere costruiti sul sito di Vogtle, vicino ad Augusta, in Georgia, dove sono già in funzione altri due reattori. Secondo il gruppo Shaw, proprietario del 20% delle azioni di Westinghouse, il primo reattore dovrebbe entrare in servizio nel 2016 e il secondo nel 2017.

    Da qualche anno si lavora in Francia al progetto di sostituzione dei 58 reattori in servizio nelle sue 20 centrali con gli EPR di nuova generazione Qui il nucleare copre l'80% del consumo di energia elettrica (30% in Europa) e - con l'importantissima eccezione del gruppo Sortir du Nucléaire diretto da Stéphane L'Homme - l'argomento è quasi tabù, senza differenza alcuna fra il civile ed il militare. La scelta di sostituire i reattori in servizio con gli EPR legherà la Francia al nucleare nei prossimi decenni, la qual cosa non stupisce in un paese che non stimò necessaria nessuna misura di protezione dei suoi abitanti dai rischi, anzi dalle certezze di contaminazione neppure in occasione dell'incidente di Chernobyl.

    Uno studio realizzato nel dicembre 2007 in Germania - paese dove nel 2001 il governo rosso-verde ha programmato lo spegnimento dell'ultimo reattore nel 2020 e dove la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stata dell'11% nel 2005 e sarà del 25% nel 2020 - dimostra che, fra i bambini di meno di 5 anni cresciuti in un raggio di 5 km di distanza da una delle 16 centrali nucleari tedesche, i tumori del sangue sono 2,2 volte più frequenti che a livello nazionale. Aumentando la distanza, il rischio diminuisce, ma resta superiore alla norma in un perimetro di 50 km intorno alle centrali.

    Immediatamente, l'Istituto di Radioprotezione e di Sicurezza Nucleare (IRSN) francese ha reagito effettuando un'analisi comparata di tutti gli studi realizzati in proposito a livello internazionale, da cui non risulta che il caso tedesco "sia confermato da studi effettuati in altri paesi" ed in particolare in Francia ed in Gran Bretagna, dove ricerche sull'intero territorio nazionale non hanno segnalato un eccesso generalizzato di leucemie in prossimità degli impianti nucleari.

    Tuttavia, intorno a tre siti europei, gli impianti di ritrattamento di Sellafield e di Dounreay in Gran Bretagna e la centrale di Krummel adiacente ad un centro di ricerca nucleare in Germania, sono stati registrati tassi anormali. Attorno a questi impianti il rischio è da due a quattro volte superiore alla media europea e, secondo uno degli studi su Sellafield, venti volte superiore. In Francia, dove esiste un impianto di ritrattamento a Le Hague (Manica), l'IRSN si limita a parlare di una zona dove un eccesso di leucemie è "possibile" dato che, a suo dire, il basso numero di persone affette dalla malattia non è statisticamente significativo. Significativo è invece che la rete "Sortir du nucléaire" (Uscire dal nucleare) ha contestato, martedi' 8 aprile, l'indipendenza dell'IRSN.

    Recenti studi sulla documentazione scientifica in base alla quale si procedette, quarant'anni fa, alla costruzione delle centrali nucleari in Francia, hanno dimostrato la falsità di molte delle affermazioni ivi contenute, inutili anzi dannose per la scienza, ma utili agli "scienziati" che ne erano autori ed a quanti volevano giustificare la scelta nucleare. Uno dei dati di cui non si parla mai, o quasi, in Francia è quello relativo all'incidenza dei tumori della tiroide che - sarà un caso? - è doppia rispetto a quella riscontrata nel resto d'Europa. Qualche anno fa un istituto indipendente realizzò delle ricerche nel Mercantour, sud-est della Francia, rilevando tracce consistenti di radioattività provenienti dalla nube diffusa in Europa dopo l'incidente di Chernobyl, un altro diffuse i risultati di ricerche sui corsi d'acqua dove le centrali scaricano le loro acque surriscaldate (moria di pesci etc.). Qualche articolo, qualche trasmissione televisiva e poi il silenzio.

    Come stupirsi se la partecipazione al governo dei Verdi francesi fra il 2001 ed il 2006 non ha lasciato, ecologicamente parlando, traccia alcuna?

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    UN CIMITERO DI SCORIE NUCLEARI

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    Yucca Mountain, il nuovo cimitero delle scorie nucleari
    di Marco Cedolin - 05/04/2007

    Fonte: luogocomune.net Dal sito ariannaeditrice.it

    Il problema dello stoccaggio e della messa in sicurezza delle scorie nucleari appare tanto insormontabile quanto lontano da una possibile soluzione anche in virtù del fatto che in tutto il mondo i rifiuti radioattivi continuano ad accumularsi in maniera sempre più cospicua anno dopo anno. Basti pensare che gli Stati Uniti producono annualmente 2300 tonnellate di rifiuti radioattivi e nella sola Francia si produce una quantità annua di nuove scorie pari a tutte quelle presenti in Italia.

    Il solo smantellamento di una centrale nucleare alla fine della sua vita operativa produce una quantità di scorie di quasi tre volte superiore a quella prodotta durante i 40 anni della sua attività.

    Attualmente si è tentato di "neutralizzare" solamente le scorie meno pericolose, la cui radioattività rimane tale per periodi relativamente brevi nell'ordine dei 300 anni.

    Nella maggior parte dei casi le scorie sono state stoccate all'interno di depositi di superficie, costituiti da trincee, tumuli, silos e sarcofaghi di calcestruzzo, ...

    ... più raramente si sono utilizzate alla bisogna cavità sotterranee e depositi geologici profondi.

    Per mettere in sicurezza le scorie nucleari ad alta radioattività, minori quantitativamente ma enormemente più pericolose, in quanto fonti di radiazioni per periodi lunghissimi di tempo che arrivano ai 250.000 anni, fino ad oggi non è stato fatto assolutamente nulla, in quanto tutto il gotha della tecnologia mondiale ha dimostrato di non avere assolutamente né i mezzi né tanto meno le conoscenze tecnico/scientifiche per affrontare un problema che travalica di gran lunga le capacità operative degli esseri umani.

    Solamente gli Stati Uniti, dove la situazione legata ai rifiuti radioattivi è particolarmente grave in virtù delle oltre 100 centrali nucleari e del pesante contributo dato a questo tipo d'inquinamento dall'industria degli armamenti, hanno deciso di procedere alla costruzione di un sito di stoccaggio definitivo per le scorie nucleari ad alta radioattività, ma tale scelta si sta rivelando estremamente complessa e scarsamente risolutiva.

    Il Dipartimento dell'energia statunitense, per tentare di risolvere il problema delle scorie nucleari, consistente in circa 37 milioni di metri cubi di materiali radioattivi che giacciono stipati in depositi di fortuna sparsi nel paese, impiegherà dai 70 ai 100 anni, spendendo dai 200 ai 1000 miliardi di dollari. Il suo programma prevede di decontaminare le 10 principali aree inquinate del paese e di raccogliere il materiale radioattivo più pericoloso, disperso in svariati siti, per poi trasportarlo in un grande deposito sotterraneo adatto ad una sistemazione definitiva.

    Il progetto dovrà superare difficoltà quanto mai ostiche, quali la decontaminazione di aree vastissime (grandi quasi quanto la Valle D'Aosta) trovare un sistema di trasporto sicuro che consenta di trasferire per migliaia di chilometri le scorie più pericolose e individuare una sistemazione che possa restare sicura per molte decine di migliaia di anni.

    Il monte Yucca che sorge nel Nevada meridionale circa 160 km. a nord ovest di Las Vegas, in una zona collocata all'interno della famigerata Area 51, notoriamente sede di test nucleari superficiali e sotterranei, nonché oggetto di voci concernenti un'ipotetica presenza extraterrestre, è stato scelto come sito di quella che può essere definita senza tema di smentita come la "grande opera" più costosa e complessa che mai sia stata progettata.

    Solo per gli studi preliminari del terreno e il progetto sono stati spesi circa 8 miliardi di dollari e per la costruzione del deposito è previsto un esborso che supererà i 60 miliardi di dollari.

    Il progetto colossale prevede lo scavo di una rete di tunnel sotterranei a spina di pesce della lunghezza di 80 km che correranno sotto la montagna alla profondità di 300 metri.

    L'interno dei tunnel sarà composto da un materiale di acciaio inossidabile denominato "lega 22" protetto da un ombrello di titanio volto a costituire uno scudo antisgocciolamento che impedisca all'acqua d'infiltrarsi attraverso la volta delle gallerie. Dentro la montagna dovranno essere stivate 77.000 tonnellate di scorie radioattive che sono attualmente dislocate in 131 depositi distribuiti all'interno di ben 39 stati.

    Per effettuare il trasporto saranno utilizzati 4600 fra treni ed autocarri che dovranno coprire centinaia di migliaia di chilometri attraversando 44 stati con a bordo materiale pericolosissimo. Le scorie nucleari verranno poi immagazzinate all'interno di 12.000 sfere container simili ai cassoni serbatoio dei camion cisterna. I container saranno a questo punto sigillati singolarmente ed allineati nelle viscere della montagna all'interno dei tunnel come fossero le perle di una collana.

    Nelle intenzioni dei progettisti, dopo la conclusione dei lavori di scavo e preparazione del sito, prevista inizialmente per il 2010 ma già slittata al 2017, il deposito dovrebbe rimanere in attività per qualche decina di anni per poi essere chiuso permanentemente una volta completato il suo riempimento. Dopo la chiusura il deposito di Yucca Mountain dovrebbe impedire la migrazione delle scorie nell'ambiente in quantità significativa per un periodo di 10.000 anni.

    Il progetto Yucca Mountain oltre ad essere stato avversato fin dall'inizio dalla popolazione del Nevada, il 70% della quale è contraria all'opera, e dalle autorità locali, ha destato grandi critiche e perplessità anche all'interno della comunità scientifica.

    Da parte di molti esperti è stata messa fortemente in dubbio l'opportunità di seppellire le scorie nucleari in maniera definitiva ed irreversibile con l'ausilio di una tecnologia come quella odierna scarsamente evoluta in materia e pertanto largamente soggetta ad errori di valutazione e di scelta, tanto dei materiali da impiegare quanto dei processi tecnologici da mettere in atto.

    Altrettante perplessità riguardano il lasso temporale di 10.000 anni durante il quale le scorie nucleari dovrebbero rimanere in condizione di sicurezza nelle viscere del monte Yucca. La National Academy of Sciences e il National Research Council ritengono questa grandezza temporale del tutto insufficiente perché si possa parlare di "messa in sicurezza" di materiale radioattivo che rimarrà tale per centinaia di migliaia di anni. Proprio in virtù di queste osservazioni, la Corte d'Appello Federale ha recentemente stabilito che un sito destinato al seppellimento delle scorie nucleari deve dimostrare di potere accogliere in sicurezza le stesse per almeno 300.000 anni, fino al decadimento della loro radioattività.

    Il deposito di Yucca Mountain oltre a non essere in grado di rispondere a questa necessità, pone anche una serie d'interrogativi correlati alla sua reale capacità di preservare il materiale radioattivo in sicurezza per 10.000 anni come previsto nel progetto. Recenti studi hanno infatti dimostrato come anche il modesto grado di umidità della zona (19 cm annui di pioggia) sia in grado di corrodere i contenitori delle scorie nel corso di un periodo temporalmente così significativo, con il risultato di trasportare la radioattività attraverso i sistemi irrigui ed i pozzi di acqua potabile della regione, bombardando in questa maniera ignare generazioni d'individui con rilevanti dosi di radioattività.

    Un altro problema è determinato dal calore connaturato nei rifiuti nucleari stipati all'interno di una montagna in mancanza di sistemi di raffreddamento. Tale calore determinerà la formazione di vapore acqueo in grado di corrodere i contenitori o frantumare la roccia circostante, con gravi conseguenze per la sicurezza.

    Nel corso del decadimento radioattivo le particelle altamente energetiche potrebbero inoltre interagire con i materiali circostanti, frantumandoli o provocando l'emissione d'idrogeno, innescando in questo modo la possibilità di esplosioni ed incendi.

    Altri studi mettono seriamente in dubbio i dati che sanciscono la scarsa sismicità della zona in cui sorge il monte Yucca ed identificano in 1.400.000 le persone che vivendo in prossimità dell'area interessata dal progetto, risulterebbero nel corso del tempo a rischio di contaminazione. Il fatto che la stessa città di Las Vegas si trovi all'interno di un raggio di circa 150 km. dal futuro deposito, crea fondati motivi di allarme nel caso di eventuali fuoriuscite radioattive.

    Il trasporto al deposito di Yucca Mountain delle scorie sparse in ogni angolo del paese rappresenta inoltre uno degli aspetti più complessi dell'intero progetto. Non esistono al momento stime attendibili concernenti gli enormi costi di una simile operazione, così come non è ancora stato determinato il reale grado di rischio che la movimentazione comporterà per le popolazioni residenti nei territori attraversati dal trasporto. Si tratterà in ogni caso della più grande operazione logistica mai sperimentata prima dall'uomo, avente come oggetto materiale altamente pericoloso. Qualunque situazione di pericolo connessa ad eventuali incidenti, attentati terroristici, guasti dei mezzi preposti ad effettuare il trasporto, rischierebbe di creare una tragedia senza paragoni.

    Come corollario a tutta questa lunga sequela di dubbi e problematiche che sta dividendo il mondo scientifico e politico americano, nella primavera del 2005 il Dipartimento dell'Energia statunitense ha denunciato forti sospetti concernenti una serie di gravi omissioni ed irregolarità compiute dai tecnici del servizio geologico, al fine di costruire in maniera fraudolenta elementi che confermassero la sicurezza del sito di Yucca Mountain.

    Tali sospetti ingenerati dal contenuto di alcune mail intercettate, hanno contribuito a creare nuove perplessità sulla reale affidabilità di un progetto che è già costato circa 8 miliardi di dollari, senza riuscire a proporsi con una qualche credibilità come risolutivo di un problema come quello delle scorie nucleari che ogni giorno che passa appare sempre più un rebus senza soluzione.

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    BEPPE GRILLO CONTRO IL NUCLEARE

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    Il comitato di affari PDL e PD-meno-elle ha deciso che il nucleare si deve fare. Il futuro economico, energetico, industriale dell'Italia è legato al nucleare. I media si sono subito allineati, sanno che l'opinione pubblica è contraria. Nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, attraverso dati, pubblicazioni scientifiche, testimonianze, video, interviste dimostrerò il contrario. Non è difficile.
    Nucleare? No grazie.
    Nel 1987 venti milioni di italiani hanno votato un referendum contro il nucleare. Scajola e la Marcegaglia contano più della volontà degli italiani? Chi li autorizza a prendere decisioni a nome del popolo italiano?
    Si vuole il nucleare? Si tenga un nuovo referendum. Se gli italiani voteranno a favore, allora si potrà fare. Altrimenti no. Non si possono costruire centrali nucleari ignorando il risultato di un referendum popolare.
    Scajola vuol fare lo sconto sulla bolletta a chi acconsentirà alle centrali nucleari vicino a casa. Dia lui l'esempio con una discarica di scorie nucleari nel suo giardino. La bolletta gliela pago io.
    Ci sono molti comuni denuclearizzati in Italia, comuni sovversivi, sobillatori, pericolosi organizzatori di energie alternative. Ma non sono ancora abbastanza. Chiedo ai sindaci di esporre il cartello: "Comune denuclearizzato" sotto il nome del loro paese. E' il miglior benvenuto per chi lo visita.


    CLICCA QUI sotto PER VEDERE IL FILM SU CERNOBYL


    http://www.beppegrillo.it/iniziative/nucleare_no_grazie


    e poi manda a "quel paese" i nostri politici (per esempio sotto la centrale nucleare che vogliono costruire in Albania).




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    Greenpeace fa ricorso contro Nucleare Slovacco dell'Enel>

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    Tratto da: qualenergia.it

    NO SCORIE TRISAIA

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    13 aprile 2008 -Greenpeace International ha presentato oggi formale ricorso alla Commissione europea contro "i sussidi di stato illegali e le distorsioni del mercato che condizionano il progetto di completamento della centrale nucleare di Mochovce, in Slovacchia".

    Secondo Greenpeace, il Governo slovacco "ha garantito particolari condizioni a Enel sulle somme da accantonare per lo smantellamento futuro delle centrali e la gestione delle scorie". Tali condizioni "si configurano come aiuti di stato illegali per convincere la compagnia elettrica Slovenske Elektrarne (Se), controllata al 66% da Enel, a partecipare a un progetto altrimenti irrealizzabile e non interessante economicamente".

    Il caso "è molto semplice - commenta Jan Haverkamp, responsabile di Greenpeace a Bruxelles - quando sporchi trucchi come questo vengono rimossi dall'equazione, il nucleare si dimostra una fonte energetica costosa e inaffidabile".

    Il Governo slovacco prevede anche di aumentare massicciamente i contributi a carico di tutti gli utenti slovacchi, compresi quelli che non ricevono energia elettrica da Se/Enel, aumentando artificiosamente il 'debito pregresso'.

    Secondo le stime "ufficiali", lo sconto concesso a Enel per smantellamento e gestione scorie si tradurrebbe in un mancato versamento di circa 1 miliardo di euro, mentre secondo altri studi indipendenti lo 'sconto' potrebbe valere 11 miliardi di euro". In questo modo la compagnia dovrà smantellare l'impianto di Mochovce basandosi su somme inferiori al dovuto, con il pericolo che i fondi accantonati non basteranno a coprire le spese, ha sottolineato l'associazione ambientalista.

    "Non solo il progetto di completare reattori risalenti all'era pre-Chernobyl solleva forti preoccupazioni in tema di sicurezza, ma l'evidenza raccolta da Greenpeace indica che le scelte del Governo slovacco si configurano come un chiaro esempio di aiuti di stato illegali - dice Jan Haverkamp - facciamo appello alla Commissione per mettere fine al protezionismo nucleare in Slovacchia".

    Greenpeace ha già annunciato di aver intenzione di citare in giudizio anche il Governo slovacco "per non aver avviato la necessaria procedura di Valutazione di impatto ambientale per Mochovce, così come richiesto dalla legislazione europea".

    Come avevamo già riportato su questo portale (Nucleare d'antiquariato), ricordiamo che l'Enel ha deciso di investire 1,8 miliardi di euro per il completamento di due reattori nucleari di Mochovce per una potenza di poco superiore agli 800 MW. I reattori sono del tipo VVER-440/213, progettati dall'ex URSS alla fine degli anni '70. Gli attuali standard di sicurezza sono molto bassi e difficilmente verrebbero autorizzati in gran parte degli Stati europei. Per esempio, non dispongono di un doppio guscio protettivo in caso di impatto con un aereo.


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    L'energia nucleare,problema di scorie

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    Dialogo di una scrittrice preoccupata con un amico esperto di Monaco di Baviera.

    8 aprile 2008 - Dacia Maraini Fonte: Corriere della Sera (dal sito www.peacelink.it)


    «Perché secondo te la Cina si incaponisce su un piccolo Paese povero arrampicato sulle montagne? ».

    «Il Tibet possiede miniere di uranio».

    «La Cina sta costruendo centrali nucleari?».

    «Assieme alla Corea, all'India e alla Finlandia: sono i soli Paesi al mondo a puntare ancora sul nucleare».

    «E gli altri Paesi?».

    «Per darti un'idea: in America, 103 reattori nucleari producono solo un quinto dell'elettricità necessaria. L'America ha 300 milioni di abitanti e l'Italia 60. Questo significa che l'Italia, per produrre un quinto dell'energia, dovrebbe costruire 20 reattori nucleari. I calcoli li ha fatti la rivista americana Science ».

    «Qual è il problema del nucleare?».

    «Le scorie. C'è già un tipo di reattore che ricicla gli attinidi contenuti nel combustibile, ma rende assai poco e nessuno lo vuole. I reattori di quarta generazione sono esenti da incidenti, ma non risolvono la questione dei residui».

    «Perché non si riesce a sapere dove vengono stoccate le scorie?».

    «I luoghi di seppellimento sono tenuti segreti per paura che qualcuno rubi il plutonio per fare bombe».

    «Quanto tempo serve per costruire una centrale?».

    «Più o meno 7 anni, ma spesso diventano 10 perché la scelta dei luoghi, i permessi richiesti portano via tempo».

    «Sapendo che in Italia ogni opera pubblica richiede il doppio del tempo, quanto ci vorrà per costruire una centrale da noi?».

    «A giudicare dall'incapacità italiana di eliminare i rifiuti comuni è difficile rispondere, ma per ottimismo ipotizziamo una quindicina di anni».

    «In questi anni non si sarà trovato un sistema migliore? ».

    «Già esistono i termogeneratori di Rubbia che però in Italia sono poco considerati. Si stanno costruendo in Spagna e in Germania e in America».

    «In cosa consistono?».

    «Si lavora su specchi concavi che portano un liquido di soluzione salina a 380 gradi. Questa soluzione alimenta uno scambiatore di calore che produce vapore. Il vapore viene convogliato in un generatore che produce energia elettrica. Il progetto elimina i costi dello stoccaggio delle scorie, ma chiaramente non fa guadagnare soldi ai grandi monopoli mondiali del carbone, dell'acciaio e del petrolchimico».

    «Ma è vero che l'uranio finirà entro il secolo, come il petrolio?».

    «Con esattezza non si sa. Ma tieni presente un' altra cosa: oggi l'uranio costa 100 dollari a libbra. Un aumento delle centrali cinesi e indiane farà salire il costo dell'uranio e anche del petrolio e quindi il prezzo dell'elettricità. Per non parlare del costo sociale: nessuna industria privata è in grado di sostenere le spese di costruzione e mantenimento di una centrale.

    È lo Stato che deve caricarsi di tutto, ovvero i cittadini che vedrebbero aumentare le tasse. Carl F. Von Weizsaecker, direttore dell'Istituto Max Plance, ha detto che la questione delle scorie è irrisolvibile. Sono bombe che noi lasciamo alle prossime generazioni. Solo il plutonio ha una emivita di 250.000 anni. E noi stiamo infarcendo il sottosuolo di scorie che potrebbero, anche per un semplice terremoto, distruggere interi Paesi e ogni forma di vita per migliaia di anni..».


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    CINA E INDIA DOMINERANNO LA DOMANDA.

    L'EUROPA DOVRA' TAGLIARE, MA POTREBBE ESSERE LA VIA DI UN NUOVO SVILUPPO

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    CARLO BASTASIN
    ( da la stampa Mercoledì 2/4/08)

    E' il risparmio il nuovo petrolio. Le risorse non bastano per tutti: in Occidente l'ora delle scelte impopolari. Tra le grandi strategie globali dell'energia e gli accumuli di rifiuti sulle strade napoletane c'è almeno una comune lezione: decisioni politiche e comportamenti individuali sono gli uni necessari agli altri, senza di essi le crisi possono scoppiare incontrollabili. Anche i problemi di sostenibilità dei consumi energetici della popolazione mondiale richiedono di modificare i comportamenti dei singoli individui e di sviluppare un senso di solidarietà. Il collasso napoletano dimostra quanto possa essere difficile ottenere lo scambio solidale dei doveri perfino al livello di una città di medie dimensioni nel cuore dell'Occidente sviluppato. La sfida globale dell'energia estende la sfida agli interessi divergenti e alle diverse culture di miliardi di individui, molti dei quali appena emersi da condizioni di bisogno. Governare la politica energetica sarà dunque una sfida politica enorme. Potrà almeno essere un processo graduale? Non è detto. Come dimostra la vicenda dei rifiuti, comportamenti egoistici in un contesto non governato dai pubblici poteri possono produrre collassi istantanei anziché lente malattie.

    L'Indice di sviluppo umano, calcolato dall'Onu, stima che le popolazioni che escono da condizioni di povertà utilizzino energia per un volume annuo pro capite superiore a due «tonnellate equivalenti petrolio». In Europa il consumo è più che doppio. Se la popolazione mondiale dovesse convergere verso i modelli di consumo occidentali, l'offerta di energia non sarebbe sufficiente a soddisfare la richiesta di miliardi di individui. La crisi economica sarebbe automatica e i rapporti di potere tra Stati produttori e importatori potrebbero degenerare.

    La domanda globale di energia è comunque destinata ad aumentare in 20 anni. Nel 2020 l'85% della domanda di energia verrà dai Paesi di recente sviluppo e un terzo della domanda globale farà capo alla sola Cina. L'impiego di energia di Cina e Medio Oriente determinerà la domanda, più di quanto possano influenzarla i Paesi già sviluppati che spostano le produzioni dal manifatturiero verso i servizi. Per governare l'aggiustamento della domanda e dell'offerta di energia, l'Occidente dovrà essere credibile, rispettando gli interessi dei nuovi Paesi sviluppati e al tempo stesso difendendo lo sviluppo sostenibile.

    Ma attualmente anche nei Paesi dell'Occidente la risposta politica alla formidabile sfida energetica è principalmente quella di adeguare l'offerta di energia ai crescenti desideri dei cittadini. Per farlo si studiano nuove fonti energetiche e sviluppi di quelle esistenti. Ogni governo preferisce soddisfare le richieste degli elettori anziché chiedere sacrifici, ma le conseguenze sull'ambiente, sul clima e sui rapporti con gli altri Paesi di una tale scelta sono pericolose. Aumentare l'offerta di energia, anziché ridurne la domanda, è una scelta rischiosa perfino dal punto di vista economico. Secondo l'«International Energy Agency», un euro speso per rendere più efficiente l'utilizzo attuale dell'energia, ne farebbe risparmiare due in investimenti di incremento dell'offerta.

    La dimensione politica della limitazione della domanda di energia rappresenterebbe inoltre un test decisivo di governance globale in grado di sviluppare un senso di attiva solidarietà dei cittadini del pianeta. Il risparmio esemplare nelle società sviluppate ne sarebbe un atto fondante. Nel marzo del 2007 i capi di Stato dell'Ue si sono imposti di ridurre entro il 2020 le emissioni nocive del 20% e di aumentare di altrettanto l'energia prodotta dalle fonti rinnovabili. Il 23 gennaio scorso all'impegno è seguito un pacchetto di proposte legislative della Commissione. Nel vertice di Bruxelles del 14 marzo si è pianificato l'assorbimento nelle leggi nazionali entro l'inizio del 2009, in modo da poter convocare un vertice a fine 2009 a Copenaghen per mettere a fuoco la posizione europea da proporre al posto del Protocollo di Kyoto.

    L'adeguamento dell'offerta, cioè la sostituzione delle forme di produzione attuali di energia, è così complesso da rendere dubbi gli obiettivi posti dall'Europa. Il processo di sostituzione delle fonti energetiche richiede tempi molto più lunghi di quanto non si immagini. I costi di avviamento dei nuovi processi produttivi sono spesso altissimi, mentre l'ammortamento dei vecchi impianti richiede decenni, perché la sostituzione al margine sia conveniente. Per i ritardi con cui si è proceduto negli anni passati, gli obiettivi vengono giudicati da numerosi esperti irrealistici e, in alcuni casi, addirittura controproducenti. In ogni caso l'impegno politico necessario a raggiungere gli obiettivi sarebbe straordinario. Infatti Paesi come Germania e Gran Bretagna hanno fatto della politica energetica un capitolo primario dei programmi di governo. La Germania si è posta l'obiettivo di ridurre le emissioni del 40% entro il 2020. La Gran Bretagna prevede un taglio del 60% entro il 2050. In tale senso di emergenza prende profilo la scelta del nucleare a cui sono attribuite condizioni di sicurezza non paragonabili a quelle del passato. Parigi e Londra hanno siglato un accordo per la produzione di centrali nucleari da vendere in tutto il mondo. L'Europa da area dipendente dalle fonti energetiche diverrebbe così fornitrice di infrastrutture energetiche, tagliando l'ambiguo cordone che la lega a Mosca ed Algeri. La nuova assertività europea è rafforzata politicamente dall'impegno alla tutela dell'ambiente globale che può mobilitare consensi nel pianeta.

    Si tratta di sfide gigantesche, all'interno delle quali va misurata la situazione italiana. Nel Dpef il governo stima in circa 13 miliardi le sole penalità finanziarie che lo Stato deve pagare per i ritardi di applicazione degli accordi di Kyoto. Anziché avvicinare la riduzione del 6,5% delle nostre emissioni, ce ne siamo allontanati aumentandole di oltre il 15%. Le politiche di approvvigionamento sono conservative e quelle ambientali soggette all'indisponibilità di risorse finanziarie. La dipendenza dall'estero è totale. Sullo sfondo delle sfide energetiche si staglia la fotografia delle strade di Napoli e l'incapacità di realizzare il primo passo del risparmio delle risorse, il riciclaggio. Come le crisi dei rifiuti, anche le emergenze energetiche scoppiano improvvise, ma maturano lungo decine di anni. I processi di soluzione richiedono anch'essi orizzonti decennali. Ma proprio perché tanto ritardate negli effetti, le decisioni dovrebbero essere prese senza perdite di tempo.

     

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    Rubbia: "Né petrolio né carbone soltanto il sole può darci energia"

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    di GIOVANNI VALENTINI (Su La repubblica 30.3.08)

     

    GINEVRA - Petrolio alle stelle? Voglia di nucleare? Ritorno al carbone? Fonti rinnovabili? Andiamo a lezione di Energia da un docente d'eccezione come Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica: a Ginevra, dove ha sede il Cern, l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Qui, a cavallo della frontiera franco-svizzera, nel più grande laboratorio del mondo, il professore s'è ritirato a studiare e lavorare, dopo l'indegna estromissione dalla presidenza dell'Enea, il nostro ente nazionale per l'energia avviluppato dalle pastoie della burocrazia e della politica romana.

    Da qualche mese, Rubbia è stato nominato presidente di una task-force per la promozione e la diffusione delle nuove fonti rinnovabili, "con particolare riferimento - come si legge nel decreto del ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio - al solare termodinamico a concentrazione". Un progetto affascinante, a cui il premio Nobel si è dedicato intensamente in questi ultimi anni, che si richiama agli specchi ustori di Archimede per catturare l'energia infinita del sole, come lo specchio concavo usato tuttora per accendere la fiaccola olimpica. E proprio mentre parliamo, arriva da Roma la notizia che il governo uscente, su iniziativa dello stesso ministro dell'Ambiente e d'intesa con quello dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, ha approvato in extremis un piano nazionale per avviare anche in Italia questa rivoluzione energetica.

    Prima di rispondere alle domande dell'intervistatore, da buon maestro Rubbia inizia la sua lezione con un prologo introduttivo. E mette subito le carte in tavola, con tanto di dati, grafici e tabelle.

    Il primo documento che il professore squaderna preoccupato sul tavolo è un rapporto dell'Energy Watch Group, istituito da un gruppo di parlamentari tedeschi con la partecipazione di scienziati ed economisti, come osservatori indipendenti. Contiene un confronto impietoso con le previsioni elaborate finora dagli esperti della IEA, l'Agenzia internazionale per l'energia. Un "outlook", come si dice in gergo, sull'andamento del prezzo del petrolio e sulla produzione di energia a livello mondiale. Balzano agli occhi i clamorosi scostamenti tra ciò che era stato previsto e la realtà.

    Dalla fine degli anni Novanta a oggi, la forbice tra l'outlook della IEA e l'effettiva dinamica del prezzo del petrolio è andata sempre più allargandosi, nonostante tutte le correzioni apportate dall'Agenzia nel corso del tempo. In pratica, dal 2000 in poi, l'oro nero s'è impennato fino a sfondare la quota di cento dollari al barile, mentre sulla carta le previsioni al 2030 continuavano imperterrite a salire progressivamente di circa dieci dollari di anno in anno. "Il messaggio dell'Agenzia - si legge a pagina 71 del rapporto tedesco - lancia un falso segnale agli uomini politici, all'industria e ai consumatori, senza dimenticare i mass media".

    Analogo discorso per la produzione mondiale di petrolio. Mentre la IEA prevede che questa possa continuare a crescere da qui al 2025, lo scenario dell'Energy Watch Group annuncia invece un calo in tutte le aree del pianeta: in totale, 40 milioni di barili contro i 120 pronosticati dall'Agenzia. E anche qui, "i risultati per lo scenario peggiore - scrivono i tedeschi - sono molto vicini ai risultati dell'EWG: al momento, guardando allo sviluppo attuale, sembra che questi siano i più realistici". C'è stata, insomma, una ingannevole sottovalutazione dell'andamento del prezzo e c'è una sopravvalutazione altrettanto insidiosa della capacità produttiva.

    Passiamo all'uranio, il combustibile per l'energia nucleare. In un altro studio specifico elaborato dall'Energy Watch Group, si documenta che fino all'epoca della "guerra fredda" la domanda e la produzione sono salite in parallelo, per effetto delle riserve accumulate a scopi militari. Dal '90 in poi, invece, la domanda ha continuato a crescere mentre ora la produzione tende a calare per mancanza di materia prima. Anche in questo caso, come dimostra un grafico riassuntivo, le previsioni della IEA sulla produzione di energia nucleare si sono fortemente discostate dalla realtà.

    Che cosa significa tutto questo, professor Rubbia? Qual è, dunque, la sua visione sul futuro dell'energia?
    "Significa che non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni, come del resto anche l'oro, il platino o il rame. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra".

    Eppure, dagli Stati Uniti all'Europa e ancora più nei Paesi emergenti, c'è una gran voglia di nucleare. Anzi, una corsa al nucleare. Secondo lei, sbagliano tutti?
    "Sa quando è stato costruito l'ultimo reattore in America? Nel 1979, trent'anni fa! E sa quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dal governo, dallo Stato, per mantenere l'arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l'uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie".

    Ma non si parla ormai di "nucleare sicuro"? Quale è la sua opinione in proposito?
    "Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo".

    In che cosa consiste?
    "Nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in natura, per alimentare un amplificatore nucleare. Si tratta di un acceleratore, un reattore non critico, che non provoca cioè reazioni a catena. Non produce plutonio. E dal torio, le assicuro, non si tira fuori una bomba. In questo modo, si taglia definitivamente il cordone fra il nucleare militare e quello civile".

    Lei sarebbe in grado di progettare un impianto di questo tipo?
    "E' già stato fatto e la tecnologia sperimentata con successo su piccola scala. Un prototipo da 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari ad alta attività del nostro Paese, producendo allo stesso tempo una discreta quantità di energia".

    Ora c'è anche il cosiddetto "carbone pulito". La Gran Bretagna di Gordon Brown ha riaperto le sue miniere e negli Usa anche Hillary Clinton s'è detta favorevole...
    "Questo mi ricorda la storia della botte piena e della moglie ubriaca. Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell'umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l'anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso".

    E allora, professor Rubbia, escluso il petrolio, escluso l'uranio ed escluso il carbone, quale può essere a suo avviso l'alternativa?
    "Guardi questa foto: è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell'elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità".

    Ma noi, in Italia e in Europa, non abbiamo i deserti...
    "E che vuol dire? Noi possiamo sviluppare la tecnologia e costruire impianti di questo genere nelle nostre regioni meridionali o magari in Africa, per trasportare poi l'energia nel nostro Paese. Anche gli antichi romani dicevano che l'uva arrivava da Cartagine. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia necessaria all'intero pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia, un'area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma".

    Il sole, però, non c'è sempre e invece l'energia occorre di giorno e di notte, d'estate e d'inverno.
    "D'accordo. E infatti, i nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione catturano l'energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici, ferma l'acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente".

    Se è così semplice, perché allora non si fa?
    "Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani, com'è accaduto del resto per il computer vent'anni fa".

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    IL FUTURO DELLE ENERGIE RINNOVABILI

    E I LIMITI DI KYOTO

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    tratto dall'Ecologist italiano ( Ecologist.it )

    Intervista realizzata da Karl-Ludwig Schibel a Hermann Scheer

    Hermann Scheer, deputato nel Bundestag tedesco e presidente di EUROSOLAR,
    "avvocato del solare" e uno dei padri della legge tedesca per le
    energie rinnovabili, si esprime a favore di una svolta decisa ed immediata
    verso le energie rinnovabili e critica le speranze nel metano come soluzione
    intermedia, il "carbone pulito" e l'idrogeno come tante strade sbagliate per
    tenere in vita il sistema energetico esistente.


    Domanda: Nella diffusione dell'energia rinnovabile che, come lei sa, in
    Italia sta avanzando molto lentamente lei parla di una "bugia energetica
    che viene diffusa sistematicamente". Qual è la bugia e chi la diffonde?
    Scheer: La bugia è che il potenziale di energie rinnovabili non sia sufficiente
    a sostituire completamente le energie fossili per soddisfare il fabbisogno
    energetico. Quando si ammette che questo è possibile in via di principio l'argomento
    è che ci vuole molto, molto tempo. Entrambe le varianti di questa
    bugia servono per perpetuare e legittimare il sistema energetico convenzionale.
    Domanda: Infatti anche quelli che parlano a favore delle energie rinnovabili
    dicono che uno scenario ottimistico di transito verso le energie rinnovabili
    prevede nel 2050 una quota del 50%. Il che significa che continueremo
    ad avere un 50% di energie fossili. Lei sarebbe più ottimista?
    Scheer: Naturalmente sono più ottimista, l'ho descritto in tanti articoli e
    libri e più recentemente nel mio libro "Autonomia energetica". Ci sono
    tante ricerche che dimostrano in modo inconfutabile la possibilità di un riorientamento
    completo entro il 2050 verso le energie rinnovabili. Se questo
    è possibile non esiste nessuna ragione di non farlo e sicuramente ancora
    meno una ragione per non dirlo.
    Domanda: Sull'energia eolica in Italia c'è una grande resistenza. Uno degli
    avversari più visibili è l'ex commissario all'Ambiente dell'Unione Europea
    Intervista realizzata da Karl-Ludwig Schibel a Hermann Scheer
    e attuale presidente di Italia Nostra Carlo Ripa di Meana, anche l'ex
    Ministro per l'Ambiente, Altiero Matteoli, ha detto che forse gli impianti
    eolici possono andare bene nelle pianure della Germania del nord dove
    non possono distruggere molto ma che non va bene di riempire il
    paesaggio italiano con questi brutti impianti. Lei cosa dice?
    Scheer: Io la considero un'idea assurda e nel contempo un'idea molto ortodossa
    di protezione del paesaggio. Non esiste più su questa terra neanche
    un metro quadro di paesaggio protetto. A causa del nostro sistema
    energetico tradizionale, con il suo inquinamento atmosferico, i suoi
    cambiamenti climatici, le sue ripercussioni sul ciclo idrico, le siccità, lo
    scioglimento dei ghiacciai, delle cappe polari, del ghiaccio in Groenlandia,
    del permafrost, la progressiva desertificazione, le catastrofi da inondazioni,
    tutto questo ci dimostra che il paesaggio non è più protetto anche se
    mai nessun essere umano vi entra. Questi fenomeni sono una conseguenza
    del nostro sistema energetico, come anche dell'uso dell'energia nucleare,
    che produce calore addizionale che altrimenti non esisterebbe nel computo
    naturale di calore di questa terra e del suo rapporto con il sole.
    L'unica prospettiva di protezione del paesaggio è evitare tutte queste conseguenze
    del nostro sistema energetico attuale e stabilire, con la svolta verso
    un sistema di energie rinnovabili, un nuovo equilibrio. Però questo
    nuovo sistema energetico ha bisogno anche di terreni dove si istallano i
    nuovi sistemi. Quindi l'argomento della protezione del paesaggio, come
    viene usato per esempio da Ripa di Meana, è un modo decontestualizzato
    di vedere le cose, è uno sguardo isolato sul piccolo biotopo in un periodo
    dove il biotopo terra è minacciato nella sua totalità. Per questo ogni tentativo
    di opporsi agli impianti ecologici nel nome della protezione del paesaggio,
    sono al contempo tentativi - coscienti o incoscienti - di dare una
    protezione politica al sistema energetico convenzionale.
    Domanda: E lei non vede nessuna necessità di agire per rendere il sistema
    energetico esistente più ambientalmente compatibile? Per esempio sotto
    forma di un uso pulito del carbone e di sequestro e stoccaggio del CO2
    sotto terra o nel mare?
    Scheer: Qui di nuovo siamo testimoni di promesse di innovazioni tecnologiche
    miracolose per fornire nuove legittimazioni alla manutenzione del
    sistema energetico esistente. I rischi di queste nuove tecnologie non vengono
    nominati, come per esempio il problema di dove stoccare il CO2.
    Vogliamo mettere il CO2 sequestrato nel mare, con tutte le conseguenze
    che sono imprevedibili? O sotto terra nelle miniere dismesse, con il rischio
    che si verifichino delle perdite? Inoltre i costi che devono essere sostenuti
    sono molto, molto più alti di quelli per la mobilitazione delle energie rinnovabili.
    Tutto questo è chiaramente in tavola e favorire lo stesso il clean
    coal, carbone pulito e cercare di evitare in questo modo l'introduzione
    delle energie rinnovabili è senza prospettiva e senza misura.
    Domanda: Lei è un politico, l'esperto energetico del Partito Social Democratico...?
    Scheer: Io non sono un esperto energetico del Partito Social Democratico.
    Rifiuto il concetto di "esperto energetico" perché trae in inganno. Gli esperti
    energetici fanno parte del problema. Loro guardano il sistema energetico
    attuale nella falsa prospettiva che potrebbe essere neutro in riferimento alle
    varie fonti energetiche. Il che non è vero, non può essere. Ogni sistema di
    rifornimento energetico ha un suo taglio preciso con tutta la sua infrastruttura,
    la sua apparecchiatura tecnica, con delle strutture anche imprenditoriali
    per la forma di energia per la quale si è deciso. Vale a dire il nostro
    sistema energetico attuale non è neutro verso altre fonti energetiche.
    Domanda: Va bene, in tal caso mi faccia fare la domanda in modo diverso.
    Lei è una persona che pensa politicamente, è stato onorato dal Time Magazine
    come "Green Hero of the Century" e questo sicuramente è incoraggiante...
    Scheer: No il titolo è "Hero for the Green Century" perché il secolo non
    è ancora verde!
    Domanda: ... lo stesso si deve dire che lei nel rifiuto del commercio delle
    emissioni e del processo di Kyoto è abbastanza solo nel campo ambientale.
    Dopo l'ultima conferenza delle parti, la COP 11 di Montreal, sono rimasto
    perplesso anche io che quasi tutte le organizzazioni ambientali abbracciano
    a pieno questo processo. Un simbolo era l'adesivo del WWF "I love Kyoto".
    Questo non le fa sorgere la preoccupazione per che cosa si può contrapporre
    a questa grande speranza nel mercato come meccanismo dominante
    e quasi esclusivo per portare avanti il processo di protezione del
    clima?
    Scheer: L'emission trading non ha niente a che vedere con il mercato!
    Anche se c'è la parola commercio, trading. Questo strumento comporterà
    una totale burocratizzazione della protezione ambientale e una riduzione
    del problema dell'energia e della protezione allo scambio di certificati. Mi
    dispiace ma si tratta proprio dello strumento peggiore che ci sia. E'
    preferibile al non fare niente, ma tra tutti gli strumenti esistenti è quello
    peggiore. È peggio come strumento e molto più burocratico di qualsiasi
    tassa ecologica, è molto peggio come strumento della legge tedesca a
    favore delle energie rinnovabili che solo negli ultimi 6 anni ha contribuito
    ad evitare 50 milioni di tonnellate di CO2, mentre l'attuazione del Protocollo
    di Kyoto per la Germania fino al 2012, attraverso l'emission trading
    e gli altri due meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto, hanno come
    obiettivo solo 10 milioni di tonnellate. Il problema del Protocollo di Kyoto
    sono i meccanismi flessibili e mi dispiace doverlo dire, non mi irrita minimamente
    che siamo in pochi che lo diciamo. Però non sono il solo, ci
    sono molti altri; più che non si pensi. Nomino solo Wolfgang Sachs che ha
    messo anche per iscritto una dura critica anni fa quando è stato presentato
    il Protocollo di Kyoto.
    Il nostro sistema energetico attuale non è neutro verso altre fonti
    energetiche
    Domanda: È vero. Immediatamente dopo l'uscita del Protocollo di Kyoto
    eravamo in molti a criticarlo. In seguito la maggior parte ha ripensato la
    propria posizione.
    Scheer: Hanno fatto una svolta per un falso senso di realismo. Nel corso
    delle conferenze internazionali si è affermato un meccanismo di integrazione.
    Le organizzazioni non-governative sono state coinvolte, sempre di
    più si è diffusa la sensazione di influenzare il processo e la conseguenza è
    stata un adattamento, un arrangiarsi. Così come si può osservare criticamente
    con i partiti politici, cosa sono diventati gli obiettivi di fondo nella
    prassi, dove cominciano a fare compromessi. Sarebbe ingenuo pensare
    che questi meccanismi non si verifichino con le organizzazioni nongovernative.
    Lancio alcuni spunti per rendere comprensibile questa critica.
    1. Comincio con il concetto che già ci mette su un sentiero sbagliato, il
    "diritto alle emissioni" che è altamente problematico. Se sostituiamo
    il concetto di diritto alle emissioni con quello di diritto ad uccidere
    tutti rimangono sconvolti. Però le emissioni di oggi uccidono, in molti
    modi; si deve solo guardare i rapporti dell'Organizzazione Mondiale
    della Sanità o le conseguenze dell'utilizzo convenzionale dell'energia
    sotto forma dell'inquinamento atmosferico, non prendendo neanche
    in considerazione i cambiamenti climatici. Per questo ritengo il "diritto
    alle emissioni" insopportabile.
    2. Inoltre, con i meccanismi flessibili, l'obiettivo minimo del Protocollo
    di Kyoto di ridurre le emissioni del 5% entro il 2012 - e questo solo
    tra i paesi industrializzati che hanno ratificato il Protocollo - diventa
    di fatto il limite massimo del proprio agire.
    3. Chi potrebbe immaginarsi che con questi strumenti ci sarà il grande
    salto in avanti nella fase Post-Kyoto? Nessuno se lo può immaginare sul
    serio, se si agisce con un obiettivo minimo di questo tipo e se poi si
    fanno le grandi lodi di ciò, riduce in modo drastico la legittimità e
    l'autorità delle organizzazioni ambientali ad un piatto pragmatismo.
    4. E come ultimo punto: il Protocollo di Kyoto fa venire meno o elimina
    totalmente la propria responsabilità che una volta, dopo la Conferenza
    di Rio, si è concretizzata nello slogan "Pensare globalmente, agire
    localmente". Questo pensiero viene cancellato con l'emission trading.
    Viene messo in vigore un meccanismo per allocare i mezzi finanziari in
    quell'angolo del mondo dove l'efficienza di riduzione delle emissioni è più
    alta. Con il risultato logico vincolante, se il sistema veramente funzionasse
    - il che non sarà - un qualsiasi investimento nella protezione dell'ambiente
    che ha a che vedere con i gas serra in un paese sviluppato, ad alto livello
    di redditi come i paesi dell'Unione Europea, sarebbe da considerare come
    non etico perché sempre si potrebbe dimostrare che in un qualche altro
    luogo del mondo un altro attore potrebbe fare con gli stessi mezzi
    finanziari una riduzione più grande di CO2. Vale a dire che l'elemento
    della responsabilità immediata, individuale e locale viene eliminato in una
    mentalità tecnocratica. Il concetto della responsabilità viene anonimizzato
    e in tal modo eliminato. Mi dispiace, ma considero agghiacciante come
    vengono fatte le lodi del Protocollo di Kyoto e sono convinto che molti fra
    qualche anno saranno sorpresi di se stessi, di come potevano avere al
    tempo uno sguardo così privo di critica.
    Domanda: Lei sicuramente avrà occasione di approfondire questo punto
    visto che ci sono molti che cercano proprio di usare il commercio con i
    certificati di emissioni come strumento per motivare i privati, ma anche gli
    enti pubblici, ad impegnarsi a favore della protezione del clima.
    Scheer: Senza fare un passo indietro nella mia dura critica va detto che in
    quei paesi dove non c'è una legislazione adeguata che vada oltre il Protocollo
    di Kyoto, ci si appoggia sull'unico strumento attualmente a disposizione,
    ma non è una ragione sufficiente per glorificare questo Protocollo.
    Se gli Stati Uniti d'America avessero ratificato Kyoto oggi il dibattito
    Se sostituiamo il concetto di diritto alle emissioni con quello di diritto
    ad uccidere tutti si scandalizzano, ma le emissioni uccidono
    sarebbe molto più critico. Solo perché gli Americani erano contro il
    Protocollo di Kyoto molti pensano che sia una buona cosa: un effetto
    psicologico. A Montreal durante la COP 11 ho parlato con molta gente e
    mi sembra piuttosto evidente come andranno le cose con Kyoto 2, quale
    sarà la politica favorita dai governi: il carbone pulito e l'energia nucleare.
    Domanda: Possiamo essere d'accordo che questa spinta verso l'energia
    nucleare è senza chance?
    Scheer: Ma no! Chi lo dice?
    Domanda: In Germania voi avete un unico Ministro che è a favore dell'energia
    nucleare. In Italia periodicamente questo dibattito risorge, ma io
    non vedo nessuna possibilità realistica che questa tecnologia si riaffermi.
    Scheer: Io ammonisco di non prendere sotto gamba questo fenomeno
    della propaganda a favore della rinascita dell'energia nucleare. Chi
    sottovaluta un avversario ha già perso. Il dibattito sulla rinascita dell'energia
    nucleare è in atto a pieno ritmo a livello globale, è organizzato
    perfettamente e ci sono dei gruppi molto potenti dietro.
    Domanda: Quindi mentre io direi che questo dibattito è risorto ogni tanto
    da Chernobyl, ormai 20 anni fa, ma di fatto sono stati costruiti molto
    meno impianti e si tratta di una tecnologia in via d'uscita lei ci mette in
    guardia a non sottovalutare l'avversario?
    Scheer: Infatti, non dobbiamo sottovalutare la minaccia nucleare. La Cina
    ha annunciato che costruirà altri 32 impianti, l'India sta progettando nuove
    centrali, andrò prossimamente in Vietnam perché lì c'è un dibattito dove alcuni
    vogliono impedire al governo attuale di promuovere l'energia nucleare.
    Un altro fatto preoccupante: la Commissione Europea vuole triplicare
    il finanziamento per EURATOM. Sono pochi indicatori, ma significativi.
    La decisione degli Stati Uniti del 2001 di uscire dal Protocollo di Kyoto ha
    liberato la strada per escludere l'energia nucleare dalle forme di energia
    che contribuiscono alla salvaguardia del clima. Predico che questa decisione
    non troverà una maggioranza per Kyoto 2.
    Domanda: Lei vuole dire che l'energia nucleare farà parte di Kyoto 2?
    Scheer: Sì è proprio quello che dico. Lei guardi la posizione britannica di
    Tony Blear, conosciamo ormai la posizione della Francia, quella del Giappone
    chiaramente è a favore del nucleare, gli italiani, gli americani, i russi, i
    cinesi.... Sarebbe irresponsabile sottovalutare questa rinascita dell'energia
    nucleare che è solo all'inizio. Non si tratta di un fuoco di paglia. E di nuovo
    ci troviamo di fronte alla bugia energetica con l'affermazione che per ragioni
    di protezione del clima non si può rinunciare all'energia nucleare perché le
    energie rinnovabili richiedono troppo tempo o non bastano. Torniamo
    sempre sullo stesso punto: vengono ignorate sistematicamente tutte le
    ricerche fatte per il Governo Tedesco, per l'Unione Europea, negli Stati
    Uniti o in Francia, che cito nei miei libri e che affermano la possibilità di una
    svolta piena verso le energie rinnovabili. Tutto questo viene ignorato perché
    è ovvio che con la trasformazione verso le energie rinnovabili il sistema
    energetico attuale non continuerà ad esistere.

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    INTERVENTO DI BANCA ETICA SUL NUCLEARE ALLA ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI ENEL

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    ........Il nucleare è un'altra falsa soluzione al contenimento delle emissioni di gas serra. Nel

    mondo sono presenti 440 reattori che forniscono circa il 6,5% dell'energia primaria

    globale31. Per raddoppiare il numero dei reattori occorrerebbe inaugurare una centrale

    nucleare ogni due settimane da qui al 2030. Un'ipotesi irrealizzabile, che permetterebbe

    di ridurre le emissioni globali di gas serra di appena il 5%32. Troppo poco, troppo in

    ritardo e con costi esorbitanti che si aggirano attorno a 3mila miliardi di euro33.

    Si stima inoltre che un dollaro investito in efficienza energetica permetta di ridurre sette

    volte tanto le emissioni di CO2 rispetto allo stesso dollaro investito nel nucleare, ma

    senza alcun rischio connesso34. Il nucleare è infatti una fonte pericolosa: le centrali sono

    un obiettivo per attentati terroristici, la gestione delle scorie radioattive nel lungo periodo

    rimane un problema irrisolto che alimenta la proliferazione di armi atomiche, e incidenti

    continuano a verificarsi, come accaduto nel 2007 in Giappone e in Spagna presso la

    centrale "Ascò I", proprietà di Endesa35. La società - già controllata da ENEL al 67% -

    aveva tenuto nascosto per quattro mesi una fuga di radioattività dall'impianto.

    L‘incidente è stato reso pubblico da Greenpeace solamente nel marzo 2008, e come

    conseguenza l'Agenzia di sicurezza nucleare spagnola ha effettuato controlli sulla

    contaminazione di circa 1.600 persone.

    Un reattore nucleare di medie dimensioni produce circa 150 tonnellate all'anno di scorie

    altamente radioattive. Una tonnellata contiene circa 10 Kg di Plutonio, sufficienti per

    realizzare una bomba nucleare con tecnologie rudimentali.

    Il nucleare è una falsa soluzione anche in tema di sicurezza energetica. Col nucleare

    l'Italia dovrà dipendere da quei Paesi che possiedono il combustibile, e in questi ultimi 4

    anni il prezzo dell'Uranio è salito di circa 20 volte senza che ci sia stato alcun aumento

    della richiesta36. La risorsa è inoltre esauribile: l'Uranio estraibile a costi economici è pari

    a circa 3,5 milioni di tonnellate e, agli attuali livelli di consumo, basterà per altri 50 anni

    appena.......

     

    Per leggere tutto l'intervento vai su valori.it

     

     

     

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    Rinnovabili, entrano in gara i giganti dell'energia

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    Le corporation mondiali dell'energia iniziano ad investire massicciamente nelle rinnovabili. "Gli elefanti stanno arrivando, titola la rivista European Energy Review. Riportiamo l'editoriale di Gianni Silvestrini per "KyotoClubNews", la newsletter mensile del Kyoto Club.

    «Ogni verità attraversa tre fasi: nella prima viene ridicolizzata, nella seconda viene contrastata con veemenza, nella terza fase viene accettata come ovvia». L'evoluzione dell'impiego delle fonti rinnovabili conferma pienamente l'efficace aforisma di Arthur Schopenhauer.
    Quando, dopo la prima crisi petrolifera - circa trenta anni fa - è tornato l'interesse per le energie verdi, i grandi player mondiali dell'energia mostrarono un atteggiamento di sufficienza nei confronti delle emergenti tecnologie eoliche e solari. Qualcuno arrivò anche a teorizzare che le multinazionali avessero messo le mani sulla nascente industria solare per soffocarla. Certo non fecero niente per aiutarla.

    La seconda fase, di contrasto a volte aspro, riguarda gli ultimi 15 anni. Se ad esempio analizziamo l'atteggiamento delle utilities tedesche nei confronti della feed-in law - l'efficacissima legislazione sulle rinnovabili - emerge una posizione ostile, con dichiarazioni pubbliche, articoli, studi e persino il ricorso a strumenti giuridici per bloccare gli incentivi.
    Adesso siamo, infine, entrati nella terza fase:vengono riconosciuti il potenziale di queste forme di energia e l'enorme business connesso con il loro sfruttamento. A gara, tutti i grandi gruppi si lanciano in questa direzione. Un recente articolo su European Energy Review titolava "Gli elefanti stanno arrivando" riferendosi ai grandi gruppi lanciati in massicci investimenti nelle rinnovabili.

    Così alla tedesca Rwe che parla di investire 1 miliardo € all'anno risponde la cugina e rivale E.On con un piano di 6 miliardi € entro il 2010. E analogamente si sono mosse Edf ed Enel, che si affiancano a multinazionali petrolifere come Shell o Bp che da più tempo hanno compreso la necessità di diversificare i propri settori di intervento. Secondo lo studio Agici sulle strategie e gli investimenti dei leader europei nelle fonti rinnovabili effettuato analizzando i piani strategici ufficialmente comunicati dei principali gruppi europei (Atel, Centrica, Edf, EdP, Enel, E.On, Gaz de France, Iberdrola, Rwe, Statkraft, Suez, Verbund) e italiani (A2A, Acea, Edison, Erg, Iride e Sorgenia) gli investimenti nei prossimi sette anni supereranno i 50 miliardi di euro con un incremento del 400% rispetto agli attuali impegni. E sicuramente la corsa al rialzo continuerà.
    Insomma, si profila una competizione tra le agguerritissime start up solari ed eoliche, che negli ultimi anni sono cresciute in maniera esponenziale raggiungendo fatturati di centinaia di milioni di €, e i colossi energetici che si aprono alle rinnovabili. Sarà una bella gara.

    Gianni Silvestrini, Direttore Scientifico del Kyoto Club 10 giugno 2008

    Articolo pubblicato su KyotoClubNews, la newsletter mensile del Kyoto Club.

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