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    10 settembre 2006 - Loris Asoli
    Fonte: Bollettino Res Marche N°2 Anno 2 - 08 agosto 2006

    L'economia nei vangeli

    Negli ultimi tempi si è molto parlato che l’Europa sarebbe un’area in cui sono predominanti i valori cristiani e la cultura cristiana e che pertanto se ne avrebbe dovuto far menzione all’inizio della Costituzione europea.
    Il nostro tema principale è l’economia, una nuova economia, e con questo articolo vorrei analizzare che cosa dicono i vangeli su questo tema e se quanto dicono è veramente realizzato nella cultura e nella prassi dell’Europa. Prendo come riferimento il vangelo di Matteo.
    Occorre premettere che i testi evangelici sono testi spirituali, per cui l’analisi dell’aspetto economico nei vangeli ci porterà inevitabilmente anche nella dimensione spirituale, in cui è inserita la visione economica evangelica. Non potrà che trattarsi di una economia con uno sfondo di spiritualità.
    Un primo passo, famoso e sorprendente, da mettere in evidenza, è il seguente:« Non siate troppo solleciti per la vostra vita, di quel che mangerete, né per il vostro corpo di che vi vestirete. La vita non vale più del cibo, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, eppure il Padre vostro celeste li nutre ugualmente. Or non valete voi più di loro? E chi di voi, per quanto pensi e ripensi, può aggiungere alla durata della sua vita un sol cubito? E perché darsi tanta pena per il vestito? Guardate come crescono i gigli dei campi: non lavorano né filano, eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, in tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di loro. Or se Dio riveste in questa maniera l’erba del campo, che oggi è e domani viene gettata nel fuoco, non vestirà molto di più voi, gente di poca fede? Non vogliate dunque angustiarvi dicendo: che cosa mangeremo? che cosa berremo? di che ci vestiremo? Di tutte queste cose infatti si danno premura i pagani. Or il padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutto questo. Cercate prima di tutto il Regno e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in sovrappiù.» (Matteo 7, 25). Per “regno” si intende qui “il regno di Dio”, come è precisato nel passo corrispondente del vangelo di Luca.
    Da questo passo si deduce che, secondo la concezione del Cristo, l’affannarsi per l’economia e per ottenere le cose materiali, non va messo in primo piano, ma vi va posta la ricerca del “regno di Dio” e della giustizia insita in questo regno, in quanto, in questo modo, si ottiene in sovrappiù, come dono, tutto ciò di cui si ha bisogno. E’ chiaro qui che nella nostra epoca siamo ben lontani dall’attenerci a questa indicazione del Cristo, in quanto nell’umanità sta in primo piano l’affanno per le cose materiali.
    Ma per comprendere questo passo occorre cercare di andare a fondo, per capire che cosa intenda Gesù per “Regno di Dio” e per “Giustizia”. Intanto una caratteristica importante ed essenziale del regno di Dio è proprio la giustizia. Infatti questo valore viene evidenziato come costitutivo del regno (“il regno e la sua giustizia”). Anzi, mettendo in evidenza questo valore in questo passo, sembra che Gesù voglia dire che è la giustizia, insita nel regno di Dio, la caratteristica principale che permette di ottenere tutte le cose materiali come un sovrappiù, senza alcuno sforzo, ma come “grazia” dello stesso amore che viene elargito gratuitamente agli uccelli del cielo e ai gigli dei campi. Che cosa è dunque questa giustizia, che magicamente permette di ottenere tutti i beni di cui l’uomo ha bisogno? In un quadro di Raffaello la Giustizia tiene nella mano destra una spada sguainata e nella sinistra una bilancia in equilibrio (tanto su un piatto quanto sull’altro). L’artista sembra voler dire che se non c’è equità, cioè lo stesso dare a tutti, la spada divina della Giustizia colpirà. Giustizia ed equità vanno a braccetto. Equità significa trattare tutti allo stesso modo, considerando tutti uguali.
    Se consideriamo la civiltà economica odierna vediamo quanto siamo lontani da questo criterio di giustizia. Anzi sembra di essere agli antipodi. Oggi, per citare solo un aspetto come esempio, abbiamo una civiltà economica che permette ad alcuni individui sulla terra di possedere più di interi popoli, stati e nazioni, mentre milioni e miliardi di individui soffrono nei più grandi disagi materiali: fame, carenza di acqua, malattie, mancanza di abitazioni, di istruzione, e ogni altro disagio. Oggi viviamo palesemente in una cultura e in una pratica di grande ingiustizia, disuguaglianza e non equità.
    Per comprendere quanta centrale importanza attribuisse il Cristo alla Giustizia, basta osservare che essa è posta anche fra le “beatitudini” e per due volte, unico caso. “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, poiché saranno saziati”, “ Beati i perseguitati a causa della giustizia perché di essi è il regno dei cieli”. Da queste frasi si comprende che il Cristo era venuto sulla terra anche per realizzare la giustizia divina. Il suo piano, di realizzare “il regno di Dio e la sua giustizia”, sulla terra, è stato fermato dalla caparbietà degli uomini di allora, ma, sul piano spirituale, esso si è ugualmente realizzato. La giustizia vive comunque come caratteristica divina che, prima o poi, dovrà realizzarsi anche sulla terra e chi ne ha fame e sete sarà saziato. Non solo, ma, sul piano spirituale, chi ha fame e sete di giustizia, già oggi viene saziato, perché nel suo intimo vive già in questo valore divino e ne riceve i frutti nell’interiore, anche se nel mondo vige il contrario. Nella seconda frase la giustizia è di nuovo legata al regno dei cieli. I giusti accedono al regno, che ad essi appartiene, perché la giustizia è caratteristica essenziale del regno dei cieli e chi vive nella giustizia vive già, nella sua coscienza, nel regno dei cieli.
    A questo punto occorre chiarire che cosa intende Gesù per “regno di Dio” o “regno dei cieli”. Intanto non è un regno che vale solo per la vita dopo la morte, ma anche per quella terrena. Infatti, nella preghiera centrale insegnata dal Cristo, il Padre Nostro, si dice “Venga il Tuo regno , come in cielo così anche sulla terra”. Del resto anche nella frase “cercate prima di tutto il regno e tutte le cose materiali vi saranno date in sovrappiù”, è chiaro che il Cristo si riferisce ad un regno nella dimensione terrena, parallelo al regno di Dio sul piano spirituale. Il Cristo però dice anche, secondo un passo del vangelo di Giovanni: “il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo le mie guardie, certo, avrebbero combattuto perché non fossi dato nelle mani dei giudei, ma adesso il mio regno non è di quaggiù”. Che cosa è da intendere qui? La frase significa che il regno del Cristo non è un regno convenzionale, con regnanti e guardie, ma un regno nell’interiore dell’uomo, fatto di valori, fra cui la giustizia, la verità e l’amore. Un regno, però, per gli uomini di questa terra, per la loro interiorità, cioè per i loro cuori e le loro anime, per i loro pensieri, immaginazioni, sentimenti ed emozioni, per la loro coscienza. A partire dalla conquista dell’interiore dell’uomo. il regno divino potrà poi passare a realizzarsi anche nelle azioni, nelle comunità, nella convivenza fra gli uomini e dovrà farlo in un modo del tutto nuovo, rispetto ai regni convenzionali, come quello dei Giudei o dei Romani. A conferma di quanto detto, c’è un passo famoso del vangelo di Luca, che illustra come il regno di Dio sulla terra nasce prima nella dimensione interiore degli individui: «Il regno di Dio non è avvertito quando viene, sicché si possa dire “ecco è qui”, oppure “è là”, perché il regno di Dio è dentro di voi» (Luca 17,20). Dunque il percorso per l’avvento del regno di Dio sulla terra, secondo il Cristo, è il seguente: Il regno divino, di pace e armonia, è da sempre presente nella dimensione spirituale, al di fuori della vita sulla terra. Dalla dimensione spirituale pura scende nella interiorità dell’uomo, nella sua anima, nei suoi pensieri e sentimenti. Quando tanti uomini saranno afferrati dall’esigenza interiore di costruire un regno di pace e di amore sulla terra, il regno dei cieli scenderà infine nelle azioni concrete e si incarnerà anche nelle istituzioni delle comunità umane. Così è stato il piano messianico del Cristo e sarebbe bello che potesse realizzarsi nel nuovo millennio appena incominciato.
    Tutto questo, sulla giustizia e sul “regno”, per chiarire che cosa intende il Cristo nel dire che quando sarà realizzata la giustizia, con l’affermarsi del regno divino sulla terra, tutti saranno ricolmati dall’abbondanza. L’abbondanza è già presente sulla terra e se non scorre verso tutti gli uomini è solo perché l’umanità vive nell’egoismo, nello spirito di potere e privilegio e nella contrapposizione degli uni agli altri, fino alle guerre e alle uccisioni e non vive nella giustizia. Il regno divino è anche uno stato di coscienza superiore, in cui la creatività sarà maggiore e con essa anche la possibilità di attingere in modo più facile ai doni della Terra, del Sole e delle energie cosmiche. La visione evangelica ci comunica che il benessere dell’uomo proviene innanzitutto dalla realizzazione del regno di Dio, cioè da una vita vissuta nei grandi valori dell’amore, della verità e della libertà e da una vita di relazione positiva con tutti gli esseri. Con ciò si può raggiungere la bellezza e la pienezza della vita ed in ciò tutti i beni materiali, il cibo, il vestito e tutto il resto, si ottengono come un sovrappiù. Se l’essere umano vive nei valori e nelle azioni del regno di Dio, riceve tutto dalla pienezza della vita. Chi segue le leggi della Vita, riceve da essa tutto in dono. Quella evangelica è una concezione di pienezza di doni. Certo non facile da realizzarsi per noi uomini concreti di quest'epoca, pieni di difetti e di limiti, eppure affascinante.
    Un altro passo famoso di Matteo che ha agganci anche con l’economia è analogo al precedente: «Chiedete e vi sarà dato; cercate ed otterrete; picchiate e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede, riceve; chi cerca trova e a chi bussa verrà aperto. E qual è quell’uomo fra voi che darà una pietra a suo figlio che gli chiede del pane? O se chiede un pesce, gli dia una serpe? Se dunque voi, cattivi come siete, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il vostro Padre che è nei cieli, concederà cose buone a coloro che gliele chiedono. Tutto quanto, dunque, desiderate che gli uomini facciano a voi, fatelo voi pure a loro, poiché questa è la Legge e i Profeti» (Matteo 7,7) Anche questo brano si può comprendere solo come il precedente: se cercherete e realizzerete prima di tutto il regno divino della giustizia e dei valori, tutto vi sarà dato. Potrete chiedere ed otterrete, cercare ed otterrete…poiché realizzerete la legge dell’amore e farete agli altri tutto quello che vorreste fosse fatto a voi, così che riceverete tutto poiché, elevando la coscienza al dare altruistico, Dio stesso darà a voi nuove capacità, nuovi talenti, nuove conoscenze, nuove possibilità e vivrete nel regno del dare e del ricevere gratuito, nel regno dell’abbondanza divina.

    Trattate queste prime e basilari indicazioni dei vangeli sull’economia, cerchiamo quali altre sono presenti. Certamente ce ne sono molte sul valore da dare alla ricchezza materiale. Un passo è il seguente: «Non accumulate tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine distruggono e dove i ladri sfondano e rubano, ma accumulate tesori in cielo…poiché là dove è il tuo tesoro ci sarà pure il tuo cuore» Per comprendere questo passo occorre riconoscere che cosa si intende qui per “cielo”. Il “cielo” è la dimensione interiore dell’uomo. Dentro il corpo ci sono un’anima e uno spirito, che danno la vita al corpo e forniscono all’uomo le caratteristiche che egli ha in sé. “Cielo” sono l’anima e lo spirito dell’uomo, “cielo” è la sua coscienza. Accumulare tesori in cielo, significa riempire la coscienza e l’anima di tesori. I tesori per l’anima e per la coscienza sono la saggezza, la veracità, la capacità d’amore e di condivisione, il sentirsi liberi, il sentimento di unità con tutti gli esseri, la bellezza e l’armonia, la creatività e tutti i buoni sentimenti. Questi e simili sono i tesori che l’anima può portare con sé, quando, con la morte, lascia il corpo. Non può portare con sé, invece, alcun tesoro materiale, né case, né terreni, né fabbriche, né costruzioni o macchine, né piaceri che si possono ottenere soltanto attraverso il corpo materiale. Ma la frase ci fa andare ancora più a fondo “…poiché là dove è il tuo tesoro ci sarà pure il tuo cuore”. Qui il cuore indica una parte dell’anima, quella dei sentimenti. Dunque se il cuore e, tramite esso, l’anima prenderanno come tesori i beni materiali, rimarranno attaccati alla dimensione materiale e ne soffriranno quando l’anima non sarà più nel corpo materiale. Mentre se l’anima accumulerà tesori in cielo, nella dimensione interiore e spirituale, in se stessa, porterà con sé questi tesori e ne gioirà. Nei vangeli, il non attaccamento alle ricchezze e ai beni materiali della terra, si comprende quando lo sguardo e la coscienza si aprono oltre la vita fisica, fino a comprendere la dimensione spirituale che è in essa, sia quella che l’uomo porta in sé (in quanto oltre che corpo è anche anima e spirito), sia quella che sta dietro, sotto, dentro e al di là della materia fisica.
    Un altro passo sulla ricchezza è il seguente: «In verità vi dico che difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Sì, ve lo ripeto: è più facile che un cammello entri per la cruna di un ago, che un ricco nel regno di Dio» (Matteo 19,23). Infatti il ricco facilmente si attacca ai beni materiali che possiede e amministra e inoltre tende ad usarli come strumento di potere, di prestigio e di privilegio, così che la sua anima rimane attaccata alla dimensione materiale e non evolve verso i valori del regno dei cieli. E’ chiaro che anche un povero può attaccarsi a quel poco che possiede, perciò il Cristo, nel discorso della montagna, elogia la povertà non in se stessa, ma in un modo particolare che occorre comprendere: «beati i poveri in spirito, poiché di essi è il regno dei cieli». Qui “povero in spirito” è proprio colui che non è attaccato alla ricchezza e ai beni materiali, ma si sente povero nel suo spirito, nel suo intimo e perciò cerca sempre la vera ricchezza, che si ottiene vivendo nelle leggi della Vita, dell’Amore e della Verità. Chi si sente “povero nello spirito” non cesserà mai di cercare la vera ricchezza e di perfezionarsi interiormente e, dunque, si avvicinerà sempre più al "regno dei cieli”.

    Ora prendiamo in esame un ultimo aspetto dell’economia nei vangeli. Nella parabola dei talenti (Matteo 24, 14 e seguito) si afferma che chi ha 5 talenti li deve far fruttare per 5 e chi ne ha due o uno li deve far fruttare in modo corrispondente. Tutti i talenti che si possiedono devono essere messi a frutto. Ciascuno deve riconoscere, sviluppare, mettere a frutto e donare le sue potenzialità. Inoltre, nella istruzione agli apostoli, il Cristo dice anche: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non prendete né oro né argento né moneta nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né calzari, né bastone, poiché l’operaio merita il suo nutrimento» ( Matteo 10, 8-10). Combinando questi due brani si comprende che nella mente del Cristo, la concezione di fondo che voleva realizzare, attraverso la venuta del regno celeste sulla terra, era che ciascuno mettesse tutte le sue potenzialità al servizio della comunità senza chiedere nulla in cambio, ma che del resto ricevesse gratuitamente dalla comunità tutto quello di cui avesse bisogno. Tutto ciò, per essere realizzato, richiede un alto stato di coscienza. Oggi tutto questo sembra pura utopia. L’uomo accetta il comando dell’antico testamento; “col sudore della tua fronte ti procurerai il cibo” e non si eleva al comandamento cristico del nuovo testamento: “date e vi sarà dato”. Eppure il Cristo era sceso per realizzare l’utopia e ancor oggi Egli opera, quale essere spirituale vivente, per aprire il cuore degli uomini a questa prospettiva, di dischiudere la pienezza interiore del regno celeste sulla terra, il regno dei valori universali realizzati. Questa concezione tentarono di applicare i primi discepoli del Cristo dopo la sua morte, come è scritto negli Atti degli apostoli (4,32) «La moltitudine dei credenti aveva un cuor solo e un’anima sola; né vi era chi dicesse suo quello che possedeva, ma tutto era tra loro comune». Purtroppo lo fecero fanaticamente, senza essere veramente nel corrispondente stato di coscienza, e senza la capacità di orientare positivamente i processi interiori ed esteriori che si aprono con una tale pratica; così questo tipo di esperienza finì con il fallire e mutare. Si trattava di un vero e proprio “comunismo esteriore”, che però non era stato incoraggiato dal Cristo, che aveva sempre dato preminenza ai valori interiori e si affidava in primo luogo alla maturazione delle coscienze, piuttosto che sull’imposizione di norme troppo avanzate. Tanto e vero che il suo incitamento principale ai discepoli era stato quello di insegnare a tutti i valori e i principi di vita da lui insegnati ai suoi seguaci e di alleviare le sofferenze.
    Cerchiamo ora di riassumere i punti principali che sono emersi da questa analisi dei passi evangelici con contenuto riferibile all’economia.

    • Per ottenere il benessere totale e anche quello materiale e per vivere nel regno di Dio sulla terra, gli uomini devono imparare a vivere, nel proprio interiore e nelle azioni, secondo i grandi valori universali, cioè nell’amore, nella verità e nella libertà. Per il benessere economico sono importanti in modo particolare i valori della giustizia, dell’equità e dell’uguaglianza, cioè della “fratellanza" e della solidarietà.

    • La vera ricchezza non è quella materiale, che anzi può essere facilmente pericolosa per l’evoluzione spirituale, ma è quella interiore, della coscienza e dell’anima. Ed è essa che va perseguita, tramite una vita orientata ai valori universali. Lasciando l’attrazione e l’attaccamento verso la ricchezza esteriore, essa si otterrà con più facilità e pienezza, come un sovrappiù, e si otterrà anche una ricchezza interiore, non materiale, di qualità molto superiore e molto più appagante.

    • Occorre dischiudere la dimensione del “dare”, del dare altruistico, del far fluire verso la comunità tutti i propri talenti e potenzialità. Se questo avverrà, si potrà anche chiedere tutto e si otterrà tutto. E questo si verificherà non solo perché tutti daranno, ma anche perché dando si dischiuderanno nuove capacità e potenzialità di dare, si dischiuderà nell’uomo la fonte della creatività divina.

    Giunti al termine possiamo riprendere la domanda iniziale: in Europa la cultura e la prassi economica odierna sono espressione della concezione cristiana originaria? Certamente non si può che rispondere di “no”. E anzi, alla luce di quanto esposto, ci si può domandare se anche nell’aspetto dell’economia le varie chiese cristiane non debbano recitare il “mea culpa”. Giovanni Paolo II° ha il merito di aver riconosciuto pubblicamente molti degli errori e delle nefandezze della Chiesa cattolica del passato e di averne chiesto pubblicamente perdono. Non sarebbe tempo che le chiese cristiane, in nome del loro signore e maestro, facessero anche sull’economia un pubblico “mea culpa” e una richiesta di perdono a tutti gli uomini per la corresponsabilità rispetto alle condizioni di disagio di milioni e miliardi di persone? Non sarebbe tempo che le chiese cristiane sconfessino come anticristiano il sistema economico e di potere attuale e domandino ai loro fedeli di togliere ogni collaborazione a questo sistema e di operare a costruirne uno nuovo, fondato sull’insegnamento del Cristo e sui valori cristiani ed universali? Questo nuovo sistema, al giorno d’oggi, potrebbe essere quello che noi cerchiamo di costruire attraverso le nascenti Reti di economia solidale e che cerchiamo di descrivere gradualmente anche attraverso le pagine di questo bollettino. Si tratta di un percorso iniziato da poco tempo, in varie parti del mondo, che ha bisogno di trovare più ampie collaborazioni e convergenze per potersi affermare.

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