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    10 settembre 2006 - Angelo Antognoni
    Fonte: Bollettino Res Marche N°2 Anno 2 - 08 agosto 2006

    Banche, business & bombe

    Tralasciando i settori delle varie attività illegali, ai giorni nostri ci sono tre comparti, tra quelli “legali” che non conoscono crisi e registrano profitti in costante ascesa, oltre a fare la voce grossa sui mercati internazionali: farmaceutico, petrolifero e bellico.
    Proprio a proposito di quest’ ultimo, in questo periodo, come ogni anno, è stata pubblicata la ormai conosciuta lista delle cosiddette banche armate.
    Questa lista viene resa pubblica in ottemperanza alla legge 185/90, che disciplina, per quanto riguarda il nostro paese, “esportazione, importazione e transito di materiale di armamento”; dal luglio del 1990 il commercio di armi non è più una transazione meramente economica, ma collegata alla politica di difesa interna ed estera italiana e di conseguenza il controllo passa dal ministero del commercio estero a quello degli esteri.
    Inoltre, entro il 31 marzo di ogni anno il Presidente del Consiglio riferisce al Parlamento su tutte le operazioni autorizzate e su quelle già effettuate.
    Tutto semplice e chiaro dunque: prendo la lista, guardo se la mia banca rientra o meno tra le iscritte e posso decidere di conseguenza se continuare ad affidare i miei risparmi o meno, con consapevolezza.
    In realtà non è proprio così: pur se la 185 è stato un grande passo avanti, presenta alcune lacune, in quanto la lista pubblicata elenca quali istituti bancari ha accreditato ad un proprio cliente soldi guadagnati vendendo armi all’estero, specificando quante volte e per quali importi, ma non rivela gli istituti bancari che hanno finanziato direttamente l’industria od il commercio di armi.
    In pratica, indica un servizio fornito dalle banche ad un proprio cliente che opera nel settore, come per altri clienti in settori differenti, alcune volte chiedendo una commissione che si aggira intorno all’1-1,5%, altre volte gratuitamente per tenersi il cliente.
    Nel 2000, promossa dalle riviste Nigrizia, Missione Oggi e Mosaico di Pace, è nata la “Campagna Banche Armate”, con l’intento di chiedere alle banche, tramite pressione dei propri correntisti, di non prestare più questi servizi di domiciliazione.
    Come risultato, alcuni gruppi, tra cui Montepaschi, Banca Intesa e Unicredit hanno annunciato la loro intenzione di non effettuare più tali servizi: Montepaschi è, in effetti, uscita dalla lista, Banca Intesa figura nell’ultima per importi marginali(relativamente alle cifre in gioco), Unicredit, invece, ci sta dentro alla grande, con oltre 100 milioni di euro di importi autorizzati per il 2005.
    A titolo informativo, i gruppi “padroni” della lista sono il San Paolo IMI con circa 165 milioni di euro, il gruppo Capitalia con circa168 milioni, la BNL con oltre 60 milioni, oltre ad alcune banche straniere presenti in Italia, come Deutsche Bank.
    Le autorizzazioni definitive sono state 645(contro le 579 del 2004) per un valore totale di 1.125 milioni di euro.
    A proposito di finanziamenti: Banca Intesa, citata sopra in senso positivo, nel mese di marzo, insieme a Mediobanca ed alla francese Caylon, ha rifinanziato un debito di 550 milioni di euro ad Avio, società al decimo posto nella classifica dei maggiori esportatori d’armi per il 2005, e di cui Finmeccanica, leader assoluto dell’industria bellica, detiene il 30%; tra l’altro, all’operazione hanno partecipato anche Antonveneta, Banca di Roma, Banca Nazionale del Lavoro e Banca Popolare di Milano.
    Quindi, anche se la propria banca non figura nella lista, non è detto che sia estranea al commercio di armi; un po’ di sana diffidenza e di approfondimento, per quanto possibile, può essere consigliabile.
    Infine, un’ultima nota:quale attuale coordinatore soci delle Marche di Banca Etica, mi sembra corretto, e doveroso, una precisazione relativamente all’apparizione nella lista di due istituti di credito (BPM e BPER) che hanno rapporti con BE, senza esprimere considerazioni personali.
    Dopo l’apparizione nell’aprile del 2005, relativa ad operazioni dell’anno 2004, è stata avviata una corrispondenza, seguita da una serie di incontri, tra la dirigenza di BE e i vertici delle rispettive banche.
    BPM si è dimostrata più disponibile(essendo anche maggiormente coinvolta come importi ed anche come relazioni con BE), assicurando una graduale uscita dal settore.
    Nella tabella relativa al 2005 questa intenzione sembra confermata, essendo calata la cifra(tralasciando il problema finanziamenti, come detto nell’articolo) e tale andamento sembra proseguire per il primo trimestre 2006.
    Comunque, è intenzione di BE di iniziare, in autunno, una campagna di pressione verso questi istituti bancari rivolta a privati ed associazioni che hanno conti od hanno ricevuto finanziamenti dagli stessi, per accelerare la decisione.
    Il termine, ragionevole secondo BE, è di un paio d’anni, dopo di che, verranno presi provvedimenti.
    Tutto questo nell’ottica non di “processare”, ma di spingere verso un cambiamento positivo.

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