La crisi fa scendere le emissioni Ma l'Italia è ancora indietro
IL prezzo del petrolio nel periodo 2007 - prima metà del 2008 e poi la crisi hanno fatto più delle politiche energetiche italiane: secondo il dossier Kyoto elaborato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, le emissioni serra in Italia stanno scendendo e ci si potrebbe avvicinare all'obiettivo (meno 6,5 per cento al 2012 rispetto ai livelli del 1990).
Resta il fatto che nel 2006 (ultimo anno con i dati completi disponibili) eravamo ancora a più 9,9 per cento rispetto al 1990, mentre Gran Bretagna, Francia e Germania avevano già raccolto i frutti di strategie di riduzione dei gas a effetto serra avviate già da tempo.
Si può fare qualcosa di più? Nel quarto anniversario della ratifica del protocollo di Kyoto una ricerca preparata da Legambiente mostra gli obiettivi possibili per evitare una sanzione che nel 2008 ha già superato un miliardo e mezzo di euro (in assenza di miglioramenti bisognerà pagarla nel 2012 assieme a quelle degli anni successivi). Eccoli una sintesi dello studio.
Trasporti. Per il 2008 dovremo spendere 721 milioni di euro per pagare il costo di Kyoto causato da un sistema dei trasporti ancorato al dominio dell'auto e dei combustibili fossili. Con gli stessi soldi di sarebbero potuti acquistare almeno 120 treni pendolari o realizzare 15 chilometri di linee metropolitane, o ancora creare in 8 grandi città italiane un sistema di bike sharing come quello di Parigi, dotato di 20 mila biciclette e 1400 stazioni.
Dal 1990 le emissioni del settore sono aumentate di oltre il 28 per cento. La maggiore responsabilità della crescita galoppante delle emissioni va al trasporto su gomma: il traffico di automobili, motocicli e veicoli pesanti ha causato nel 2006 oltre il 90 per cento dei gas serra del settore.
Centrali termoelettriche. 572 milioni di euro sarebbero stati sufficienti per installare un impianto fotovoltaico ad uso familiare su oltre 31 mila tetti. In alternativa si sarebbe potuto incentivare l'acquisto di frigoriferi efficiente di classe A+ per quasi 3 milioni di famiglie, con la completa copertura degli extra costi rispetto all'acquisto di un frigorifero tradizionale. In entrambi i casi la riduzione di emissioni dannose per il clima sarebbe stata significativa e in entrambi i casi l'investimento avrebbe generato un guadagno economico positivo. Grazie alla riduzione delle bollette, l'investimento iniziale viene completamente ripagato nell'arco di 15, nel caso del fotovoltaico, e in 4 anni, nel caso dei frigoriferi, permettendo oltretutto di rilanciare le imprese del settore.
Oltre il 78 per cento dell'elettricità prodotta nel nostro paese viene fornita da impianti che bruciano gas, carbone e petrolio, con sistemi molto spesso scarsamente efficienti, in quanto disperdono in calore buona parte dell'energia generata. E oggi la situazione rischia di essere ulteriormente aggravata dalla politica di rilancio del carbone. Nel 2008 sono stati ultimati i lavori di riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia. Nel momento in cui entrerà in funzione questo unico impianto riverserà in atmosfera 10,3 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, una quantità superiore alla CO2 emessa da un paese come la Lettonia.
Edifici - Per compensare le emissioni di gas serra dovremo spendere 292 milioni di euro. Con la stessa cifra si potrebbero migliorare gli standard di isolamento termico di oltre 12 mila appartamenti avvicinandoli a quelli di una casa a zero emissioni o dotare oltre 73 mila famiglie di un impianto solare per il riscaldamento dell'acqua.
Secondo la Commissione europea il ventaglio di interventi possibili negli edifici residenziali e commerciali porterebbe ad una riduzione dei consumi rispettivamente del 30 e del 27 per cento. In Italia la mancanza di una chiara strategia per il perseguimento degli obiettivi si è tradotta in un aumento del 12,5 per cento dei gas serra.
Rifiuti. Il conto che verrà presentato al settore rifiuti (34,9 milioni di euro) sarebbe stato sufficiente ad avviare un sistema di raccolta differenziata porta a porta in 2 capoluoghi di provincia del Centro Sud da 140 mila abitanti, come recentemente è stato fatto a Salerno dove, nel giro di pochi mesi, si è arrivati riciclare oltre l'80 per cento dei rifiuti prodotti da circa 100 mila abitanti.
Se si aumentasse il riciclo del 15 per cento rispetto agli attuali livelli, si otterrebbe una taglio delle emissioni di almeno 17 milioni di CO2, pari al 18 per cento dell'obiettivo italiano al 2020. Un risparmio anche per le finanze dei cittadini visto che ogni anno produciamo più di 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani (circa 500 chili pro capite) spendendo 5,2 miliardi di euro per smaltirli. A questi oneri vanno aggiunti quelli per lo smaltimento dei rifiuti speciali, che nel 2005 hanno raggiunto quota 107,5 milioni di tonnellate.
Industrie manifatturiere. Le industrie manifatturiere italiane faranno spendere ai contribuenti circa 53 milioni di euro per i gas serra emessi in eccedenza rispetto ai limiti previsti dal Protocollo di Kyoto. Spendendoli diversamente questi soldi non solo avrebbero evitato un costo per i cittadini ma garantito alle stesse industrie un ritorno nel giro di pochi anni. Come? Sostituendo 182 mila motori industriali da 4 kW con motori ad alta efficienza della stessa potenza (182 milioni di kWh risparmiati in un anno), oppure riconvertendo un impianto cloro-soda con tecnologie a zero emissioni di mercurio ed alta efficienza (72 milioni di kWh risparmiati in un anno)
I 15 milioni di motori industriali usati in Italia sono la voce più elevata dei nostri consumi energetici. La sostituzione dei modelli più vecchi con motori ad alta efficienza, secondo la Confindustria, porterebbe a un taglio dei consumi elettrici pari al 7 per cento.