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    10 settembre 2006 - Alessandro Messina
    Fonte: Bollettino Res Marche N°6 Anno 1 - 10 novembre 2005

    Scenari futuri dell'Economia solidale:

    la Città dell'altra economia

    (Le opinioni espresse in questo articolo riflettono esclusivamente il punto di vista dell’autore)

    Introduzione

    Oggetto di questa relazione è un progetto pilota che si sta attivando a Roma. Un progetto per la promozione concreta di un’altra economia. I punti da discutere sono dunque diversi: cosa si intenda per altra economia, come è possibile sollecitare cooperazioni fruttuose tra i soggetti che la animano e la pubblica amministrazione, quali sono gli strumenti normativi e finanziari a disposizione di un ente locale per la promozione di uno sviluppo locale solidale ed eco-compatibile. La relazione affronterà queste domande in ordine inverso, partendo dall’ultimo punto.

    Incentivi alle imprese? Usare al meglio un nuovo ruolo per i Comuni

    Fra le tante e diverse leggi che disciplinano gli strumenti di incentivo alle imprese, ve n’è una che ha introdotto rilevanti elementi di novità. Nota come legge Bersani dal nome del ministro che l’ha promossa, la legge 266 del 1997 contiene un ingente quantitativo di “Interventi urgenti per l’economia”. Tra questi, all’articolo 14, vengono previsti “Interventi per lo sviluppo imprenditoriale in aree di degrado urbano”:
    Al fine di superare la crisi di natura socio-ambientale in limitati ambiti dei comuni capoluogo di cui all'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che presentano caratteristiche di particolare degrado urbano e sociale, il ministro dell'Industria, del commercio e dell'artigianato provvede al finanziamento di interventi predisposti dalle amministrazioni comunali con l'obiettivo di sviluppare, in tali ambiti, iniziative economiche e imprenditoriali.
    Le novità sono di due tipi:

    - la prima, certamente la principale, consiste nel delegare ai Comuni un’azione di incentivo dell’imprenditoria locale, finora appannaggio delle amministrazioni centrali (o al massimo regionali), quindi al di fuori di una logica di prossimità, di conoscenza del territorio, di possibilità di realizzare politiche integrate2;

    - la seconda consiste nell’immaginare lo sviluppo imprenditoriale non solo come leva per risollevare aree economicamente depresse, ma anche per riqualificare quelle zone caratterizzate da “degrado urbano e sociale”, delineando così una forte connessione tra tessuto sociale e tessuto economico3.
    Vi sono oggi dieci città (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Cagliari, Napoli, Bari) che ormai dal 1999 si trovano a gestire questo nuovo strumento e i primi risultati sembrano più che incoraggianti4.
    Molte delle città hanno utilizzato questi fondi per integrare interventi diversi, di tipo sociale, urbanistico o ambientale, con quelli economici5. Ciò ha favorito una maggiore incisività dell’azione di incentivo, che - per quanto sia forse prematuro azzardare una valutazione di impatto, data la breve vita dell’iniziativa - sembra avere tassi di mortalità delle imprese che si aggirano tra il 20% e il 30% del totale, contro un andamento medio delle leggi agevolative che si attesta intorno al 50%6.

    L’autopromozione sociale. L’applicazione a Roma della l. 266/1997 (art. 14)

    La scelta del Ministero per le attività produttive è stata quella di distribuire le risorse stanziate per l’art. 14 della l. 266/97 in proporzione al numero di abitanti in ciascuna città. Così Roma si è trovata a gestire quasi un terzo del totale stanziato: circa 56 milioni di euro sui 171 totali.
    Di questi, 22 milioni, pari al 39%, sono stati dedicati alle attività di servizio alle imprese e la restante parte ai contributi. Dunque un comportamento poco distante dalla media nazionale, che ha distribuito rispettivamente il 30% e il 70% sulle due misure. Per quanto riguarda le aree della città su cui concentrare gli interventi, è stato da subito chiaro che queste dovevano essere nella periferia. La prima scelta della Giunta comunale fu quella di individuare alcune aree, in base ad indicatori socio-economici di minore sviluppo, e di procedere con un criterio di rotazione più o meno equo per la destinazione dei fondi. Così si è proceduto per i primi tre programmi: 1999, 2000 e 2001.
    Giunti al termine del 2001 si è capito però che occorreva dare maggiore coerenza agli interventi, procedere verso quella direzione di politiche integrate già più volte richiamata, sfruttare al meglio le opportunità specifiche di ciascun territorio, riconoscendo la grande varietà delle micro-città ricomprese nella città di Roma e dunque anche la diversità delle loro esigenze e potenzialità.
    Il programma per il 2002 ha così delineato una “fascia della periferia” su cui l’Amministrazione comunale può intervenire in modo complessivo o selezionandone specifiche porzioni, potendo in questo modo modulare la maggiore o minore intensità dell’intervento programmato e orientando questo tipo di misure verso quelle aree dove vi siano anche altri interventi di tipo sociale, ambientale, urbanistico. Tale fascia è stata ripresa e leggermente modificata nell’ultimo programma approvato dalla Giunta comunale, con delibera n. 89 del 23 febbraio 20057.
    Complessivamente a Roma sono così state finanziate più di 700 imprese per circa 34 milioni di Con il termine incubatore si intende uno spazio che ospita delle imprese e mette a disposizione di queste servizi materiali e immateriali che ne possano facilitare lo sviluppo.
    Roma sta lavorando in questo ambito attraverso diversi progetti:

    - Corviale: opera in questa zona ben nota della periferia romana ormai da quasi due anni un incubatore tradizionale, che ospita 10 imprese attive in diversi settori economici e ne può associare fino a 15. Si tratta di una struttura di grande qualità dal punto di vista funzionale e architettonico, che ancora deve sviluppare appieno le sue potenzialità sul territorio. Occorre migliorare il rapporto con gli altri nodi vitali della zona (la biblioteca comunale, il centro di formazione professionale, il laboratorio territoriale) e con il resto della città (le università, la Camera di Commercio, gli istituti professionali, le scuole ecc.).

    - Cinecittà: collocato all’interno degli studios, unico in Europa, l’incubatore di Cinecittà è a vocazione, ospita cioè soltanto imprese high-tech attive nel settore della produzione audio-video e del multimediale. Si tratta di dare forte sostegno a delle imprese che operano in un settore di nicchia, ad elevata competitività e che richiede una costante crescita della qualità offerta. Ospita 8 imprese e ne associa 10.

    - Imprese sociali: dimensionato su circa 1000 metri quadri, ospiterà 10 imprese e ne assocerà 20. Anch’esso a vocazione, sarà dedicato esclusivamente alle imprese non profit della città: cooperative, cooperative sociali, altre forme imprenditoriali purché prive di scopo di lucro.

    - Imprese dello spettacolo: ancora un incubatore a vocazione, questo dedicato esclusivamente ad imprese operanti nella filiera della produzione di eventi culturali e ricreativi (teatro, cinema, danza, musica ecc.). Ospita 8 imprese e ne associa 10.

    - Incubatore imprese ICT Open Source: attualmente se ne sta studiando la fattibilità, ma è quasi certo che nascerà entro l’inizio del 2006 nell’area limitrofa alla Tiburtina. Dovrebbe ospitare 8 giovani piccole imprese in grado di lavorare su piattaforme Linux e in generale con l’uso e l’implementazione di free software.

    Centri servizio

    Ne sono stati costituiti due, uno a nord e uno a sud della città, per fornire assistenza tecnica, orientamento, formazione, tutoraggio alle imprese e agli imprenditori (anche solo aspiranti tali) che desiderano accedere alle agevolazioni.
    Con l’intento specifico di sollecitare l’intraprendenza e l’imprenditorialità dei migranti è stato aperto uno sportello operativo presso la sede della Caritas di Roma di via delle Zoccolette, noto punto di riferimento degli stranieri nella nostra città.

    Fondi di garanzia

    Il primo è stato attivato due anni fa presso la Banca di Credito Cooperativo di Roma, per un ammontare di 500 mila euro (moltiplicatore pari a 15). L’obiettivo del fondo è garantire l’accesso al credito per quelle imprese che, ricevendo agevolazioni comunque mai superiori al 50% dell’investimento previsto, necessitano di un mutuo per poterlo completare. Serve inoltre per anticipare i contributi in conto gestione, garantendo liquidità ad imprese spesso sotto capitalizzate.
    Alla fine del 2004 si è poi aggiunto un altro fondo, presso la Banca Popolare Etica. In questo caso l’importo è di 250 mila euro, il moltiplicatore sempre 15. L’obiettivo di questo specifico fondo è la creazione di uno strumento maggiormente orientato alle imprese sociali, alle cooperative e in generale a tutte quelle imprese che - grazie anche alle altre misure attuate - si orientino su una filiera di impresa responsabile.

    Verso la definizione di un territorio economico responsabile

    Una delle scelte più chiare e decise della Giunta del Comune di Roma è l’utilizzo dello strumento agevolativo per ri-orientare verso comportamenti virtuosi le pratiche delle imprese cittadine. Questo obiettivo, complesso e tutt’altro che semplice, viene perseguito attraverso un insieme di azioni, diverse per tipologia e livello di impatto:

    1. requisiti preferenziali per l’accesso alle agevolazioni;

    2. strutture di servizio, informazione e formazione;

    3. sensibilizzazione nei confronti dei cittadini;

    4. lancio di progetti specifici in grado di incidere sui processi produttivi, economici e finanziari.

    Sotto il primo punto rientrano due clausole che sono state inserite a partire dal quinto bando (la prima) e dal sesto (la seconda).
    La prima si riferisce alla collocazione dell’impresa nella filiera del biologico o del commercio equo e solidale. La seconda all’impegno dell’impresa a elaborare forme di valutazione dell’impatto sociale e ambientale della propria attività, che siano svolte in collaborazione con tutte le categorie dei portatori di interesse, i cosiddetti stakeholders.
    Per quanto riguarda la collocazione nella filiera bio-equa, la tabella seguente mostra i principali risultati:

    Collocazione delle imprese nella filiera del biologico e del commercio equo e solidale

    Come si nota, l’impatto della clausola è stato tutt’altro che irrilevante, riuscendo a spostare una media attorno al 15% delle imprese finanziate sui comportamenti privilegiati9. A partire dal sesto bando, come detto, è stato poi previsto nei criteri di selezione un maggior punteggio per quelle imprese “che si impegnano a realizzare forme di certificazione o valutazione dell’impatto sociale e ambientale della propria attività (“Bilancio sociale”), anche attraverso la partecipazione diretta degli stakeholders (lavoratori, soci, clienti, fornitori, enti pubblici ecc.)”.
    Si tratta di un impegno, ovviamente, che andrà poi verificato nel tempo (non diversamente da quanto accade per l’incremento occupazionale). E non basta che l’impresa indichi un generico impegno per aggiudicarsi i punti aggiuntivi, ma è anche necessario - perché la proposta sia credibile e valutata positivamente - che vengano individuate le modalità con cui si intende procedere (corsi di formazione, creazione di panels di valutazione, selezione di indicatori ecc.).
    Rispetto al tema del bilancio sociale, è rilevante in questa sede notare come l’approccio scelto non sia quello di premiare i consulenti e le società di certificazione “etica”, ma piuttosto di incentivare delle semplici prassi “quotidiane” che, soprattutto nel caso delle piccole imprese, sembrano l’unica via per garantire dei comportamenti responsabili10.
    Una percentuale assai rilevante, pari al 35% nell’ultimo bando dichiara di intraprendere la strada del bilancio sociale. Ciò significa che vi è un numero crescente di imprese a Roma, soprattutto tra le piccole, che inizia a cimentarsi con la cultura della responsabilità d’impresa e degli strumenti per gestirla. Anche per questo, per rafforzare e dare sostegno nel tempo a un simile incentivo, si è pensato di costruire uno strumento che accompagni le imprese in questo nuovo percorso di ”responsabilizzazione” socio-ambientale. E’ evidente, infatti, che se si vuole promuovere una crescita culturale dei piccoli imprenditori (ma non solo) è opportuno fornire loro tutte le opportune attività di formazione, guida metodologica, aggiornamento, condivisione delle informazioni. Ecco perché nella seconda metà del 2005 sarà attivo il primo Centro per l’Impresa Etica e Responsabile, che avrà il compito di sollecitare il tessuto produttivo romano ad assumere comportamenti socialmente responsabili. Per dare ulteriore forza al progetto è stato siglato uno specifico protocollo di intesa con la Camera di Commercio di Roma per perseguire congiuntamente l’obiettivo di un’azione di sensibilizzazione e formazione sulle imprese cittadine.

    In particolare, tra le attività che è previsto vengano realizzate dal Centro per l’Impresa Etica e Responsabile del Comune di Roma vi è la gestione di un “marchio di qualità sociale e ambientale” delle imprese cittadine. Tale idea, ancora in fase di elaborazione per i dettagli tecnici e applicativi11,prevede dunque che il Comune dia visibilità a promuova quelle imprese che si mostrano responsabili secondo criteri oggettivi.
    Il marchio, che dovrebbe chiamarsi Roma Equa, sarà elaborato tenendo conto dei suggerimenti e delle priorità della società civile cittadina, che il Comune di Roma consulta costantemente attraverso il Tavolo dell’altra economia, luogo di incontro e co-progettazione tra amministrazione comunale e associazioni, gruppi e imprese impegnati nella definizione di nuove forme di economia.
    Si tratta di uno dei tanti aspetti dell’approccio multi-stakeholders e partecipativo che occorre mettere in campo per perseguire politiche di sviluppo locale di lungo periodo (cfr. Scott, 2001).

    I progetti sull’altra economia

    Proprio il lavoro con il Tavolo dell’altra economia, avviato nel 2001, sta producendo alcuni deirisultati più interessanti, dando vita ad una seria di progetti complessi e integrati.Ad oggi il più rappresentativo è senza dubbio quello della Città dell’altra economia, spazio permanente che - a metà tra centro servizio e incubatore di impresa - si collocherà all’internodell’ex mattatoio di Roma e, con 3.500 metri quadrati a disposizione, darà vita ad un fondamentale punto di promozione, messa in rete e consolidamento delle esperienze dell’altra economia cittadina.
    La Città dell’altra economia rappresenterà così il motore delle esperienze di impresa responsabile a Roma (e forse non solo). Qui le imprese - e i consumatori - potranno incontrarsi, scambiarsi esperienze, confrontarsi con la società civile, conoscere i produttori (del sud del mondo o della periferia della città, basti pensare alla grande quantità di aziende agricole biologiche che qui si stanno sviluppando), prendere visione dei nuovi prodotti del commercio equo e solidale o del software libero. L’idea - fissata dalla Giunta comunale nella deliberazione n. 55 del 5 agosto 2004 - è quella di dare una casa a quelle organizzazioni che da tempo a Roma costruiscono dal basso un’economia diversa, che valorizzi le relazioni prima che il capitale, che riconosca un’equa ripartizione delle risorse tra tutti, che garantisca il rispetto dell’ambiente naturale e l’arricchimento di quello sociale. [...] per Altra Economia si intende, soprattutto, l’insieme di iniziative che includono commercio equo e solidale, finanza etica, agricoltura biologica, consumo critico, turismo responsabile, pratiche di riuso e riciclo dei materiali, energie rinnovabili, sistemi di scambio non monetario, sistemi di informazione aperta come il software libero.
    Per i primi tre anni di vita la Città dell’altra economia e le imprese in essa ospitate saranno aiutate da un servizio di formazione, tutoraggio, assistenza tecnica, ma l’obiettivo è che poi raggiunga la piena autonomia economica e finanziaria. Da un punto di vista gestionale si stanno studiando ora le modalità per rendere anche dal punto di vista amministrativo il progetto innovativo e coerente con le sue finalità. L’obiettivo perciò è, per non snaturarne i principi, trovare quegli accorgimenti giuridici che permettano di continuare a garantire, come è stato nella fase progettuale, una gestione partecipata e cooperativa del progetto12.
    Intanto si può dire che anche dal punto di vista architettonico «il progetto “inventa” un nuovo spazio tramite il recupero delle tettoie e delle pensiline esistenti e, per quanto consentito dalla particolarità della presistenza, assume i caratteri della “sostenibilità”, cioè di una architettura sensibile alla tematica ambientale, facendo ricorso, in particolare, all’innovazione tecnologica, utilizzando materiali ecologici e di riciclo e impiegando sistemi passivi e fotovoltaici»13.
    Siamo cioè ad una sperimentazione e ad un livello di coerenza che cerca di esprimersi a 360 gradi, dalla gestione economica e finanziaria a quella amministrativa, dal progetto architettonico al modello partecipativo di gestione.
    La Città dell’altra economia si candida così ad essere il centro, anche geografico e simbolico, di un’operazione complessa di orientamento culturale “responsabilizzante” del tessuto produttivo romano, quanto meno di quello che accetta la sfida dell’innovazione e di un rapporto sostenibile con la città. Unica esperienza del genere in Europa, questo progetto può inoltre rappresentare il fulcro per lo sviluppo di un vero e proprio Distretto cittadino dell’altra economia, una rete fitta cioè di scambi e relazioni - economiche e finanziarie, ma anche culturali e sociali - che, dal commercio elettronico ai gruppi di acquisto, sviluppi a vario livello la nuova imprenditoria cittadina secondo un coerente approccio alla riqualificazione dei territori. Il progetto di distretto - nelle sue connotazioni ancora generali - è stato approvato dalla Giunta comunale con l’ultimo programma delle attività (delibera n. 89 del 23 febbraio 2005) e prevede i seguenti obiettivi:

    - favorire gli scambi economici e culturali all’interno della rete di altra economia;

    - rafforzare le realtà aderenti attraverso una promozione comune verso l’esterno;

    - favorirne lo sviluppo attraverso strumenti comuni di gestione e servizio;

    - stimolare la nascita di nuove realtà di altra economia.

    Si tratta, come è evidente, non di un distretto in senso geografico, ma di un network, una reale azione di rete che può attivare circuiti virtuosi non solo in chiave economica e occupazionale ma anche - se non soprattutto - sociale e ambientale.

    Bibliografia

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    Garofoli (2003).

    Cobelli Virginia e Naletto Grazia, a cura di, (2005), Atlante di un’altra economia. Politiche e

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    Scott Allen J. (2001), Le regioni nell’economia mondiale. Produzione, competizione e politica

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    Viviani Mario (1999), Specchio magico. Il bilancio sociale e l'evoluzione delle imprese, Il Mulino.

    a.messina@autopromozionesociale.it

    Comune di Roma - Dipartimento XIX
    V U.O. Autopromozione sociale

    NOTE

    2 Cfr. Staber (1996): «spesso le imprese non sono in grado di produrre in proprio tutti i servizi necessari, e qualora essi implichino tratti di ambiguità sotto il profilo transazionale (come nella ricerca tecnologica o nella formazione professionale) e caratteri specifici in relazione alle risorse impiegate [...] qualche forma di intervento pubblico può condurre a soluzioni più efficienti per le imprese».

    3 Cfr. Barquero (2003): «la città è anche lo spazio dello sviluppo endogeno per eccellenza: essa genera esternalità che favoriscono rendimenti crescenti; possiede un sistema produttivo diversificato che potenzia la dinamica economica; è uno spazio di reti in cui i rapporti tra attori consentono la diffusione delle conoscenze, ed infine stimola i processi di innovazione e apprendimento delle imprese. Le città sono quindi il territorio della creazione e dello sviluppo di nuovi spazi industriali e di servizi grazie al loro potenziale di sviluppo e alla capacità di generare esternalità».

    4 Merita menzione anche lo sforzo fatto da queste amministrazioni comunali per condividere informazioni e progettualità in una Rete delle Città, coordinamento attualmente gestito dal Comune di Torino.

    5 Nel caso di Roma questi interventi si sono sviluppati attraverso soprattutto i contratti di quartiere, le opere di riqualificazione di piazze e spazi urbani, le applicazioni degli articoli 11 ai sensi della legge 493/93.

    6 Sia Roma che Firenze hanno mostrato simili valori. Si tratta, come detto, di un dato che andrà verificato nel tempo.Per quanto riguarda le cause di mortalità dei progetti d’impresa ve ne sono tre principali: le difficoltà nel trovare locali adeguati per l’esercizio dell’attività, i problemi di liquidità e quelli conseguenti di accesso al credito, le dinamiche interne alle compagini societarie.

    7 L’intero programma, completo dei dati e delle tabelle utilizzati, è disponibile in http://www.autopromozionesociale.it.

    8 Risultato che, qualora si verificasse pienamente, implicherebbe - ceteris paribus - un abbattimento del tasso di disoccupazione cittadino medio pari ad un 1 terzo di punto percentuale, portandolo dal 7,2% al 6,9% (nostra elaborazione su dati a dicembre 2003 dell’Osservatorio sul lavoro del Comune di Roma).

    9 Importante questa differenza tra comportamenti e settori. La “corsia preferenziale” costruita nei bandi, infatti, proprio perché privilegia la collocazione dentro una filiera (del biologico e dell’equo solidale), non implica che l’impresa sia attiva in un determinato settore di attività economiche, ma che nelle modalità e nelle relazioni con fornitori, clienti ecc.vi sia integrazione con i principi e le modalità di funzionamento di quei settori. Di fatto in questo modo si possono finanziare quasi tutti i settori: il commercio, la consulenza, la distribuzione, la logistica, l’informatica ecc.

    10 Ad esempio di quanto ciò sia “possibile” basta prendere in considerazione le tante cooperative e cooperative sociali che svolgono spontaneamente queste pratiche, pur non avendo a disposizione grandi capitali, a dispetto del dibattito mediatico (anche se specialistico) e le prassi delle maggiori imprese, che sembrano veicolare l’idea che la rendicontazione sociale delle attività sia solo una complessa attività di marketing, appannaggio di grandi e grandissime multinazionali. Per un approfondimento del tema bilancio sociale si veda Viviani (1999). Per una rassegna degli strumenti di responsabilità d’impresa, oltre che sul bilancio sociale, cfr. Messina (2003).

    11 Che meritano di essere approfonditi se si vuole creare uno strumento realmente utile alle imprese e ai consumatori romani (che ne saranno i maggiori beneficiari), senza scimmiottare modelli esistenti che si adattano meglio ad altre esigenze. Cfr. Messina (2003).

    12 Una delle ipotesi allo studio è la costituzione di un consorzio misto pubblico-privato, di cui il Comune continua a detenere una quota di controllo e a cui possano accedere le imprese “dell’altra economia”. Ciò che va molto approfondito riguarda i criteri di adesione al progetto, la regolamentazione degli spazi (che pure si vorrebbe legati fra loro da un vincolo di solidarietà anche redistributiva, es. con i profitti del bio-equo-bar si mantiene in parte anche la ludoteca), il rapporto con l’amministrazione comunale.

    13 Cfr. Delibera di Giunta Comunale del 5 agosto 2004. Va notato che il progetto architettonico - curato dal Prof. Luciano Cupelloni - ha ricevuto il premio della Holcim Foundation di Ginevra per l’architettura sostenibile, selezionato tra 1400 progetti provenienti da 118 paesi.

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