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    Speciale O.G.M.: Biodiversità a rischio

    Gli OGM danneggiano l’ambiente e minacciano la biodiversità

    «Difficile ritrovare la via del ritorno all’Eden primitivo, dovendo prima sgombrare la strada dalle macerie dello sviluppo.» Fritjof Capra
    31 agosto 2009 - Romina Rossi

    Gli OGM danneggiano l'ambiente e minacciano la biodiversità

    «Difficile ritrovare la via del ritorno all'Eden primitivo, dovendo prima sgombrare la strada dalle macerie dello sviluppo.» Fritjof Capra

    Da sempre la biodiversità è considerata di fondamentale importanza per il nostro ecosistema: è la ricchezza della vita sulla Terra composta dalle molteplici varietà di fiori, piante e animali che garantiscono la vitalità del nostro pianeta. In quanto parte della biodiversità, l'uomo ne sfrutta i servizi per il proprio sostentamento quotidiano: cibo, acqua, energia e risorse fondamentali sono il patrimonio a cui l'uomo attinge fin dai tempi delle caverne. Spesso però questo utilizzo ha assunto i caratteri dello sfruttamento e dello spreco di risorse fino ad acquistare dei livelli di preoccupazione mondiale. Un impoverimento della biodiversità, infatti, comporta dei danni su più livelli, a cominciare da quello ecologico, poiché si compromettono le funzionalità degli ecosistemi. A livello economico, invece, si riducono le risorse genetiche potenziali.
    Ultimo ma non meno importante è il danno che si registra a livello culturale: perdere la biodiversità significa perdere quel ricco e complesso tesoro di  saper fare, conoscenze e relazioni umane ad essa legati  e collegati ad un territorio specifico un tempo retaggio del mondo contadino. Salvare la biodiversità significa salvaguardare un patrimonio genetico, economico, sociale e culturale di straordinario valore. Per tutti.

    Rivoluzione  verde
    Una prima forte minaccia alla salvaguardia della biodiversità venne dalla rivoluzione verde, che ebbe il suo apice fra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso. Con questo nuovo approccio si voleva incrementare la produzione agricola mondiale e debellare la fame nel mondo. Il prezzo da pagare alla lunga sarebbe risultato alto e non conveniente: uso massiccio di fertilizzanti chimici su varietà vegetali accoppiate dopo un'attenta selezione genetica, macchinari pesanti e prodotti fitosanitari erano gli ingredienti raccomandati per la rivoluzione che avrebbe di lì a poco avvelenato le nostre terre.
    Nemmeno lo scopo è stato raggiunto: ben lungi dall'aver sconfitto la fame nel mondo, la rivoluzione verde ha contribuito ad un primo impoverimento delle nostre colture:  se da un lato ha determinato aumenti massicci di produzione  vegetali ed animali, dall'altro ha dato l'avvio alla coltivazione estesa di monocolture, arrivando ad uniformare le aree agricole più intensive. Secondo alcuni della FAO, è andato perduto oltre il 75% delle varietà delle colture agrarie, mentre i tre quarti dell'alimentazione mondiale dipendono da 12 specie vegetali e 5 animali.
    Questo vuol dire che delle circa 30.000 specie commestibili in natura, oggi la nostra dieta è composta da appena 30 colture alimentari (che soddisfano il 95% del fabbisogno energetico mondiale), mentre 4 specie di piante - grano, mais, riso e patate - rappresentano il 50% delle risorse energetiche.
    La ristretta selezione di varietà a disposizione si deve all'impedimento da parte delle multinazionali del transgenico di selezionare i semi ricavati dai raccolti, una pratica che invece i contadini praticano da millenni e che permette l'ottimizzazione delle colture. I semi GM vengono resi sterili in modo che diventino sterili dopo il primo raccolto, una tecnica molto discussa che rende i contadini schiavi delle multinazionali dei semi che sono arrivate addirittura a brevettare tali semi, mettendo in ginocchio soprattutto quelle popolazioni di stampo prevalentemente agricolo che si nutrono principalmente di cereali.
    In Italia la situazione non è tanto più rosea: anche qui, la forte spinta all'intensificazione delle coltivazioni ha fatto sì che oltre 1500 varietà di frutta sia diventata a rischio di estinzione, mentre molte altre sono già un ricordo, per non parlare delle tante specie di ovini, suini, caprini, bovini, ed equini che nessuno alleva più.
    In seno alla rivoluzione verde, a partire dalla fine degli anni Ottanta, ha inizio la massiccia commercializzazione di prodotti agricoli biotecnologici, il cui DNA è stato modificato dall'uomo per ottenere nuovi ibridi più resistenti a funghi e batteri e rendere il prodotto più forte dal punto di vista immunitario e migliore qualitativamente. Queste manipolazioni hanno però alterato le sequenze geniche tradizionali, creando a loro volta nuovi organismi programmati a svolgere funzioni ereditabili. Il miraggio di un'agricoltura più florida sia dal punto di vista produttivo che dal quello economico non ha però abbagliato i contadini del biologico che sentivano le nuove tecnologie una vera e propria minaccia per la ricchezza colturale che da sempre ha caratterizzato le nostre campagne. E non avevano tutti i torti. L'istituzione universitaria di studi avanzati delle Nazioni Unite ha recentemente messo in evidenza la stretta relazione fra l'aumento delle biotecnologie e la perdita della varietà biologica. In una decina d'anni si sono moltiplicate le coltivazioni intensive di poche varietà selezionate, sviluppando monoculture che hanno ridotto drasticamente le diversità delle piante coltivate. Parallelamente, si è registrato anche una diminuzione delle varietà di queste specie, che ha contribuito a rendere debole la diversità genetica: avere poche varietà di poche specie animali o vegetali che siano, significa che queste avranno tutte le stesse reazioni di fronte alle avversità ambientali e alle malattie.
    Essendo stati studiati per permettere l'ampio utilizzo di pesticidi e diserbanti in grado di liberarsi delle erbacce senza danneggiare il raccolto, gli ibridi biotecnologici si liberano di piante infestanti, ma mentre le erbacce e i piccoli animaletti che popolano i campi sono fastidiosi per l'uomo, non lo sono per la terra: ogni microorganismo del suolo è infatti indispensabile per il funzionamento dei cicli di materia ed energia, che aiutano a mantenere il suolo fertile e sono un prezioso nutrimento per le piante. Senza contare che sbarazzarsi di erbe infestanti e microrganismi vuol dire condannare a morte anche gli uccelli e altri insetti che in quei campi trovano rifugio e cibo. E che, oltre ad essere  una componente importante della catena alimentare, svolgono un ruolo utile e variegato per la produttività della pianta stessa e del terreno. 
    Gli animali selvatici invece, secondo uno studio condotto dalla stessa Monsanto, preferiscono spostarsi in zone lontane alla ricerca di cibo non manipolato geneticamente, modificando  il loro habitat.

    Effetti indesiderati
    L'instabilità delle coltivazioni transgeniche è un altro fattore che pone la biodiversità a rischio: il gene impiantato nella varietà vegetale infatti è stato attentamente selezionato da un'altra specie. Il DNA manipolato è però in grado di ricombinarsi con DNA di altri organismi attraverso l'opera di acqua, aria e suolo, infettando anche le piante cresciute tradizionalmente. Il contagio contribuisce inoltre alla creazione di nuovi virus, batteri, malattie nonché ibridi e parassiti resistenti agli erbicidi che infetterebbero la pianta.
    Il rischio è la produzione nell'ambiente di nuovi organismi viventi che, essendo del tutto artificiali, l'ambiente non è preparato ad accogliere: come in un circolo vizioso, aumenterebbe l'uso di erbicidi e pesticidi, causa di morte di insetti e microrganismi e di ulteriore impoverimento della biodiversità e del suolo nonché effetti negativi sulla salute dell'uomo e del pianeta.
    Il contagio da una pianta transgenica a una autoctona avviene spesso attraverso l'impollinazione: il polline è in grado di viaggiare per interi chilometri trasportato dal vento, causando una prolificazione "spontanea" di piante GM, che soppianterebbero quelle meno resistenti a parassiti e diserbanti. Da tempo consapevoli di questo rischio, i produttori del biologico chiedono di mantenere una distanza significativa fra i campi coltivati con biotecnologie e quelli biologici: l'impollinazione casuale infatti rischia di danneggiare e far sparire le colture biologiche, rendendo impossibile la coesistenza fra le due diverse colture.
    In poco tempo si rischia di distruggere intere la tradizione del biologico, che invece ha a cuore la conservazione e l'accrescimento della biodiversità,  alterando per sempre le specie viventi naturali e con essa il passato millenario e il futuro della produzione degli alimenti e della cura dei territori.

    La rivincita delle erbacce
    Il Roundup e con lui gli altri erbicidi in commercio dovevano, secondo le parole dei loro produttori, liberare per sempre i campi di mais, colza e soia dalle piante infestanti. Negli ultimi mesi però ci si è accorti che vi sono erbacce più resistenti di quanto si pensasse. I campi del Sun Belt - gli stati meridionali degli Usa  che si estendono dalla costa pacifica a quella atlantica - sono stati invasi dall'amaranthus palmeri che da semplice erbaccia infestante è diventata un'erbaccia infestante resistente agli erbicidi. Come ha sottolineato Alberto Olivucci, presidente dell'associazione Civiltà Contadina, al convegno incentrato su OGM: le ragioni del no, tenutosi durante Terra Futura a Firenze dal 29 al 31 maggio scorso, da qualche mese l'erba resistente alla siccità, che può raggiungere fino tre metri di altezza, sta invadendo ettari ed ettari di campi americani coltivati da anni con soia e cotone transgenici trattati con il Roundup.
    Per cercare di sbarazzarsi dall'erbaccia ribelle, Monsanto avrebbe incoraggiato i contadini ad usare un mix di diserbanti contenenti anche un componente dell'Agente Orange, noto per essere causa di cancro e patologie al sistema riproduttivo. Un diabolico piano che avvelena noi stessi e la Terra sulla quale viviamo.
    Un detto dei nativi americani recita che non abbiamo ricevuto la terra in eredità dai nostri padri, l'abbiamo avuta in prestito dai nostri figli: dovremmo pensare in che modo vogliamo restituirla loro. 

     

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