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    Metalmeccanici, contratto separato: il golpe di Cisl e Uil

    Una nuova, profonda ferita alla democrazia italiana si sta aprendo in queste ore, con la ormai certa firma dell'accordo separato che cancella il contratto nazionale dei metalmeccanici.
    17 ottobre 2009 - Loris Campetti
    Fonte: tratto da Il Manifesto - 15 ottobre 2009

    Una nuova, profonda ferita alla democrazia italiana si sta aprendo in queste ore, con la ormai certa firma dell'accordo separato che cancella il contratto nazionale dei metalmeccanici. Fim-Cisl e Uilm, in rappresentanza di una minoranza di tute blu, si apprestano a varare con Federmeccanica un testo contestato dalla Fiom e pretendono di imporlo alla totalità dei lavoratori. Senza neanche aver chiesto loro un'opinione sulla decisione unilaterale di cancellare il vecchio, condiviso contratto che avrebbe dovuto restare valido per altri due anni. 
    Senza neanche sottoporre a referendum il nuovo testo partorito dall'accordo separato. Un modo per dire: i padroni del lavoro e della vita dei meccanici siamo noi, Fim e Uilm. È la dittatura della minoranza, la cancellazione di ogni regola su cui si fondava la zoppicante rappresentanza democratica dei lavoratori.
    Sono passati quarant'anni dall'autunno caldo e dalla firma - pochi giorni dopo la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 - del più bel contratto dei metalmeccanici, frutto di una stagione di lotte che costruirono, con il contratto, l'unità sindacale, lasciandosi alle spalle gli anni bui segnati dall'egemonia padronale sui sindacati divisi e deboli. Nacquero i consigli di fabbrica con i delegati eletti dai lavoratori nei gruppi omogenei e non più nominati dalle sigle sindacali. Nacque la Flm, durò poco più di un decennio, spazzata via insieme ai consigli da una nuova stagione di restaurazione. Oggi le Rsu assomigliano più ai membri di commissione interna degli anni Cinquanta che ai delegati degli anni Settanta. Ma con il nuovo accordo separato, che completa l'operazione avviata da imprenditori, governo, Cisl e Uil con la controriforma del sistema contrattuale, si chiude anche questa stagione di democrazia zoppicante.
    Odio ideologico? Irrefrenabile desiderio di normalizzare ciò che nel mondo del lavoro non obbedisce ai richiami alla complicità? Cecità? Forse tutte queste cose. Non siamo nel '62, quando la reazione a un accordo separato firmato alla Fiat dalla Uil portò all'assedio della sede torinese di quel sindacato e ai durissimi scontri di piazza Statuto. Siamo nel 2009, certo, e alla Uil si è aggiunta la Cisl. Ma chi si appresta a infliggere il nuovo vulnus alla democrazia deve mettere in conto una reazione forte, magari non politicamente corretta. O è proprio lo scontro che si cerca, dopo averci sfiniti con i richiami alla moderazione, alla collaborazione, alla fine del conflitto? E chi avrà il coraggio di accusare di irresponsabilità quelle centinaia di migliaia di lavoratori, e non solo la Fiom, che rifiuteranno di beccarsi in silenzio l'ultimo schiaffone e di rispettare regole imposte per decreto? A meno che la notte non abbia portato buoni consigli: agli imprenditori che paventano una stagione di conflitto permanente, a Cisl e Uil finalmente convertite alla democrazia sulla via di Damasco. Ci piace sognare, non sarebbe il primo sogno infranto contro il muro della realtà.
    In questo clima avvelenato, con il segretario della Cisl Raffaele Bonanni che accusa di delinquenza comune la Fiom, rimediando così l'ovvia querela del segretario dei metalmeccanici Cgil Gianni Rinaldini, la confederazione di Epifani deve scegliere: prendere atto che la vecchia unità sindacale è stata uccisa dalla controriforma del sistema contrattuale e dal prossimo accordo separato imposto alle tute blu, e che ci vorrà tempo per ricostruire rapporti e unità, magari imposto dal basso come avvenne nel '69; oppure anteporre, nella logica della «riduzione del danno», il primato di un'astratta quanto improbabile unità con Cisl e Uil ai contenuti, alla democrazia sindacale, al rapporto con i lavoratori, pensando che qualche marcia per il lavoro in Lombardia con chi (la Cisl) si batte per restaurare le gabbie salariali spazzate via nell'autunnno caldo, possa far risbocciare l'amore. Alla vigilia del congresso, una scelta è inevitabile.



     

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