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    I panorami dell'eolico "E' bellezza moderna"

    Contestati da molti cultori della natura, le grandi pale sono ormai diventati parte integrante del nostro paesaggio. Un convegno e un libro cercano ora di "sdoganarle
    18 febbraio 2010 - Valerio Gualerzi (Redazione La Repubblica.it)

    I panorami dell'eolico. I campi eolici come la skyline di Manhattan o i castelli medievali. Le grandi pale in grado di catturare la forza del vento possono diventare in futuro un simbolo del nostro tempo e della bellezza del progresso. Elementi integrati nel paesaggio, in grado di esaltarne l'armonia. O, ancora, giganteschi monumenti, testimonianza della forza e del carattere di una civiltà. Raggiungere questo risultato è una sfida difficile, ma secondo Legambiente occorre giocarla. "Vale davvero la pena imbracciare le armi contro l'eolico, come qualche novello Don Chisciotte propone, per salvare il paesaggio dai pericoli portati da questi "smisurati giganti?". La domanda di Edoardo Zanchini, responsabile Energia dell'associazione ambientalista, naturalmente è retorica.

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    Gli impianti eolici che iniziano a costellare la Penisola, oltre ad essere indispensabili ai fini delle politiche climatiche, a suo avviso sono spesso elementi di "moderna bellezza". Per ribadire questa convinzione l'associazione ha organizzato a Roma "Il vento fa bene all'Italia", un convegno nel corso del quale oltre alle parole si è cercato di far parlare le immagini con il contributo di "Smisurati giganti?", un volume fotografico realizzato per documentare attraverso gli scatti di Pablo Balbontin e Luca Marinelli "la modernità dell'eolico nel paesaggio italiano".

    I testi, oltre che dello stesso Zanchini, sono invece di due tra i massimi paesaggisti italiani, gli architetti Bernardo Secchi e Daniela Moderini. "I rotori eolici - scrive Secchi - sono tra i pochi "materiali" costituivi di interi paesaggi che riprendono una grande tradizione del design moderno; un disegno essenziale, minimalista, rigidamente funzionale, che si affida nuovi materiali, che interpreta il nostro rapporto con la natura, in questo caso rappresentata dal vento. Per questo hanno rapidamente raggiunto una grande unificazione linguistica (...) È una grande lezione per l'architettura...". Il contributo di Daniela Moderini si richiama invece in particolare all'esperienza del foggiano, dove "un approccio progettuale adeguatamente ampio ha permesso di integrare pale realizzate nella giusta scala con un territorio ricco di tesori archeologici, creando un unico itinerario di visita in grado di promuovere un'area dell'Appennino relegata altrimenti ai margini". Più che di risultati già incassati si tratta quindi di potenzialità ancora da esprimere attraverso un diverso approccio da parte dei progettisti che tenga conto anche del "disegno del paesaggio", ma prima ancora attraverso una riforma del sistema normativo che metta definitivamente al riparo l'eolico dagli abusi e le speculazioni che pure ci sono stati. "Discussioni sull'opportunità di creare impianti in determinate zone - ricorda Zanchini - ci sono state in tutto il mondo, ma solo da noi sono stati raggiunti certi livelli di livore".

    Per questo, oltre che una battaglia culturale per sconfiggere quello che Secchi definisce l'onnipresente "sentimento di nostalgia che porta a considerare il 'primà come meglio del 'dopo'", bisogna agire sulla leva burocratica. "Occorre innanzitutto - aggiunge Zanchini - definire un quadro di regole chiare, di procedure trasparenti per capire i veri impatti sul paesaggio e l'ambiente dei progetti in modo da garantire l'interesse generale alla tutela e quello di chi vuole realizzare gli investimenti in tempi e modi certi".

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