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    Open Source, la risorsa che l'Italia sciupa

    Gli italiani sono fra i più attivi sviluppatori di software libero, ma le nostre aziende ignorano questa risorsa. La prova provata è Stefano Zacchiroli, 31 anni, ricercatore universitario emigrato da Bologna a Parigi, recentemente eletto project leader di Debian, distribuzione Linux con oltre mille sviluppatori al mondo. Debian è la mamma di Ubuntu, che oggi conta 12 milioni di utenti.
    11 maggio 2010 - Redazione Rees Marche
    Fonte: wired - 07 maggio 2010

    Gli italiani sono fra i più attivi sviluppatori di software libero, ma le nostre aziende ignorano questa risorsa. La prova provata è Stefano Zacchiroli, 31 anni, ricercatore universitario emigrato da Bologna a Parigi, recentemente eletto project leader di Debian, distribuzione Linux con oltre mille sviluppatori al mondo. Debian è la mamma di Ubuntu, che oggi conta 12 milioni di utenti. "La mia generazione comprende molte persone emigrate in Francia, Danimarca, Inghilterra, Germania. Quando ero all'università, nel bolognese c'erano una decina di sviluppatori Debian. Ora non ce n'è più nemmeno uno. All'estero è frequente che le competenze nel mondo open source siano capite e pagate molto meglio che in Italia".

    Una recente ricerca di Accenture ha evidenziato come al lavoro gli italiani fra i 18 e i 27 anni sentano l'esigenza di installare tecnologia non standard. In genere è software open source, come Firefox, Pidgin o Vlc, al cui sviluppo a volte partecipano. "Siamo la patria di Leonardo, possiamo fare grandi cose, ma difficilmente qui, perché non si investe in ricerca e innovazione", lamenta Fabio Erculiani, che sette anni fa, a 17 anni, ha creato Sabayon, distribuzione Linux fra le più cool, usata da 70 mila persone.

    L'Italia è l'ultimo paese del G7 per la spesa pro capite in ricerca e sviluppo e la produzione di brevetti. Secondo i dati diffusi da Red Hat, azienda leader in ambito Linux, il nostro Paese è però all'11° posto nel mondo per lo sviluppo del free software. Gli Usa sono noni, il Giappone 14°. Sul podio ci sono Francia, Spagna e Germania, grazie agli appalti e al supporto delle istituzioni. A marzo, in occasione della presentazione del nuovo codice dell'amministrazione digitale, l'Associazione Nazionale Informatici Pubblici e Aziendali (Anipa) ha scritto al ministro per l'Innovazione Brunetta lamentando che "a proposito di ritardi sull'evoluzione del software, nulla viene suggerito sugli standard da utilizzare e non c'è neppure un accenno all'introduzione, in modo sistematico ed istituzionale, dell'open source nella pubblica amministrazione".

    Il software libero in azienda consentirebbe di avere ottimi prodotti a costi decisamente bassi. Oggi sono soprattutto le grandi aziende del web a sviluppare codice libero, come i social network Facebook, Twitter, Linkedin o portali quali Google, il russo Rambler e Yahoo!. Multinazionali come Nokia e Intel hanno capito il potenziale dell'open source e sanno interagire con le comunità.

    Ecco l'analisi di Zacchiroli sul mondo delle pmi italiane. "I clienti del mercato dello sviluppo software non capiscono che l'open source li rende meno vincolati al fornitore del software. E le aziende che sviluppano software non sanno creare e gestire comunità open source, col risultato che spesso producono codice che nessuno conosce. Ci sono pochissime aziende di sviluppo che si sono lanciate nel business delle customizzazioni di software open source scritto da altri, che è uno dei core business che l'Italia potrebbe mettere in atto".

    L'Italia è ricca di giovani sviluppatori di codice libero. "Da noi c'è una rete capillare di lug (Linux user groups) che fanno promozione - spiega Roberto Guido, 26 anni, ideatore di Lobotomy, progetto per un desktop che "ragioni" da umano - Buona parte della pmi si basa su applicativi Visual Basic e Access, strumenti pesantemente obsoleti. Non hanno competenze per fare altro". "Poche aziende italiane considerano l'attività di un ragazzo nell'open source un valore aggiunto, mentre questa insegna a lavorare in team, coordinarsi tra diverse figure professionali, discutere e progettare insieme" sottolinea Michele Tameni, 25 anni, sviluppatore di Itsme, spin off dell'Università Bicocca.

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