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    Beni comuni

    4 ottobre 2006 - Michele Altomeni
    Fonte: Comportamenti Solidali

     

    Cittadinanza nell’economia

    L’economia, come abbiamo visto, è uno degli elementi più importanti per determinare il benessere o il malessere delle persone, quindi è uno spazio di cui i cittadini debbono tornare ad appropriarsi. Molte persone hanno già iniziato a farlo, dando vita ad un grande movimento di consumo critico.

     

     

    Il consumo critico

    Una delle idee alla base del consumo critico è che ogni acquisto equivale ad un voto. Le imprese, anche le più potenti, dipendono dalle scelte dei consumatori che possono determinarne successo ed insuccesso. Purtroppo la gran parte dei consumatori non ha coscienza di questo potere, crede anzi di dipendere dalle imprese per la soddisfazione delle proprie necessità. Se invece i cittadini decidessero di usare la forza che hanno, potrebbero condizionare radicalmente le scelte delle aziende. Rifiutandosi di acquistare alimenti avvelenati da sostanze chimiche favorirebbero forme di produzione più naturali, evitando merce realizzata attraverso lo sfruttamento umano spingerebbero per un’economia più equa e lasciando sugli scaffali prodotti che danneggiano l’ambiente incoraggerebbero un’industria più ecologica.
    Il consumo critico è una presa di coscienza della possibilità di cambiare l’economia a partire dalle proprie scelte. La sua crescente efficacia è legata alla sempre maggiore diffusione. Il fatto che nei supermercati crescano gli spazi dedicati al biologico o ai prodotti ecologici dimostra come le scelte dei consumatori possano incidere sulle scelte delle imprese.
    Le scelte di consumo critico prendono in esame sia il prodotto che il produttore rispetto all’impatto ambientale e sociale. Infatti un singolo prodotto potrebbe non avere nulla di negativo, ma essere realizzato da una multinazionale colpevole di disastri di varia natura che non merita di essere sostenuta con i nostri acquisti.
    BOX: I criteri di scelta di un prodotto
    Proviamo a sintetizzare i criteri di scelta per preferire un prodotto in base all’impatto sociale e ambientale. Le valutazioni possono essere svolte sia sul prodotto che vogliamo acquistare, sia più in generale sul comportamento del produttore o del gruppo industriale cui appartiene.
    Impatto sociale

    Della produzione

    • rispetto delle condizioni di lavoro;

    • assenza di lavoro minorile;

    • assenza di produzione di armi;

    • assenza di rapporti con regimi oppressivi;

    • preferenza verso aziende piccole, con minori possibilità di influenzare le scelte politiche;

    • preferenza verso prodotti artigianali, o in generale ad elevato contenuto di manodopera, per favorire l’occupazione;


    Impatto ambientale

    Della produzione

    • assenza di inquinamento dovuto agli impianti;

    • basso consumo di energia della tecnologia impiegata;

    • alto utilizzo di materiali riciclabili o risorse rinnovabili, basso utilizzo di risorse non rinnovabili;

    • assenza di sperimentazione su animali;
      della distribuzione

    • impiego di imballaggio ridotto, riutilizzabile e in materiale riciclabile;
      preferenza verso aziende locali per diminuire i consumi legati alla distribuzione;


    del prodotto

    • assenza di inquinamento nel suo utilizzo, preferenza verso prodotti realizzati in materiali non inquinanti;

    • basso consumo di energia per l’utilizzo del prodotto;

    • preferenza verso prodotti che non lasciano rifiuti, realizzati in materiale riciclabile o biodegradabili;

    • preferenza verso prodotti di lunga durata, con possibilità di eseguire riparazioni;

     

    La prima cosa da fare, prima di comprare un prodotto, è chiedersi se sia veramente utile e necessario. Altre informazioni possiamo trarle dall’etichetta, ad esempio per valutare le materie prime o i paesi di provenienza, ma anche per scoprire quale impresa sta dietro ad un determinato marchio ed evitare quelle che di solito adottano comportamenti riprovevoli. Osservando la quantità e la qualità dell’imballaggio si potranno preferire i prodotti che hanno provocato minor spreco di risorse e di energia e quelli che produrranno meno rifiuti.
    Per giudicare un prodotto e un produttore sono necessarie informazioni non sempre facili da reperire, anche perché il mercato vive di omertà e segreti. Per questo il consumatore critico, da un lato esige la massima trasparenza, e dall’altro si organizza assieme ad altri consumatori critici per mettere in comune le informazioni, oppure si affida ad associazioni di consumatori che svolgono questo ruolo e diffondono il loro lavoro attraverso pubblicazioni e siti internet. Queste organizzazioni sono oramai diverse e, sempre più spesso, lavorano in rete tra loro, anche su scala internazionale. In Italia i pionieri sono stati i volontari del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano (PI), autori di varie pubblicazioni tra cui la Guida al Consumo Critico(01) e il Manuale per un consumo responsabile(02).

    SCHEDA: Centro Nuovo Modello di Sviluppo e “Guida al consumo critico”
    Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo nasce nel 1985 con l’obiettivo di indagare le cause della povertà e dell’ingiustizia sociale al fine di capire come ogni individuo può intervenire a partire dalla propria quotidianità. L’idea è che ogni grande potere in realtà si regge sulle scelte di ognuno. Così il CNMS, oltre a studiare le grandi istituzioni che determinano la politica e l’economia mondiale, ha voluto capire il ruolo che la gente comune gioca al loro interno. Da qui l’analisi del modello di consumo e del modo in cui lo stesso può diventare strumento di cambiamento sociale.
    Nel 1994 il CNMS iniziò ad elaborare la Guida al consumo critico, un libro che passa in rassegna gran parte delle imprese alimentari e dei prodotti per l’igiene che il consumatore incontra ogni giorno facendo la spesa. Il libro fu pubblicato nel 1996 e ne sono seguite. Per ogni società sono analizzati dodici aspetti: trasparenza, eccesso di potere, relazioni sindacali, presenza nel sud del mondo, ambiente, vendite irresponsabili, affari scorretti, maltrattamento degli animali, pubblicità, rapporto con regimi oppressivi, paradisi fiscali, armi ed esercito. Le informazioni sono fornite attraverso schede descrittive e anche riassunte in tabelle di rapida consultazione. Consultando la guida il consumatore può stabilire rapidamente su quale marca far ricadere le proprie scelte di acquisto in base alle proprie priorità sociali e morali.

     

    Il boicottaggio

    Il termine boicottaggio deriva dal nome del capitano Charles Boycott, un prepotente inglese proprietario di terre in Irlanda. Nell'estate del 1880, Boycott pretese dai suoi affittuari che mietessero l’orzo per una paga molto più bassa del solito. Gli affittuari si rifiutarono e la famiglia Boycott, dopo avere tentato di mietere il raccolto da sola, tornò a chiedere agli affittuari di riprendere il lavoro. I contadini accettarono, ma poco dopo ricevettero lo sfratto. Fu subito convocata una riunione a molte delle persone che lavoravano per la famiglia Boycott interruppero le loro prestazioni, compresi servitori, pastori e cocchieri, resistendo anche agli assalti di sette reggimenti.
    Il reverendo O’Malley contribuì a promuovere ulteriormente l’isolamento verso Boycott proponendo di non parlare ad un usurpatore di terre, né a sua moglie, né ai suoi figli. “Se un usurpatore di terre viene nella vostra città e vuole vendervi qualcosa, non fategli del male né minacciatelo; ditegli semplicemente che sotto la legge inglese egli ha il diritto di vendere la sua merce, ma aggiungete che la legge britannica non vi obbliga a comprare niente da lui e così farete finché vivrete.”
    Fu allora che il giornalista americano Redpath coniò il verbo "boicottare" anche se la non collaborazione e l’isolamento sono forme di lotta nonviolenta adottate fin dall’antichità.
    Dalla metà dell’Ottocento il sindacato americano cominciò ad usare il boicottaggio delle imprese, come forma di sostegno alle rivendicazioni degli operai, in modo da colpirle anche sul lato del consumo. Il boicottaggio è stato spesso usato anche come forma di protesta per i prezzi troppo alti, e da alcuni anni anche in Italia, Intesa Consumatori, cartello formato da Federconsumatori, Adoc, Adusbef e Codacons, sta rilanciando questa pratica attraverso lo “Sciopero della spesa”, un'iniziativa che invita ad astenersi dagli acquisti nel giorno indicato dalla campagna, al fine di sensibilizzare la cittadinanza sul problema dei prezzi e indurre il Governo ad adottare provvedimenti in materia.
    Negli anni Cinquanta, sempre negli Stati Uniti, furono i neri ad utilizzare il boicottaggio nella lotta per il riconoscimento dei diritti civili ed in seguito fu spesso usato per obiettivi politici, come nel caso del Sud Africa.
    Il boicottaggio è uno strumento molto efficace per indurre le imprese ad abbandonare comportamenti incivili. Durante gli anni recenti è stato utilizzato spesso per condurre battaglie ambientali e sociali. Le imprese ne sono terrorizzate perché un calo delle vendite, anche solo tra il 2,5 e il 5%, può produrre conseguenze pesanti.
    Diversamente dal consumo critico, che ogni individuo può mettere in atto in ogni momento, il boicottaggio è un'azione straordinaria e complessa, e quindi nasce solitamente da una organizzazione. Di norma, prima di avviare il boicottaggio, si tenta di ottenere il risultato prefisso con la semplice minaccia che in certi casi è sufficiente. Se la minaccia non sortisce effetti si passa all’azione.
    Il successo del boicottaggio dipende dall’adesione dei cittadini, quindi è centrale il ruolo della comunicazione. L’obiettivo deve essere chiaro, così come le azioni che ognuno può fare per partecipare. Serve un grande lavoro di infrazione e sensibilizzazione e per questo è strategica la costruzione di una fitta rete di gruppi e persone diffuse sul territorio.
    Di norma, oltre ad interrompere gli acquisti, l’azione di boicottaggio prevede che gli aderenti inviino all’impresa in causa le motivazioni della loro scelta, per questo vengono solitamente distribuite cartoline prestampate. La mole delle cartoline ricevute, assieme al calo delle vendite, dà all’impresa la percezione del dissenso nei suoi confronti.
    Spesso la campagna di boicottaggio viene lanciata in accordo con i lavoratori che devono essere preparati alle conseguenze di un possibile calo delle vendite.
    In moltissimi casi il boicottaggio si è rivelato un’arma vincente(03), ma anche quando non si riesce ad ottenere il risultato sperato, una buona campagna ha comunque un valore positivo perché fa tornare i cittadini protagonisti delle proprie azioni e perché contribuisce a diffondere informazioni, sensibilità e coscienza.

     

     

    Giornata del non acquisto

    La “Giornata del non acquisto”, promossa nel 1992 dalla canadese Adbuster Media Foundation come Buy nothing day e rilanciata in Italia dal giornale di strada “Terre di Mezzo” (http://www.terre.it), è un’iniziativa gioiosa e creativa che vuole far riflette sulla società dei consumi. Dal Nord America è stata diffusa a livello internazionale grazie ad associazioni di attivisti locali e si celebra a fine novembre in oltre 30 paesi.
    L’iniziativa propone una moratoria di 24 ore sugli acquisti, un’intera giornata senza comprare nulla, un gesto simbolico e concreto al tempo stesso per sfuggire all'imperativo del consumismo e riappropriarsi di una fetta di tempo dedicata allo shopping. La giornata del non acquisto è un invito alla sobrietà, alla solidarietà e alla gratuità quali componenti attive di un'economia sostenibile.
    Allo stesso tempo il Buy nothing day commemora le vittime delle politiche orientate alla massimizzazione dei consumi: dalle popolazioni del sud del mondo deboli di fronte alla globalizzazione dei mercati, all'ambiente deturpato da rifiuti e inquinamento, alla colonizzazione dell'immaginario a opera di pubblicitari che propongono modelli di vita irrealizzabili per la maggior parte della popolazione del mondo.

     

     

    Economia solidale

    Il cittadino solidale non è solo un consumatore critico. All’interno della sfera economica è attivo e responsabile in ogni sua scelta, ed è proprio la crescente sensibilità dei cittadini che ha permesso la nascita e lo sviluppo di settori e soggetti economici fondati su principi diversi da quelli tipici del mercato liberista, dando vita a quella realtà che oggi viene definita “economia solidale”.
    Con l'espressione “economia solidale” si intende un modello economico che mette al centro del proprio operare le persone, la qualità della vita, le relazioni e l'ambiente. L'economia solidale assume forme e connotazioni differenti a seconda della latitudine e della cultura: nel sud del mondo comprende iniziative spesso legate all’autosostentamento, a posti di lavoro creati nel settore informale del commercio o dell’autoproduzione, al mutuo appoggio in ambito comunitario; nei paesi occidentali è meno legata al sostentamento e riguarda attività maggiormente rivolte alla solidarietà e alla sostenibilità ambientale, al recupero del legame sociale e all’innalzamento della qualità della vita. Tuttavia, anche nei paesi ricchi, in aree particolarmente depresse, nelle grandi periferie o in situazioni particolari, l’economia solidale può assumere connotati simili a quelli del sud.
    In Italia l’economia solidale comprende iniziative come consumo critico, bilanci di giustizia, gruppi di acquisto solidali, commercio equo e solidale, finanza etica, turismo responsabile, agricoltura biologica, bioedilizia, cooperazione sociale, piccole attività produttive basate su criteri solidali e ecologici, scambio e condivisione dei saperi, impiego di monete locali, valorizzazione dei circuiti economici locali e così via.

    Si tratta di esperienze che sperimentano nella pratica economica risposte concrete alle diverse problematiche poste dal sistema economico neoliberista. In questo senso l'economia solidale non va considerata un settore dell'economia, ma un approccio trasversale che tocca tutti i settori.
    Le diverse esperienze che oggi possono essere ricomprese nella definizione di economia solidale nascono in momenti diversi, a partire da differenti spinte culturali ed esigenze, spesso scollegate tra loro. In alcuni casi si tratta di una evoluzione del movimento cooperativo che cerca di recuperare le sue radici nella cosiddetta cooperazione sociale; in altri si tratta di applicazioni pratiche della cultura ecologista alla realtà sociale ed economica (agricoltura biologica, produzioni sostenibili, bioedilizia…); in altri casi è l’incontro tra solidarietà internazionale, critica alla società dei consumi e presa di coscienza del potere dei consumatori a generare realtà come il commercio equo, la finanza etica, il turismo responsabile, il gruppi di acquisto solidale e il consumo critico in generale.
    Questi movimenti, negli ultimi decenni, hanno rappresentato sperimentazioni di un diverso modello economico e sociale, spesso anche riempiendo il vuoto lasciato dalla crisi della politica. Un po’ alla volta si sono fatte cultura, hanno creato sensibilità e nuove spinte ideali, ossia un terreno fertile per la loro stessa crescita e per l’avvio di ulteriori esperimenti. Nel frattempo i diversi filoni hanno iniziato ad incontrarsi e a intrecciare il loro cammino, trovando forme di collaborazione basate sul concetto di rete(04) che è diventato oggetto di studio e di interesse diffuso, proprio come modello su cui ricostruire un movimento sociale capace di contrastare la disastrosa affermazione del sistema neoliberista. In Italia il processo di costruzione delle reti dell’economia solidale si è intrecciata con la riflessione sul Nuovo Municipio e sull’autosostenibilità locale dando vita, di recente, alla sperimentazione dei Distretti Locali di Economia Solidale.
    Reti e distretti dell’economia solidale poggiano su alcuni principi culturali maturati e radicati in anni di attività concrete. Alla base ci sono i principi originali da cui questi soggetti nascono: l’equità che deve tenere conto allo stesso tempo delle esigenze del consumatore e del lavoratore, il rispetto per l’ambiente nell’ottica della sostenibilità (con ricadute sul piano sanitario, sulla solidarietà tra territori e tra generazioni), il recupero del legame sociale come presupposto indispensabile della qualità della vita. Il “distretto” è composto da “imprese” che antepongono questi principi alla ricerca del profitto. All’interno dello stesso distretto si trovano i consumatori (di beni e servizi, compresi i risparmiatori), intesi sia come imprese che acquistano (o scambiano) beni e servizi con altre imprese, sia come consumatori finali, in genere organizzati in Gruppi di Acquisto Solidale (GAS). Obiettivo del distretto è sviluppare una relazione tra questi soggetti basata non sulla competizione (principio ispiratore del modello neoliberista) ma sulla cooperazione e la reciprocità.
    Strumento cardine per arrivare a questo obiettivo è la democrazia partecipativa, ossia modelli decisionali che non si basano sui rapporti di forza, ma sulla ricerca dell’interesse comune. I riferimenti in questo campo sono le esperienze legate al Bilancio Partecipativo e alle pratiche sperimentate e divulgate dai movimenti nonviolenti.
    In Italia diversi gruppi di base hanno iniziato a sperimentare la costituzione di Distretti di Economia Solidale. Si tratta di laboratori locali pilota che lavorano sull’attivazione di forme di collaborazione e di sinergia tra le varie realtà dell’economia solidale. Alcuni dei principi ispiratori sono la valorizzazione della dimensione locale, con priorità alla produzione e al consumo delle risorse del luogo, sia in termini di materie prime ed energia, sia in termini di conoscenze, saperi e pratiche tradizionali; economia equa e socialmente sostenibile attraverso l’impegno a comportarsi in modo equo nella distribuzione dei proventi delle attività economiche (lavoratori locali e del sud del mondo) e nella definizione dei prezzi da attribuire a merci e servizi; sostenibilità ecologica attraverso l’impegno a rispettare l’ambiente sia nell’uso di energia e materie prime, sia nella produzione di scorie, contenendo il più possibile l’impatto ambientale. Inoltre i vari soggetti tendono a utilizzare beni e servizi forniti da altri membri del distretto e in questi investire gli utili; a diffondere in modo sinergico la cultura dell’economia solidale anche attraverso una promozione comune verso l’esterno; a studiare strumenti comuni di gestione (ad esempio per la logistica o lo scambio di informazioni); a stimolare la nascita di nuove iniziative di economia solidale non ancora presenti sul territorio.
    Il modello economico neoliberista ha vissuto tanti anni sulla violenza (nelle sue varie forme), e grazie a questa violenza si è tenuto in vita. Oggi nemmeno la violenza, seppure in dosi crescenti, si dimostra sufficiente, e la crisi appare in tutta la sua drammaticità. Tale crisi sembra ancora alla sua fase iniziale e prefigura una situazione ben peggiore negli anni a venire. Si tratta di una crisi che non è solo economica e che attraversa le diverse sfere della civiltà, compresa la politica, sempre più incapace di creare risposte credibili. E’ in risposta a questa crisi che è nato un movimento di persone ed organizzazioni che, da un lato, contesta e rivendica e, dall’altro, costruisce dal basso esperienza concrete di alternativa economica, sociale e politica. La costruzione dal basso di risposte a situazioni di crisi sociale ed economica non è un’assoluta novità. Già il primo movimento operaio del Novecento, mentre lottava e rivendicava, costituiva cooperative di consumo, di mutuo soccorso, di educazione, case del popolo… L’economia solidale ne recupera lo spirito, adattandolo ai tempi e facendo tesoro degli errori del passato.
    Ci sono limiti oggettivi e sempre più visibili allo sfruttamento delle persone e delle risorse e il neoliberismo finirà per essere divorato da se stesso. L’economia solidale, rispetto al neoliberismo, è profondamente alternativa e richiede una revisione nel modo di pensare la società, l’economia, il territorio e il lavoro. Il processo, per molti versi, è già in corso.
    Box. Il laboratorio marchigiano
    La volontà di avviare la costruzione di un DES nelle Marche ha portato diversi soggetti a riunirsi attorno ad un tavolo sul quale, dalla primavera del 2004, stanno lavorando a questa ipotesi.
    Del Tavolo fanno parte la cooperativa Mondo Solidale che gestisce tutte le botteghe di Commercio Equo e Solidale della ragione, Banca Etica, le centrali cooperative, organizzazioni e produttori del biologico, la rete regionale dei GAS, alcune ONG e associazioni ambientaliste, gruppi Linux ecc. Il Tavolo è sempre aperto a nuovi arrivi e il numero dei partecipanti è andato crescendo di riunione in riunione.
    La Regione Marche è un territorio particolarmente ricco di esperienze di Economia Solidale. Basti ricordare che rappresenta la culla dell’agricoltura biologica, che vi trova sede un’organizzazione di Commercio Equo e Solidale del tutto originale, che vanta forme di cooperazione sociale molto interessanti. Le Marche, prima di essere travolte dalla globalizzazione, avevano costruito un modello economico basato su imprese di piccole dimensione, fortemente radicate sul territorio. L’economia dei distretti economici marchigiana è ora in crisi perché non ha saputo mantenere la propria “complessità”, perdendo quel valore che in ecologia chiameremmo biodiversità.
    L’economia solidale ha la biodiversità nella sua stessa essenza, perché è strettamente legata al territorio e all’economia locale e perché, attraverso processi democratici e partecipativi, tende a creare risposte innovative alle problematiche esistenti. Là dove l’economia liberista produce esternalizzazioni e disgregazione sociale, l’economia solidale tende invece a valorizzare le risorse locali e a creare socialità.
    Il Tavolo regionale è un luogo di elaborazione e di coordinamento che da un lato elabora indirizzi politici e strategici e dall’altro favorisce l’avvio di sperimentazioni concrete.
    http://www.resmarche.it

     

    Note:


    1. CNMS – Guida al consumo critico. EMI, varie edizioni (torna su)


    2. Francesco Gesualdi – Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli, 1999 (torna su)


    3. Molte campagne di boicottaggio cornate da successo sono raccontate in Manuale per un consumo responsabile (torna su)


    4. L’idea di rete meriterebbe un approfondimento a parte, nell’ambito della rivoluzione che sta attraversando la cultura occidentale nel passaggio da un sistema di pensiero cartesiano ad uno di matrice sistemica. Tra gli altri si veda Il punto di svolta di Fritjof Capra, allievo di G. Beatson (torna su)

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