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    Sachs: solo una catastrofe svegliera' il mondo

    soltanto una catastrofe potra' 'svegliare' il mondo, mettendolo di fronte all'evidenza della contraddizione che lo sta facendo esplodere: lo sviluppo fondato sul petrolio e' un vicolo cielo, e ormai siamo quasi alla fine della corsa. Lo afferma senza mezzi termini il professor Wolfgang Sachs, esperto di fama internazionale di cambiamenti climatici e riflessi sui diritti umani della popolazione mondiale.
    6 ottobre 2010 - Redazione REES Marche
    Fonte: libreidee.org

    Soltanto una catastrofe potrà “svegliare” il mondo, mettendolo di fronte all’evidenza della contraddizione che lo sta facendo esplodere: lo sviluppo fondato sul petrolio è un vicolo cielo, e ormai siamo quasi alla fine della corsa. Lo afferma senza mezzi termini il professor Wolfgang Sachs, esperto di fama internazionale di cambiamenti climatici e riflessi sui diritti umani della popolazione mondiale. Docente universitario in mezza Europa, membro del Club di Roma, Sachs è fra i promotori di “Terra futura” e dirige l’osservatorio strategico del Wuppertal Institut su clima, ambiente, energia. E’ pessimista: «Oggi neanche i governi sanno più cosa fare», e il tempo sta per scadere: il surriscaldamento minaccia la terra.

    Intervistato per il newsmagazine “Il Cambiamento” da Andrea Bertaglio, che insieme a Maurizio Pallante cura un seguitissimo blog sulla teoria della decrescita nello spazio web de “Il Fatto Quotidiano”, Sachs denuncia una tensione, o meglio un vero e proprio conflitto, fra due principi: sviluppo ed equità. «Da una parte – osserva – Cina ed India hanno rimproverato ai Paesi industriali di non fare abbastanza per la riduzione delle emissioni di gas serra, quindi si sono rifiutate a loro volta di impegnarsi, poiché lo riterrebbero ingiusto». Un’altra dimensione dell’equità, continua Sachs, è invece quella dei diritti umani, perché «il cambiamento climatico mette in bilico il diritto di sopravvivenza e di sussistenza di tante persone, in particolare nei Paesi più poveri».

    Wolfgang Sachs si dichiara «simpatizzante» del Movimento per la Decrescita Felice creato in Italia da Maurizio Pallante: «Ne condivido la sua ipotesi fondamentale, ossia che non si può andare verso un’economia post-fossile senza uscire dall’imperativo della crescita economica. Condivido anche l’idea fondamentale di efficienza che essa racchiude, così come il desiderio di disporre di beni che non siano necessariamente merci». Com’è noto, rileva Bertaglio (a sua volta impegnato nel movimento di Pallante) la “decrescita” ritiene una contraddizione in termini il concetto di “sviluppo sostenibile”: ogni forma di sviluppo contemporaneo non può che essere insostenibile. «Penso la stessa cosa», conferma Sachs, che già nel ’92 dichiarava «un ossimoro» lo sviluppo sostenibile, «dato che a livello internazionale lo sviluppo viene inteso come crescita economica che, in quanto tale, sul lungo termine risulterebbe insostenibile».

    Sviluppo e sostenibilità: due termini che, insiste il professore, finiscono per creare confusione, se li si mette insieme: l’espressione “sviluppo sostenibile”, ribadisce, «risulta essere più un inganno che un chiarimento». Tutto questo, sullo sfondo di uno scenario mondiale convulso e pericoloso: globalizzazione, cambiamenti climatici, giustizia internazionale, diffusione degli Ogm, guerre spietate per procacciarsi le risorse. Non c’è proprio spazio per uno spiraglio di pensiero positivo? Come disse Gramsci, risponde Sachs, «è razionale rimanere ottimisti con la volontà e pessimisti con l’intelligenza». Razionalmente, c’è poco da stare allegri: basti pensare che Copenaghen poteva (e doveva) essere un’occasione d’oro per assumere impegni straordinari di portata mondiale.

    Il grande vertice danese sul clima, invece, ha messo in scena lo spettacolo del disastro annunciato: «L’inizio di un’era di impotenza dell’autogoverno dell’umanità». Riguardo alla crisi climatica, avverte Sachs, gli scienziati ripetono che «i processi più minacciosi avverranno ancora più velocemente di quanto si pensasse fino a pochi anni fa». Copenaghen, insiste il professore, ha spento la speranza che si era accesa col Protocollo di Kyoto, che lasciava intravedere una nuova possibile governance multilaterale del pianeta. E ora, neppure a mesi di distanza dalla grande delusione, non si registrano reazioni: nessuno sembra intenzionato a rimboccarsi le maniche e affrontare finalmente il disastro in arrivo. Certo, concede Sachs, «nessuno può prevedere la storia», visto anche il recentissimo crash del capitalismo finanziario. Ma il professore resta pessimista: «Non credo che succederà un granché – ribadisce – fino a che non avremo davanti un altro tipo di catastrofe» (info: www.ilcambiamento.it).

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