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    Beni comuni

    2 settembre 2006 - Davide Guidi
    Fonte: Bollettino Res Marche N°1 Anno 2006 - 04 aprile 2006

    Per quanto tempo ancora ?

    Dalla cultura degli status symbol a quella del valore strumentale

    Un cambiamento anche culturale

    È opinione condivisa che la diffusione del progetto di economia solidale alternativo all'attuale sistema neoliberista passerà non solo attraverso il potenziamento delle realtà economiche già presenti e lo sviluppo di nuove attività che propongono il rispetto dell'ambiente, la solidarietà e la cooperazione nei rapporti economici. Il cambiamento infatti, per essere strutturale, dovrà tener conto anche della sfera emotiva delle persone e delle società, investendo di nuovi significati i modelli da seguire, le aspettative, i sogni. In una parola, la cultura. Ogni paese ha una propria storia culturale, che si trasforma ed evolve anche in relazione allo scorrere del tempo ed al susseguirsi ciclico di nuovi orizzonti; per questo ci sono momenti in cui prevale l'immobilismo, quando solo flebili fermenti osano mettere in discussione il presente, a cui si susseguono periodi in cui il terreno sembra essere fecondo per lo sviluppo di nuovi modelli culturali. In queste fasi storiche, accade di solito che la riflessione di alcuni inizia pian piano a creare dibattito, ad interagire con il pensiero di altri, a produrre circuiti e sistemi sempre più diffusi ed in grado di permettere il passaggio. E se non ci sbagliamo, questo inizio di terzo millennio, sarà perché un millennio che prende avvio non è per niente poca cosa, sarà per il fatto che la rivoluzione dell'informatica ci permette di confrontarci con tutto il mondo, sarà perchè la percezione degli inganni del modello neo-liberista inizia ,sebbene a fatica, a farsi strada, ci sembra un momento in cui il passaggio è possibile.

    La cultura degli status symbol, ovvero del ben-avere

    Ma chiariamo subito una cosa: il contesto predominante in cui viviamo, noi cittadini occidentali di inizio terzo millennio, è ancora quello di una cultura che possiamo definire degli status symbol, fortemente ancorata ad una concezione della vita che pone al centro l'individuo isolato, con i suoi interessi egoistici, e non la comunità. Nella cultura degli status symbol, gli oggetti sono carichi di significati simbolici legati alle sfere del benessere, della felicità, del privilegio, della superiorità nella gerarchia sociale, del potere, arrivando a rappresentare il fine stesso dell'esistenza. Il ben-essere sembra coincidere con il ben-avere, tra l'altro in maniera così potente da avere progressivamente frantumato una millenaria riflessione, sia laica sia religiosa, sulla distinzione fra materia e spirito, sfera terrena ed ultraterrena. La cultura degli status symbol, iniziata con la ripresa economica seguita alla fine dell'ultimo conflitto mondiale, ha accentuato poi negli ultimi anni lo stesso efficace meccanismo: la produzione di oggetti sempre nuovi, ma dagli stessi significati simbolici. Ecco allora i primi elettrodomestici, la televisione, la macchina, poi il telefono, la casa con giardino ed entrata indipendente, i cellulari, le vacanze esclusive in paradisi tropicali, fino agli ultimi ritrovati tecnologici ed informatici dei nostri giorni, senza dimenticare la moda, che con le sue creazioni esclusive è in grado di accompagnarci in tutte le stagioni della vita.

    E che dire del denaro, simbolo per eccellenza di ricchezza e potere e oggetto di " indispensabile" accumulazione, che tradisce però con questa nuova accezione la reale funzione per cui è nato, quella di strumento di facilitazione degli scambi di oggetti, beni e servizi fra le persone. Astraendo un po', anche il posto in banca, in ufficio od in un ente pubblico, piuttosto che l'attività politica, si sono adeguati ed in molti casi hanno perso con l'andare del tempo la loro funzione di servizio alla comunità per assurgere a valore di distinzione e privilegio individuale. La cultura degli status symbol, infine, propone in continuazione nuovi oggetti caricandoli artificialmente di significati che non hanno, rendendo con sorprendente e non casuale periodicità i vecchi di massa, superati, troppo popolari e diffusi. Perché il cuore pulsante della cultura degli status symbol è il potere del libero mercato, esercitato in un'epoca di globalizzazione soprattutto dalle imprese multinazionali, la cui essenza stessa coincide con l'i mprorogabilità di una produzione affannosa, senza scrupoli ed interruzioni, di nuovi oggetti da vendere. Sarà allora forse un caso che la pubblicità, strumento imprescindibile del libero mercato, punta a colpire sempre più spesso la nostra sfera emotiva, solleticando il desiderio inconscio insito in ciascuno di noi di essere felici, esclusivi, privilegiati ed un po' speciali? E come spiegare la smisurata influenza esercitata da questa forma di persuasione, in grado di condizionare completamente palinsesti televisivi, mantenere in vita riviste e giornali, dettare le regole del gioco in ambito sportivo, culturale, perfino aggregativo e sociale?

    La cultura del valore strumentale, ovvero del ben-essere

    Per quanto tempo ancora saremo disponibili a permettere la manipolazione delle nostre intelligenze tanto da investire gli oggetti di valori simbolici che non hanno? Proprio questo, dunque, ci sembra il nodo centrale della questione; il nuovo orizzonte culturale che potrà favorire lo sviluppo dell'economia solidale prenderà avvio, paradossalmente e senza scomodare la storia, dal ritorno ad una cultura non nuova, del valore strumentale, del valore d'uso, ancora presente nel vivere quotidiano dei nostri bisnonni e nonni. Nella cultura del valore strumentale trionferà di nuovo il vecchio e caro buon senso, se vogliamo anche molto semplice. I vestiti serviranno per difenderci dal freddo e nascondere parti del nostro corpo da sguardi indiscreti, la casa per garantirci una protezione dagli agenti atmosferici e permetterci di godere momenti di tranquillità, la macchina per trasportarci da un luogo all'altro, la vacanza per aiutarci a vivere con piacere una parte liberata del nostro tempo, i soldi per facilitare gli scambi, la tecnologia per semplificare le comunicazioni e renderci più agevole la quotidianità. Tutto ciò si tradurrà nel depotenziamento del valore simbolico degli oggetti, rendendoli di nuovo strumenti e non fini.

    Ma che ruolo avranno il progresso ed i sogni, nella cultura del valore strumentale?

    Saranno sempre presenti, ovviamente, ma cambierà la loro prospettiva: non più la futilità del niente insita nel ben-avere, ma la completezza del ben-essere in tutti i campi, compreso quello della sfera economica. Prospettiva che porrà al centro non più l'individuo, ma l'uomo solidale, con le sue relazioni, la sua cultura del rispetto e della giustizia, dei diritti e del bene comune, la sua attenzione al risparmio ed alla sobrietà felice, la sua scelta della nonviolenza e della cooperazione, il suo rifiuto dell'attuale selvaggia idea di competizione. Alle nuove persone della cultura del valore strumentale il compito di utilizzare con giustizia il progresso e di materializzare i nuovi sogni.

    Bibliografia

    • - Riccardo Petrella, "Il diritto di sognare - le scelte economiche e politiche per una società giusta", Milano 2004

    • - Francesco Gesualdi, "Sobrietà" - dallo spreco di pochi ai diritti per tutti, Milano 2005

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