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    10 settembre 2006 - Andrea Saroldi
    Fonte: bollettino Res Marche N°6 Anno 1 - 10 novembre 2005

    10 e più anni di GAS:

    Storia e prospettive dei Gruppi di acquisto solidale:

    Sintesi relazione al convegno su “Gruppi d'Acquisto Solidale: un'economia etica per lo sviluppo locale”, Urbino, 8 ottobre 2005

    Testo tratto dal primo capitolo della guida “GAS – Gruppi di Acquisto Solidali” di Lorenzo Valera pubblicata da Terre di Mezzo (2005), si ringrazia l'editore.

    Gli inizi

    Queste pagine hanno lo scopo di riassumere brevemente la storia dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) in Italia, dalle prime esperienze agli sviluppi di oggi.
    Prima di iniziare il racconto vorrei ringraziare tutte le persone che hanno inventato ed esplorato queste strade, ed in particolare Mauro Serventi a cui dobbiamo molto di tutto questo.
    Come narrano i libri di storia, il primo GAS nasce a Fidenza (PR) nel 1994. Il consumo critico in Italia era agli albori, ma già era forte in alcuni ambienti l'idea che questo tipo di economia non funziona e richiede un cambiamento profondo che coinvolge anche gli stili di vita e di consumo.
    Verso la fine del 1993 l'incontro all'arena di Verona si intitolava proprio “Quando l'economia uccide ... bisogna cambiare”, ed in quell'incontro è stata lanciata la campagna dei “Bilanci di Giustizia” con la ricerca di famiglie disposte a rivedere i propri consumi secondo giustizia.
    Il gruppo di Fidenza ha avuto il pregio di collegare queste riflessioni generali sulla insostenibilità sociale ed ambientale del nostro modello di vita alle esigenze concrete della quotidianità, ovvero alla necessità di poter mangiare cibi gustosi, portatori di un significato. In questo modo molto semplice e diretto nasce il primo gruppo, cercando e acquistando insieme da produttori biologici locali, e instaurando con loro un rapporto di conoscenza diretta.
    Questo modo di acquistare risponde insieme a diverse esigenze sia personali che sociali: le persone trovano occasioni di relazione sia all'interno del gruppo che con i produttori, i cibi sono sani e gustosi, e i piccoli produttori trovano un canale di vendita per i loro prodotti senza dover essere costretti a sottostare alle regole dalla grande distribuzione. La scelta di prodotti biologici e locali da una parte riduce drasticamente l'impatto ambientale per quanto riguarda il trasporto e lo sfruttamento del terreno, e dall'altra consente la conoscenza del produttore e di porre attenzione alle condizioni di lavoro.
    Queste idee pratiche arrivano da lontano, e sono forse “antiche come le montagne”. In particolare, possono essere viste come una reinterpretazione dei principi di mutua assistenza che hanno guidato la nascita del movimento cooperativo. Mentre il GAS di Fidenza inizia ad acquistare in questo modo, ha occasione di raccontare la sua esperienza attraverso le reti delle amicizie e conoscenze di chi cerca risposte di fronte agli squilibri dell'economia mondiale. Altri gruppi conoscono così l'iniziativa e decidono di provare nella loro zona. In questo modo l'esperienza dei GAS inizia da subito a diffondersi attraverso il passaparola: nascono il gruppo di Reggio Emilia all'interno di MAG6, un altro gruppo a Piacenza e così via.
    L'incontro diretto tra un GAS ed un altro gruppo interessato, in cui il primo racconta la propria esperienza ed il secondo prova ad imitarlo con tutte le varianti del caso, costituisce il canale principale attraverso il quale si diffonde questa pratica. In altri casi invece nuovi gruppi nascono per “gemmazione”, ovvero a partire da una costola di un gruppo già avviato che si separa e dà vita ad un nuovo gruppo, spesso perché il gruppo originario sta diventando troppo grosso per consentire un rapporto di relazione diretta tra i partecipanti. In questo modo, ad esempio, nasce il “GASS” di Salsomaggiore a partire dal gruppo di Fidenza.
    Attraverso questi due metodi, il “contagio” e la gemmazione, le “cellule” dei consumatori attivi iniziano a moltiplicarsi, nutrendosi dei buoni prodotti che acquistano collettivamente. Nel frattempo, a partire dal 1996 con la pubblicazione della prima edizione della “Guida al consumo critico” del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, si diffonde in Italia la convinzione di quanto possa essere grande il potere del consumatore, soprattutto se organizzato, nell'indirizzare il mercato e la produzione verso criteri di giustizia e sostenibilità ambientale.

    I principi di base

    Nei primi anni, tra l'autunno del 1998 e la primavera del 1999, i GAS esistenti decidono di descrivere le caratteristiche fondamentali di questa esperienza; nasce così in modo collaborativo il “Documento Base” che raccoglie alcuni punti comuni per poter identificare i GAS rispetto ad altre iniziative.
    Le motivazioni per partecipare a questa esperienza fanno riferimento a bisogni personali (salute, gusto, tradizioni, avvicinamento ai ritmi naturali, rete di relazioni), alla sostenibilità ambientale, all'attenzione alle condizioni di lavoro e alla solidarietà verso i piccoli produttori.
    In sintesi, i GAS si caratterizzano per essere una esperienza di acquisto collettivo che si distingue per quella S finale. Il valore guida della solidarietà viene inteso come un intreccio di cerchi di aiuto reciproco che a partire dal gruppo coinvolge i produttori, si estende sul territorio e si allarga fino a raggiungere gli altri popoli e la terra in un enorme banchetto conviviale in cui le risorse vengono condivise fraternamente.

    La rete dei GAS

    La rete tra i GAS nasce già nei primi anni, nel gennaio 1997, quando i GAS censiti erano otto (ora sono 200). L'idea anche in questo caso è molto semplice:

    insieme ci si può aiutare in questa avventura di ricerca del produttore, dei criteri e delle modalità operative da seguire, muovendosi sempre ad un livello molto concreto.

    Da subito la rete nasce con un'idea abbastanza chiara circa la sua organizzazione: i gruppi sono i veri attori, sono loro a svolgere le indagini e ad eseguire gli acquisti. La rete si pone come uno strumento per facilitare, o catalizzare, la attivazione dei gruppi. Non esiste nessuna centrale, nessun organo decisionale, sono i gruppi gli elementi attivi sul territorio.
    Ultimamente sono nate molte reti di diversi tipi, ma questa caratteristica della estrema orizzontalità della struttura ed autonomia dei nodi distingue la rete dei GAS rispetto ad altre. I singoli nodi sono autonomi, ma insieme si riconoscono all'interno di una esperienza comune e trovano utile appoggiarsi a vicenda scambiandosi idee ed informazioni.
    Questo tipo di rete, a mio avviso, è un fattore importante per l'attuale successo dei GAS, perché consente di integrare realtà anche molto diverse che però si ritrovano in alcuni principi e pratiche condivisi. Una rete di questo tipo, quando funziona, può valorizzare le differenze e facilitare il sostegno reciproco.
    Dopo un primo bollettino un po' pionieristico, pubblicato fino al 2001, sono nate il sito e la mailing list dei GAS. Il sito si trova ora all'indirizzo http://www.retegas.org ed è ospitato dallo stesso server della Rete di Lilliput. Lì si possono trovare un po' di informazioni generali, il Documento Base, le notizie ed i recapiti dei gruppi censiti. Il sito ha lo scopo di dare una prima informazione a chi sta cercando di saperne qualcosa, ed è utile come contatto verso l'esterno: ogni giorno scrive qualcuno che vuole sapere come funzionano i GAS, che viene regolarmente dirottato sul gruppo più vicino, ogni settimana scrive un produttore che vuole entrare in contatto con i GAS e non sa come fare, e ogni due settimane circa scrive un giornalista che deve scrivere un pezzo o realizzare un'intervista.
    La mailing list dei GAS invece serve più per la discussione e lo scambio di informazioni tra i GAS e le persone interessate, al momento conta 500 iscritti. Sulla lista passano anche le segnalazioni di produttori che vorrebbero fornire i gruppi o le presentazioni inviate dai GAS, magari dopo una visita.

    Il progetto locale

    Un altro strumento per favorire lo scambio di esperienze, aiutarsi a riflettere sulle prospettive che possono aprire e definire la direzione in cui muoversi sono i convegni nazionali, che vengono organizzati all'incirca con cadenza annuale.
    Il primo incontro, denominato “incontro zero”, si è tenuto ad Albiano di Ivrea (TO) nel 1998; lì è stata avviata la stesura del “Documento Base”. Gli incontri successivi sono stati dedicati ad affrontare i diversi aspetti del biologico, nel 1999 a Fidenza (PR), e ad introdurre il tema della “economia di relazione” a Chiaravalle (PC) nel 2000. Dopo un incontro a Piacenza nel 2001 dedicato al tema delle filiere locali, il tema dello sviluppo locale autosostenibile è stato ripreso insieme ad Alberto Magnaghi nel convegno del 2002 nella cornice del Parco Storico di Montesole a Marzabotto (BO).
    L'interrogativo su cui era stato costruito il convegno era capire come sia possibile utilizzare l'esperienza dei GAS e delle relazioni che questi naturalmente vengono a tessere come uno dei possibili punti di partenza per immaginare e costruire uno sviluppo autosostenibile del territorio che valorizzi le risorse locali sia naturali che sociali. In questa costruzione i GAS possono portare il loro agire economico e sociale che attiva cicli corti e intrecci di relazioni sul territorio.
    Ragionando su questa prospettiva di trasformazione che parte dalla dimensione locale si avvertiva però tra i partecipanti al convegno la volontà di andare oltre, di voler allargare l'orizzonte fino a considerare anche i rapporti economici tra le diverse comunità locali e spingersi ancora più in là: come ottenere tutti i prodotti e servizi di cui abbiamo bisogno da filiere che siano conosciute, rispettose dell'ambiente e delle condizioni di lavoro, e per quanto possibile locali? Come fare, ad esempio, per gli abiti, i servizi di comunicazione, i trasporti, i mobili e gli elettrodomestici?
    Queste domande stanno influenzando fortemente l'attuale momento di sviluppo dei GAS, e nella capacità di fornire risposte a queste questioni sta una delle scommesse più forti che i GAS si trovano a dover affrontare oggi. Ma prima di tornare su questi aspetti proviamo a vedere cosa sta succedendo ai GAS dal punto di vista numerico.

    L'espansione

    Infatti, negli ultimi anni il numero dei GAS è continuato a crescere con un ritmodi raddoppio ogni due anni. Attualmente i GAS censiti, quelli che si sono segnalati alla rete nazionale e quindi registrati sul sito www.retegas.org, sono 200, ma ogni volta che in un territorio si svolgono delle indagini se ne scoprono molti altri.
    Ultimamente, i GAS hanno anche catturato un po' di attenzione da parte dei media, spesso interessati a capire come fanno gli italiani a sopravvivere nell'era del caro Euro. Questa attenzione sta aiutando la diffusione dell'iniziativa, anche se comporta un po' di fatica nello spiegare che i GAS non nascono per risparmiare. Non che l'effetto collaterale del risparmio sia disprezzato, ma come abbiamo visto le motivazioni principali sono altre.
    Questa propagazione è facilitata dalla estrema flessibilità della esperienza, che si riconosce in alcune caratteristiche comuni descritte nel Documento Base, ma consente di adattare le modalità di funzionamento a seconda delle situazioni e delle storie dei diversi gruppi. Si tratta di un “formato”, di un modo di fare le cose, che può essere facilmente copiato e reinterpretato a modo proprio, come per le idee o per i programmi di software libero.
    Penso che nei prossimi anni i GAS continueranno a crescere con questo ritmo, emplicemente perché offrono risposte a esigenze concrete: acquistare cibi sani, ridurre per quanto possibile lo sfruttamento delle risorse e dei lavoratori, creare occasioni di relazione, conoscere un pezzettino della storia e dei volti che stanno dietro a ciò che mangiamo. Ma penso anche che i GAS potranno dare un contributo significativo ad una trasformazione dell'economia se riusciranno ad applicare la loro creatività alle questioni sollevate al convegno di Marzabotto e riprese all'incontro di Firenze del 2004. Ma per arrivarci dobbiamo considerare che nel frattempo è stata avviata in Italia la riflessione sulle reti di economia solidale.

    I distretti di economia solidale

    Agendo sul territorio, i GAS si trovano naturalmente ad incontrare e a collaborare con altre realtà che cercano di applicare la “economia delle relazioni” ai diversi aspetti dell'attività economica: produzione, distribuzione, servizi e consumo. I GAS riconoscono quindi di essersi inseriti in una carovana già in viaggio, in cui i compagni di strada sono le botteghe e gli importatori del commercio equo e solidale, i bilanci di giustizia, le realtà di finanza etica e di turismo responsabile, i piccoli produttori biologici, le cooperative sociali, le cooperative di produzione e servizi, e così via.
    Sul territorio queste realtà si incontrano e si riconoscono come animate da una concezione dell'economia come strumento di relazioni finalizzate al benessere di tutti. In Italia queste esperienze, che si ritrovano sotto il termine di “economia solidale”, sono molto vivaci e tutte in forte crescita. Viene quindi naturale chiedersi se tra questi soggetti si possa immaginare un percorso comune di trasformazione dell'economia in cui le diverse esperienze si compongano e sostengano tra loro.
    Con queste aspirazioni la Rete di Lilliput ha avviato un confronto che ha portato nel novembre 2002 alla realizzazione di un seminario a Verona sulle “Strategie di rete per l'economia solidale”, invitando le diverse realtà italiane di economia solidale.
    Il seminario poneva la domanda se avesse senso in Italia avviare la riflessione e la sperimentazione sulle reti di economia solidale, già in corso in altri paesi in Europa e America Latina. Infatti, una grossa influenza in questo percorso è venuta dalle esperienze di reti di economia solidale già attive all'estero, ed in particolare dalla prospettiva della “rivoluzione delle reti” promossa dal brasiliano uclides Mance.
    Mance si chiede come sia possibile, a partire dalle esperienze attuali, ampliare gli spazi di una economia finalizzata al benessere, o meglio al “”benvivere”, di tutti. La sua proposta è tanto semplice quanto rivoluzionaria: si tratta di costruire degli “organismi”, ovvero delle reti, composti da “cellule” che sono le unità di produzione, servizi e consumo dell'economia solidale. Le cellule di produzione e servizi realizzano quanto serve alle cellule di consumo, e queste si riforniscono per quanto possibile dalle prime, a partire dalle più vicine. All'interno della rete, oltre a idee e informazioni, circolano beni e servizi; in questo modo la rete può rafforzarsi, crescere ed auto-organizzarsi perché si autosostiene sulla sua capacità di produrre e consumare. Un organismo di questo tipo, se riesce ad essere rispettoso e coinvolgente verso le persone e leggero verso l'ambiente, a chiudere per quanto possibile localmente i cicli, ad incanalare e conservare al suo interno le risorse senza che queste fuggano via, risulta molto più adatto a sopravvivere attraverso le trasformazioni economiche che ci attendono rispetto alle megamacchine della finanza globale. Oltretutto, la struttura a rete molto decentrata comporta una grossa flessibilità che permette all'organismo di trasformarsi velocemente e sopravvivere in uno scenario di rapide trasformazioni.
    Si tratta quindi di sperimentare la costruzione di reti che colleghino i
    consumatori critici organizzati (i GAS) con le realtà di economia solidale che
    creano prodotti e servizi, facendoli incontrare in un circuito economico che si
    autosostiene sulla sua domanda interna. Si tratta in qualche modo della società che si auto-organizza sul fronte della attività economica per soddisfare alle sue esigenze, un po' come fanno i GAS ma su di una scala e per una gamma di prodotti e servizi più ampia.
    I presenti al convegno di Verona si sono trovati d'accordo sulla necessità di
    sperimentare anche in Italia questa strategia, contando sulla enorme ricchezza del panorama italiano. E' stato quindi creato il gruppo di lavoro RES (Rete di Economie Solidali) che ha in primo luogo raccolto nella “Carta per la rete italiana di economia solidale”, presentata a Padova nel maggio 2003, le caratteristiche che identificano le pratiche di economia solidale. Questa Carta propone inoltre di verificare la strategia delle reti solidali attraverso la sperimentazione di reti locali, chiamate “Distretti di Economia Solidale” (DES), costruite a partire dalle realtà di economia solidale presenti sul territorio.
    L'idea è quella di condurre esperimenti sull'efficacia delle reti di economia
    solidale su scala locale; si intende in questo modo verificare la strategia e valutare i meccanismi di funzionamento adattati ai diversi contesti. Alcuni luoghi hanno raccolto la proposta e stanno avviando la costruzione di distretti: esperimenti embrionali sono in corso a Torino, Milano, Como, Roma, in Brianza e nelle Marche, ed altri luoghi si stanno ponendo in questa stessa prospettiva.
    Di solito la proposta viene raccolta inizialmente da realtà o reti già attive sul erritorio sui temi dell'economia solidale. Il primo passo consiste nella ricerca di altre realtà locali da coinvolgere in un tavolo promotore che ha lo scopo di verificare l'interesse sul territorio a sviluppare la proposta del distretto. Il passo uccessivo consiste solitamente nella mappatura delle realtà di economia solidale presenti sul territorio, partendo dalle reti e dagli strumenti di informazione già disponibili. Uno strumento molto utile in questo senso sono le guide denominate “Pagine arcobaleno” o “Fa' la cosa giusta!”, che informano i consumatori critici sulle possibilità che hanno a portata di mano per trovare prodotti o servizi solidali nel luogo in cui vivono. La stessa funzione possono avere delle fiere di presentazione del mondo dell'economia solidale come “Fa' la cosa giusta!” a Milano, “L'isola che c'è” a Como o “Eco&Equo” ad Ancona.
    Una volta compiuti questi primi passi i distretti nascenti si trovano ad affrontare il nodo della questione, ovvero a chiedersi come attivare meccanismi in grado di modificare in modo strutturale i rapporti economici tra i soggetti dell'economia solidale, indirizzando per quanto possibile gli acquisti delle realtà locali all'interno del distretto. Su questo passaggio non esistono ancora delle sperimentazioni significative, appare tuttavia chiaro che un fattore importante per la sostenibilità di questi circuiti sia partire dalle esigenze e dalle risorse delle realtà locali, facilitando l'incontro tra la domanda e l'offerta.
    Il gruppo di lavoro RES promuove la sperimentazione facilitando lo scambio e la valutazione delle esperienze, le informazioni e la documentazione su questo processo sono disponibili sul sito http://www.retecosol.org.

    Le sfide

    Le domande che i GAS hanno iniziato a porsi a Marzabotto, ovvero come applicare il criterio della solidarietà nella scelta dei diversi prodotti e servizi di cui abbiamo bisogno, sono state riprese con forza nel 2004 al convegno di Firenze che si è svolto all'interno della prima edizione della fiera “Terra Futura”. Questa era infatti la domanda centrale dell'incontro, intitolato appunto “Non di solo pane vive il GAS”.
    La domanda si ripropone come attuale perché nel frattempo abbiamo assistito alla crescita quantitativa dei GAS, e tutto ci fa pensare che questa continuerà ancora almeno per qualche anno. Ha quindi senso interrogarsi su come fare in modo che questa crescita possa portare ad una evoluzione e non solo ad un allargamento. Come indirizzare queste pratiche verso una trasformazione positiva delle attività economiche in modo da trarne un vantaggio il più possibile esteso e per un numero maggiore di persone?
    Al convegno abbiamo parlato di prime esperienze in settori in buona parte nuovi per i GAS: tessile, telefonia, Internet, distribuzione, turismo. Dal convegno sono uscite due linee principali per proseguire, da condurre insieme tra i GAS ed i loro compagni di strada: da una parte l'avvio di esperienze pilota in questi settori nuovi, dall'altra la sperimentazione dei distretti. Dobbiamo infatti considerare che mentre alcuni settori sono in qualche modo già coperti e organizzati, penso ad esempio alla finanza etica, al commercio equo e solidale o al turismo responsabile, su altri prodotti non esistono soluzioni collaudate, e questo vale maggiormente per i prodotti ed i servizi che richiedono una filiera complessa.

    Il ruolo dei GAS

    Il nostro modo di produrre e consumare sta mutando molto rapidamente, ed è destinato a trasformarsi in modo ancora più profondo, semplicemente perché non è sostenibile.
    Infatti il ritmo con cui preleviamo beni dalla natura ed emettiamo scorie è troppo elevato rispetto alla capacità degli ecosistemi di rigenerare le risorse ed assorbire le emissioni. In questa ottica possiamo vedere tutti i problemi ambientali a scala globale: l'effetto serra, l'inquinamento, la desertificazione, la perdita di biodiversità, la lotta per le risorse preziose per la nostra vita come l'acqua, il petrolio o l'energia.
    I cicli di produzione e consumo, per come sono organizzati nella nostra società, pesano troppo sulla Terra che li sostiene; stiamo cioè minando le basi naturali che ci consentono di vivere. Per questo motivo il nostro stile di vita è destinato a cambiare molto nei prossimi anni, per fronteggiare l'impossibilità della nostra terra di soddisfare la pressione sempre maggiore che poniamo in ermini di domanda di risorse, e tutto questo si accompagna all'aumento dei conflitti per accaparrarsi le risorse, alla instabilità dell'economia mondiale e alla perdita di potere d'acquisto delle famiglie. In questa situazione da pioggia prima del diluvio è saggio chi costruisce zattere che consentono di galleggiare: chi sperimenta cicli di produzione e consumo leggeri, che si basano sulle risorse durevoli di un territorio, sono rafforzati dai legami sociali che creano e offrono un riparo dalle fluttuazioni del mercato mondiale. Se le zattere si mostreranno capaci di stare a galla il progetto potrà ssere duplicato e adattato alle diverse situazioni.
    Infatti, il ciclo corto che i GAS promuovono riporta l'economia al livello delle relazioni, cortocircuitando le reti lunghe e anonime del supermercato mondiale. A questo livello di rapporto diretto tra i produttori ed i consumatori è possibile stabilire alleanze che saldano legami sul territorio e attivano circuiti di fiducia.
    Questi circuiti “caldi” possono dare rifugio a chi si trova espulso dalle regole della concorrenza del mercato mondiale. In questo modo, davanti ad un piatto di minestra calda e biologica, le persone trovano la possibilità di incontrarsi e di chiedersi quali possano essere le alternative percorribili.
    Nella nostra società le idee ed i comportamenti si diffondono per contagio. Se un'idea è sufficientemente convincente diventa contagiosa, e si propaga di bocca in bocca come un virus. Esiste un “punto critico”, che sta nella capacità dell'idea di riprodursi e continuare il suo viaggio, magari dopo aver subito qualche mutazione lungo il suo percorso. Se un'idea forte si trova in una situazione ambientale favorevole supera il suo punto critico e si diffonde come un'epidemia.
    Ora la situazione sociale ed economica è favorevole alla diffusione della pratica dei GAS. Si tratta di un modo di fare la spesa che può propagarsi per conto suo, e se il ritmo di crescita rimane quello attuale possiamo prevedere che in una decina di anni un milione di italiani si cibi in parte con prodotti acquistati in questo modo. Anche se richiede un po' di allenamento ai “muscoli creduli”, come li chiama Lewis Carrol, non si tratta di una promessa da campagna elettorale.
    Le trasformazioni sociali avvengono proprio così, covano nell'aria e poi precipitano in modo inaspettato, come è successo per le bandiere di pace spuntate a colorare milioni di finestre. La pratica dei GAS si può espandere in questo modo perché si propaga per forza propria.
    Con la sua diffusione, questa pratica può giocare un ruolo fondamentale per tenere agganciata l'economia ai beni reali, ai prodotti che servono per la vita di tutti i giorni, alle relazioni tra chi produce e chi consuma.
    In questo senso i GAS possono esprimere ancora molto; si tratta di un esperimento con una grossa portata, anche se non sappiamo in quale misura riuscirà a svilupparla. Il rischio maggiore che corre è quello di non raccogliere la sfida, di chiudersi in se stesso senza vedere come la domanda auto-organizzata che i GAS esprimono possa costituire la base su cui poggiare la costruzione di una economia per il benessere di tutti.
    Stiamo iniziando ad attraversare la prossima rivoluzione dopo quella industriale. In questa battaglia i GAS si sono trovati ad occuparsi delle vettovaglie, che come sappiamo giocano un ruolo strategico per il buonumore delle truppe.

    Riferimenti:

    Libri

    - Centro Nuovo Modello di Sviluppo, “Guida al consumo critico”, Ed. EMI 2003.

    - Malcolm Gladwell, “Il punto critico”, Rizzoli 2000.

    - Alberto Magnaghi, “Il progetto locale”, Bollati Boringhieri 2000.

    - Euclides André Mance, "La rivoluzione delle reti", Ed. EMI 2003.

    - Andrea Saroldi, "Gruppi di acquisto solidali", Ed. EMI 2001.

    - Andrea Saroldi, "Costruire economie solidali", Ed. EMI 2003.

    Siti

    - http://www.retegas.org - gruppi di acquisto solidali

    - http://www.retecosol.org - rete di economie solidali

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