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    Beni comuni

    12 settembre 2006 - Paolo Chiavaroli
    Fonte: Bollettino Res Marche N° 6 Anno 1 - 10 novembre 2005

    I GAS nella Rete di Economia Solidale (RES)

    Vorrei iniziare il mio intervento muovendo dall’aggettivo che, nel nostro caso, accompagna il termine “economia”, ossia l’aggettivo “solidale”.
    Nella prima edizione de “I borghi e le piazze dell’economia solidale”, organizzata poco più di un mese fa a Petritoli, un piccolo centro nella provincia di Ascoli Piceno, al tema della solidarietà abbiamo dedicato il convegno principale della manifestazione.
    In questo modo abbiamo accettato la sfida insita nella stessa definizione che diamo di noi stessi, sfida costituita dall’utilizzo di un aggettivo usato ed abusato, e che spesso appare consunto.
    Eppure, se i termini “solidale” o “solidarietà” vengono recuperati e liberati da usi impropri diventano forti, pregnanti, capaci di esprimere e caratterizzare sinteticamente un’intera visione del mondo.
    Nell’introdurre il convegno di cui ho detto ricordavo che il termine affondava le radici nel diritto commerciale e stava ad indicare lo stretto, indissolubile legame che legava debitore e fideiussore. Il legame di solidarietà che si veniva a creare univa i due, rispetto al debito, in un unico destino.
    Nell’accezione più ampia dunque, “solidarietà” e “solidale” esprimono una visione della realtà in cui i singoli elementi che la costituiscono non sono interpretati come unità individuali isolate, bensì solidalmente dipendenti.

    L’economia solidale, dunque, dovrebbe essere in primo luogo l’espressione di una visione del mondo informata da questo contenuto del termine solidarietà. E’ una economia, cioè, che rispetto a quella dominante non appare ripiegata sul self interest; quest’ultimo presuppone infatti la possibilità di ricercare il proprio interesse a prescindere dall’interesse generale, dalle conseguenze che il bene privato produce sugli altri, intesi come propri simili, ma anche come diverse forme di vita, e come ambiente nel suo complesso. L’economia solidale, invece, non può perseguire un bene parziale e frammentato, poiché coglie l’umanità e il mondo come un tutto.
    Ecco allora, ad esempio, un’economia che preferirà il cooperare, cioè la ricerca di un bene comune al cui interno situare anche il proprio benessere, al competere, inteso nell’accezione dell’inglese competition, ossia del gareggiare che produce vincitori e vinti. Un’idea, questa, non solo di economia, ma anche di società includente e non escludente, basata sul diritto di tutti anziché sul privilegio di pochi.
    Tale naturale orientamento al cooperare, al prestare attenzione a ciò che unisce, emerge anche dalla stessa tendenza delle diverse esperienze di economia solidale a mettersi, appunto, in rete, esplicitando ciò che accomuna e muovendo insieme verso obiettivi condivisi.

    Ma non solo. I luoghi stessi che ospitano esperienze dell’economia solidale sono spazi di socialità. Ha scritto Laville che nell’economia solidale “L’attività economica è la manifestazione di un senso comune, il senso di un mondo condiviso con altri”. Dunque è un’attività che si fonda su una dinamica socializzante e che realizza “spazi pubblici di prossimità”, cioè luoghi che “permettono alle persone di prendere la parola, discutere, di decidere, di elaborare e di mettere in opera progetti economici adatti ai contesti nei quali emergono”.
    Credo che questa sia anche un’ottima descrizione della realtà dei Gruppi di acquisto solidali, luoghi nei quali le attività economiche sono inserite in un contesto molto più ampio nel quale la persona entra in gioco nei suo molteplici aspetti, in una ricca rete di socialità e di relazioni tra i componenti dei gruppi stessi.

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