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    12 settembre 2006 - Loris Asoli
    Fonte: Bollettino Res Marche N° 2 Anno 2 - 08 agosto 2006

    Le energie rinnovabili nelle Marche

    La ricerca di Legambiente

    Legambiente nazionale ha effettuato una ricerca sulla diffusione delle energie rinnovabili in Italia, inviando un questionario semplice agli oltre 8000 comuni del territorio italiano. hanno risposto oltre 400 comuni e i dati forniti sono stati integrati tramite altri dati studi e conoscenze per ottenere un “fotografia” dal basso della realtà italiana rispetto alla diffusione delle fonti energetiche pulite.
    I risultati sono stati pubblicati in un documento dal titolo «Il territorio delle fonti rinnovabili / Sole, vento, acqua, terra, biomasse / La prima mappatura delle fonti rinnovabili del territorio italiano» febbraio 2006. Qui di seguito degli stralci significativi.
    «La fotografia che viene fuori è quella di centinaia di Comuni che hanno investito sulle fonti rinnovabili e già oggi alcuni sono al 100% rinnovabili. Queste realtà dimostrano due fatti importanti. La prima è che investire sulle fonti rinnovabili conviene, e non solo da un punto di vista energetico e ambientale ma anche occupazionale e di qualità dello sviluppo. Grazie alle rinnovabili si sono creati nuovi posti di lavoro, portati servizi e creato nuove prospettive di ricerca oltre, naturalmente, ad un maggiore benessere e qualità della vita. Non ultimo grazie a questi interventi si sono ridotti consumi energetici e bollette dei cittadini, offrendo una risposta concreta alla possibili crisi delle forniture di gas dalla Russia.
    Il secondo dato che si può evidenziare è che oggi il territorio ha in mano una leva fondamentale perpromuovere e realizzare politiche energetiche sostenibili, che progressivamente portino a liberare Città e Regioni dalla dipendenza delle fonti fossili. Solare, eolico, biomasse, idroelettrico, geotermia sono risorse straordinarie del territorio italiano ma che hanno bisogno di precise scelte e politiche di intervento. Sono proprio le “nuove” rinnovabili come il solare e l’eolico, i piccoli impianti idroelettrici, geotermici, a biomasse a rappresentare la migliore opportunità per una generazione energetica distribuita che permetta ai Comuni di diventare in poco tempo protagonisti di interventi capaci di portarli a una progressiva autonomia energetica. Già oggi tanti territori sono rinnovabili e esportano elettricità prodotta da fonti pulite. La prospettiva è di far diventare un numero di Comuni sempre maggiore libero dalla dipendenza da grandi reti, centrali e fonti tradizionali, azzerando le emissioni e riducendo la propria bolletta energetica. Gli obiettivi del Protocollo di Kyoto (riduzione dell’emissione di anidride carbonica) sono dunque già una realtà in tanti Comuni che ha permesso di coniugare qualità ambientale e sviluppo. Una ricetta che conviene anche all’Italia se vuole riprendere la strada dello sviluppo e recuperare il gap dagli altri Paesi europei.

    Solare

    Sono oltre 200 i Comuni del solare in Italia. A sorpresa sono piccoli Comuni a evidenziare i risultati migliori quanto a diffusione di pannelli termici e fotovoltaici. Per il solare termico è Selva di Val Gardena il Comune con la più alta diffusione di pannelli nel territorio italiano, con 2.000 mq e una media altissima pari a oltre 792,4mq ogni 1.000 abitanti. Se si considera che l’obiettivo fissato dall’Unione Europea per la diffusione del solare termico al 2010 è di 264 mq/1.000 abitanti, si evidenzia l’importanza del risultato di Selva e di altri 11 Comuni italiani che hanno già superato questo target. Per il fotovoltaico in testa è il comune di Cirigliano con 200kW installati per un impianto di illuminazione stradale in un piccolo centro di meno di 500 abitanti. La classifica dei MW fotovoltaici installati ogni 1.000 abitanti vede ai primi 4 posti Comuni con una popolazione inferiore ai 1.000 abitanti. Il primo “Grande Comune” in classifica è Trento, con 210kW installati e una media di 2kW ogni 1.000 abitanti. Ma nella diffusione del solare siamo alla vigilia di un autentico boom. Per il termico perché in sempre più Comuni - a partire da Roma, ma anche in tanti centri lombardi - è stata presa la decisione di rendere obbligatoria l’installazione di pannelli solari in tutti i nuovi interventi edilizi e nelle ristrutturazioni. Per il solare fotovoltaico grazie al nuovo sistema di incentivo che offre finalmente un futuro di grande crescita al settore, con oltre 87MW in cantiere e la possibilità di recuperare il gap dagli altri Paesi europei.

    Eolico

    Sono 118 i Comuni dell’eolico in Italia, con una potenza installata pari a 1.765 MW che consente di soddisfare il fabbisogno di oltre un milione e 140mila famiglie. Un esempio emblematico delle potenzialità dell’eolico e dello stretto legame con le politiche territoriali è quella del Comune di Varese Ligure. Dove si è riusciti a realizzare in poco tempo un risultato straordinario, premiato dall’Unione Europea: quello di rispondere ai propri fabbisogni energetici al 100% da fonti rinnovabili e di guadagnare dalla vendita di energia grazie a 2 generatori eolici che producono 4GWh l’anno a cui sono stati aggiunti due impianti solari fotovoltaici capaci di produrre 23MWh l’anno.

    Biomasse

    Sono in forte crescita i Comuni delle biomasse. Già oggi nelle decine di impianti italiani che utilizzano legno e biomasse (e non rifiuti come purtroppo considera la normativa italiana) si produce elettricità pari a 1.981GWh, che soddisfano il fabbisogno di 660mila famiglie. Sono importanti le prospettive di impianti di piccola e media dimensione capaci di utilizzare biomasse locali e di recuperare calore per il teleriscaldamento. Un esempio di successo è Brunico, dove un impianto che utilizza legno e biomasse già oggi permette di riscaldare l’80% delle abitazioni della città e a fine 2006 si arriverà al 95%. Grazie all’impianto si risparmiano 12milioni di litri di gasolio ogni anno (che valgono circa 11milioni di euro) e si evitano emissioni pari a 35mila tonnellate di CO2.

    Geotermia

    In cinque Comuni italiani si concentra la gran parte della produzione geotermica italiana. Grazie a questi impianti si sono prodotti 5.400 GWh nel 2004 pari al fabbisogno elettrico di oltre un milione ottocentomila famiglie; in Toscana gli impianti di Pomarance, Monterotondo Marittimo e Santa Fiora garantiscono il 25% del fabbisogno elettrico della Regione. Interessanti prospettive di sviluppo nei prossimi anni riguardano impianti di piccola dimensione che sfruttano lo scambio termico con il terreno e dunque la possibilità di utilizzare il sottosuolo come “serbatoio” di calore o freddo integrato ad impianti per usi civili.

    Idroelettrico

    Dalle centrali idrolettriche proviene storicamente il contributo più importante da parte delle fonti rinnovabili alla bilancia energetica italiana: nel 2004 oltre il 75% della produzione di energia elettrica da fonti pulite per 42.744 GWh. Grazie a questi impianti si contribuisce al fabbisogno elettrico di oltre 14milioni di famiglie. La prospettiva per sviluppare questo tipo di centrali è quella di sfruttare le nuove tecnologie che consentono di creare energia da piccoli salti e acquedotti. Un esempio è il piccolo impianto realizzato ad Umbertide che sfruttando un piccolo salto riesce a produrre 2,5milioni di kWh l’anno, pari al fabbisogno di circa 900 famiglie.

    Per Legambiente i Comuni svolgono un ruolo fondamentale per cambiare direzione di marcia nelle politiche energetiche. Si aprono oggi opportunità straordinarie per chi vuole valorizzare le diverse fonti rinnovabili presenti nel territorio (ad esempio sono maggiori le potenzialità di biomasse e idrolettriche al Nord, di solare e eolico al Sud) e di avvicinare domanda e produzione di energia. La prospettiva è di soddisfare i fabbisogni di acqua calda in larga parte con pannelli solari termici (che devono diventare obbligatori in tutte le case), di ridurre drasticamente il fabbisogno per il riscaldamento domestico attraverso una ristrutturazione bioclimatica diffusa, di aumentare considerevolmente la produzione elettrica da fonti rinnovabili puntando sul fotovoltaico (da collocare sui tetti delle case e sui capannoni industriali), su nuovi impianti eolici, a biomasse, idroelettrici diffusi e integrati nel territorio. Occorre però creare le condizioni per lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel territorio italiano. Le Regioni devono fissare nei piani energetici regionali l’obiettivo di ridurre consumi energetici e emissioni di CO2, mettendo al centro le fonti rinnovabili nella prospettiva di una generazione diffusa. I Piani devono indicare obiettivi quantitativi che riguardano lo sviluppo delle diverse fonti rinnovabili nel territorio (eolico, solare, biomasse, mini- idro, ecc.) e nelle realtà urbane, individuando programmi di intervento e incentivi per cittadini, aziende, enti locali, strutture edilizie pubbliche; ma anche semplificando le procedure per la realizzazione degli impianti da fonti rinnovabili. Piani regolatori, politiche urbane e regolamenti edilizi comunali devono prevedere regole e incentivi per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico. A partire dall’obbligo d’installazione di pannelli solari termici in tutti i nuovi interventi e nelle ristrutturazioni, dalla diffusione di impianti fotovoltaici e di microcogenerazione per i complessi residenziali, pubblici, terziari e commerciali; introducendo criteri per il risparmio e la certificazione energetica. Questa direzione di marcia consente di produrre risultati importanti in tempi brevi, di arrivare a una progressiva autonomia energetica di territori sempre più ampi che possono interscambiare elettricità in rete. Chiari sono i vantaggi energetici, ambientali e territoriali di un modello legato ad un approvvigionamento rinnovabile e diffuso, che riduce così la produzione da fonti fossili ma anche la necessità di grandi reti di distribuzione. Una prospettiva che incrocia gli obiettivi energetici con le “velocità” diverse dei territori, che riconosce specificità e potenzialità differenti delle aree, di ambienti integri, e invece di aree industriali e artigianali, di aree da riqualificare. Una ricetta che può contribuire a ridurre fortemente la domanda elettrica e termica in ambito urbano (e quindi l’inquinamento) proprio dove oggi è più forte. Ma questa direzione di marcia permette anche di riportare al centro dell’attenzione le aree agricole, creando opportunità di sviluppare una generazione nel territorio attraverso filiere energetiche che puntino a valorizzare il ruolo delle biomasse, dell’eolico, del solare. Per arrivare così a sviluppare un modello energetico innovativo, che in parte utilizza direttamente l’energia prodotta e in parte la interscambia in rete.»

    Conclusioni

    Dopo questa visione ottimistica di Legambiente, se si passa ad analizzare i dati riportati si vede che il quadro per la nostra regione Marche è abbastanza sconfortante. Sul solare termico si sono segnalati solo due comuni, Fratte Rosa con 50 metri quadri coperti e Pennabilli con 120. Per il solare termico nell’edilizia comunale si è segnalato solo Pesaro con 52 metri quadri. Zero segnalazioni per il solare fotovoltaico, per l’eolico, per le biomasse e per la geotermia! Si sono segnalati invece Pennabili (PU), Serra San Quirico (AN) e vari comuni della provincia di Ascoli Piceno, per i piccoli impianti idroeleT-SIZE: 10pt; mso-bidi-font-size: 12.0pt">la produzione di biocarburanti. Per quanto riguarda l’energia solare il suo ruolo strategico verrà sottolineato rendendone sistematico lo sfruttamento in edilizia»
    Guardando il discorso più dettagliato si comprende che le prospettive per l’utilizzo delle biomasse non sono molto realistiche. Per le altre fonti si afferma quanto segue:
    «La conclusione è che esistono in regione un certo numero di siti (sia in mare che sulla terraferma) che tecnicamente sono idonei ad ospitare centrali eoliche con soddisfacente producibilità e ridotto impatto ambientale. Tali siti, soprattutto quelli delle aree interne, quando privi di vincoli naturalistici e paesaggistici, vanno già da oggi considerati un patrimonio delle comunità locali, funzionali al loro benessere socioeconomico; dei relativi investimenti e positivi effetti le stesse comunità devono poter essere protagonisti primari. Le altre fonti rinnovabili non sembrano allo stato capaci di influire significativamente, nello scenario temporale di riferimento, sul bilancio energetico regionale, vuoi per oggettiva scarsa disponibilità residua (idroelettrico) vuoi per i costi troppo elevati dell’energia prodotta allo stato dell’arte della tecnologia (solare fotovoltaico). Un accento strategico sull’impiego dell’energia solare è però riservato alla sua integrazione nell’edilizia, per la quale si rimanda agli interventi già citati e alla modifica del regime di sostegno attraverso l’agevolazione finanziaria ai produttori fotovoltaici del conferimento in rete dell’energia prodotta»

    Queste ultime affermazioni dimostrano che chi ha redatto il piano non ha molta fiducia nell’apporto che possono dare alcuni tipi di energie rinnovabili. Credo che questo orientamento sia da cambiare, come dimostra la ricerca fatta da Legamabiente e come dimostra quanto stanno facendo altri stati europei. Nel precedente numero del bollettino abbiamo riportato, come esempio, il caso della Svezia che punto a divenire libera dal petrolio entro 15 anni. Mi sembra che nella nostra regione si dà ancora troppa importanza ai combustibili fossili e troppo poca alle energie rinnovabili. Ci si orienta in modo particolare alla cogenerazione diffusa (generazione di elettricità e calore-freddo tramite motori alimentati a combustibili fossili) nei distretti produttivi marchigiani (modello marchigiano per l’energia), senza tenere conto che la fonte diventerà sempre più cara e che non è disponibile sul posto (tranne una quota di gas naturale estratta nel mare di fronte alla nostra regione e considerata come fonte nazionale e non regionale).

    Una maggiore attenzione alle energie rinnovabili viene spostata, nelle prospettive del piano, oltre il 2015.
    «Ma a livello regionale, per gli anni tra il 2015 e il 2020, sarà sicuramente necessario incrementare le misure di risparmio energetico e per l’uso razionale delle risorse fossili e, soprattutto, sarà necessario adottare politiche ancora più incisive per lo sfruttamento delle energie rinnovabili: biomasse, eolico e fotovoltaico, il quale ultimo dovrebbe diventare finalmente competitivo a partire proprio dal 2015»
    Più ottimismo sull’incremento delle energie rinnovabili si ha al capitolo finale, sulla priorità dell’uso delle risorse. Poiché per lo sviluppo principale del settore, previsto nella cogenerazione, sono previsti incentivi e finanziamenti a livello nazionale e comunitario, per gli incentivi regionali si afferma quanto segue:
    «Vanno ammessi in via prioritaria al beneficio delle risorse eventualmente disponibili da parte della Regione Marche:

    • misure per la creazione di filiere territoriali delle biomasse e del biodiesel provenienti da colture dedicate e da residui agro-forestali;

    • promozione dell’energia solare, termica e fotovoltaica, e dei sistemi
    solari attivi e passivi in edilizia;

    • incentivazione del risparmio energetico;

    • ricerca nel campo delle energie rinnovabili e dell’idrogeno;

    • diffusione della cultura energetico ambientale.

    L’ottimismo viene meno se la frase “risorse eventualmente disponibili” nasconde o paventa la prospettiva di destinare comunque risorse del tutto marginali all’incremento delle energie rinnovabili.
    In ogni caso darei meno importanza all’uso delle biomasse e del biodiesel, soprattutto se provenienti da colture dedicate (uso di terreni agricoli a questo scopo), anche in relazione alle ricerche sul biodiesel che abbiamo presentato nel precedente numero, mentre aggiungerei decisamente nell’elenco l’incentivo alle piccole produzioni idroelettriche, in collaborazione con le province e i comuni, documentatasi sulle nuove esperienze e tecniche che sono in corso in questo comparto.

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