La Francia importa più petrolio di noi. Il nucleare non serve
«L´Italia torna al nucleare?» è il titolo del libro che Angelo Baracca ha mandato in libreria solo pochi mesi fa con la casa editrice Jacabook. Una domanda che oggi ha risposta: sì, l´Italia torna al nucleare. E anche in tempi piuttosto brevi sostiene il governo Berlusconi. Baracca, che è un fisico e insegna all´università di Firenze, spiega in modo dettagliato perché un ritorno al nucleare nel nostro paese sarebbe inutile o, peggio, dannoso. E perché il mito del nucleare francese è una bufala.
Professor Baracca, perché ritiene l´accordo tra Italia e Francia per lo meno inutile?
«C´è una cosa che nessuno dice: con le centrali nucleari si produce solo energia elettrica. Ma l´elettricità è solo un quinto dei nostri consumi energetici. Oltre l´80% dell´energia che consumiamo per i trasporti o per l´agricoltura non è elettrica. Le centrali nucleari, quindi, non risolverebbero il nostro problema: continueremo a importare petrolio. La Francia, che produce il 78% della sua energia elettrica con il nucleare, importa più petrolio di noi».
Qualcuno dice che in Italia produciamo poca energia elettrica, è vero?
«Non è vero: abbiamo una potenza installata che supera del 30% la domanda di elettricità. Solo che il sistema è inefficiente e quindi la nostra elettricità è la più cara d´Europa. Ma se anche fosse vero che abbiamo bisogno di altra energia elettrica, potremmo decidere di fare come la Spagna dove, in un anno, sono stati creati impianti eolici per 3500 megawatt: come 2 centrali e mezzo. La costruzione di questi impianti costa meno e ha coinvolto l´industria spagnola con ricadute positive sull´economia. Oppure potremmo fare come le Germania che punta sul solare, pur avendo meno sole. È questione di scelte».
Berlusconi prevede che la prima centrale parta nel 2020. È realistico?
«Sì, bisogna considerare una decina d´anni per avere l´opera finita, anche se c´è chi dice che una centrale si costruisce in 5 anni. In Europa ci sono due centrali in costruzione come quelle che dovremmo importare in Italia: una è in Finlandia, l´altra in Francia. Quella finlandese è iniziata 3-4 anni fa e ha già accumulato 2 anni di ritardo e un aumento di costi di 2 miliardi di euro. Il problema è che una centrale nucleare ha esigenze tecnologiche altissime. Anche i materiali, come il cemento o l´acciaio, devono essere di qualità superiore. Le industrie finlandesi non sono in grado di soddisfare questa esigenza. Pensiamo a cosa potrebbe accadere in Italia dove la Italcementi ha dato cemento taroccato anche per le grandi opere».
Abbiamo le competenze per gestire questi impianti?
«Dopo il referendum sul nucleare dell´87, l´Italia ha smantellato tutto. All´Enea ci sono una quarantina di dipendenti con le competenze giuste, ma un terzo sono occupate a smaltire le centrali chiuse e quasi tutti sono prossimi alla pensione. Il resto è personale a contratto. Possiamo gestire le centrali con i co.co.pro?»